Continuazione audizione Lettera

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SENATO DELLA REPUBBLICA CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA


COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI __________


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MERCOLEDI’ 1° DICEMBRE 1999 __________


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Presidenza del presidente CIRAMI

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. In apertura di seduta, consentitemi di rendere alcune comunicazioni.

L'Ufficio di Presidenza, riunitosi il 24 novembre 1999, ha deliberato di indirizzare ad alcune filiali della Banca commerciale italiana, della Rolo banca e della Banca nazionale dell'agricoltura richiesta di acquisizione di documentazione al fine di approfondire i rapporti economici tra alcune società ed associazioni e la S.G.R.

Stanno invece giungendo le risposte da parte delle banche alle quali avevamo chiesto di fornire documentazione sul rapporto creditizio intercorso con la Federconsorzi: alcuni istituti di credito hanno chiesto una breve proroga del termine, fissato per il 30 novembre 1999, proroga che l'Ufficio di Presidenza non ha avuto difficoltà a concedere, in considerazione della complessità della ricerca. Vi informo che, per l'esame della suddetta documentazione che ci perverrà dalle banche, l'Ufficio di Presidenza valuterà l'opportunità di proporre la designazione a collaboratore della Commissione di un esperto della sezione ispettiva della Banca d'Italia.

In data 30 novembre 1999, il dottor Carlo Cocco ha fatto recapitare una lettera con la quale comunica che le sue attuali condizioni di salute, documentate da un certificato medico e da cartelle cliniche allegate, non gli consentono di aderire alla nostra richiesta di ascoltarlo nella forma dell'audizione libera. Ha altresì inviato un appunto esplicativo del ruolo da lui svolto in qualità di presidente del collegio sindacale della Federconsorzi dal 1988 al 1991. Noi valuteremo i contenuti di tale appunto e, se esso non soddisfa le esigenze per le quali la Commissione si era determinata ad ascoltarlo, inviteremo il dottor Cocco a rispondere per iscritto alle domande che riterremo opportuno rivolgergli.

Il direttore generale della S.G.R. ci ha inviato, in data odierna, copia della documentazione da noi richiesta: in particolare, ci viene trasmesso l'elenco delle partecipazioni, cedute e non, dalla S.G.R. dalla data di costituzione ad oggi, con l'indicazione percentuale delle quote possedute, del costo storico e del valore del realizzo, le transazioni immobiliari riportate nell'elenco allegato alla nostra richiesta, una nota esplicativa delle modalità di formazione del prezzo base e di tutta la documentazione di dettaglio nonché copia delle delibere del Consiglio di amministrazione della stessa società.

Seguito dell'audizione dell'avvocato Francesco Lettera

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi al seguito dell'audizione, iniziata nella seduta del 27 luglio 1999, dell'avvocato Francesco Lettera, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Prima di dare la parola all'avvocato Lettera, avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Qualora da parte dell'avvocato Lettera o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l'impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso inoltre che dell'audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alle persone ascoltate e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

Poiché nessuno fra i colleghi chiede la parola per rivolgere quesiti al nostro ospite, procederò io stesso a sottoporgli una serie di domande che ho preparato.

Innanzi tutto, i rappresentanti del Ministero dell'agricoltura, nel corso della loro audizione, hanno riferito e documentato a questa Commissione che il ministro Pandolfi pose all'ufficio legislativo dello stesso Ministero il tema della natura del controllo sulla Fedit e sui consorzi agrari, affidato dalla legge allora vigente al Ministero. Pandolfi intendeva sapere dai tecnici se il controllo dovesse essere considerato meramente formale od anche di merito. Poiché Ella è stato, in epoca successiva, anche capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'agricoltura, Le chiedo quale fu il parere dell'ufficio legislativo, se lei ne ha trovato traccia e qual è il suo personale avviso in merito.

LETTERA. Non ho mai lavorato con il ministro Pandolfi e ignoro l'esistenza di questo parere. Ciò mi sorprende perché l'ufficio legislativo è organo consultivo del Ministro, e non del Ministero. Il Ministero ha come organo consultivo l'Avvocatura dello Stato o il Consiglio di Stato, non certo l'ufficio legislativo, che è organo interno.

PRESIDENTE. Lei cioè non ha mai avuto notizia di questo?

LETTERA. In epoca successiva, quando sono stato capo dell'ufficio legislativo, non si è mai posto il problema del controllo sulla Federconsorzi, perché questo controllo era qualcosa di ormai cessato in quanto la Federconsorzi aveva operato nella pienezza dei suoi mezzi fino al 1991. Quindi su questa questione non c'è mai stata assolutamente nessuna richiesta dal Ministro o dal capo di Gabinetto.

PRESIDENTE. Quindi Lei non si è fatto e non ha mai sviluppato un suo personale parere sulla materia? LETTERA. Questa è un'altra cosa; ma non tanto come capo dell'ufficio legislativo. Il controllo pubblico su Federconsorzi fu istituito in rapporto alla funzione pubblicistica che la Federconsorzi aveva ricevuto dall'ordinamento. Non dimentichiamo che la Federconsorzi era il più grande istituto di credito agrario operante fino al 1991 nel nostro paese. In questo senso, a differenza della generalità di altri istituti di credito, che dipendevano dalla Banca d'Italia, la Federconsorzi dipendeva dal Ministero dell'agricoltura, il quale aveva nei suoi confronti gli stessi poteri che la Banca d'Italia esercitava nei confronti delle altre banche per l'esercizio del credito agrario.

PREDA. Presidente, lei ha fatto un altro tipo di domanda: vorrei che la ripetesse.

PRESIDENTE. Ho chiesto all'avvocato se aveva un parere su come doveva essere effettuato questo controllo su Federconsorzi.

LETTERA. Era un controllo penetrante, che doveva essere svolto dall'Amministrazione dell'agricoltura in materia di credito agrario. Non era un mero controllo formale, a mio avviso.

PREDA. Signor Presidente, dato che lei ha fatto una domanda di tipo diverso, chiedo che si risponda a questa domanda.

PRESIDENTE. Io ho chiesto il parere dell'avvocato Lettera su quale sarebbe potuto essere il controllo da parte del Ministero. Doveva essere un controllo di merito? Infatti, abbiamo constatato nelle precedenti audizioni che il controllo era di tipo formale, cartaceo, cartolare.

Avvocato Lettera, nella sua attività ha avuto la possibilità di accertare se disponibilità della Federconsorzi siano state utilizzate in forma impropria? Se la risposta è affermativa, da chi? Come? E per quale ammontare?

LETTERA. Signor Presidente, la domanda è giusta. Abbiamo rilevato che la contabilità della Fedit era particolarmente disordinata non tanto per trascuratezza ma perché era involuta al punto tale da rendere difficile la ricostruzione.

Sorprende, ad esempio, che le anticipazioni fatte dalla Federconsorzi ad alcuni consorzi agrari non trovassero rispondenza nell'attività economica dei singoli consorzi agrari che beneficiavano di finanziamenti sproporzionatamente elevati rispetto alla modestia del loro fatturato. Si trattava di alcuni consorzi agrari della Sicilia, del Piemonte e anche della Toscana. Esiste una forbice fra un fatturato modesto e un finanziamento imponente. Questo accadeva nel rapporto tra Federconsorzi e consorzi agrari.

Molto meno approfondita è stata l'analisi del rapporto tra Federconsorzi e società partecipate perché all'epoca dell'assunzione dell'incarico di commissario le partecipazioni erano già state tutte cedute e quindi sulla materia non si ebbe modo di verificare nulla.

Certamente esistevano risorse della Federconsorzi. Abbiamo potuto constatare l'imponente massa di denaro destinato alle regalie. Abbiamo ritrovato dei brogliacci, che credo siano agli atti del processo di Perugia e che sono stati poi acquisiti dalla polizia giudiziaria, i quali lasciano supporre una doppia contabilità ma questa ricerca è soltanto all'inizio.

Certamente non tutte le passività appaiono avere avuto natura commerciale e la difficoltà operativa consiste nel dimostrare se esse abbiano avuto o meno natura extracommerciale. Se ci fossero state prove concrete anche di una sola lira impiegata per fini obliqui, questo sarebbe stato immediatamente e doverosamente denunciato; esistono però prove di uscite abnormi rispetto alla funzione economica che doveva permeare l'operazione.

PRESIDENTE. La documentazione reperibile e in suo possesso consentirebbe la ricostruzione di alcune fattispecie di cui ha parlato?

LETTERA. Operando con tecnici in grado di approfondire, ad esempio, le vicende sulle cosiddette cambializzazioni tra Federconsorzi e consorzi agrari certamente si potrebbe fare luce su questo aspetto.

In effetti, uno dei punti inspiegabili è proprio quello determinato dalla discordanza tra attività e passività dei singoli consorzi agrari nei confronti della Federconsorzi al 17 maggio 1991, discordanza rilevata tra i bilanci dei consorzi agrari e quelli della Federconsorzi. Questa conciliazione non è stata mai fatta nel periodo.

Sommando le differenze, i miliardi ammontano a qualche centinaia, ma verificando le singole differenze tra dati contabili della Fedit e dati contabili dei consorzi agrari si calcolano numerose centinaia di miliardi di discordanza. PRESIDENTE. Quali erano, all'atto del suo insediamento, i rapporti tra la Fedit e la Coldiretti e la Confagricoltura? La Fedit era ancora socia di entrambe? A quale titolo? Inoltre, in passato la Fedit pagava contributi associativi? Quali e quanti?

LETTERA. Dal 1994 non esistevano più rapporti tra la Fedit e le Confederazioni; non si pagava più nulla e c'era solo una partita pendente di una richiesta fatta dalla procedura nei confronti della Confagricoltura ma si tratta di episodi sempre anteriori al 17 maggio 1991. Per quanto riguarda il periodo precedente a tale data, risulta che la Federconsorzi concedeva contributi alle Confederazioni: si tratta di un dato pubblicato anche dalla stampa.

Su questo punto, signor Presidente, la mia opinione personale è che, in effetti, la Federconsorzi aveva una funzione di industria agricola e il contributo che un'industria dà alle Confederazioni - che, per l'industria ordinaria o per la piccola industria, può essere la Confindustria - quindi agli organismi di categoria, non rappresenta l'elemento che può denotare una mala gestio. Certo se le somme sono sproporzionate e se oltre al contributo vi sono altre forme di azione quali, ad esempio, la stampa dell'associazione - così come è stato rilevato -, certamente questi costi industriali devono trovare in qualche modo una giustificazione.

Non risultano però assolutamente azioni nei confronti della terza organizzazione agricola. Comunque non ritengo che sia la spesa nei confronti della Confagricoltura o della Coldiretti di per sé elemento di scandalo o, se vogliamo, elemento di maggiore riflessione.

PRESIDENTE. A quanto ammontava il valore del rapporto tra la Fedit ed il gruppo Ferruzzi nel settore della soia?

LETTERA. Questa probabilmente è una delle questioni centrali emerse nel panorama dell'industria agricola italiana.

Tra la Federconsorzi e il gruppo Ferruzzi c'erano rapporti strettissimi. Si tratta di una informazione che ho acquisito successivamente perché al momento del mio insediamento non risultava nulla agli atti tranne una partita relativa alla Cereol che doveva essere ceduta alla S.G.R. (come credito da cedere).

Pertanto, quei rapporti non li ho trattati, non ho gestito quelle vicende ma posso dire che si trattava di qualcosa di imponente perché il gruppo Ferruzzi era il principale importatore, gestore e controllore del mercato dei cereali a livello mondiale, fino al momento del crac. Da quanto si diceva, la Federconsorzi aveva rapporti strettissimi con questo gruppo. Gli stessi impiegati hanno affermato di avere visto più volte il vecchio Ferruzzi e lo stesso Gardini nei corridoi della Federconsorzi in via Curtatone.

Alcune industrie lavoravano insieme, compartecipate, tra il gruppo Ferruzzi e la Federconsorzi ma questo è un campo di indagine non indifferente.

Ci sono, ad esempio, rapporti relativi a determinati cereali e alla soia che sono stati gestiti strettamente dalla Federconsorzi e dal gruppo Ferruzzi. Su questo, tra l'altro, è in corso un'indagine penale pendente davanti alla Procura della Repubblica di Roma.

PRESIDENTE. La Banca nazionale dell'agricoltura era depositaria di 140 miliardi della Fedit derivanti da compensazione di partite di credito e debito, così come ci ha riferito nella precedente audizione. Ma se il credito Fedit derivava da gestione di ammassi ed era quindi soggetto alla specifica speciale normativa, come era stata possibile la compensazione?

LETTERA. I 140 miliardi liquidi appostati, acquattati in alcuni conti correnti presso la Banca nazionale dell'agricoltura furono casualmente individuati in coda alla sottoscrizione del bilancio 1994. Questo l'ho già chiarito.

Questi 140 miliardi rappresentavano le liquidità, presenti su diversi conti correnti di varie banche, che erano state accentrate in BNA dalla Federconsorzi, su autorizzazione dell'Amministrazione dell'agricoltura. La gestione di questi conti correnti non è mai stata fatta, in concreto, dal 1991 fino al 1995.

Nel 1995 rilevai che questi 140 miliardi, dei quali nessuno mi aveva dato le consegne e nessuno le aveva date ai miei predecessori (questo risulta con nettezza), erano depositati in BNA ad un tasso dello 0,50 per cento. In proposito credo di aver già presentato il conto. A fronte di interessi maturati di due miliardi e mezzo nel periodo 1991-1995, un mero impiego pronti contro termine ha portato, nei successivi trenta mesi, ad incassare qualcosa come 23 miliardi, per cui sarebbe bastato un minimo di cautela. Tuttavia, i miliardi non erano 140, ma 113 circa perché la BNA nel 1991, unilateralmente, aveva compensato propri crediti nei confronti delle gestioni commerciali della Federconsorzi con le liquidità dello Stato, dell'erario, derivanti dalle gestioni ammasso. C'era stata una mia lettera di protesta del 1991 alla BNA, ma le cose sono state lasciate perdere; mi risulta ancora nel 1993 una nota interlocutoria del direttore generale della Federconsorzi, al Ministero su quest'argomento, con un rinvio a chiusura della procedura per riesaminare tutta la vicenda. Questa compensazione è stata impugnata ovviamente da me, nella qualità di agente contabile, perché quei 26 miliardi circa non dovevano essere sottratti assolutamente alla gestione ammassi per conto dello Stato.

Sulla questione, la BNA, vecchia gestione - mi riferisco alla gestione Auletta - non ha brillato, tant'è che ancora oggi, in questi giorni, sono dovuto intervenire interessando la Banca d'Italia e la Procura regionale della Corte dei conti perché, nonostante la cambializzazione del credito per le campagne grano 1992-93 e 1993-94 da parte della legge n. 410 del 1999 sui consorzi agrari, recentemente approvata, la BNA espone ancora miliardi di crediti nei confronti della Federconsorzi per una partita che doveva essere comunque chiusa sia dalla cambializzazione che per effetto della compensazione arbitraria effettuata nel 1991. Ho cercato di ottenere risposte ma non c'è stata possibilità, ho interessato non solo la BNA ma anche la Banca d'Italia e la Procura della Corte dei conti. Quest'ultima, proprio ieri mattina, mi ha chiesto una serie di documenti riguardanti i conti corrente tra la BNA e la Federconsorzi.

VENETO Gaetano. La Procura della Corte dei conti?

LETTERA. Sì, la Procura della corte dei conti perché, essendo agente contabile, sono responsabile da questo punto di vista.

Certamente, i conti non erano gestiti con coerenza dal 1991 in poi perché, mentre le liquidità della procedura sono state sistematicamente impiegate in operazioni di pronti contro termine dal 1991 al 1995 e anche oltre, in quello stesso periodo nessuno ha impiegato quelle liquidità nello stesso modo in cui venivano appunto impiegate quelle di spettanza dei creditori. Se fossero state impegnate in pronti contro termine avremmo avuto sicuramente diverse decine di miliardi in più, ma non solo in quel modo: non dimentichiamo che nel 1991 i tassi di interesse erano molto elevati, ancora nel 1995 erano di tutto rispetto perché arrivavano circa al 10 per cento lordo.

C'è stata sicuramente una diversità di gestione di queste somme: se consapevolmente o meno, se si fosse a conoscenza di questi conti corrente di spettanza dello Stato non si sa. Indubbiamente i conti corrente di spettanza dello Stato hanno avuto una vita travagliata, ancora oggi, nonostante le varie forme di intervento, abbiamo difficoltà a conoscere la natura di alcuni conti corrente che sono presso la Banca di Roma. Esiste, per esempio, un conto corrente, che fa parte della campagna grano 1963-64, con un attivo oggi di centinaia di milioni, nel complesso molti miliardi, che non si riesce a sapere se sono degli ammassi o della gestione commerciale. Si tenga presente che, stando in procedura, se il commissario governativo unilateralmente disponesse di questi conti correnti verrebbe ad esercitare un potere arbitrario, a commettere un abuso bello e buono perché non si può assolutamente gestire il denaro ceduto. Se invece questi denari non sono ceduti ma sono della gestione ammassi, devono rientrare in quella gestione e nella disponibilità dell'agente contabile, sono denari che vanno all'erario. È qualcosa di enormemente semplice che le banche dovrebbero e potrebbero fare ma questo è il grado di vischiosità del sistema. Ho scritto più volte …

VENETO Gaetano. Sono partite attive?

LETTERA. Si, partite attive.

VENETO Gaetano. A che tasso?

LETTERA. Non lo so perché non li possiamo gestire. Abbiamo avuto notizia di un pignoramento effettuato su un conto corrente della campagna grano 1962-63, che è rientrato nella cambializzazione proprio in base alla legge recentemente approvata, c'è da presumere che si tratti di attività relativa a quella, quindi non passività.

Si è chiesto alla banca di dare notizie di questa situazione ma la banca non ha risposto, si trincera dietro il silenzio più assoluto e quindi si lascia passare il tempo. La mia responsabilità resta, ho rapportato alla Procura della Corte dei conti, oltre che alla Banca d'Italia, per chiedere di intervenire perché si faccia luce. Probabilmente si tratta di presenze di vecchie gestioni in determinati settori che possono ancora creare queste posizioni non trasparenti.

PRESIDENTE. Do la parola al senatore Antonino Caruso, che deve poi allontanarsi per un impegno in altra Commissione.

CARUSO Antonino. Prima di recarmi in Commissione giustizia dove si affronta un altro importante tema, vorrei intervenire su questo punto perché l'avvocato Lettera riferisce di nuovi conti corrente presso la Banca di Roma, simili a quelli di cui ha diffusamente parlato presso la BNA, di cui ha accertato l'esistenza da breve tempo.

LETTERA. Sì da poco tempo, in occasione di un pignoramento presso terzi.

CARUSO Antonino. Quindi lei ha ricevuto un pignoramento presso terzi. Il creditore evidentemente conosceva l'esistenza di questo conto corrente e ha chiesto di pignorarlo. Si è trattato di un'azione mirata da parte del creditore?

LETTERA. Sì, mirata.

CARUSO Antonino. Quindi ciò fa pensare che questo creditore conoscesse l'esistenza di questo conto corrente.

LETTERA. I creditori sono tutti dipendenti della Federconsorzi.

CARUSO Antonino. Di chi si è trattato allora?

LETTERA. Di dipendenti di Federconsorzi.

CARUSO Antonino. Lei ha avuto un atto di pignoramento. Le chiedo di farcene avere copia.

LETTERA. Sono tanti gli atti di pignoramento che arrivano su diversi conti; fosse stato uno, avrei ricordato il nome.

CARUSO Antonino. Sempre sulla Banca di Roma o sulle altre banche?

LETTERA. Banca di Roma e Banca nazionale dell'agricoltura. Poi ci sono stati pignoramenti minori.

CARUSO Antonino. La finalità di questa domanda è quella di approfondire il tema dei rapporti bancari che non riguardavano la Federconsorzi, ma le aziende bancarie. A questo punto ne abbiamo individuate due, Banca nazionale dell'agricoltura e Banca di Roma. Ve ne sono altre?

LETTERA. Altre non me ne risultano.

CARUSO Antonino. Lei ha rivolto una specifica richiesta a tutte le banche, quanto meno a quelle operanti sulla piazza di Roma, mirante ad individuare l'esistenza di altri conti correnti analoghi presso altri istituti di credito?

LETTERA. L'ho richiesto in occasione anche recente. La scorsa settimana sono partite altre richieste similari, quando si è posto il problema dell'esistenza di una massa di conti correnti. Il liquidatore un anno e mezzo fa trasmise al commissario governativo tre scatoloni pieni di estratti conto, dicendo che erano di competenza del commissario governativo, e non del liquidatore, senza alcuna distinzione, alla rinfusa. Secondo il liquidatore dovevano essere di competenza dell'agente contabile. Di questi conti correnti, alcuni presentano saldi attivi, altri saldi passivi. A mio avviso, il liquidatore ha fatto un'operazione non lineare, perché mandare un insieme di migliaia di estratti conto così, alla rinfusa, alla fine significa far perdere un sacco di tempo. Grazie all'automazione, alla fine sono riuscito a mettere in ordine questi conti correnti e ne ho individuati alcuni che sicuramente non fanno capo all'agente contabile. Lei sa che l'agente contabile, se andasse a movimentare conti correnti non propri, incorrerebbe in un reato.

CARUSO Antonino. Esiste qualche livello di conflittualità tra le funzioni da lei svolte e quelle di altri organi della procedura. È noto alla Commissione che in ambito bancario si usa trasferire i faldoni un paio di giorni prima di quando servono senza una organica rappresentazione degli stessi. Ma, per andare al concreto, voglio capire quali sono gli istituti di credito di cui la gestione contabile della Federconsorzi aveva conoscenza e di cui lei ha potuto avere conoscenza a mano a mano che veniva svolgendo le sue funzioni. Le chiedo se, in questo agglomerato di documentazione che il liquidatore dei beni le ha fatto avere, lei ha potuto individuare altri istituti di credito, oltre alla Banca nazionale dell'agricoltura e al Banco di Roma, con cui venivano intrattenuti rapporti di conto corrente sia attivi che passivi.

LETTERA. I principali istituti di credito con cui operava Federconsorzi su piazza romana erano la BNA e il Banco di Roma. Del resto, il presidente della Federconsorzi era vice presidente della BNA ed il direttore generale era sindaco della BNA. La Federconsorzi era il principale azionista della BNA. Il Banco di Santo Spirito e la Cassa di risparmio di Roma sono state entrambe assorbite dalla Banca di Roma. Era essenzialmente con queste banche che la Federconsorzi operava su piazza. C'era poi un rapporto con la BNL che è sempre stato molto delicato, quasi che ci fosse stata una sistemazione di questo rapporto avvenuta nel passato, di cui si può avere un minimo d'idea, ma non si ha contezza piena. L'Agrifactoring era un istituto costituito da Federconsorzi, BNL e Banco di Santo Spirito, in cui la BNL aveva un'esposizione di 10.500 miliardi.

CARUSO Antonino. Per la gestione contabile.

LETTERA. Per la gestione corrente. Senatore, gli istituti di credito italiani hanno finanziato le campagne ammassi del passato perché le campagne ammassi si chiusero negli anni 1963-1967, poi subentrano quelle volontarie ed abbiamo ancora situazioni pendenti che risalgono a quel periodo. Ad esempio, l'ICCREA ha ancora dei crediti nei confronti dello Stato per le campagne dell'olio 1950-1951. Come pure il Monte dei Paschi, la Banca di Novara, il Banco di Roma, il Banco di Sicilia e ancora la BNL.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, dispongo che i nostri lavori proseguano da questo momento in seduta segreta.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 14,45 alle ore 14,56. PRESIDENTE. Riprendiamo nuovamente i nostri lavori in seduta pubblica.

Per quanto a sua conoscenza perché furono sostituiti i suoi predecessori e fu nominato Lei come commissario governativo Fedit? Abbiamo infatti necessità di capire perché sia avvenuto questo avvicendamento.

LETTERA. La curiosità era anche mia, mi sembrava strano questo avvicendamento. Il ministro Poli Bortone disse che aveva avuto notizie preoccupanti sulla Federconsorzi per cui intendeva nominare una persona che rispondesse, a suo avviso, a determinate caratteristiche per continuare questa funzione totalmente fiduciaria. È un atto che mi è piovuto addosso.

PRESIDENTE. Vorrei che ci spiegasse il meccanismo in base al quale la Fedit ha, nei confronti delle banche, per le gestioni speciali diverse dal grano, i debiti di cui ci ha parlato nel corso della precedente audizione.

LETTERA. Il debito è nei confronti delle banche per la campagna olio 1950-1951. Il meccanismo di finanziamento delle campagne ammassatorie di tutti i generi alimentari era in questo senso: il commissario per l'alta alimentazione, o organismi che si sono succeduti, davano disposizione alla Federconsorzi di acquistare sul mercato interno e straniero determinate derrate, chiedendo alla Federconsorzi di approvvigionarsi presso le banche a tassi che si concordavano ed erano limitati, con obbligo di rendiconto. Questa rendicontazione è sempre stata il punto debole in tutto il rapporto tra Federconsorzi e Ministero dell'agricoltura, come se nessuno avesse in effetti la volontà di entrare nel merito dei rendiconti: si presentavano dei conti e si pagava a pie' di lista.

Per la campagna olio 1950-1951 questo rapporto è abbastanza chiaro: il tasso fu concordato in un certo modo, poi alla fine degli anni Settanta-inizio anni Ottanta intervenne l'ABI e il rapporto tra ABI e Ministero del tesoro. Quest'ultimo interveniva in queste vicende, non era estraneo ai rapporti ammassatori: infatti, era il Ministero del tesoro che dava istruzioni e indicazioni, non era soltanto quello dell'agricoltura. D'altra parte, la legge del 1957 affidava la competenza sia all'agricoltura che al tesoro: la prima perché era l'amministrazione tenuta alla vigilanza di merito sull'attività ammassatoria, il secondo per quanto riguarda la parte contabile.

Per la campagna olio 1950-51 c'è stata dunque questa lievitazione; quando fu da me individuata (e non è stato facile perché erano delle partite cosiddette al di sotto della riga, cioè nel bilancio della Federconsorzi i rapporti con lo Stato erano al di sotto della riga e quindi tamquam non esset) e visto che il passivo aumentava, soprattutto quando ho rilevato la presenza al suo interno dei 114 miliardi, mi sono chiesto perché incrementare questo passivo al tasso ABI e non intervenire invece con una transazione, o altre ipotesi autorizzate, visto che l'agente contabile non ha potestà in materia? Per questa transazione è ancora pendente la richiesta presso il Ministero del tesoro. Questa lievitazione dei 600 e più miliardi della partita olio 1950-1951 ha valore al 1° dicembre 1999.

Per le altre partite ammassatorie, poiché erano essenzialmente a debito, la Federconsorzi aveva compensato i debiti con altri crediti, con movimenti da un conto all'altro, che erano sempre autorizzati dal Ministero dell'agricoltura. Ma si tratta di movimenti che iniziano nel 1946 e arrivano al 1987 per cui non è facile ricostruire, anche perché molti documenti non si trovano o sono scomparsi così come non c'è più il personale, per cui diventa un'opera di storia degli ammassi più che contabile. Ma restano delle code perché questi 140 miliardi in BNA sono il saldo attivo di un insieme di conti correnti, trovati nel volume che ho prodotto, di gestioni ammassatorie che dovevano essere chiuse e non lo sono state per qualche cavillo. Pertanto le liquidità restano ma, a mio avviso, queste attività dovevano essere immediatamente acquisite dall'amministrazione autonoma non negli anni Ottanta ma fin dal 1970 perché, una volta terminata con la campagna 1963-64, la gestione ammassatoria, le liquidità dovevano essere versate, ma così non è stato fatto, né si è fatta la compensazione. Infatti, se negli anni 80 anzi nel (1977) si fosse fatta la compensazione tra le attività e le passività esistenti, non avremmo un debito di seicento e più miliardi nei confronti delle banche per la campagna olio ma avremmo un saldo zero.

PRESIDENTE. Lei ha avuto modo di conoscere il dottor Bambara?

LETTERA. Sì, era direttore generale della Fedit.

PRESIDENTE. Le risulta che il dottor Bambara era destinato ad assumere un incarico in S.G.R.?

LETTERA. Ne sono testimone diretto. Questo l'ho scritto anche al tribunale in una mia memoria. Allora ero avvocato generale dello Stato e seguivo una grossa causa relativa al Lago di Garda. Mi ero recato a via Curtatone a parlare con il capo dell'ufficio dighe per una questione relativa al livello dei laghi. Uscendo dalla sede di via Curtatone incontrai il ragionier Ciatti della Federconsorzi, che avevo conosciuto al Ministero. Egli mi disse che era lì perché quella era la sede della Federconsorzi (cosa che io non sapevo) e stava aspettando il dottor Bambara. Dopodiché mi comunicò che il dottor Bambara era stato nominato direttore generale della S.G.R. ed avrebbe dovuto assumere il nuovo incarico entro pochi giorni. Perciò anche io mi fermai ad attendere il dottor Bambara e personalmente gli feci gli auguri.

PRESIDENTE. Vorrei sapere se lei ha ricevuto da Bambara o da altri funzionari della Fedit informazioni utili per le indagini della Commissione.

LETTERA. Guardi, il dottor Bambara è da comprendere; il dottor Bambara è un calabrese che resta fedele al suo compito. Lui è stato sempre legato al rapporto d'ufficio; lui ha creduto per tanto tempo di lavorare per ricostruire la Federconsorzi, e poi ha avuto un rapporto conflittuale, di non comunicazione. Quando poi vi fu la questione della cessione dei crediti ed io ne chiesi il licenziamento in tronco, sia per la questione dei crediti che per quanto riguarda la vicenda dei bovini, Bambara evidentemente ebbe un ripensamento e mi parlò come se si fosse sentito tradito da qualcuno per delle aspettative che non erano state soddisfatte. Bambara mi ha dato delle indicazioni sulle vicende della Federconsorzi, come me ne ha date l'ingegner Sibillo, vice direttore. Però l'ingegner Sibillo mi ha fornito indicazioni soltanto per quanto riguarda i contributi dovuti alle Confederazioni e le assunzioni fatte per personale trasferito presso alcune organizzazioni di categoria - non ricordo quali - che facevano parte del mondo agricolo. Ma sono informazioni che in effetti mi ha dovuto dare quando già questi documenti lui li aveva trasmessi alla Commissione ministeriale d'inchiesta; tant'è che, quando uscì su "Panorama" un articolo, il professor Picardi chiese notizia a me su questi fatti ed io gli dissi che non ne sapevo nulla e l'ingegner Sibillo mi diede questi dati. Chi mi ha dato gli elementi, che erano significativi e poi sono andati alla Procura di Perugia, è stato il dottor Bambara. Io non avevo assolutamente alcuna possibilità di accesso alla contabilità.

PRESIDENTE. Le risulta che colui che fu nominato direttore generale dell'Aima, il dottor Galli, lavorava in precedenza per la filiale italiana della Continental, società americana leader nel mondo nel settore del grano, che aveva stretti rapporti con la Fedit?

LETTERA. Guardi, io ho conosciuto il dottor Galli e, per un periodo di tempo, ho fatto parte anche della commissione d'indagine sull'Aima, ho scritto delle relazioni, nelle quali ho messo a fuoco già allora la situazione gravissima del settore alcool e la vicenda dei conti correnti che esplodevano da tutte le parti, esattamente come per Federconsorzi. Ma Galli non aveva più rapporti con la Continental, però aveva una grandissima conoscenza del settore agricolo.

PRESIDENTE. Qual era il rapporto fra Fedit e Aima?

LETTERA. La Fedit prendeva anticipazioni dall'Aima, contributi comunitari. L'Aima è l'organismo erogatore di prestazioni comunitarie; la Fedit operava nel settore agricolo e certamente per i girasoli e per la soia, per i vitelli, per i bovini, per le carni e per quant'altro prendeva anticipazioni da parte dell'Aima. Credo che il rapporto di anticipazione sia un rapporto strettissimo, e l'Aima dava grandi anticipazioni alla Federconsorzi.

PRESIDENTE. E i rapporti fra Fedit e Enichem? LETTERA. I rapporti fra Fedit ed Enichem hanno assunto rilevanza perché Eni e Fedit erano comproprietari dell'Enichem, quindi producevano concimi. E anche questo settore è saltato in conseguenza della vicenda Federconsorzi, ma i rapporti erano stretti. Infatti, le partite debitorie della Federconsorzi venivano dall'Enichem cedute alla Serfactoring, che era la finanziaria dell'Eni, la quale chiedeva poi all'Agrifactoring di incassare questi crediti. Cioè, un debitore era poi incaricato di incassare i debiti per il creditore. Mi sembra un'operazione commerciale che si commenta da sé. Però il rapporto c'era, e credo che il rapporto sia ancora consistente perché al 1991 sono restati quasi 400 miliardi del settore Enichem nell'Agrifactoring e nella Serfactoring; quindi il buco è notevole.

OCCHIONERO. Da quello che si evince dalle parole dell'avvocato Lettera è ormai accertato che c'era una doppia contabilità per quanto riguarda gli ammassi. Oggi il Servizio competente alla vigilanza all'interno del Ministero dell'agricoltura è retto dalla dottoressa Delle Monache, attualmente al massimo della responsabilità, ma negli ultimi 25 anni collaboratrice di quell'ufficio.

Lei ha detto che nel 1994-95 la dottoressa Delle Monache ha firmato una lettera in cui, al di là delle valutazioni soggettive, era a conoscenza dei dubbi che Lei, non solo verbalmente, ma anche per iscritto, aveva proposto alla direzione generale del Ministero, ma anche in tutti gli altri campi.

LETTERA. Era Bambara che aveva relazionato nel 1993 al Ministero.

OCCHIONERO. Nella sua esposizione ha affermato che la stragrande maggioranza dei funzionari della Federconsorzi era a conoscenza dell'esistenza, della natura, dell'entità di questi conti correnti all'interno delle banche romane.

LETTERA. Si sta riferendo agli addetti all'ufficio contabilità.

OCCHIONERO. Secondo lei, i funzionari dirigenti del Ministero dell'agricoltura avevano le stesse conoscenze? E le loro scelte sono state dettate da una pressione interna al Ministero o da errori di valutazione soggettiva?

Oggi lei ha parlato della Federconsorzi e di finanziamenti elargiti ai consorzi agrari siciliani.

LETTERA. I finanziamenti sono stati elargiti anche ad alcuni consorzi agrari piemontesi e toscani. Erano diffusi sul territorio.

OCCHIONERO. Oggi esiste un controllo sulla gestione del consorzio agrario di Catania? Chi lo opera?

Lei ha riferito di avere ricevuto minacce. In casa mia squilla il telefono a tutte le ore, in modo particolare durante la notte, e non risponde nessuno. Non vorrei ci fosse lo zampino della Federconsorzi.

Dal momento che la regione Sicilia non concede finanziamenti ai consorzi agrari ma autorizzazioni, le risulta che nel rapporto tra i funzionari dell'assessorato all'agricoltura della regione Sicilia e le mancate autorizzazioni chieste dal consorzio agrario di Catania si sia sviluppata una dialettica che può avere causato anche danni rilevantissimi?

LETTERA. Vorrei capire bene l'ultima parte della sua domanda. La dialettica fra chi si sarebbe dovuta impostare? I soggetti sono diversi.

OCCHIONERO. Tra assessorato all'agricoltura della regione Sicilia e le autorizzazioni negate ma formulate dal consorzio agrario di Catania.

Dal momento che questo consorzio ha chiuso i bilanci in negativo - anche se in base alla legge non avrebbe dovuto farlo - perché negli ultimi anni da parte del Ministero dell'agricoltura non c'è stato alcun intervento?

LETTERA. Ho sollevato questo problema nel 1995 perché in base allo statuto della regione Sicilia questa ha competenze esclusive in materia di consorzi agrari. I consorzi agrari siciliani dipendono esclusivamente dall'assessorato regionale; quindi, dalla regione Sicilia e non dal Ministero dell'agricoltura.

Questo è stato uno dei motivi che mi hanno fatto supporre una non meditata valutazione in ordine alla famosa cessione dei 1.000 miliardi, proprio perché si disse che c'erano le autorizzazioni del Ministero. Infatti, fu sostenuto che il Ministero poteva concedere autorizzazioni soltanto per i consorzi che da questo dipendevano e non per quelli siciliani sui quali, invece, la regione Sicilia ha competenza esclusiva.

OCCHIONERO. Non di carattere finanziario.

LETTERA. La competenza è esclusiva sotto tutti i punti di vista.

La regione Sicilia ha emanato una legge speciale per mandare in pensione anticipata diversi dipendenti dei consorzi agrari e i consorzi agrari sarebbero finanziabili dalla regione Sicilia. La legge n. 410 del 1999, in effetti, non si applica alla regione Sicilia perché questa ha competenza esclusiva; in caso contrario, la legge sarebbe invasiva della competenza regionale primaria.

Il rapporto che i consorzi agrari siciliani hanno con il Ministero riguarda soltanto le gestioni ammassatorie; i consorzi agrari siciliani sono stati utilizzati dalla Federconsorzi solo per gli ammassi, ma sempre nell'ambito di una posizione di autonomia.

OCCHIONERO. Lei ha inviato una lettera a tutti i consorzi siciliani?

LETTERA. A quale si riferisce? Qual è il tema?

OCCHIONERO. Mi riferisco anche alle vertenze degli anni scorsi tra Federconsorzi e i consorzi agrari relativamente agli immobili, alla struttura, alla gestione.

Lei oggi si sta occupando dei consorzi agrari di Catania, di Enna, di Siracusa?

LETTERA. Assolutamente no.

L'unica comunicazione significativa che ho inviato ai consorzi agrari siciliani risale al momento in cui ottenni dalla S.G.R. il riconoscimento del diritto di prelazione dei consorzi agrari per gli immobili che dalla Federconsorzi venivano trasferiti alla S.G.R.. Rappresentai alla S.G.R. che, trasferendo ad essa i beni strumentali delle strutture in cui operavano i consorzi agrari, era necessario salvaguardare il diritto di prelazione dei consorzi agrari stessi, in particolare di quelli siciliani perché soprattutto in Sicilia tutte le strutture dei consorzi agrari facevano capo alla Federconsorzi. Infatti, quando i consorzi agrari erano indebitati, la Federconsorzi concedeva denaro e prendeva in cambio gli immobili, oppure faceva costruire, in base a leggi speciali per il Mezzogiorno, silos per il grano. Tutti i capannoni e i silos granari dell'Italia meridionale sono stati costruiti dalla Federconsorzi con soldi dello Stato.

VENETO Gaetano. Non trasferiti ai consorzi agrari.

LETTERA. No.

Al tempo della cessio bonorum dissi alla S.G.R. che potevano prendere i beni della Federconsorzi ma se avessero preso gli immobili dei consorzi agrari avrebbero effettivamente acquisito la rete consortile diventando i domini dei consorzi agrari stessi. Quelli non erano beni che gli venivano ceduti o dedotti nella cessio bonorum ma tutto avveniva soltanto ai fini del diritto di prelazione dei consorzi agrari siciliani.

PRESIDENTE. La contestazione era con la S.G.R. e non con la Federconsorzi. È bene precisarlo.

Lei, quindi, ha scritto ai consorzi agrari siciliani raccomandando loro di esercitare eventualmente il diritto di prelazione nei confronti della S.G.R..

LETTERA. Io dissi alla S.G.R. che non poteva acquisire gli immobili strumentali dove operavano i consorzi agrari perché in quel modo i consorzi agrari non avrebbero avuto più alcuna possibilità di operare; così facendo, la S.G.R. si sarebbe impossessata della rete commerciale mentre invece doveva garantire il diritto di prelazione. La S.G.R. garantì tale diritto spettante ai consorzi agrari; pertanto, comunicai a tutti i consorzi questa che consideravo una piccola conquista fatta nel loro interesse.

PRESIDENTE. Questo diritto di prelazione è stato esercitato?

LETTERA. Non lo so. Ad ogni modo, molti consorzi sono ancora in affitto.

OCCHIONERO. Non ha approfondito la questione riguardante il rapporto con il consorzio agrario di Catania.

LETTERA. Il commissario liquidatore del consorzio di Catania è nominato dall'assessore all'agricoltura della regione Sicilia.

L'unico contatto che ho avuto con il consorzio agrario di Catania è stato relativamente al fatto che in qualità di custode giudiziario tale consorzio aveva cambiali che facevano capo alla Federconsorzi e che, viceversa, incassava per proprio conto.

Non c'è da meravigliarsi. Quelle intercorrenti nella vicenda delle cambiali agrarie sono tutte operazioni una più obliqua dell'altra.

Comunque il consorzio agrario di Catania era amministrato da un commissario liquidatore che poi è andato via ed è stato sostituito da un magistrato.

OCCHIONERO. Chi era il direttore del consorzio?

LETTERA. Spina. Ma era stato nominato dall'assessore, anzi l'unico incontro che ho avuto presso la regione Sicilia è stato proprio con l'assessore per chiedergli di verificare quello che stava succedendo nei consorzi agrari. A me risultava infatti una situazione allarmante, per esempio, delle cambiali che un commissario liquidatore diceva essersi bruciate mentre, dopo aver iniziato l'opera di ricostruzione delle cambiali, scopro che proprio quelle cambiali erano state incassate sia prima che dopo; allora, ho chiesto cosa aveva dichiarato di aver bruciato. Un commissario liquidatore è stato sostituito perché aveva aperto un libretto al portatore sul quale l'avvocato del consorzio doveva trasferire le somme incassate per il recupero dei crediti.

Questi sono i fatti. La competenza esclusiva è della regione Sicilia e non del Ministero dell'agricoltura.

VENETO Gaetano. Conseguentemente, i controlli contabili e di legittimità venivano effettuati dall'assessorato, il Ministero dell'agricoltura non aveva nessun rapporto.

LETTERA. C'è una separazione di competenze. Per quanto riguarda le scelte che sono maturate da parte del Ministero - lei mi parlava delle valutazioni soggettive - i dirigenti che hanno avuto contezza del rapporto con la Federconsorzi erano i vecchi dirigenti, non quelli di oggi che non hanno memoria di queste vicende, tanto è vero che non pochi sostenevano che il rapporto era gestito direttamente dal Ministro e non dalla direzione. Formalmente e sostanzialmente non corrisponde perché il dirigente, anche non direttore generale di una determinata direzione, faceva sempre una relazione al Ministro sull'andamento dei rapporti con Federconsorzi e con i consorzi agrari. Ma le distorsioni erano imponenti tanto è che i rendiconti che il Ministero avrebbe dovuto rigorosamente controllare di fatto erano compilati da personale della Federconsorzi. Mi è stato detto che in un certo periodo c'era un'unità, un reparto, formato da soli dipendenti della Federconsorzi, che provvedeva a disbrigare gli affari del Ministero nei confronti della Federconsorzi, il dirigente al massimo metteva la firma ma tutto veniva svolto dai funzionari della Federconsorzi, i rendiconti non erano presso il Ministero ma presso la Federconsorzi. OCCHIONERO. Anche i pareri che erano dati erano preparati dai funzionari della Federconsorzi?

LETTERA. Entriamo in un altro ordine di idee perché, quando la Federconsorzi era in bonis, i dirigenti dello Stato, per obbligo di fedeltà e di correttezza, dovevano gestire in proprio il controllo e la pareristica, non potevano assolutamente, perché altrimenti avrebbero commesso atto di infedeltà, servirsi dei pareri della Federconsorzi. I direttori generali dovevano esercitare il controllo, la legge glielo delegava.

OCCHIONERO. Se un gruppo operativo della Federconsorzi preparava i rendiconti, un gruppo operativo della Federconsorzi preparava anche i pareri.

PRESIDENTE. Sono un rigoroso accertatore dei fatti: se abbiamo contezza che questo avveniva è bene che lo si dica e lo si sottoscriva; le opinioni personali invece possono essere mediate anche attraverso forme di sospetto e di pregiudizio che vorrei non entrassero in Commissione.

OCCHIONERO. Sono d'accordo, ma l'avvocato Lettera ha detto che c'era un gruppo della Federconsorzi che operava alla costruzione dei rendiconti, e questo è un fatto. Ciò avveniva all'interno della Federconsorzi o all'interno del Ministero?

LETTERA. Presso il Ministero.

OCCHIONERO. E questo è un altro fatto.

LETTERA. I pareri non sono in grado di dirglielo.

PRESIDENTE. Quest'altro aspetto è un'opinione.

LETTERA. Quel gruppo era composto da esecutori, il parere è ad un livello più elevato. Il rendiconto implica un'attività comunque esecutiva, impegna un impiegato di concetto.

PRESIDENTE. Lei può ricordare alcuni dei nomi di questo gruppo della Federconsorzi che operava al Ministero in quel periodo? Chi erano i soggetti che componevano questo gruppo di lavoro?

LETTERA. Ho sentito queste notizie dagli ex dipendenti. Se devo dare un'indicazione, mi riservo di fare mente locale e chiedere ancora a quei vecchi dipendenti.

VENETO Gaetano. Lei ha parlato di una forbice di fatturato rispetto ai finanziamenti, parliamo degli anni '50 e '60…

LETTERA. Anche degli anni '70 e '80.

VENETO Gaetano. Lei ha fatto riferimento a Piemonte e Toscana e poi anche ad altre regioni. Vorrei sapere se può fornirci dei dati, anche un appunto, da cui risultino queste notizie, per esempio per il Piemonte e la Toscana.

LETTERA. Per esempio, Asti, che aveva un fatturato modesto, aveva un debito di 36 miliardi con lo Stato.

VENETO Gaetano. Ha mai trovato delle carte, dei controlli e delle osservazioni su questo iter?

LETTERA. Mai. Se avessi trovato un pezzo di carta lo avrei portato in questa sede.

VENETO Gaetano. Lei ha parlato di un confronto, nel maggio 1991, tra bilanci della Federconsorzi e dei consorzi agrari con la famosa discordanza di centinaia di miliardi e, in relazione a questo, ha detto che, da quanto le risulta, per lo meno dal 1994 non vi erano contributi a Confagricoltura. Vorrei sapere se tra il 1991 e il 1994 le risulta qualcosa in proposito.

LETTERA. Non ho visto quelle contabilità, non mi risulta, le posso dire che non dovrebbero esserci contributi perché una questione sollevata da Confagricoltura riguardava il contributo residuo relativo al 1991, segno evidente che a quella data si era fermato tutto, d'altra parte i commissari non potevano fare altre erogazioni.

VENETO Gaetano. Chiedo al Presidente di attivarsi per avere notizie precise dalle banche. Da quanto lei ha affermato tra il 1991 e il 1995 gli interessi che sono maturati erano al tasso dello 0,50 per cento per alcune partite, a fronte di altre che sono invece andate bene.

LETTERA. Tutte le liquidità della procedura erano investite in pronti contro termine a un tasso di mercato. Le liquidità presenti sui conti correnti degli ammassi erano lasciate alla bontà della BNA e quindi il tasso d'interesse…

VENETO Gaetano. Lei ha parlato di BNA e di Banco di Roma.

LETTERA. I 140 miliardi erano solo ed esclusivamente in BNA, il tasso d'interesse è andato a calare dal 1991 al 1995, anno in cui è giunto allo 0,50 per cento.

VENETO Gaetano. Presso la Banca di Roma esistono dei conti per la campagna 1962-63 di cui non si conosce il tasso d'interesse, invito pertanto il Presidente a chiedere formalmente alla Banca di Roma il tasso di interesse di questa partita attiva per gli anni 1962-63 per capire il ruolo delle banche.

Nel luglio 1995 lei ha scritto una lettera al professor Carbonetti della S.G.R.. In quel periodo viceversa il tribunale di Roma ha una posizione molto rigorosa e come lei ha detto nel 1998 cambia il famoso…..

LETTERA. Esatto.

VENETO Gaetano. Benissimo. Ricorda a memoria la risposta del professor Carbonetti?

LETTERA. Il professor Carbonetti per telefono mi disse che era in America, aveva ricevuto la mia lettera e si voleva mettere d'accordo con me quando tornava in Italia per trovare un'intesa; si dichiarava disponibile. Mi telefonò, appunto, dagli Stati Uniti, e lì finì tutto.

VENETO Gaetano. Quindi non ci fu una risposta?

LETTERA. No.

VENETO Gaetano. Le partite di olio 50-51 sono, a prezzo attualizzato, di 600 miliardi?

LETTERA. Sì, il passivo dell'Erario è di 600 e più miliardi di esposizione presso le banche di Sicilia, di Napoli, di Roma, Monte dei Paschi e Popolare di Lodi.

VENETO Gaetano. Le dispiace disaggregare questo dato?

LETTERA. Credo che sia già riportato nelle tabelle che vi ho consegnato.

PRESIDENTE. Noi abbiamo inviato una lettera alle banche e avremo questo dato per tutte le banche interessate.

OCCHIONERO. Lei ha parlato di ammasso 50-51 e 51-52 per l'olio e ha detto che se si fosse intervenuti in tempo il debito sarebbe stato saldato.

LETTERA. Sì, zero.

OCCHIONERO. Di chi è la responsabilità?

LETTERA. Ci sono due responsabilità. La prima è dell'agente contabile dell'epoca, cioè Federconsorzi, che non ha provveduto a compensare, e poi dell'amministrazione vigilante, che doveva rilevare una forbice e che non è intervenuta.

OCCHIONERO. Quindi possono pagare anche direttamente; se noi mandiamo una nota alla Corte dei conti, si possono rifare sulle persone che hanno provocato un danno allo Stato.

LETTERA. Essendo dal 1987, è tutto prescritto: prescrizione totale.

PRESIDENTE. Ci si dovrebbe interrogare sul perché i disegni di legge, otto o nove, che nel passato sono stati presentati, non venivano votati o venivano abbandonati, e improvvisamente si è trovato l'accordo dell'intero arco costituzionale, e non, per votare questa legge.

OCCHIONERO. C'è stata una trascrizione erronea del mio intervento in Assemblea alla Camera dei deputati. Io non avevo detto che l'avvocato Lettera ci aveva detto che c'erano responsabilità della Banca d'Italia. Io invece dico che ci sono state responsabilità della Banca d'Italia, del Ministero dell'agricoltura, del Ministero del bilancio, e la responsabilità principale della Corte dei conti. Dopodiché è subentrato l'arco costituzionale che ha concesso, in un modo ingiurioso per il popolo italiano, 1.100 miliardi non so a chi.

PRESIDENTE. Questa è una sua personale convinzione, che la Commissione può anche accertare. Le ricorderò, perché resti agli atti, che l'intera Commissione si era fatta carico, per mio tramite, di invitare le Camere ad un momento di riflessione, e qualcuno ha ingiustamente ritenuto che sia stato un atto di interferenza. Questo mi pare che lo abbiamo stigmatizzato a sufficienza e su questo torneremo all'esito del nostro lavoro; se avremo gli elementi per poter dire la nostra, stia tranquillo che lo faremo.

VENETO Gaetano. Comunque, Presidente, risulta agli atti la volontà del Governo di dare attuazione alla legge sull'erogazione dei fondi solo dopo aver accertato attentamente i bilanci e sentito anche noi.

PRESIDENTE. Vorrei vedere poi quale tipo di cautele saranno assunte, visto che parecchie di queste carte, almeno da quello che ci riferisce l'avvocato Lettera, non sono più in circolazione: o sono state smarrite, o sono state perdute, o sono state bruciate; comunque non esistono più. Ma su questo tema ci fermiamo qui.

Alla domanda che sto ora per formularle le chiedo di rispondere, se lei lo ritiene, chiedendo la segretezza dei lavori: valuti lei. Si è formato un'opinione sulle ragioni che indussero il ministro Goria, a seguito del fallimento del suo progetto, a chiedere il concordato preventivo della Fedit? È venuto in possesso di elementi utili per la Commissione al riguardo? In particolare, le risulta se furono stese al riguardo relazioni tecniche?

LETTERA. Le chiedo la chiusura dell'impianto audiovisivo per questa risposta.

PRESIDENTE. Si proceda in tal modo.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 15,40 alle ore 15,52. PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Lettera per il tempo che ha dedicato alla Commissione.

Credo che per quanto riguarda i 140 miliardi lei abbia dato ampia risposta ma sicuramente sarà necessario ascoltarla nuovamente per conoscere episodi specifici che ci permetteranno di aggiornare i nostri lavori.

Rinvio il seguito dell'indagine ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 15,53.