XXIII. — I Briganti

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XXII XXIV

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CAPITOLO XXIII.

I BRIGANTI.

Lasciamo per un momento queste scene di desolazione e d’orrore — quest’atmosfera infetta dal fiato pestilenziale de’ carnefici — e seguiamo sulla strada di Porto d’Anzo — le graziose nostre viaggiatrici — meste — perchè il loro cuore rimaneva in Roma co’ loro cari — ma finalmente respirando l’aria libera della campagna — in quella stagione purissima.

La campagna romana, un dì sì popolata e fertile, è oggi — lo ripeto — un deserto — seminato di macerie — e coperto di paludi e di macchie. — L’ammiratore della natura selvaggia — trova pascolo colà all’esaltata immaginazione — e forse è difficile rinvenire un altro lembo di terra sulla superficie del globo — che presenti alla memoria tante ricordanze di peripezie, di grandezza e di miseria.

Il cacciatore vi trova selvaggina d’ogni specie — dalle quaglie al cignale — ed alimento del corpo e dell’anima vi trova colui, che alla [p. 117 modifica] infezione della capitale — alle sue lussurie, — preferisce la quiete del deserto.

Pochi — lo abbiamo detto — sono i proprietari di quelle feraci ed immense pianure — e tutti son preti — ingolfati nei vizi della metropoli, che non hanno mai veduti questi loro possessi e vi tengono al più qualche mandra di bufali e pecore.

Ma nella campagna romana si trova qualche altra cosa.

La pianta brigante è inseparabile dal governo dei preti, ed è naturale — essa non può non prosperare accanto ad un governo codardo — servito da mercenari imbelli ed abbrutiti. — Quindi il ladro — l’omicida — o il compromesso politico. — trovandosi questa immensa campagna — vicina — ove loro non mancherà rifugio ed alimento — vi si gettano — e molti vi passano l’intiera lor vita.

Le statistiche assicurano essere gli omicidii in Roma più frequenti che in alcun’altra parte, e non può essere altrimenti coll’educazione corruttrice dei preti — e la miseria prodotta dal loro infame governo. — Quindi necessariamente la campagna è popolata da molti di questi fuorusciti — delinquenti od innocenti — tutti conosciuti sotto la denominazione di briganti. [p. 118 modifica]

A questa non piccola famiglia di — briganti per necessità — vanno aggiunte le numerose e terribili bande assoldate dai preti stessi contro il presente governo italiano — bande abbastanza note e che tante stragi commisero in questi ultimi anni.

Eppure — con tutto questo — io ho simpatia pei briganti!

Le mie simpatie non si stendono certo alle jene assetate di sangue che mutilano i loro prigionieri prima di trucidarli — che bruciano — devastano — distruggono per selvaggio istinto di distruzione. — No! costoro mi mettono orrore!

Ma quei briganti che odiano un governa scellerato come quello dei preti; o simile — che piuttosto di sottostare ai soprusi ed alle umiliazioni — a cui ogni giorno il cittadino è esposto — preferiscono la vita vagante della foresta, senza macchiarsi con furti o con omicidii — quelli là hanno la mia simpatia.

Quando poi all’onesta indipendenza aggiungono l’indole coraggiosa del leone — e si battono valorosamente contro chiunque cerchi sopraffarli — allora non solo simpatia, ma ammirazione si meritano — e francamente — nell’abbassamento presente della nostra gloria militare — io sovente insuperbisco tra me [p. 119 modifica] stesso, pensando che pochi italiani (ispirati da falso principio è vero) combattono contro polizie, carabinieri, guardie nazionali, esercito — un mondo di nemici — senza che questi giungano mai a vincerli o domarli.

Comunque sia — tolte le crudeltà commesse dai briganti assoldati dai preti — quella classe di gente, ha mostrato in questi ultimi tempi una tenacità ed una bravura degna di miglior causa — il che prova che gli stessi uomini sospinti dall’amor di patria — e ben guidati — sarebbero una barriera insuperabile contro qualunque invasione straniera.

Fatalmente — quei poveri ma coraggiosi contadini sono sempre stati coi preti e da loro sono forviati. Per questo li vediamo armati contro l’unità nazionale.

E quanto tempo ci vorrà ancora per portarli sulla buona via?...

Che i briganti non sieno tutti assassini, lo prova Orazio — il valoroso Romano — che tutti in Trastevere — specialmente le donne — ammiratrici sempre della bravura — credevano discendente dal famoso Coclite — che da solo difese il ponte contro l’esercito di Porsenna.

— Egli aveva questo di particolare, oltre il valore che lo ravvicinava all’antico eroe; gli mancava un occhio che nell’infanzia, in [p. 120 modifica] una rissa aveva perduto. Un giovinetto della sua età. ch’egli aveva battuto, per vendicarsi gli piantò una canna nell’occhio sinistro e glielo svelse.

Orazio aveva servito con onore la Repubblica romana. — Àncora imberbe, egli fu tra i primi che nel glorioso 30 d’aprile caricarono e fugarono gli stranieri invasori. — A Palestrina riportò onorevole ferita di palla alla fronte: — a Velletri — dopo aver freddato un officiale di cavalleria napoletano col suo archibugio, lo spogliò delle armi e le portò in trionfo a Roma.

Ventura sarebbe stata per Giulia e le sue compagne, se fossero cadute in potere d’un tal brigante — ma non fu così: altre bande della peggior natura da noi descritta — incontrò la gentile comitiva — mentre si avvicinava alle spiaggie del mare — ed una fucilata uscita da un bosco circostante, che rovesciò il cocchiere dalla banchina, diede indizio agl’infelici della situazione loro.

Caduto il cocchiere — Manlio, con un’intrepidezza ed un’agilità superiore all’età sua — slanciossi sul davanti della carrozza, ed impugnò le redini — ma inutilmente; — quattro masnadieri armati di tutto punto, si precipitarono ai freni dei cavalli e li fermarono. [p. 121 modifica]

«Non vi movete o siete morto» — gridò con voce imperiosa uno della banda che aveva apparenza di comando — e veramente inutile sarebbe stata la resistenza d’un solo e inerme contro quattro armati — e di quella specie!

Manlio rimase immobile sulla banchina ove era salito — alle donne si ordinò di scendere con certo piglio poco galante dapprima — ma scese che furono — abbarbagliati da tanta bellezza — i malviventi rimasero muti — e per un pezzo stettero a considerare Clelia e Giulia con aria mista d’ammirazione e di rispetto.

Finalmente predominati dalla fiera e malvagia natura — il capo della banda così si espresse: «Signore, — se voi vi decidete ad accompagnarci di buona voglia — io vi assicuro che non vi sarà torto un capello — ma se non condiscendete a quanto io vi chiedo — potete essere certe che la vostra vita non è sicura, e cominceremo a darvene prova, col fucilar subito quell’uomo lassù che vi accompagna e accennava Manlio.

Lascio pensare l’effetto dell’ultime parole sulle povere donne. —

Silvia cominciò a singhiozzare? e così Aurelia, che non potè trattenersi dal farle [p. 122 modifica] riscontro — Clelia si sentì un brivido nelle ossa, ed impallidì alla minaccia di ucciderle i genitore — Giulia sola colla impavida freddezza caratteristica della sua nazione — essendo già ne’ suoi viaggi meglio delle compagne assuefatta alle peripezie della vita — mostrò forte e maschio contegno.

«Non potreste — disse Giulia avanzandosi verso il masnadiere — «prenderci quanto possediamo, e noi ve lo diamo senza difficolta (così dicendo trasse fuori la sua borsa e gliela porse) «lasciandoci andare per la nostra via?»

Lo scellerato, cui il peso dell’oro che teneva in mano — in luogo di soddisfarlo — sembrava aver risvegliate altre libidini — sorrise al discorso della seducente Inglese rispondendo:

— «Oh! Signora! — fortune come questa d’oggi non capitano tutti i giorni a noi miseri perseguiti — e la fortuna, se non la si piglia pei capegli quando arriva — fugge e sovente per non più tornare. — Crede lei che possano giungere ogni giorno tanti giojelli?»

E il furfante così dicendo facea l’occhietto — girando lo sguardo dall’una all’altra delle due giovani.

Giulia — non si scosse dinanzi alla gravità del pericolo — ma andava ruminando [p. 123 modifica] nella mente le possibilità di un tentativo per liberarsene — mantenendosi intanto fredda e silenziosa. Non così Clelia — che al brivido d’orrore provato alla minaccia d’uccisione del padre — sopravveniva lo sgomento pel suo onore minacciato dalle parole dell’assassino. Percorse in un lampo colla meridionale sua immaginazione tutto l’orrore della loro situazione — e la disperazione succedendo ad ogni altro senso — si ricordò del pugnaletto — lo impugnò — ed avventossi come una furia sul ladro procace. Giulia, non meno coraggiosa; vedendo l’eroica risoluzione della compagna — assalì il nemico con eguale intrepidezza, e certo — se avessero avuto da fare con lui solo — il brigante era spacciato. — Ma il più vicino dei malandrini afferrò e tenne salda Giulia — in guisa che la povera Clelia trovossi sola a lottare col nerboruto avversario — il quale, benchè ferito in varie parti; era ben lunge dal potersi dire vinto ed atterrato.

Le cose erano a tal punto: — Giulia veniva portata via dal brigante verso la macchia — le due donne mature minacciate da un altro che le teneva sotto la bocca della sua carabina a due colpi — seguivano Giulia, — Manlio, che aveva ricevuto ordini dal terzo di scendere dalla banchina, seguiva la comitiva sotto [p. 124 modifica] la stessa minaccia. ed ultima Clelia, trascinata dal capo — da cui invano cercava di svincolarsi — veniva alquanto più in dietro. —

A un tratto un colpo — come di clava — cadde sul cranio del rapitore di Clelia — e la coraggiosa fanciulla nello stesso momento — sì sentì sciolta e vide lui rovesciato nella polvere quasi colpito dal fulmine.