Canti (Leopardi - Donati)/Appendice/Nota

Appendice

Nota

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Appendice - II Appendice - Indice dei capoversi
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NOTA



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I


Ad una compiuta edizione delle «Opere del conte Giacomo Leopardi, tutte quante, con ritratto, cenni biografici, insomma con tutte le cerimonie», si cominciò a pensare fin dal 1825, massime per interessamento di Pietro Brighenti; e il poeta, che ne dava, con le parole qui riferite, notizia al fratello Carlo, intendeva a raccogliere stampe e manoscritti e a correggere, per farla quanto meglio potesse; e redigeva un diligente elenco degli scritti suoi editi e inediti, destinati forse alla stampa, certo a una accurata cernita.

L’ordine di quell'elenco è strettamente cronologico secondo l’epoca della composizione, meticolosamente registrata in colonna, prima della nota dell’anno e luogo di pubblicazione.

Come poi egli avrebbe raggruppato le sue Opere, un materiale cosí vario di forma, di contenuto e di mole, non è possibile indovinare; perché quel disegno non solo non ebbe attuazione, ma rimase solo... un progetto di massima. Onde il poeta si contentò di raccogliere parte dei Versi non compresi nel volumetto delle Canzoni del 1824, in un secondo volumetto a Bologna, 1826, e die’ fuori poco dopo le Operette morali (Milano, Stella, 1827).

Né gli anni che seguirono lasciarono agio o desiderio a lui di curare un siffatto lavoro; né la sua gloria crescente persuase alcun editore al proposito di una compiuta ristampa.

[p. 232 modifica]Volle farla nel 1835 a Napoli lo Starita, il quale stipulò col Leopardi regolare contratto1, che qui si riproduce, perché ci par curioso documento.


Col presente foglio a doppio originale a termine delle Leggi civili.

Il Sr. conte Giacomo Leopardi di Recanati, presentemente in Napoli, domiciliato Vico del Pero N. 2 da una parte;

Ed il Sr. D. Saverio Starita di Giovanni, negoziante di libri, domiciliato Strada Quercia N. 14 dall’altra parte

Convengono de’ seguenti articoli.

1. Il Sr. conte Giacomo Leopardi concede al Sr. D. Saverio Starita l’uso delle sue opere cosí stampate, come inedite, a fine che esso Starita le pubblichi colle stampe qui in Napoli.

2. Il Sr. D. Saverio Starita acquista l’uso delle dette opere per il fine indicato. Si obbliga pagare al Sr. Leopardi ducati cinque per ogni foglio da stamparsi. Si obbliga pagare sempre anticipatamente due fogli, cioè ducati dieci in contante effettivo. Si obbliga oltre a ciò, stampato ciascun volume, consegnarne ad esso Sr. Leopardi copie cinquanta, a compimento del compenso convenuto.

3. Il sesto de’ fogli da stampare, la lunghezza ed il numero di righi, la carta e tutt’altro debbono essere conformemente al manifesto qui aggiunto e firmato da amendue le parti.

4. Il Sr. conte Leopardi ha il diritto di regolare l’edizione per quanto riguarda collocamento di materie, ed ogni altra cosa che avesse influenza su di esse materie, non che la quantitá che abbia a contenere ciascun volume. Si obbliga di rivedere le pruove, innanzi che vadano in torchio, ma gli devono essere presentate corrette di ogni errore tipografico.

5. Il Sr. Starita si obbliga di non mandare in torchio alcun foglio, senza che prima il Sr. conte Leopardi non vi abbia messo la sua firma. Ed il Sr. conte Leopardi può negarsi a mettere la sua firma, quante volte il Sr. Starita trasgredisca di adempiere a qualunque degli obblighi innanzi numerati.

6. Intanto dove mai si verificasse una qualche mancanza di questa fatta, se dopo quindici giorni non siasi accomodato, può il Sr. conte Leopardi niegar oltre l’uso delle sue opere al Sr. Starita. Mentre non succedendo

[p. 233 modifica]questo, è obbligato di dare l’uso di tanta materia, che compia la pubblicazione almeno di volumi sei, secondo che il Sr. Starita ha promesso nel manifesto qui unito.

7. Quanto mai possa riguardare Istruzione pubblica e Polizia, rimane a carico del Sr. Starita. E se per volere di questa autoritá o di altre, fosse proibito di stampare qualsivoglia delle opere accennate, e per la mancanza di siffatta stampa non si potessero compiere i sei volumi, non dev’essere ciò imputato al Sr. conte Leopardi, come se mancasse alla obbligazione contratta nell’articolo antecedente: facendo questo solo caso di eccezione al nominato articolo.

8. Il Sr. D. Saverio Starita si obbliga pubblicare ogni mese un volume. E meno che non succeda per cagione estranea alla sua volontá ed invincibile, non può mandare il ritardo della pubblicazione di ciascun volume al di lá di cinquanta giorni. Quindi l’intera pubblicazione de’ sei volumi non può tardare piú di trecento giorni, a contare dalla data della presente scrittura.

9. Resta stabilito di comune volontá, che quante volte avvenisse al Sr. Starita, pubblicato il primo volume, di non raccogliere un numero di associati sufficienti a covrire la spesa necessaria del medesimo volume, possa sciogliersi dall’obbligazione di continuare; ed il Sr. conte Leopardi, verificandosi questo caso, si obbliga di scioglierlo; ma ad ogni modo il primo volume contenente le Poesie deve completamente pubblicarsi, a seconda de’ patti sopra convenuti.

10. Ciascuna delle parti contro cui sará verificata una mancanza di obbligazione si assoggetta volontariamente alla multa di ducati cento.

11. Le parti eleggono per domicilio le proprie abitazioni.

Fatto a doppio originale.

Napoli nove luglio 18 trentacinque.

Giacomo Leopardi.


Il Leopardi contava dunque di poter dare finalmente una compiuta raccolta dei suoi scritti, e lo Starita ne aveva giá pubblicato l’annunzio in un Manifesto2. Il quale certo non è di mano del poeta né del Ranieri3: tuttavia non è senza interesse riprodurlo: [p. 234 modifica]


OPERE DEL CONTE GIACOMO LEOPARDI


Ai cultori de’ buoni studi Saverio Starita

Poiché fu sempre mio desiderio pubblicare con nitide stampe opere eccellenti, non ho perdonato finora a spese né a cura, perché i libri da me posti a luce avessero seco queste due qualitá essenziali. Ed animato dall’accoglienza universale, siffatto desiderio è venuto in me crescendo di giorno in giorno; cosí che al compiere di una impresa, ho cercato subito di dar mano a somigliante e piú perfetta edizione.

Ma fra tanti libri una pubblicazione desideravo imprendere, quanto si potesse finita, delle Opere del conte Giacomo Leopardi. Perciocché tenevo che tale edizione avesse dovuto meritare non solo del mio paese, ma di tutta Italia, e fuori: siccome a opere di colui, giá salutato solenne pensatore, potente e generoso poeta, ammirato e tradotto in Germania e Francia, e, per dire in breve, da Pietro Giordani giudicato «ingegno immenso e stupendo, di una gioventú promettitrice credibile di cose straordinarie».

Ora, in vedere annunziate queste Opere, ognuno ne piglierá letizia e dirá il mio voto vicino a essere soddisfatto. Ma quanta maggior sorpresa non si verrá destando, se pongo qui a intendere che la fortuna non mi concede solo di ristampare le cose giá conosciute dall’autore, ma e di ripubblicarle coll’assistenza di lui, e di mettere a stampa la prima volta di molte altre sue prose e poesie? Sí veramente: perciocché, trovandosi egli a questi tempi a dimorare fra noi, di tanto favore mi è stato largo. In modo che la mia edizione verrá ad essere pregiata sopra quante ne sono venute fuori; poiché, oltre l’accrescimento delle materie, niuna delle stampe antecedenti è stata mai di lui corretta, impedito sempre per malattia o per lontananza.

Per che l’edizione mia sará divisa in non meno che sei volumi. Il primo de’ quali conterrá le Poesie, corrette ed accresciute meglio che di un terzo; il secondo e terzo, le Operette morali, anche corrette e accresciute: il quarto, il quinto, il sesto e forse un settimo di produzioni inedite, ed alcune ancora, che, quantunque stampate, non è pertanto agevole piú di avere.

Farò poi di modo che resti ad ognuno la scelta di acquistare o tutte o parte delle Opere noverate. E se l’esecuzione tipografica corrisponderá (giovami sperarlo) alle mie cure, non v’ha dubbio alcuno che la presente edizione, distinta sopra ogni altra finora stata, non sia per essere de’ più cari e durabili monumenti dell’Italia nostra.

PROSPETTO DI ASSOCIAZIONE

I. Di mese in mese, cominciando da luglio 1835, si dará un volumetto di carta, sesto e carattere simile al presente manifesto.


[p. 235 modifica]2. Il prezzo di ciascun volumetto è di carlini quattro pei primi 300 associati: al di lá di questo numero, sará di carlini cinque.

3. Ogni volume che contenga da sé opera distinta, finita l’associazione, si venderá separato carlini sei.

4. L’associazione è obbligatoria; quindi il soscrittore manchevole sará costretto a norma delle leggi.

Le associazioni si ricevono presso l’editore Saverio Starita, strada Quercia n. 14, e presso i distributori de’ manifesti.

Napoli, 15 giugno 1835.


Quali scritti il poeta fosse per dare nei due o tre volumetti promessi in questa edizione in piú di quelli della definitiva, non è certo possibile indovinare oramai. Forse lo illudeva la speranza di potere ancora condurre a termine alcuno dei tanti lavori divisati: è probabile ch’egli contasse di finire i Paralipomeni della Batracomiomachia; ed è sopratutto ragionevole credere ch’egli tenesse in maggior conto, che non abbiano mostrato di farne fin qui tutti gli editori dei suoi scritti, gli studi di filologia, e in particolare quel miracolo d’erudizione che è il Commentario intorno al Cronicon di Eusebio.

Due anni più tardi, e per la Francia, forse il Leopardi fu costretto a ridurre la sua scelta ai quattro fascicoli, che formarono i due volumi che il Ranieri dava come edizione «ordinata e accresciuta secondo gli ultimi intendimenti dell’autore».

Comunque, i rigori della censura borbonica sospesero la pubblicazione e soppressero quasi intieramente il primo volume (che conteneva i Canti), e fecero che fosse stampato malissimo e quasi nascostamente il secondo (contenente le Operette morali fino a tutto Il Parini, ovvero della Gloria).


Quasi negli ultimi mesi della sua vita il Leopardi preparò per il Baudry di Parigi la scelta degli scritti ai quali voleva raccomandata la sua fama: e ne aveva apprestati quattro volumetti o cahiers che servirono poi al Ranieri per l’edizione, che, solo otto anni dopo la morte del poeta, poté fare a Firenze, pei tipi di Felice Lemonnier, nel 1845.

Neppure l’edizione parigina (pare sopratutto per dissuasione del Tommaseo) fu fatta: nel 1843, sotto il titolo Parnaso italiano. Poeti italiani contemporanei magiori e minori preceduti da un discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo, [p. 236 modifica]scritto da Cesare Cantú, il Baudry ristampò, non senza qualche lieve inesattezza, il volumetto dello Starita contenente i Canti4.

L’edizione del Ranieri (la prima veramente degna, e che rimase il testo fondamentale delle innumerevoli ristampe, che, massime dopo il ’60, si fecero delle opere leopardiane in tutte le parti d’Italia), il testo, diremo, della «volgata», ha perduto d’importanza, dopo che Giovanni Mestica, per l’edizione diamante del Barbèra nel 1886, e per i successori Lemonnier nel 1906 (Opere di G. L. da lui approvate), rilevate alcune inesattezze dell’editore, che dalla lunga amicizia col poeta si credé autorizzato a qualche lievissima correzione, o certo si lasciò sfuggire qualche errore, tornò direttamente ai materiali preparati dal Leopardi, che ora si conservano nella Biblioteca municipale di Recanati, alla quale il Lemonnier stesso li donò nel 1881.

A queste dunque del Mestica mi sono attenuto, correggendo sugli originali qualche lieve svista e qualche errore tipografico sfuggito alla diligenza di quel dotto e meticoloso maestro in questo genere di lavori; e senza apportarvi altre modificazioni che quelle richieste dalla uniformitá di questa raccolta di Scrittori: minuscole ai capoversi, segni del discorso diretto, accento circonflesso per segnare la contrazione delle forme verbali, ecc.

[p. 237 modifica]Ai lettori, che usano por mente a queste minuzie, mi pare superfluo avvertire che le norme costantemente usate nella grafia di questi Scrittori d’Italia son quasi intieramente le medesime che il Leopardi adottò negli ultimi suoi anni. Se egli avesse ripubblicate le cose sue giovanili, a quelle norme si sarebbe attenuto, come ha fatto, per esempio, ristampando tra i Canti un frammento della seconda Elegia, e un altro dell’Appressamento della morte, e le due prime canzoni: è quindi ragionevole sperare che i giudici giudiziosi mi approveranno, se seguirò questo sistema di ridurre a unitá di grafia gli scritti che si verranno man mano ristampando.


II


Il poeta ha con minuziosa attenzione rivedute le cose sue ad ogni ristampa, e l’indicazione dei «ritocchi in piú e piú luoghi» era veramente sincerissima, come si può vedere dall’elenco delle varianti dato a pagina 213 e seguenti.

Non ho neppur cercato di rendere in qualche modo la selva di correzioni, di parole registrate in margine agli autografi, di esempi e di autoritá richiamate per quasi ciascuna parola. Ciò per piú ragioni. Prima di tutte e fondamentale questa, che la stampa non può mai rendere se non con grossolana approssimazione questo processo mentale dell’artefice; a mostrare il quale sarebbero necessarie riproduzioni fotomeccaniche dì fac-simili. Inoltre, l’autografo, che rende le incertezze, i dubbi e i metodi diversi di composizione, e qualche volta lo stato dell’animo di chi scrive, ben di rado o quasi mai rende compiuto il senso, perché la cernita definitiva, tra le varie espressioni che piú o meno tumultuariamente si affollano al pensiero, si determina nella ultima copia per la stampa, e a volte si modifica ancora nella revisione delle bozze. Infine se, su mille lettori e magari su cento critici, ce n’è uno che abbia acume d’ingegno e tanta perizia d’arte, da potere e saper veramente, fra queste selve, queste incertezze, ricostruire il procedimento tecnico del poeta, quell’uno certamente vorrebbe studiare gli autografi, quand’anche ne potesse avere una riproduzione esattissima.

[p. 238 modifica]Un’edizione critica è quella che riproduce il pensiero dell’autore nella sua forma definitiva: quella insomma che l’autore medesimo ha fatta (quando l’abbia fatta) delle cose sue. Il Leopardi ha preparato quella dei Canti; e non c’è da fare altro che attenersi a quella; anche quando si creda, come p. es. credo io, che le poesie xxxv-xli, e cioè l’Imitazione, lo Scherzo e i Frammenti o ricavati da composizioni giovanili o dalle versioni, sieno stati accodati al volume (che doveva finir con la Ginestra) per mere ragioni esterne e tipografiche.

Ma, se di queste «espressioni definitive» il poeta ne ha avuto piú d’una, può esser curioso rendersene conto e seguirle: si può insomma tener conto delle precedenti edizioni, ma a patto di non infastidire il lettore con richiami a piè di pagina. E questo ho voluto fare io, dando in appendice tutto il materiale diverso delle edizioni precedenti.

Nessun dubbio infine che tanto nell’ordinamento generale degli scritti, quanto nell’ordine particolare di ciascuno, massime quando si tratti d’un libro di poesie, ci si debba attenere assolutamente alla distribuzione voluta dall’autore. Scompigliarla, col pretesto che l’ordine cronologico rappresenta lo sviluppo dell’ingegno, vuol dire non comprendere le ragioni d’arte che lo hanno guidato. Ed è una curiosa sciocchezza mostrar di credere che lo svolgimento del pensiero e dell’animo e dell’arte di un poeta sia un fatto cosí grossolano e superficiale, da rivelarsi a prima vista, ed a qualunque lettore o studioso per semplice disposizione tipografica delle opere sue.


Coi Canti dunque incominciamo, come il Leopardi aveva incominciato: e ai Canti ho voluto aggiungere i Nuovi credenti, un capitolo, pare, degli ultimi suoi mesi, ch’egli però non poteva pensare di pubblicare nell’edizione napoletana; e che non risulta volesse inserir neppure nella parigina; o ne fosse sconsigliato dal Ranieri, o sentisse egli medesimo l’inopportunitá di stampare quei versi fin che viveva a Napoli.

Li ho riprodotti per cortese concessione dei successori Lemonnier dal volume Scritti vari dalle carte napoletane (1904), seguendo il testo dato dalla commissione governativa; e li ho posti, fuori dalla numerazione dei Canti, in fine del libro, come una ultima dedicatoria al Ranieri, e quasi una difesa della sua dottrina contro quelli che il Giusti, press’a poco in quello stesso tempo, chiamava «riunti cristianelli rifritture d’atei». [p. 239 modifica]



III


A compimento dei cenni bibliografici dati dal poeta a capo dell’edizione da lui apparecchiata (si veda sopra p. 156), aggiungeremo qui un’esatta descrizione delle edizioni dei Canti fatte o dirette da lui medesimo.

1. Canzoni | di | Giacomo Leopardi | sull’Italia | sul monumento di Dante che si prepara in Firenze | Roma mdcccxviii | Presso Francesco Bourliè.

Fascicolo di pp. 28 in-16. Le stanze delle canzoni sono distribuite a una par pagina. Precede la dedica al Monti, riferita a p. 165.

2. Canzone | di | Giacomo Leopardi | ad Angelo Mai | Bologna MDCCCXX | Per le stampe di Iacopo Marsigli | con approvazione.

Fascicolo di pp. 16 in-16, eguale al precedente. A p. 3 la lettera al Trissino, riferita sopra a p. 168.

I nn. 1 e 2 furono riprodotti diplomaticamente da Camillo Antona Traversi, Canti e versioni di Giacomo Leopardi, pubblicati con numerose varianti di su gli autografi recanatesi (Città di Castello, Lapi, 1887), pp. 223-70.

3. Canzoni | del conte | Giacomo Leopardi | Bologna | pei tipi del Nobili e comp. | 1824.

Volumetto di pp. 196 in-16 piccolo, oltre il «vidit» del cardinale Opizzoni e l’«imprimatur» di I. Passamonti (18 maggio 1824). Contiene: un’avvertenza A chi legge, evidentemente del Leopardi (riferita a p. 169); 1) All’Italia, preceduta dalla seconda redazione della lettera al Monti (si veda sopra p. 170); 2) Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze; 3) Ad Angelo Mai, quand’ebbe trovato i libri di Cicerone della repubblica, preceduta dalla seconda redazione della lettera al Trissino (si veda sopra p. 172); 4) Nelle nozze detta sorella Paolina; 5) A un vincitore nel pallone; 6) Bruto minore, preceduto dalla Comparazione delle sentenze di Bruto minore e di Teofrasto vicino a morte, poi ricollocata tra le Prose; 7) Alla primavera o delle favole antiche; 8) Ultimo canto di Saffo; 9) Inno ai patriarchi o de’ principii del genere umano; 10) Alla sua donna. Seguono le Annotazioni, poi riprodotte nel Nuovo Ricoglitore (si vedano sopra pp. 173 211).

[p. 240 modifica]4. Versi | del conte | Giacomo Leopardi | Bologna 1826 | Dalla stamperia delle Muse | Strada Stefano n. 76 | con approvazione.

Volumetto di pp. 88 in-16. Contiene anzitutto il seguente avviso, scritto certamente dal L., come ci dimostra un autografo che si conserva presso il comune di Visso.

GLI EDITORI A CHI LEGGE

Abbiamo creduto far cosa grata al pubblico italiano, raccogliendo e pubblicando in carta e forma eguali a quella delle Canzoni del conte Leopardi giá ristampate in questa cittá, tutte le altre poesie originali dello stesso autore, tra le quali alcune inedite, di cui siamo stati favoriti dalla sua cortesia5. Si è compresa tra le poesie originali la Guerra dei topi e delle rane, perché piuttosto imitazione che traduzione dal greco. In ultimo abbiamo aggiunto il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra la donna; della qual poesia molto antica e molto elegante, ma nota quasi soltanto agli eruditi, non sappiamo che v’abbia finora altra traduzione italiana.

Seguono: sei Idilli, con la data del mdcccxix, e cioè: 1) L’infinito; 2) La sera del giorno festivo; 3) La ricordanza (intitolato nelle edizioni posteriori Alla luna); 4) Lo spavento notturno (soppresso nell’edizione fiorentina del 1831 e collocato tra i Frammenti nell’edizione napoletana del 1835: si veda in questa nostra n. xxxvii); 6) La vita solitaria; — due Elegie, con la data del mdcccxvii: la prima intitolata nelle edizioni successive Il primo amore; l’altra, «Dove son, dove fui?», collocata parzialmente (vv. 40-55) tra i Frammenti (si veda n. xxxviii); — i Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino beccaio, mdcccxvii; — l’Epistola al conte Carlo Pepoli, mdcccxxvi; — la Guerra dei topi e delle rane, mcccxv; il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne, mdcccxxiii.

5. Canti | del conte | Giacomo Leopardi | Firenze | presso Guglielmo Piatti | 1831.

Volume di pp. 166 in-16 piccolo. Fu annunciato nell’Antologia (xxxviii, quad. 14, p. 166) col seguente manifesto, che il Mestica (Scritti letterari di G. L., ed. cit., p. 424), dá come scritto dal poeta:

[p. 241 modifica]Si pubblicherá in breve un volume intitolato Canti di Giacomo Leopardi. Saranno parte ristampati, parte nuovi: gli stampati si troveranno riformati molto dall’autore. Tutte le poesie pubblicate dal medesimo per lo passato, che non si leggeranno in questo volume, e cosí le altre edizioni fatte, sono rifiutate. Le prose, che nelle altre edizioni andavano colle poesie, parimenti essendo rifiutate, non si stamperanno: ma in quella vece si dará una lunga prosa nuova, di argomento compagno a quello di uno di questi Canti6. Alcune poche note si troveranno appiè di ciaschedun canto, a cui fossero a proposito.

La valuta d’ogni esemplare ordinario, per quelli che non saranno associati alla stampa, la quale sará nitida di caratteri e di carta, consisterá in paoli cinque di moneta toscana, cioè in franchi 2.80.

Firenze, luglio 1839.
L’editore.

Le associazioni si ricevono in Firenze al Gabinetto scientifico letterario di G. P. Viesseux; nelle altre cittá della Toscana, presso i principali librai, ecc. ecc.

Il volume contiene, oltre la dedica Agli amici suoi di Toscana (si veda sopra p. 212), ventitré canti e cioè: i-ix i primi nove dell’edizione bolognese del 1824; x, l’Elegia I dell’edizione bolognese del 1826; xi-xv gli idilli i, ii, iii (col titolo Alla luna), iv e vi dell’edizione ora citata; xvi, la canzone Alla sua donna (decima nell’ediz. 1824); xvii, l’Epistola al conte Carlo Pepoli, tratta anche dall’edizione bolognese del 1826; xviii, Il risorgimento; xix, A Silvia; xx, Le ricordanze; xxi, Canto notturno d’un pastore vagante nell’Asia; xxii, La quiete dopo la tempesta; xxiii, Il sabato del villaggio.

Le note seguono le singole poesie con numeri di richiamo; e sono in parte riprodotte dalle edizioni precedenti, in parte nuove. Vennero conservate con lievi modificazioni quasi tutte nelle edizioni successive, come si è da noi via via indicato ai luoghi rispettivi.

6. Opere | di | Giacomo Leopardi | volume I | Canti | edizione corretta, accresciuta e sola approvata dall’autore | Napoli | Presso Saverio Starita | Strada Quercia n. 14 | 1835.

Volume di pp. 179 in-16 piccolo. Contiene la Notizia intorno alle edizioni di questi Canti (identica a quella riferita a p. 156, salvo naturalmente [p. 242 modifica]le ultime due linee, aggiunte nell’edizione preparata pel Baudry) e trentanove canti così disposti: i-x, i primi dieci dell’edizione fiorentina del 1831; xi, Il passero solitario; xii-xvi, i cinque idilli inseriti nella medesima edizione fiorentina (privi per altro di titolo complessivo); xvii, Alla sua donna; xviii, Consalvo; xix-xxv, l’epistola al Pepoli e i nn. xvii-xxii della citata edizione fiorentina; xxvi, Il pensiero dominante; xxvii, Amore e morte; xxviii, A se stesso; xxix, Aspasia; xxx, Sopra un bassorilievo, ecc.; xxxi, Sopra il ritratto di bella donna, ecc.; xxxii, Palinodia; xxxiii. Imitazione; xxxiv, Scherzo; e (sotto il titolo generale di Frammenti) xxxv, l’idillio iv dell’edizione bolognese del 1824; xxxvi, i vv. 40-55 dell’Elegia II della stessa edizione; xxxvii, un frammento dell’Appressamento della morte; xxxviii-ix i due frammenti di Simonide7.

Note

  1. Una delle due copie, e appunto quella sottoscritta dal Leopardi, che dové essere in mano dello Starita, si trova tra le carte leopardiane della famiglia in Recanati, donata da Camillo Antona Traversi al conte Giacomo. Alla cortesia del conte Ettore, attuale capo della illustre casa, debbo la facoltá di riprodurla qui; e colgo l’occasione per ringraziarlo della ospitale larghezza, con cui mi ha consentito lo studio dei manoscritti del suo grande antenato.
  2. Copia del manifesto è annessa ad alcuni esemplari del I volume delle Opere. G. Mestica l’aveva riprodotto in Scritti letterari di G. L. (Firenze, successori Lemonnier, 1899), ii, 435-36.
  3. Si veda la lettera 6 aprile 1836 al De Sinner a Parigi: «Starita mandò costí i 24 esemplari delle cosí dette mie Opere, vol. 1° e 2°. Credo che avrá mandato ancora dei manifesti. Io non ve ne mando, perché, non avendo io voluto scriverli, né permesso che fossero scritti da miei amici, furono fatti fare dal libraio a qualche persona sua, e son pieni di esagerazioni sciocche».
  4. Questo volume, che sotto certi aspetti non è senza interesse come documento di gusti e di giudizi letterari, non ha per me, in quanto dovevo attendere alla costituzione e alla storia del testo dei Canti, alcun valore, come non ne hanno le ristampe fatte durante la vita del poeta, ma non vedute da lui. Tuttavia ne accennerò il contenuto. È un vol. in 8° a 2 colonne, di pp. 1106 e ha: Parini: Il giorno, le Odi e Poesie diverse; Casti: la Grotta di Trofonio, Teodoro, Poesie scelte, Gli animali parlanti, Poesie liriche; Monti: Aristodemo, Caio Gracco, Basvilliana, Mascheroniana, Poesie varie; Manzoni: Le tragedie, In morte di C. Imbonati, Urania, Gl’inni sacri e cose minori; Grossi: episodi dei Lombardi alla prima crociata, l’Ildegonda, Ulrico e Lida e i versi del Marco Visconti: Pellico: la Francesca, cinque Cantiche e Poesie liriche.
    Il Leopardi è messo in un gruppo, come gli altri secondari, col Foscolo, del quale si danno i soli Sepolcri, col Pindemonte, l’Arici e Terenzio Mamiani.
    Ha un posto a sè G. B. Niccolini, del quale son date tre tragedie.
    Seguono gruppi assai curiosi: L. Carrer, I. Vittorelli, G. Berchet, G. Perticari, G. Marchetti; e S. Baldacchini, G. Borghi, A. M. Ricci, F. Romani, N. Tommaseo, B. Sestini.
    Poi quaranta poeti disposti, a scanso di possibili malintesi, per ordine alfabetico; e Poetesse italiane, dalla Nina siciliana alla Bandettini, e infine diciassette Poetesse viventi.
  5. L’autografo, a questo punto ha: «Per consiglio del medesimo si è tralasciato il lungo commento stampato in séguito all’Inno a Nettuno, quando questo fu pubblicato per ischerzo come tradotto dal greco. Abbiamo compreso tra le poesie originali La guerra dei topi e delle rane e La torta, perché piuttosto imitazioni che traduzioni dal greco», ecc.
  6. Quale dovesse o potesse essere questa prosa, che poi non fu inserita nel volume, non è facile determinare. Forse era il Copernico o il Dialogo di Plotino e Porfirio, scritti presso a poco in quel tempo; o fors’anche qualcuno dei tanti scritti disegnali e non mai portati a compimento.
  7. Non è certo il caso di dare un elenco delle innumerevoli ristampe dei Canti. Delle parecchie commentate, abbiam tenuto sott’occhio, per valercene nei casi dubbi d’interpetrazione, quelle del Sesler (Firenze, Sansoni, 1890); dello Straccali (Firenze, Sansoni, 1892); dello Scherillo (Milano, Hoepli, 1900); del Piergili (Torino, Paravia, 1905); del Tambara (Milano, Vallardi, 1907).