Asolani/Libro secondo/XXX

Libro secondo - Capitolo XXX

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Ora per ritornare alquanto adietro per questa così dilettevole strada, per la quale infino a qui venuti ci siamo, poscia che ciascun di questi tre piaceri, che io dissi, cotanti giuochi ci può porgere separatamente, sì come in parte ci s’è ragionato, quanti è da credere, donne, che porgan tutti e tre congiunti e collegati? Ohimè, niun condimento è così dolce, niuno così soave. Essi sono pur tanti e tali, che malagevolissimamente con la stimativa si comprendono, non che con la lingua si raccontino altrui. Ma perciò che Perottino hieri, nelle passioni di quella miseria, che egli Amore si credea che fosse, mettendosi, mescolatamente s’andò per loro ravolgendo e raviluppando lunga ora, a me non fie noievole che noi altresì, nelle feste di questa felicità, che io so che è Amore, già entrati, alquanto più innanzi ancora senza ordine erriamo e discorriamo per loro. Nel quale discorrimento se averrà che davanti ci si parino le gioie de gli altri sentimenti, le quali io di tacer vi proposi, acciò che elle in tutto doler di noi non si possano, o forse s’accordassero per lo innanzi di lasciarci, sì come noi ora avessimo loro lasciate, la qual cosa Idio non voglia, che io ne starei molto male, noi potremmo far quello stesso qui ragionando, che nelle pur dianzi ricordate tavole della nostra Reina desinando e cenando facciamo. Perciò che delle molte maniere di vivanda e di beveraggio che dinanzi recate ci sono, a una o a due fermatici, di quelle ci satolliamo, dell’altre tutte, almeno per onorare il convito, alcuna tazza e alcun tagliere assaggiamo solamente e assaporiamo. Così ora alla pastura delle dolcezze de’ due primi sentimenti e del pensiero stando contenti nel ragionare, quelle de gli altri, dove elle ci vengano dinanzi, presone il sapore e il saggio, lasciaremo noi andare con la loro buona ventura. Quantunque io per me non mi seppi far mai così savio, che io a quella guisa ne’ conviti d’Amore mi sia saputo rattemperare, alla quale ne gli altri mi rattempero tutto dì. Né consiglierei io già il nostro novello sposo che, quando Amore gli porrà dinanzi le vivande delle sue ultime tavole, che egli ancora non ha gustate, egli di quelle contento che gustate ha, assaggiandole e assaporandole, partire le si lasciasse; ché egli se ne potrebbe pentere. Non so ora il consiglio che voi, belle giovani, dareste alla sposa.