Appunti di giurisprudenza bancaria in Inghilterra/III

III

../II IncludiIntestazione 13 giugno 2024 100% Da definire

II

[p. 67-68 modifica]

III.

Benchè la semplice lettura delle sentenze da me raccolte e riferite basti a mostrare nelle sue linee generali il carattere della giurisprudenza inglese relativa alla pratica bancaria, lumeggiando i criterî coi quali il magistrato togato ed il popolare comprende, interpreta ed applica la legge, nondimeno io credo non inutile nè oziosa debba riuscire una breve sintesi riassuntiva della materia esaminata per poter eiungere a quelle conclusioni pratiche alle quali deve condurre ogni studio che abbia per base l’esame sperimentale dei documenti e dei fatti.

E lo credo tanto più in quanto, per l’enorme sviluppo e la capitale importanza assunta dalle banche nelle operazioni commerciali del Regno Unito, le regole costanti della loro vita e le leggi che disciplinano i loro rapporti quotidiani assorgono per noi alla dignità di veri e propri insegnamenti ai quali ci è necessario riferirci e che ci è d’uopo seguire, ove si voglia avviare la disordinata e confusa congerie delle nostre consuetudini bancarie, e la babilonica incertezza della giurisprudenza relativa verso quella meta positiva e sicura che è imperiosamente richiesta dalle esigenze giuridiche ed economiche del paese. Pochi appunti pertanto e qualche osservazione, prima di concludere.

Chi pur superficialmente prenda a considerare una serie di sentenze emanate dai Tribunali del Regno Unito, ponendo a confronto i principî giuridici in esse sanciti con quelli consacrati dalla legge da cui derivano, resterà subito colpito dalla precisione mirabile e dallo scrupolo di deferenza assoluta coi quali questi due termini, la dottrina applicantesi ai singoli casi e quella immutabile delle disposizioni positive, si accordano ed armonizzano, senza dar luogo mai a contraddizioni od a conflitti.

La verità è però, e qui sopratutto sta la superiorità incontrastabile di quella giurisprudenza sulla nostra, che la ossequenza del magistrato inglese alle disposizioni legislative non si spinge mai fino a quel servilismo grette ed ignorante il quale, invece di aiutare l’armonico svolgimento e promuovere il razionale progresso dei principî giuridici, comunicando loro una elasticità tale da renderli atti a comprendere e risolvere il massimo numero di casi pratici, li rinchiude sempre più nella cerchia angusta, ristretta ed infeconda di una misera interpretazione letterale.

Basta leggere attentamente qualcuna delle motivazioni colle quali quei giudici spiecano ed accompagnano il dispositivo dei loro pronunziati per iscorgere fino a qual grado, e come profondamente, e come dottamente [p. 69-70 modifica] siano compenetrati ed imbevuti dello spirito intimo e proprio della legge che son chiamati ad applicare, e come in essi sia viva e continua la preoccupazione di sviscerare la fattispecie considerata in ogni sua più riposta e più minuta parte, per procurarne una soluzione la quale corrisponda non ad un astratto dettato di scienza giuridica soltanto, ma ancora ad un concetto illuminato e sicuro di vera e serena giustizia.

Gli è perciò che dalla considerazione della giurisprudenza relativa ogni legge inglese si illumina d’una luce, la quale, pur mantenendone intatte le caratteristiche e la natura, ne allarga e ne rende più perspicue e più chiare la contenenza e la portata; onde ci appare d’un tratto manifesta la somma portentosa di scienza, unita all’efficacia mirabile di spirito pratico vero mercè cui può il popolo britannico guardare con orgoglio al corpo di dottrine giuridiche che lo regge; il quale, non cristallizzandosi mai in forme immutabili, prosegue, vario nella sua unità, duttile e mutevole nella sua coerenza, la vita, i bisogni e le tendenze della nazione, adattandosi con spirito insuperabile di appropriazione, alle multiformi vicende della sua fortuna.

Se, per quanto ha rapporto alla importantissima ed intricata materia cambiaria, il B. of Ex. Act prevede e risolve in anticipazione la massima parte delle questioni più spesso insorgenti, altri casi assai frequenti e di capitale rilievo per la pratica bancaria si presentano, ai quali la legge non provvede direttamente, e che appaiono assai disagevoli per la moltiplicità degli statuti e dei bills dalle parti invocati, per il numero delle autorità citate e sopratutto per l’importanza dell’autorevole precedente che la sentenza può e deve creare.

Ora è appunto in questi casi dubbî, dove più vasto campo è lasciato all’arbitrio della sua autorità, che il magistrato inglese dimostra un senso pratico meraviglioso, conciliante lo spirito delle disposizioni giuridiche che informano la materia colla preoccupazione dell’opportunità più assolute e collo scrupolo dell’equità più severa.

Le sentenze, da me riportate, relative al privilegio della Banca d’Inghilterra; quelle che hanno rapporto alla responsabilità dei banchieri circa i depositi ricevuti, circa l’operato dei loro agenti e commessi; e quelle che si riferiscono al valore giuridico dei libri commerciali; i giudicati attinenti a diritti ipotecarî d’ogni natura, alla negoziabilità degli effetti bancarî, ai diritti ed agli obblighi delle società di fronte agli azionisti ed ai terzi; ed i dettati che sciolgono i conflitti generantisi dai quotidiani rapporti dei banchieri coi loro clienti, ci porgono esempî continui di un siffatto retto modo di intendere [p. 71-72 modifica] l’altissimo ufficio cui il giudice è preposto.

Anche per ciò che riguarda le cambiali, i chèques ed i vaglia cambiarî, la cui materia si presenta mirabilmente distinta e specificata in uno dei rari esempî di codificazione che possegga la legislazione inglese, pochissime sono le sentenze rappresentanti nulla più che un riferimento materiale alle disposizioni dell’uno o dell’altro articolo; ma quasi tutte hanno per base un maturo, oculato e dotto confronto di casi analoghi e di giudicati anteriori; tutte apprezzano, studiano, raffrontano, scrutano, con minutezza di ricerca e precisione di indagine, i menomi fatti e le più insignificanti circostanze della causa; da tutte scaturisce ed emana un’applicazione nuova, un principio pratico, un insegnamento fecondo.

Certo, non giova negarlo, la coscienza dell’azione inapprezzabilmente benefica che la libertà del commercio bancario esercita sulla prosperità economica dell’Inghilterra, induce nei giudici la preoccupazione continua di incoraggiarne e promuoverne vie meglio la facilità dei rapporti. A questo intendimento essi sacrificano talvolta, senza soverchio rimpianto, un concetto astratto di filosofia giuridica assoluta, preoccupati sopratutto di non inceppare con precedenti funesti il libero e fecondo campo degli affari;1 e quando la legge, colla sua precisa parola o con un significativo silenzio vieti un’interpretazione siffatta, ne invocano coraggiosamente e risolutamente la riforma.2

Ma tale gelosa cura degli interessi commerciali non va mai fino al punto di ledere, in omaggio ad un vantaggio opportunistico, le basi dell’equità naturale tutelante i diritti dei terzi.

Nei casi in cui il diritto del banchiere e quello di un suo cliente si trovino in opposizione, il magistrato esamina con cura anche più gelosa e più minuta tutti i fatti attinenti al rapporto giuridico che tra essi intercede, tiene conto scrupolosissimo di tutti gli elementi incerti, consuetudine speciale, buona fede, accordo amichevole ecc., a proposito dei quali la legge tace, e che son pur tanta parte di una oculata giustizia; ricorre, quando più dubbia appaia la questione di fatto, al verdetto di una saggia e diligente giuria, ed in base [p. 73-74 modifica] ad esso, chiaramente esponendo e largamente motivando le circostanze tutte della causa e le ragioni del convincimento proprio, pronuncia una sentenza la quale è per lo più documento e modello di alto e profondo sapere.

Allo studioso italiano, avvezzo purtroppo a veder applicati nella patria sua più spicci e comodi metodi e meno astrusi criterî di convincimento e di giudizio, la considerazione di quella giurisprudenza logica, serena, armonicamente progressiva e sapientemente ordinata, che senza esitazioni e senza contraddizioni gravi, benchè pur senza ostinazioni colpevoli, si svolge sicura e tranquilla, accompagnando e favorendo della sua azione confortatrice il libero incremento delle attività economiche e sociali del paese, non può a meno di destare nell’animo un’ammirazione profonda, unita, ahimè! ad un triste senso di sconforto.

L’abisso che separa la contradittoria confusione della nostra giurisprudenza economica dalla limpida chiarezza e serenità dell’inglese non è certo facilmente nè rapidamente colmabile.

Ma perciò appunto per l’ardua altezza della meta cui dobbiamo tendere con tutte le forze, per le disagevoli asperità che ci è d’uopo attraversare, lo studio di quel mirabile modello inesorabilmente s’impone.

Solo il coraggio di guardare con franco animo e sincero intendimento di bene a ciò che è più alto e migliore di noi dà la forza di indirizzare risolutamente le energie della volontà e del pensiero ad una finalità superiore di perfezionamento indefinito, stimolando quella emulazione che è elemento indispensabile di ogni ascensione umana verso il progresso.

Note

  1. Lo dimostrano specialmente quelle sentenze che, intese a risolvere una questione di diritto comune, hanno rapporto colla giurisprudenza bancaria soltanto perchè una delle parti in causa si trovò ad essere un banchiere. Di queste reputai opportuno riportare qualcuna affinchè meglio apparisse la verità della sovra esposta osservazione.
  2. Generalmente parlando però la legge, rettamente interpretata nel suo spirito, favorisce il banchiere. Essa concede infatti quasi sempre, nei casi incerti, la massima larghezza d’apprezzamento al giudice competente, facendo, come vedemmo, dipendere la risoluzione della fattispecie dalla arbitraria determinazione di circostanze di fatto (quale p. e. il grado di diligenza usato dalle parti), od anche dalla semplice interpretazione d’una parola. A tali concessioni l’istituto della giuria, costantemente chiamato a sentenziare sul fatto, aggiunge una garanzia ed un carattere di praticità affatto eccezionali.