Abrakadabra/Il dramma storico/X

X. Petizione civile

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Il dramma storico - IX Il dramma storico - XI

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CAPITOLO X.

Petizione civile.

La cerimonia religiosa era compiuta; l’Albani e Fidelia erano sposi dinanzi a Dio; la benedizione del sacerdote [p. 119 modifica] aveva santificato il loro amore, affermati i desiderii e le promesse con vincolo indissolubile; ma essi non potevano convivere sotto il medesimo tetto prima di aver adempiuto alla formalità del contratto civile, Il matrimonio delle anime non imponeva che alle coscienze — il matrimonio civile stabiliva i doveri e i diritti dei coniugi, legittimava la prole, si faceva riconoscere e rispettare dalla famiglia.

— Ed ora, mia dolce Fidelia — parlava l’Albani alla sua donna durante il tragitto aereo — bisogna affrettare il compimento della nostra felicità... Purché tu mi assecondi, purché non insorgano ostacoli d’altra parte, fra un mese e tre giorni, lo squillo di richiamo non avrà più forza di separarci...

— Non è dunque compiuta la nostra felicità? — domandò Fidelia con ingenua sorpresa. — Che altro ci resta a desiderare? sono amata, e ti amo!

Questa sortita di Fidelia portò un leggiero turbamento nell’anima del giovane.

— Tu sai bene, sorella mia — affrettossi a dire l’Albani — che noi non abbiamo diritto di chiamarci sposi dinanzi alla società, fino a quando la nostra unione non sia riconosciuta dalla famiglia.

— È vero! — mormorò Fidelia, e la sua parola parve un gemito.

L’Albani sentì crescere le ansietà.

— Che?... tu dunque non dividi il mio desiderio?

— Poss’io desiderare altra cosa fuor quello che tu desideri?... Pure... non aveva pensato... non credeva che sì presto...

— Spero di comprenderti, Fidelia! Io so bene che, fra giovani amanti, il matrimonio spirituale quasi sempre suol precedere di parecchi anni la unione civile. A diciotto, a venti anni, si stringono i legami religiosi fra [p. 120 modifica] due cuori che si amano, ma difficilmente un cittadino della Confederazione Europea si trova in grado di passare alla conferma coniugale, prima di aver compiuto gli studi universitari e gli esercizi dell’agro. Le fanciulle si compiacciono di questi ritardi, ed è orgoglio per esse poter dire: il mio è stato fedele per tanti anni senz’avere altri vincoli che quelli della propria coscienza! E tu forse, mia buona Fidelia, tu vagheggiavi questa prova di sentimento, che ha pure le sue dolcezze sublimi! — Tu non riesci a comprendere perché io voglia sì presto rinunziare a questa ineffabile voluttà che deriva dall’amore di una vergine. — Se tu non mi avessi generosamente dispensato dal confessarti le mie colpe, ora non avrei mestieri di spiegarti le mie impazienze. Ti basti sapere che la mia giovinezza non trascorse, come quella dei fratelli, nel severo esercizio degli studi, nell’operoso lavoro dei campi. Io fui esentato dalla coscrizione agraria, per una eventualità dolorosa... che ormai debbo tacerti, poiché tu bramasti di ignorarla. Quei cinque anni per me furono lunghi, segnati di incredibili angosce; all’agro, il cittadino corrobora la sua giovinezza; io, precorrendo le esperienze della vita, ho abbreviato il mio avvenire. Che è mai l’esistenza di un uomo ai tempi nostri? Per chi non esca dalla strada comune, la vita finisce a ventisei anni, o a trenta, al più tardi. Per me, trascinato dalla sventura in una carriera eccezionale, il mondo non ha più attrattive fuor quelle della solitudine e dell’amore.

«In meno di dieci anni, noi apprendiamo tutta la scienza vera — in meno di due mesi, per mezzo dei palloni aerei, noi vediamo tutto il globo nella sua vasta circonferenza, noi conosciamo i costumi di tutti i popoli; nulla più ci resta a sapere. Io aspirava alla gloria, alla ricchezza — ed ecco, mi chiamano primate [p. 121 modifica] dell’intelligenza, e l’invenzione del mio meccanismo per la pioggia artificiale mi verrà pagata oltre dieci milioni. Tu vedi bene, o Fidelia, che io non ho quindi più nulla a desiderare... fuori di te — che tu sola puoi riempiere l’immenso vuoto della mia esistenza avvenire; che nel tuo aspetto soltanto io potrò leggere la ragione della mia vita. — Sovvengati, o Fidelia!... — e così parlando la voce dell’Albani mutò improvvisamente di tono — che se mai un ostacolo insorgesse fra noi, se qualche anima sleale...

— Ma ciò non può essere, amico mio! — interruppe Fidelia atterrita. — Poiché tu vuoi... poiché io sono pronta a secondarti... poiché Iddio ci ha già uniti di un vincolo che vuolsi ritenere il più sacro, il più indissolubile...

— Ebbene... domani vedrai pubblicata la mia domanda... Per un mese e tre giorni noi vivremo disgiunti, come impongono le leggi di petizione. Fra noi ogni comunicazione sarà sospesa... E quand’io tornerò a Milano...

— Quando tornerai a Milano... la tua Fidelia avrà risposto alla domanda come il tuo cuore desidera, come io pure desidero in questo momento.

Il conduttore aveva fermata la sua gondola sopra la Cupola maggiore del Piccolo Campidoglio. — Erano cessati gli squilli del richiamo.

— Presto! scendiamo!... a sinistra... alla casa del gran Proposto.

I due giovani si abbracciarono, ripetendosi mille giuramenti. Fidelia discese a terra, e l’Albani si elevò di bel nuovo colla sua gondola, ordinando al conduttore di dirigersi al Palazzo di Famiglia.

Quivi giunto, l’Albani entrò nella sala d’amore, e richiesto agli anziani di guardia il libro di petizione pubblica, vi scrisse le parole seguenti: [p. 122 modifica]

«Io, Redento Albani, adulto, costruttore della macchina per la pioggia artificiale, figlio di Primo Albani, inventore delle stufe cittadine1 chieggo legittimare con la cerimonia civile il matrimonio religioso da me precedentemente contratto con la adulta Fidelia Berretta, figlia di Terzo Berretta, Gran Proposto di Milano.»

  1. Nella stagione invernale, in molte città dell’Unione si accendevano nelle principali vie, riparate da velarii trasparenti, delle grandi stufe, le quali sviluppavano un calore temperato ed igienico.