Vite di illustri Numismatici Italiani - Domenico Sestini
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VITE
di
ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI
Dopo la comparsa dell’immortale Doctrina numorum veterum del sapiente gesuita viennese Giuseppe Eckhel (1792-98 e 1826), anche in Italia, inspirata da quella, sorse una plejade di scrittori, che illustrarono la numismatica classica, e di cui gli astri maggiori furono Domenico Sestini (1750-1832), Ennio Quirino Visconti (1751-1816), Bartolomeo Borghesi (1781-1860), e Celestino Cavedoni (1798-1865).
Domenico Sestini nacque in Firenze il 10 agosto 1750. Fatti i primi studî nelle scuole di S. Marco di quella città, entrò nella carriera ecclesiastica vestendo l’abito dei Chierici Regolari delle Scuole Pie. Tocchi appena i 24 anni d’età, il 24 settembre 1774, lasciò la casa paterna per darsi alla vita fortunosa de’ viaggi, cui lo spingeva con fascino irresistibile la sua indole irrequieta e smaniosa di vedere coi proprî occhi ciò che doveva formare l’oggetto delle ricerche e degli studî di tutta la sua vita. Dapprima visitò Roma, Napoli e la Sicilia. A Catania il principe Ignazio di Biscari, possessore di una preziosa collezione di oggetti antichi e rari, lo trattenne presso di sè circa tre anni, nominandolo suo archeologo e bibliotecario, e con questo incarico il Sestini diede in luce la Descrizione di quel celebre museo.
Durante la sua dimora in Sicilia, per naturale inclinazione del suo vario e versatile ingegno, fece pure oggetto delle sue considerazioni, l’agricoltura le produzioni e il commercio di quell’isola. Indi passò a Malta, poi a Smirne, e nel 1768 giunse a Costantinopoli, dove fu testimonio di una peste fierissima, della quale pubblicò in Firenze un’importante descrizione, di cui giovossi il Gran Duca Pietro Leopoldo per riformare le leggi sanitarie del suo stato. Da Costantinopoli intraprese altro breve viaggio a Cizico, passando per Brussa e Nicea coi figli del Conte Landoff inviato straordinario del re di Napoli alla Porta Ottomana, stampandone poi la relazione a Livorno (Yverdun, 1786) col titolo: Lettere Odeporiche per la penisola di Cizico, Brussa e Nicea, nella quale opera incluse anche una descrizione della Flora del Monte Olimpo. Di ritorno a Costantinopoli il Landoff condusse il Sestini nella sua deliziosa villa di Therapia, affidandogli l’educazione dei suoi due figli. In questa tranquilla dimora, in mezzo alla campagna, il Sestini scrisse un opuscolo sulla: Coltura della vite lunghesso il mare di Marmara; poi, dopo il ritorno da una gita a Bucarest coi figli dell’ambasciatore, della quale pure stampò una relazione, vi inchiuse una lettera all’avvocato Coltellini di Cortona sulla: Capra d’Angora e le fabbriche di scialli. — Dopo il ritorno da Bucarest (1780), lasciata la casa dell’ambasciatore, il Sestini visse alcun tempo presso il principe Ypsilanti il vecchio, Ospodaro di Valacchia; indi, visitate la Transilvania e l’Ungheria, si trasferì a Vienna, e fatta quivi breve dimora, pel Danubio e il mar Nero, ritornò a Costantinopoli. Quivi, incontratosi con Sir Roberto Ainslie, ambasciatore d’Inghilterra presso la Porta, cui era pervenuta la fama della dottrina e dell’erudizione del Sestini in tutti i rami dell’archeologia, nonchè della sua perizia e competenza nella numismatica, Ainslie diedegli l’incarico di formare per suo conto una vasta collezione di medaglie antiche greche e romane. Sotto gli auspicii, e coi mezzi potenti fornitigli da questo suo nuovo ricchissimo Mecenate, il Sestini, fatte diverse escursioni nei paesi dove più abbondano simili monumenti, potè mettere insieme più di diecimila medaglie,la più parte rarissime e allora sconosciute, delle quali non mancò di descrivere e fare incidere in seguito i tipi più rari e preziosi nelle diverse opere, di cui si occupò posteriormente.
Da questo momento, la scienza delle monete antiche greche e romane occupò quasi esclusivamente l’ingegno e le ricerche del Sestini. In quel turno di tempo, essendo stato nominato Giovanni Sullivan, Presidente della Compagnia delle Indie inglesi presso il nabab di Golconda, il Sestini parti con lui e lo accompagnò fino a Bassora, donde poi pel Tigri, l’Eufrate e il deserto fece ritorno a Costantinopoli. Ma tosto nell’agosto del 1782 ne ripartì e per dieci anni, cioè fino all’aprile del 1792 il Sestini, frammessi brevi intervalli, continuò e ripetè i suoi viaggi in Oriente. Arduo, per non dire impossibile, in questa nostra compendiosa biografia, e di poco interesse al nostro scopo, il serbare lo stretto ordine cronologico e geografico di quei viaggi e ritorni, da lui fatti secondo lo spingeva il suo genio, l’occasione del momento. Basti il sapere che scopo dei medesimi, furono i suoi studii prediletti, fra i quali era principalissimo quello della numismatica; e di fatto, da quei viaggi non mai fece ritorno, senza portare nuove dovizie da aggiungere alle splendide collezioni di Sir Roberto Ainslie, suo costante e generoso protettore. Nelle sue più o meno lunghe escursioni visitò Aleppo nella Siria, Bagdad nell’Asia occidentale, Cipro, due volte Alessandria d’Egitto, Rodi e Cos presso la costa dell’Asia Minore, la Galazia, Tessalonica, Smirne più volte, la Macedonia, il Monte Santo (Athos) e Pella, la Tessaglia, Lemno, Micene ed altre isole dell’Arcipelago, Ragusa nella Dalmazia. Finalmente nell’agosto del 1791 da Smirne cerca un imbarco per Livorno; sale un vecchio bastimento provenzale, che dopo aver fatto sosta a Tchesmé ed a Scio, naufraga a Navarino nella Morea, onde trovossi costretto retrocedere a Tessalonica (Salonicco). Quivi ebbe affettuosa accoglienza dal Sig. Cousinery che gli agevolò il ritorno in patria; atteso pertanto un nuovo trasporto per Livorno, finalmente arrivò in Toscana nell’aprile dal 1792. Il Sestini di tutti i suoi i viaggi scrìsse relazioni assai curiose ed importanti, la maggior parte delle quali in epoche e in luoghi diversi furono stampate, e parecchie di esse ebbero l’onore di traduzioni in francese ed in tedesco. Nel lungo periodo di quei dieci anni, è facile immaginare, quanto fosse estesa e viva la corrispondenza del Sestini cogli uomini più dotti ed illustri delle più colte nazioni, cominciando da quella col sommo Eckhel e con Ennio Quirino Visconti, corrispondenza, che si accrebbe ancor più negli anni seguenti. Finite nel 1792 le escursioni del Sestini in Oriente, cominciarono quelle per la colta Europa. Percorse di nuovo l’Italia, indi passò nella Germania e in Prussia, dove fece lunga sosta a Berlino e a Carlottemburgo. Il re di Prussia Federico Guglielmo III, ad onorare lo scienziato, e a premiare l’insigne erudizione e dottrina dell’infaticabile archeologo, gli concedette una lauta pensione, di cui il Sestini fruì fino a che la celebre vittoria di Napoleone a Jena, 14 ottobre 1806, mise quel re nell’impossibilità di continuare la sua generosa larghezza a chi aveva cotanto illustrato la scienza e le archeologiche discipline. Nel 1810 il Sestini fu a Parigi, e vi descrisse il ricco medagliere del Signor Tovhon; nel suo ritorno a Firenze, la principessa Elisa Bonaparte, sorella maggiore di Napoleone, creata poco prima dall’Imperatore, Granduchessa di Toscana, lo elesse a suo bibliotecario ed archeologo. Quattro anni dopo, cadute le sorti dei Napoleonidi in Italia, Ferdinando III di Lorena, risalendo il trono granducale della Toscana, trattenne e confermò nella sua carica il Sestini, e per di più lo insignì del titolo di Regio antiquario e di Professore onorario dell’Università di Pisa. Il Sestini si stabilì pertanto a Firenze, che lasciò soltanto l’ultima volta, per recarsi in Ungheria a Hedervar presso Vienna, dove attese a classare e descrivere il magnifico gabinetto di medaglie del conte Michele Wiczay. — Ritornato a Firenze, non si allontanò più da questa sua città nativa. Ora, perchè più agevolmente si possa rilevare l’attività non mai interrotta di questo grande archeologo, anche a riguardo dello studio delle monete, che forma l’oggetto principale delle nostre pubblicazioni, e dimostra come, non senza ragione, i suoi contemporanei considerarono il Sestini uomo straordinario e principe dei numismatici della penisola, aggiungiamo la nota cronologica de’ suoi scritti relativi allo studio delle antiche monete.
Il primo suo lavoro intorno a questo ramo di erudizione fu la: Dissertazione sopra alcune monete armene dei principi di Rupen della Collezione Ainslie (Livorno 1790); alla quale tennero dietro le Lettere e dissertazioni numismatiche (Livorno 1789), che furono continuate poi negli anni successivi (in Roma e Berlino in 9 volumi dal 1789 al 1806); Osservazioni sopra una medaglia di Europus III re di Macedonia e sopra una serie di medaglie di Tolomeo figlio di Juba, ecc.; Descriptio numorum veterum ex Musaeis Ainsliae, Bellini, Bondacca, Borgia, Casali, Gradenigo, San Clemente, ecc. (Lipsia 1796); le: Classes generales geographiae numismaticae populorum et regum (Lipsia 1797, delle quali rinnovò l’edizione nel 1821). In questo grande quadro, se non eguaglia la profonda erudizione e la sagacità del sommo Eckhel, è certamente più completo di quello per nuove scoperte di monete. A questa classica opera tennero dietro: le Medaglie del Museo Knobelsdorffiano (Berlino, 1804); il Catalogus numorum veterum Musaei Arrigoniani, castigatus (Berlino 1805); Spiegazione d’una medaglia antica di piombo appartenente a Velletri (Roma); Descrizione d’alcune medaglie di gran bronzo del gabinetto dell’Abate de Camps, (1808); Descrizione delle medaglie greche e romane della Collezione del fu Benkowitz, (1809); Dissertazione sopra le medaglie antiche relative alla Confederazione degli Achei (Milano, 1817); Monete ispaniche e celtiberiche del gabinetto Heden, (1818); Lettera sul Gabinetto del Granduca di Toscana (Firenze, 1820); Descrizione di alcune medaglie greche del Museo del sig. Carlo Fontana a Trieste, (Firenze 1822); il Museo Hederwariano riordinato e purgato dagli errori del P. Barnabita Felice Caronni, (1822-29, in tre volumi in-4°); Descrizione di alcune medaglie greche del Museo Choudoir, (1831); senza tener conto d’altre molte pubblicazioni archeologiche aventi qualche attinenza coll’antica numismatica. Oltre le riferite opere stampate, ne esistono altre di lui che giacciono ancora inedite nelle pubbliche e private librerie; principalissima fra queste il Sistema geografico-numismatico redatto in quattordici volumi in foglio, che alla morte del Sestini fu comperato dal Granduca Leopoldo II insieme ad altri manoscritti e alla libreria numismatica di questo insigne scrittore, che aveva illustrato con sì splendidi risultati tutta la sua vita. Il Sestini morì in Firenze l’8 giugno 1832, in età di 82 anni1.
I presenti cenni sulla vita e sugli scritti di questo illustre numismatico furono desunti dalle opere seguenti: Prof. Domenico Valeriani, Necrologia di Domenico Sestini nell’«Iconografia contemporanea»; Biographie universelle ancienne (Michaud), tome XXXIX, Paris; Fruttuoso Becchi nella Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e di contemporanei d’ogni provincia, pubblicata per cura del prof. Emilio de Tipaldo. Venezia, vol. IV, pag. 239-244; Maffei Giuseppe, Storia della letteratura italiana. Firenze, 1853, vol. II, pag. 382-384; Dizionario universale storico-mitologico-geografico compilato da una società di uomini di lettere per cura del dottor Angelo Fava.
Note
- ↑ Questo celebre numismatico fu membro dell’Istituto di Francia, Corrispondente dell’Accademia delle Iscrizioni e Belle lettere, 30 nov. 1810, Socio straniero della medesima Accademia, 30 dicembre 1820; membro onorario dell’Imp. e R. Accademia delle Scienze di Pietroburgo e di molte altre.