Vera narrazione del massacro di Valtellina/Massacro di Tirano, nel quale resultarono morte intorno a LX persone

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Massacro di Tirano, nel quale resultarono morte intorno a LX persone
Introduzione Massacro di Teglio, ove restarono morte intorno a LX persone

Il principio fu fatto a Tirano, dove questi scellerati furono soccorsi da alcuni furfanti forestieri. I loro capi principali erano: Iacopo Robustello da Grossotto; Vincenzo Venosta, Dottore in medicina di Mazzio e Francesco Venosta, di Tirano, Dottore in Legge. Questi insieme ai loro dipendenti, domestici e forestieri, i quali erano tutti uomini tristi e scellerati, diedero innanzi ad ogni cosa ordine che i passi e strade fossero d’ogni parte ben serrati, acciocchè la loro crudele impresa dagli Evangelici del paese non fosse così prestamente scoperta, ed essi nell’esecuzione di essa non fossero impediti. Entrarono poi alle sei ore di notte nella terra di Tirano, a guisa di spumanti cinghiali, radunandosi in casa del dottor Francesco Venosta, fecero sparare archibugiate nella piazza del palazzo del sig. Podestà e sonar la gran campana di Tirano. Ed eccovi in un tratto tutti gli uomini della terra. in arme facendo capo alla suddetta casa. Mandarono a levare i ponti a Brusio, mettendovi grossa guardia; e questo fu avanti il giorno. Subito al far del giorno cominciarono le campane a sonar a martello e s’univano questi traditori.

Gli Evangelici che uscivano in istrada per veder che cosa fosse, venivano subito archibugiati e crudelmente massacrati. Degli altri s’entrava per forza nelle case, strascinandoli fuori de’ letti ed uccidendoli senza alcuna compassione.

Giovanni Andrea Cattaneo fu dalla sua consorte dalle mani a questi assassini levato: ma da essi per forza ripreso. E non ostante ch’essa consorte fosse parente del Robustello e Dottore Venosta nel secondo grado ed esso Cattaneo gli abbia sempre riconosciuti per i migliori amici suoi, non potè ottenere la grazia della vita. Pregò che gli fosse concesso prima parlare col detto Dottore: il quale fu veramente fatto venire, ma esso Venosta non volle lasciarsi vedere. Scappò in quel mentre in un’altra casa, nascondendosi sotto il tetto di essa, con isperanza di scampar dalle mani dei suoi rabbiosi persecutori. Ma indarno. Imperocchè lo seguitarono infino sotto il tetto, e lo gittarono giù in istrada, e non essendo ancora morto con crudeltà inumana e indicibile l’ammazzarono con un pezzo di legno.

Antonio Salice Vicario in detta valle, costituito giudice sopra le cose di maleficio, uomo di grandissima autorità. nella Pregaglia e altrove, il quale all’ora rísiedea in Sondrio, volendosi insieme col suo Luogotenente Marco Antonio Venosta, Dottore in Legge, salvare in casa di Iacobo Homodeo, ne fu tirato fuori ed insieme col Venosta ed un suo servitore Antonio Keller da Soglio in Pregaglia, archibugiato, essendo di età di 42 anni.

Il sig. Andrea Enderlin, da Rublis in Prettigovia, uomo molto dabbene, dotto e di molte lingue perito, allora in nome delle tre leghe Podestà di Teglio, che in quel tempo si ritrovò a Tirano in casa di Battista Baruffino fu col suo servitore Giorgio Petterlin strangolato in una camera: ed esso Podestà gittato giù dalla finestra, ed in modo pestato che più non si conosceva. E postogli poi una corda al collo, fu tirato alla riva del fiume Adda. Tuttavia finalmente fu sepolto.

In quel mentre, e con esso Podestà fu ammazzato Giovanni del sig. Michaele Montio da Brusio, uomo molto cortese e prudente, il quale per addietro era stato luogotenente del suo padre nella Podestaria 4 di Trahona, e molto bene s’ era comportato. Costui volendo da Tirano ritirarsi verso casa sua era stato pregato da Ambrosio Baruffino, figliuolo del suddetto Battista, di alloggiar seco per maggior sicurezza. Avendolo fatto fu da esso archibugiato, e gittato nel fiume Adda, d’ età di 40 anni.

Il reverendo sig. Antonio Basso, pastore nella Chiesa Evangelica di Tirano, uomo pio, savio ed amatore della pace, udendo queste grida, si ritirò insieme con Messer Samuel Andreoscha, pastore già di Mello nel terzier di sotto, che l’avea visitato quel giorno, in una sala, ove dopo aver raccomandato l’ anime loro a Dio furono ammazzati. Né di ciò si contentarono i furiosi persecutori: anzi tagliarono ad esso Basso la testa e la portarono nella Chiesa, e la posero sopra il pergolo, dove per innanzi soleva predicare, con sommo disprezzo dicendo: Cala a basso, Basso cala a basso; ch’ hai predicato assai, ecc.

Fu parimente in quel tempo assediato da quei tristi il palazzo della ragione di Tirano, nel quale abitava il sig. Giovanni di Cappand, allora Podestà. Quindi si ritirò di gran mattina Michael Lazarone Cancellier di esso magistrato, uomo d’antorità, per salvarsi la vita. Ma perché egli era molto odiato dai papisti per causa della sua singolare pietà, religione e sincerità, fu perseguitato particolarmente. Imperocchè i ribelli lo perseguitarono sino al palazzo, minacciando di mettervi il fuoco, se non era loro dato nelle mani. Vedendo Lazarone, che non ostante che il palazzo fosse fornito di falconetti, archibugi, munizioni ed altre cose necessarie, egli aveva a venire in preda ai suoi nemici; poi che il detto podestà giudicò piuttosto di vincerli con bontà e cortesia. che per forza; fu forzato di ritirarsene quella sera con la fuga nel fiume Adda: dove tutto nudo tre ore intiere si trattenne per salvarsi.

Imperocchè li suoi nemici, principalmente il dottor Vincenzo, lo seguitarono caldamente e con molte archibugiate, e finalmente ancora lo trassero fuor dell’acqua. E quantunque con le lagrime agli occhi avesse domandato per grazia in dono la vita, per amor dei suoi piccoli non poté però ottenere quella grazia. Gli risposero che allora non era tempo di grazia, ma se voleva giurare alla bolla del Papa, e rinnegar la sua fede, ch’in quel caso gli sarebbe fatta grazia, e donata la vita. Ma egli tutto animoso rispose: Già non avvenga, che io per amor di questa vita temporale rinneghi il mio Signore Gesù Cristo, il quale col prezioso suo sangue, nel legno della croce, così caramente mi comprò, dopo averlo tanto tempo, per la sua grazia, liberamente e pubblicamente confessato, e mi metta in pericolo di perdere la vita eterna, alla quale avanti la fondazione del mondo fui eletto. Non avvenga. Fu sopra ciò in modo del tutto barbaro ucciso.

Essendo quella stessa sera stata abbruciata la porta del palazzo, v’entrarono i ribelli la mattina seguente ripieni di rabbia e fecero prigione il Podestà, insieme con un suo figliuolo, spogliando e scacciando moglie e figliuole e rubandone tutto. Il Podestà dal palazzo fu menato prigione in casa del suddetto Dottor Francesco, e finalmente dopo essere stato lungamente collato, fu sulla corda archibugìato a morte miserabilmente.

Fu ancora ammazzato Antonio Nirolay ai quale fu prima tagliato il naso, cavati poi gli occhi, e ‘finalmente dalla finestra precipitato in istrada: tutto in presenza della sua moglie.

Giovanni Antonio Mazono volendo far resistenza a questi ribelli, e sua moglie difendendolo, fu insieme con essa e due figliuoli ucciso crudelmente.

Un altro Giovanni Antonio Schosser Gardonese, avendo fatta lunga resistenza ed anche ammazzatone uno, fu finalmente preso e attaccato ad un albero, con archibugiate ucciso.

“Non si ebbe insomma riguardo ad alcuno, né giovane, né vecchio, né debole né gagliardo; anzi furono tutti o archibugiati, o tagliati a morte, ovvero in altra maniera uccisi e distrutti, e può essere il numero delle persone ner la fede uccisi e distrutti, e può essere ch’a Tirano ricevettero la corona del martirio per la fede Evangelica, intorno a sessanta. Quelli che per la grazia di Dio, tuttavia con sommo pericolo, ne scamparono per le orride Alpi in Rezia e altrove, furono tre uomini soli, cioè il Dottor Iacobo Albertino, Iacobo Nervio di Coira ed Egidio Venosta, lasciando dietro roba, moglie, figliuoli e quanto possedevano. Le donne che non furono ammazzato mutarono religione, e ora. vanno a messa, salvo la moglie dei suddetto Lazarone e le sue figliuole, ed una nipote, moglie del suddetto Egidio; le quali per l’assistenza dell’Onnipotente Iddio restarono salve. Così alli 8 Agosto furono rilasciate dette donne del paese, le quali si ritirarono nella Rezia, cioè la moglie di esso Lazarone e due figliuole, essendo restate in Valtellina una figliuola e due figliuoli, ai quali non è concessa grazia di uscire.