Trattato di architettura civile e militare I/Vita di Francesco di Giorgio Martini/Capo 6

Vita – Capo VI

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CAPO VI.

E’ chiamato da Guidobaldo a dar perfezione ad alcuni edifizi. E dal Prefetto di Roma. Fa per Gentil Virginio Orsino il castello di Campagnano. Ritorna a Siena, poi va nel regno ad istanza del Duca di Calabria. E’ richiesto dai Lucchesi, li serve e ne ha grandi encomi. Il Duca di Calabria lo vorrebbe di nuovo a Napoli: non ci va, e perchè. Chiamato una seconda volta dal Duca d’Urbino. Fa al Duca di Calabria che lo conduce seco alle spiaggie di Puglia. La Signoria lo richiama, egli ritarda, ne è minacciato, e rimpatria.


Ritornava per tanto Francesco in patria, ma appena bastògli tempo a riposarsi della fatica, che una lettera del duca Guidobaldo d’Urbino a sè lo chiamava. Questa più non esiste, ma si ha la seguente risposta (1). [p. 58 modifica]

xxii Augusti 1490 Urbini Duci scriptum est.

Ill.me et excell. princeps amice noster char.me «Lantiqua affectione quale ha sempre portata questa Republica ad V. S. I. ne fa che in tucte le ocurrentie siamo prontissimi ad quella. Unde intendendo da Francesco di Giorgio, nostro cittadino, da noi per le virtù sue non mediocremente amato, desiderare V. Ill. S. epso Francesco conferirsi infino custà per dare perfectione ad alcuni edifitii: con grato animo habiamo concessoli possere venire, ad ciò satisfaccia ali desideri di V. S. Ill. qua ut quotidie ne venghi ad uso nostro et perfectioni le opere sue: però preghiamo quella, quam primum prefato Francesco habbi servito a la volontà di V. Ill. S. ad noi expedite li permetta ritornare».

Breve fu però il soggiorno del nostro architetto in quel d’Urbino, nè a che andasse è noto, seppur non fu per costruzione od acconcimi di una qualche fortezza, poichè, sebbene niun moto di guerra fosse allora in Italia, pure l’ambizione di Franceschetto Cibo, ed il saper sè incapace di successione, grande inquietudine causavano a Guidobaldo, gran bisogno di tutelarsi contro le imprese de’ confinanti.

Intanto vieppiù facevasi noto il nome di Francesco di Giorgio, singolarmente per le opere militari, dacchè nella corte erudita e guerresca del duca d’Urbino aveva avuto agio di dettar precetti, di effettuarli, di conoscere ed essere conosciuto da molti fra i dottissimi Italiani che colà traevano alla fama de’ generosi e cavallereschi principi di Montefeltro: ma qui ancora osservo, e forse dovrò osservarlo anche in appresso, che la fama di Cecco era specialmente nella conoscenza delle cose militari, e che quasi sempre a questo fine ei fu chiamato da principi e città libere. Quel Giovanni della Rovere signore di Sinigaglia e cognato di Guidobaldo, il quale, facendo lo prime armi sotto Federico di Monte-Feltro, molte volte è mestieri che veduto avesse il nostro ingegnere, e per cui aveva già questi condotte le rocche di Mondavio e di Mondolfo, lo chiamava di nuovo a sè, non so a qual fine: vedo bensì, che per questa volta almeno non potè Francesco obbedirgli, poichè il Duca lo chiama a sè il 24 ottobre, intanto che la signoria di Siena [p. 59 modifica]con lettera, che verrà in seguito, dell’8 novembre, lo invia in campagna di Roma. Ecco la lettera del Duca (2).

«Mag.ci domini uti patres observandi. El mi occurre al presente un gran bisogno de la presentia di M.o Francesco de Giorgio architecto, vostro citadino: et perchè lui non po absentarsi de lì senza licentia et consensu de le M. V. S., havendo io grandissima fede in quelle, le prego quanto so et posso, li piaccia ad mia contemplatione concedere al prefato M.o Francesco la decta licentia, che con bona gratia de V. prefate S. possa venir ad servirmi per un mese, o un mese et mezzo al più alto: che per una volta le non mi porìano fare cosa che più grata mi fusse: restandone ad quelle obligatissimo, et offerendomi sempre a’ loro piaceri paratissimo. Et ale V. prefate M. S. mi recomando: que bene valeant.

Ex castro Leonis xxiiij octobris 1490.

Uti filius Joannes Ruvere
Urbis Praefectus (3).


Manca la risposta della signoria di Siena.

Contemporaneamente chiamavalo a sè anche tal persona cui premeva alla signoria di Siena l’obbligarsela, assai più che non il Prefetto di Roma: questi era Gentil Virginio Orsino, primo allora della potentissima sua casa posseditrice di feudi confinanti con quel di Siena, general-capitano dell’esercito napolitano, epperciò di molto peso ne’ consigli del re Ferdinando, che già altre volte aveva in Siena mutato lo stato e poteva mutarlo ancora: era anche l’Orsino amico de’ Sanesi, e per tutto ciò si comprende come questi abbiano inviato il loro ingegnere a Campagnano (4) anzichè a Sinigaglia, dove fors’anche sarebbesi di mala [p. 60 modifica]voglia trovato Francesco a competere col Pontelli. Ora ecco la lettera di Virginio (5).

Magnifici domini tamquam patres et domini honorandi. «Perchè me occurre fare una forteza in uno castello de li miei chiamato Campagniano, havendo inteso che maestro Francescho da Siena se trova in queste bande, per essere lui homo sufficiente in simili exercitii, pregho le V. S. ad mia contemplatione li vogliano concedare licentia possa venir fin qua a vedere questo, perchò ho carissimo intendare el parere et juditio suo: di che le V. S. mi faranno gratia singularissima; commemorando questo con altri benefitii da quelle receputi: a le quale continuo me offro et raccomando». Brachiani die IIII.o novemb. 1490.

E. V. D. tamquam filius G. Virginius Ursinus

D. Aragoniae Regis armorum generalis capitaneus.

Direzione: Magnificis dominis tamquam patribus honorandis offitialibus civitatis Senarum.

A tale onorevole chiamata è notata ne’ seguenti termini la risposta della repubblica (6); VIII novembris 1490. Domino Virginio Ursino scriptum fuit qualiter non obstante quod egeamus continuo opera magistri Francisci architectoris nostri, tamen ut illi morem geramus, concessimus licentiam ut per aliquot dies (sic) et cum hac die destinaverimus quosdam cives nostros in nostro comitatu, cum quibus est necesse ut idem magister Franciscus conveniat. ortamur ut in termino X dierum ipsum ad nos remictat.

Da Siena a Campagnano non è gran tragitto: andovvi, disegnò la fortezza e fu accomiatato da Gentil Virginio colla seguente onorata ed amichevole epistola (7):

Magnifici domini tamquam patres et domini honorandi.

«Maestro Francesco de Giorgio è stato equì, et viduto et disegnato quella forteza, che io volea far ad Campegniano, et anche alchune altre cose a mi necessarie in questi lochi: donde mi trovo tanto [p. 61 modifica]satisfacto et contento di lui, quanto si possa dir: che in vero le virtù sue son tali che ad magiur maestro de mi satisfaria. et per questo l’ho retenuto questi dì soverchi, pregho V. S. vogliano haverme per excusato, che per fidutia ho in quelle l’ho facto. Raccomando el prefato maestro Francesco ale V. S. et ringratio infinite volte quelle de havermelo mandato, che certamente per uno servitio non poria haver hauto el magiure: offerendomi per V. S. paratissimo ad ogni piacere et comodo di quelle, ale quali mi raccomando»: Brachiani die XXIII novembr. 1490.

G. Virginius Ursinus de Aragonia
Regius Armorum generalis capitaneus.


Direzione: Mag: Dom: meis singulariss: d.nis Offitial: Balie Civit: Sen:

Convien credere che veramente in forte stato fosse allora ridotta la rocca di Campagnano, giacchè poco dopo (a. 1494) il re Carlo VIII la volle depositata in mano sua, pegno della fede di quello stesso Gentil Virginio Orsino che avevala edificata (8). Quindi il dire che fa Virginio di aver trattenuto Francesco per alcune cose in quei luoghi, e lo scrivere da Bracciano, mi dà indizio di acconcimi ordinati alle rocche dalla casa Orsina tenute presso il lago Sabatino, e precipuamente a quella magnifica di Bracciano edificata con lusso da pontefice dal padre suo Napoleone Orsino (9): che anzi nel cortile di questo castello v’è un’ala di portico con colonne arcuate dello scorcio del decimoquinto secolo, il quale nelle proporzioni o nei capitelli accusa lo stile ed i disegni di Francesco: certo in sì pochi giorni egli non potè condurre opera alcuna, ma tempo a fare abbozzi non gli mancò in appresso.

Rimpatriato il nostro artista soffermossi un poco, come ricavò il Romagnoli da alcuni documenti, i quali però non c’insegnano in che egli [p. 62 modifica]occupasse il suo tempo; uno ve n’è dell’anno 1491, contenente una partita a riguardo di Jacopo Cozzerelli, nella quale con Pandolfo Petrucci, Paolo Salvetti, e Paolo di Vannoccio Biringuccio padre del pirotecnico, vi è pur menzionato Francesco. Poco stante ebbe un’altra chiamata per parte di quell’uomo che nella Italia inferiore, come Lodovico il Moro nella superiore, godeva maggior rinomanza pel poter suo, e dava quindi maggior fama a chi da lui fosse invitato ed impiegato: dico Alfonso duca di Calabria figlio del re Ferdinando. Aveva già questi avuto al suo soldo Giuliano da Maiano architetto civile e militare, come tutti di quella età, il quale eragli morto nel 1490; volle perciò avere un altro Fiorentino, ne scrisse a Lorenzo de’ Medici, il quale procurò d’inviargli Luca Fancelli, ma questi troppo occupato in Mantova, non vi andò. Allora avrà pensato Alfonso all’ingegnere Senese ch’egli già doveva conoscere e di fama e di persona per la sua dimora in Siena nel 1480, e per le sue relazioni colla corte Feltresca, ai consigli della quale ed ai disegni somministrati riconosceva il Duca doversi la presa di Otranto (10). Scriveva il Duca in questi termini alla balìa di Siena (11):

Magnifici domini amici mei carissimi.

«Noi haveriamo per alcuni nostri designi grandemente bisogno per alcuni dì di Maestro Francesco architecto de questa Magnifica città de Sena. Et secundo m’è facto intendere luy veneria, si non fosse obligato servir le Magnificenze V.; o quando quelle li donassero licentia. pregamele dunque et stringemo, quanto più possemo, che per amore nostro vogliono donar licentia al decto maestro francesco che possa venir quà ad noi insieme con lo magnifico Neri Placido che pò [p. 63 modifica]multo presto lì lo remanderemo, lo che receperemo ad singularissimo piacere, de le Magnificenze V.; a li piacere de le quali mi offerisco».

Datum in Castello Capuane Neapolis die XIII mens. februarii 1491.

Dux Calabrie etc. Alfonso.
Lorenzo de Casulnuovo.

Che Francesco andasse in regno è certo dalla lettera seguente di ringraziamento: ma quanto tempo vi si soffermasse, e cosa vi facesse è ignoto. Ecco la lettera colla quale il Duca rende grazie alla balìa di Siena per il mandatogli valente architetto (12).

Magnifici domini amici mei carissimi.

«Essendo stato con noi lo nobile mastro Francisco architecto de questa cità, certamente ha tanto satisfacto al desiderio nostro che restamo de lui molto contenti: rengraciamo le S. V. delopera facta in mandarnelo, et retornandosene de presente in questa cita ad satisfare ad quello che è obligato, restando noi tanto bene contenti e satisfati delopera sua, come havemo dicte, ne ha parso con la presente farne testimonio ale S. V.: pregando quelle, quanto più possemo, vogliano avere lo predicto Maestro francisco, sì per le virtù sue, come et per respecto nostro, in precipua comendatione et reguardo in tucte sue occurrentie, del che le S. V. ne faranno piacere acceptissimo et liene havremo obbligatione».

Datum Lanziani ultimo mensis maji anno 1491.

Alfonso Dux Calabrie
B. Bernaudus.

Poichè queste lettere di congedo sono date il più delle volte presente l’ingegnere stesso, il quale accompagnato aveva nelle sue corse il duca Alfonso, ed essendo questa data da Lanciano, non è vano il supporre che avesse allora Francesco percorsi e muniti i luoghi del regno lungo il confine ecclesiastico ed il mare Adriatico.

Compiuto l’incarico, e ritornato a Siena, dovette di nuovo partirne dopo due mesi, richiesto ai governanti della patria sua dai Lucchesi, fosse per migliorare la cerchia delle loro muraglie, fosse per munire [p. 64 modifica]i confini non mai in sicuro sinchè duravano le ostilità ed i dissapori tra genovesi, pisani e fiorentini. Ecco la lettera degli anziani e gonfalonieri di Lucca alla balìa di Siena (13).

Illustrissimi domini patres nostri precipui:

Libentissime opera Senensium utimur in omnibus rebus quantumcumque arduis, quae ad nostram rempublicam attinent quo fit, ut cum Francisci Georgii civis vestri (cujus in architectura fama percrebuit) consilium quoque judicium habere cupiamus. Rogamus excellentias vestras, et enixe quidem ut quantum in ipsis est, et ad corum negotia publica attinet ipsi Francisco licentiam ad nos veniendi et nobiscum permanendi per diebus admodum paucis concedere velint. Erit enim hoc nobis gratissimum. quia non omnibus ea comunicaremus quae ipsius Francisci fidei, quia Senensi, nostrae est intentionis committere. Bene valeant Magnificentiae Vrae. quibus nos commendamus.

Ex Palatio nostro die XIII augusti 1491.

Antiani et populi et
Vexilliferi iustitiae comunis Luccae.

Che nelle cose loro di fortificazioni chiamassero i governanti di Lucca un senese anzicchè un fiorentino è chiaro, poichè così voleva la gelosia di stato, e lontana era Siena e meno forte: ma ciò non lascia di altamente onorare Francesco, il quale non era il solo ingegnere in patria, e vieppiù onoralo la seguente epistola colla quale trovarono bel modo i Lucchesi di ringraziar la repubblica di Siena togliendo a cielo il loro architetto, sicchè è questo il più bell’encomio che giammai gli venisse fatto, e tale, che io credo si debba tenere per verace e sincero in ogni sua parte (14).

Ill.mi et Ex.mi domini Patres nostri unici et observ.

Concesserunt Ex.tiae per aliquot dies nobis prestantem virum Franciscum Georgii architectorem egregium quem vidimus libentissime, et quia Senensem et quod etiam praeter ingenium, quod habet in suo exercitio singulare et excellens, ut ex modellis per eum factis manifeste apparet, [p. 65 modifica]modestum totum, benignum et liberalem animadvertimus. Redit ad V. Ex.tias magno quidem amore nostro et totius populi: quem sibi peperit tam ingenii admiratione, quam humianitate multa. V. Ex.tiis gratias agimus, quae hominis ingenii participes nos esse voluerunt. Restat, Ex.mi Domini, ut vobis et vestrae Ex. Reipublicae magnopere gratulamur, quae tam bonum tamque modestum habeat civem, et ita in architectura eruditum, ut parem non habeat tota Italia judicio nostro. Commendamus nos Ex.tiis vestris. Ex nostro Palatio die xviiij augusti 1491.

Antiani et populi et
Vexilliferi iustitiae comunis Lucensis.

Direzione: Ill.mis et Ex.mis D.nis D.nis officialibus Baliae et civitatis Senarum, Patribus nostris obser:

Pareva destino per Francesco il dover ben soventi percorrere la via della inferiore Italia. Non so se negli ultimi giorni del 1491, o nei primi dell’anno seguente, una imbasciata del duca di Calabria richiedevalo un’altra volta alla Balìa di Siena: questa non ci fu conservata, rimane bensì la risposta che detta Balìa indirizzogli il giorno 18 gennaio 1492 (15).

Calabriae Duci scriptum est. «La Ill.a S. V. già più mesi per sue lettere ci ricercò li dovessimo per alcune sue occurrentie servire di Maestro Francesco di Giorgio architectore de la Republica nostra, et concederli licentia, che a la S. V. si conferisse. Noi di bono animo tale licentia li concedemmo per satisfare ad quella, come è debito nostro. Al presente occurrendo due cose importantissime, cioè una, che per essere trovati destructi certi aqueducti per li quali si conduce lacqua ad tucte le fonti de la cictà nostra, che non acconciandosi al presente se incurreria in non piccola spesa, e saria poi impossibile il redurli, e interim la cictà nostra staria senza acqua. L’altra che siamo per fare serrare lo lago nostro, del quale speriamo V. I. S. havere bona informatione, et senza la presentia del prefato Maestro francesco tale cosa non si porria fare: prenderemo sicurtà di quella nel retenerlo per fino ad calende o mezo marzo proximo al più, [p. 66 modifica]confidandoci che la S. V. non che resti contenta per tali nostre occurentie, ma per la humanità sua et affectione, quale sappiamo porta a le cose nostre, havendolo in potestà ad noi lo manderìa. Ma al tempo antedicto omnino a la S. V. si conferirà, a la quale in tucte le cose ci offeriamo et raccomandiamo».

In questa lettera già comincia a spiegarsi la poca volontà che nutrivano i Sanesi di attestare co’ fatti amicizia a colui che già aveva una volta rovesciato il loro stato, e mirava ad occupare almeno un qualche loro porto di maremma per dominare in Toscana. Cominciano i Sanesi col fare al Duca un tacito rimprovero d’importunezza, dicendo di avere già essi ceduto alle sue istanze dell’anno antecedente e mandatogli il chiesto ingegnere: quindi motivano i guasti de’ doccioni dell’acqua potabile e l’imminente serrare del lago della Bruna, come se e’ non avessero allora il Salvetti, il Vannocci, il Cozzarelli ed altri architetti, i quali nella breve assenza di Francesco non avessero potuto curare queste opere. Forse speravano che la significata dilazione avrebbe fatta inutile l’andata di Francesco: ma se così pensavano, e’ s’ingannarono, ed il Duca menando buone le loro ragioni, insistè con un’altra lettera (16).

Magnifici domini amici nostri carissimi:

«Havemo inteso quanto le S.rie Vostre ci hanno scripto per le lectere de’ xviij del passato in excusatione del venire da noi mastro Francesco de Georgio, architecto de questa cità, che non possa esser prima che a marzo proximo futuro, per havere a dare recapito ad alcune cose per bisognio di questa cità. Respondemo che essendo luy remasto per lo bisogno de le cose de la cità predicta, ne è stato sommamente caro, non altramente che si fosse venuto: et le Signorie vostre ne havessero hauto bisogno, cel haveriamo de continente mandato. è ben vero che per adericzare alcune coso de la Maestà del Patre, Nostro Signore et Patre Col.mo et nostre, la presentia sua ne saria stata multo necessaria: ma non possendo luy venire fin marzo, haremo pacientia fino ad quel tempo: ma desideriamo che non havesse più ad tardare. Et però preghiamo le Sig.rie V.re che per [p. 67 modifica]respecto nostro li piaccia fare confortare et ordinare al dicto Mastro Francesco, che ad Marzo proximo sia quì in omne modo. de che ce ne compiaciamo grandemente.

Dato in Castello Capuane Neapolis die IIII mensis februarii 1492.

Alfonso Dux Calabrie.
B. Bernaudus.

Direzione: Magnificis dominis officialibus Civitatis Senarum nostris carissimis.

Rispondeva la Signoria (17) (Calabrie duci scriptum est) «Habiamo di V. Ill. S. ricevute le lictere ale nostre responsive per la causa di M.o Francesco di Giorgio, et vediamo per quelle, che in ogni caso la Ill. S. V. è disposta satisfare ali desiderii nostri. rendiamo ad quella infinite gratie che habbia acceptata la dilatione del venire di Francesco di Giorgio che certamente di presente qua fa molto al proposito nostro; et noi ne daremo opera che al constituto tempo si conferisca da Epsa». Segue una richiesta che fa la Repubblica al Duca, cosa d’altro affare. La data è di Siena 13 febbraio 1492.

Oltre l’avversione della Repubblica a far cosa grata agli Aragonesi dai quali non aveva ricevuto mai che soverchieria e prepotenza, oltre le opere idrauliche dirette dal nostro architetto, trattavasi anche di innalzare in Siena una nuova università, e ad un tanto edifizio non poteva mancare che non concorresse Francesco. Di questo io ho documento nei quattro grandi fogli ultimi del codice Magliabechiano di macchine militari e fortificazioni, e che io chiamo Codice VIII: che sian questi disegni opera sua io ne do le prove nel catalogo de’ manuscritti del nostro autore, e che l’edificio fosse per Siena lo deduco da questi titoli: Entrata dinanzi alla strada maestra. Loggia inverso la Sapienza. Entrata in verso la stanza (la strada) della Rosa; di più vi sono segnate le scuole. I lati esterni della pianta (di sito obbligato) sono di 70 per 90 braccia, ed havvi nel centro un cortile quadrato e porticato di tre arcuazioni per lato. Io adunque credo essere queste le piante della nuova università di Siena, ed il motivo di questa mia opinione sta in due [p. 68 modifica]altre piante di mano di Giuliano da S. Gallo nel taccuino suo autografo e membranaceo (18): queste rappresentano un edifizio di 70 per 90 braccia con cortile quadrato di tre arcuazioni per lato, e portano scritto di mano dell’autore: Pianta terena. Sapienza per Chardinale di Siena (19), Pianta di sopra. Disegno della nuova Sapienza che si doveva fabbricare nel 1492. Ed in queste le scuole, le abitazioni, le scale, i destri hanno una distribuzione analoga affatto a quella data da Francesco di Giorgio; l’indicazione poi della loggia verso la Sapienza significa che questa nuova università doveva risguardar l’antica. La fabbrica ha un piano sotterraneo, un terreno e due superiori: ma quei disegni non ebbero effetto.

Veniva poco stante a Francesco una nuova chiamata per parte del vecchio amico della Repubblica il Duca d’Urbino: è così espressa (20):

Magnifici et potentes domini tamquam fratres

«Havendo io bisogno de l’opra de M.ro Francesco di Giorgio de lì per dieci o quindeci dì, prego le S. V. che li voglino dare licentia, chel possa venire fino in quì per el dicto tempo; che me ne faranno a piacer singulare, et potendo Io alcuna cosa che li sia grata et Il. S. V. mel lo faccino intender, lo farò di bona voglia, et cusì me gli offro. Ex foro sempronii, XVIII martii 1492.

Guido Ubaldus dux Urbini montisferetri comes.

Direzione: Magnificis Dominis tamquam fratribus dominis illustribus Gubernatoribus capitaneo populi Senarum.

Ignoro per qual motivo Guidobaldo ricercasse l’architetto di Siena, seppur non fu per sospetto di sè e dello stato suo, per quanto già vociavasi della non lontana calata dei Francesi; ignoro pure se Francesco siasi allora portato negli stali del Duca. Bonsì ebbe poscia licenza dalla signoria di recarsi a Napoli, del qual decreto si ha: Magister Franciscus Georgii habeat licentiam eundi Neapolim ad serviendo Duci Calabriae; non obstante sua conducta, e quindi: [p. 69 modifica]Super materiam Francisci Georgii eligentur tres pro procurando cum mandatario Ducis Calabriae q........ responsum ipsorum, et similiter procurent cum dicto Francisco Georgii ipsum exortando quod vadat ad servitium domini Ducis.......... Electi D. Andreas Piccolomini, Leonardus Bellanti, Jacobus Nannis (21). Fu questa la seconda sua gita a Napoli: e là vide le antichità e misurò segnatamente quell’ipocausto a Baia presso la Piscina mirabile, il quale poi egli (essendo allora bambina affatto l’architettura comparata) descrisse per un camino antico. Bensì non so se in questo viaggio o nell’antecedente egli raccogliesse que’ suoi disegni; nella gita di quest’anno 1492 in compagnia del duca di Calabria, percorse la Puglia, e non so se nell’andata o nel ritorno da Siena ei tenne, avviato a Napoli, l’antica via latina per S. Germano, dando descrizione (Cod. sanese, f.o 49) e disegno di un cornicione dorico, quale ho visto in uno edifitio destructo in una selva apresso ad Aquino, e notando come copiosa d’acqua sia la campagna di S. Germano.

Il soggiorno di Francesco in regno di Napoli già prolungavasi oltre il convenuto, allorchè la signoria che di lui abbisognava per le opere sue d’acqua e per le munizioni e difese proprie, gli scrisse in data del 7 luglio 1492 (22) (Francisco Georgii Neapoli his verbis scriptum est):

«Quantunche noi siamo certi, che ali edifizi quali si fanno per la Maestà del Re e delo Ill.o S. Duca di Calabria tu sii necessario, acciochè quelli si traggano a perfetione, niente di manco essendo tu qua sopra ali buttini deputato et ali conducti de la città nostra, et quelli essendo molto mancanti, maxime dopo la partita tua, in mo’ che tutte le fonti sono manco che meze di aque: voliamo che (tu) dia tale ordine inanzi la festa di S. Maria d’agosto, acciò che possi reparare a quelle perchè dovendoci venire bona quantità di forestieri, non voliamo che le fonti siano vedute in simil modo vacue; per le quali assai disonore a la città nostra ne risultaria, et però procurarai essare qua, come è detto, acciocchè possi ad quanto è conveniente provedere». [p. 70 modifica]

Ma il Duca, al quale troppa fatica costato avea per ottenere il nostro ingegnere, e d’altronde assai bene adopravalo nelle moltiplici e gravissime occorrenze sue, non era d’animo di dargli licenza, sinchè non avesse compiuto i suoi incarichi: al Duca stesso perciò volgevasi il comune di Siena colla seguente lettera dell’ll settembre 1492.

(Calabriae Duci his verbis scriptum est) (23):

«Come desiderosi in tutte le cose compiacere V. S. Ill. ad requisitione sua mandammo lo diletto nostro cittadino Francesco di Giorgio architetto, et già più tempo ne dovea ritornare per la expeditione de lo officio suo, el quale in sua absentia ha patito non piccolo detrimento, e maxime in due capi principali et importantissimi a la repubblica nostra, e l’uno è de le fonti, ale quali è mancato molto l’acqua per rispetto deli aqueducti li quali non cessaro ridurli ala sua perfectione: et laltro lo Lago nostro lo quale appropinquandosi lo verno è di bisogno provedere ad alcune cose per la perfectione di epso. Et pertanto preghiamo V. S. Ill. che li sia di piacer darli licentia che con prestezza venga per le cause soprascripte, et quantunche volta piacerà ad V. S. Ill. li sarà di bona voglia mandato, intermettendo etiam le faccende nostre pubbliche per far cosa grata ad quella, a la quale ci raccomandiamo. Bene valete».

Fu inviata la lettera, e poichè il Duca non rispondeva, fugli riscritto per parte della Signoria, ed in data dei 4 ottobre, una novella lettera simile affatto alla surriferita, però colla seguente aggiunta: «Pertanto preghiamo V. S. Ill. con ogni efficacia che vogli essere contento di darci questo piacere attese le urgenti cause che ci sonno, de le quali havendone V. S. particulare informatione non possiamo credere che voglia ritenere l’architetto nostro».

Ricevuta tal lettera, così rispondeva Alfonso (24):

Magnifici domini amici mei carissimi.

«Havendo noi inteso quello che le S. V. ne haveno replicato per loro lettera de’ iiij del presente circa lo retorno de maestro Francesco [p. 71 modifica]di Giorgio architetto: respondemo quel medesmo che in dì passati havemo resposto ad le prime lettere de le S. V. che per essere dicto mastro francisco venuto fora del tempo che haveva promisso et havendose trovate le cose nostre multo sbaractate, et anche essendoce accaduta la suspicione se habe del Turcho, lo fecemo venire apresso de noi per li bisogni, quali avessero possuto occorrere. per li quali ci persuademo, quando fosse stato necessario, le S. V. non solamente ce haveriano mandato lui, ma omne altro che havessemo recercato. Et così è bisognato retenerlo più de quello ce credevamo: adesso attendemo ad farlo expedire, et multo presto ne lo remanderemo, secundo per altre nostre havemo scripto alle S. V. ali piaceri de le quali ne offerimo».

Datum Arnoni die XII Octobr. 1492.
Alfonso vester Dux Calabriae etc.
B. Bernaudus.

A questa lettera nella quale con tanta alterigia dimostrava il Duca di quanto egli preponesse l’utile proprio alle necessità dei Sanesi, ne faceva succedere un’altra scritta, parmi, allorchè Francesco si ridusse in patria: in questa riparla il Duca del viaggio di Puglia e delle provvisioni contro il Turco, e raccomanda l’ingegnere alla signoria onde restituiscagli il camerlingato, com’ei dice, delle fonti, toltogli dalla repubblica per non essere egli comparso a tempo ad assistere ai lavori, ossia come scrive il Duca con ancipiti parole li è stato tolto per essere in questi mesi venuto a li servigi nostri: Eccola (25):

Magnifici Domini, amici nostri carissimi:

«Si Francisco de Georgio, architecto de questa città, è tardato ad retornare, non è mancato per lui, nè meno per noi; ma è stato casone che venne multo tardo et fora del tempo che lo aspectammo: per la qual cosa se trovarono le cose dissordinate. Et anche essendo successa in la estate passata la suspitione de’ Turchi che fo, lo condussemo con noi in Puglia per quello havesse possuto bisognare, secundo per altre havemo scripto a le S. Vostre. Da poi per havere [p. 72 modifica]havuto da fare et ordenare multe cose, lo havemo tenuto fine adesso: benchè dal canto suo non se fosse mancato fare omne instancia de retornarsene. Al presente ancorachè lasse multe cose nostre in abandono et sbaractate, le quale haveriano bisogno de la presentia sua, per satisfactione de le S.rie Vostre et sua ne lo remandamo, et rengratiamo grandemente quelle de la comodità, ce haveno facta in haverlo mandato, per havere hauto da lui optimi servicii: et ce lo raccomandiamo strictamente et specialmente in fare li restituire lo officio de Camerlingo de le fonti de questa città: lo quale socundo mi ha facto intendere li è stato tolto per essere in questi mesi venuto a li servigi nostri. che non possemo credere sia proceduto da le S. V., persuadendone che de qualunque homo de questa cità havessemo hauto bisogno, et lo avessemo ricercato (come havemo facto de Francesco predicto) non ce lo haveriano denegato. Et quando cel havessero concesso, non solamente non li haveriano facto togliere lo officio et provvisione sua, ma augmentatolo: così come fariamo per esse, et per le cose loro, a le quale non seriamo per mancare, ma adjutarle et compiacerli, quanto ad noi medesimi. Et perchè, quando dicto Francesco non recuperasse dicte officio, se poterà dolere haverlo perso per lo servicio nostro: et non li potorìa essere senza carco del honore suo; però strictamente pregamo le Sig. Vostre, che per li rispecti predicti et ad nostra singulare complacentia vogliano farcelo restituire et lassarelo godere così come faceva prima che fosse venuto da noi, che ultra lo daranno ad homo che ne è bene merito, ad noi ne compiaceranno summamente: offerendone fare per esse et per questa cità tucte volte che occorrerà simile et nuove cose:

Datum in Castello Capuanae Neapolis XXIII novembris. 1492.

Vester Dux Calabriae Alfonso.
B. Bernaudus.

Direzione: Magnificis Dominis Offic. Baliae Civitatis Senarum, amicis carissimis.

Ma prima ancora che questa lettera arrivasse in Siena, la Signoria scritto aveva al Duca di Calabria onde lasciasse partire l’ingegnere, ed a questi il giorno 4 dicembre 1492: della qual cosa rimane questa [p. 73 modifica]minuta (26): Francisco Georgii scriptum fuit, et sibi enixe injunctum fuit, ut quam primum hic sistat, cum multe cause extant urgentes, et presertim quidam lacus scissura. Cui si non occurratur, et cum maxima celeritate, ruine valde minatur, et miramur quod non fuerit adhuc reversus, cum tot litterae ad eum delatae fuerint. et tum denuo scribitur ad Ill.mum Calabriae Ducem, ut eum redire permectat. ideo actutum veniat, nam si contra fecerit, id nobis molestum esse......

Poco dopo quest’ultima istanza Francesco ritornò in patria, senza che se ne conosca il giorno: bene premeva a’ suoi concittadini il riaverlo, allorchè una delle più grandiose tra lo opere loro minacciava rovina, voglio dire che apparivano segnali di caduta nel sostegno del lago della Bruna quidam lacus scissura, nè la rovina d’ogni cosa fu tarda, scrivendo Allegretto Allegretti (27) «Adì primo di gennaio (1493) avemmo novella, come il nostro lago di Maremma, il quale non s’era anco cominciato a pescare, aveva cacciato in terra il muro, ed allagato molto paese e morto uomini e bestiame: e questo è stato per difetto di chi l’ha fatto, che non l’ha fatto a perfezione, e acciabattatolo per guadagnare molto più». Che Francesco avesse avuto parte in questa grande opera, consta dalle succitate lettere al Duca di Calabria, e specialmente in quella del 18 gennaio 1492. Siamo per far serrare il lago nostro, et senza la presentia del prefato Maestro Francesco tale cosa non si porria fare. Colpa del triste evento che toccò al sostegno, la dà l’Allegretti alla mala sua struttura: alla quale poca cura poteva dare Francesco troppo soventi lontano dalla patria. La rottura ebbe luogo non nel mezzo, ma ad un terzo della lunghezza del muraglione: la larghezza di questo, dove minore, è di quattordici passi andanti.

  1. Arch. cit. (Gaye Docum. CXXXII. Registro delle risposte, vol. 117).
  2. Arch. cit., filza 57. Gaye, docum. CXXXIV. Castrum Leonis d’onde scrive il Duca non è Castel S. Leo come tradusse il Gaye, ma Castelleone nella Marca sul fiume Cesana frontiera dello stato del Prefetto.
  3. A tergo alla lettera, che è originale, leggesi: Anno domini 1490, indict. VIII die vero primo mens. novemb. presentate fuerunt dicte letterae per dominum Perinum de Bellantibus: Magnificis dominis Prioribus Gubernatoribus et Cap.o: populi Civitatis Senarum.
  4. Campagnano piccola terra in campagna di Roma, a due miglia da Baccano. Il castello suo è ora rovinato affatto.
  5. Arch. cit., filza cit. Gaye doc. CXXXVII.
  6. Arch. cit., copialettere n.o 118. Gaye in calce al doc. CXXXVII.
  7. Arch. cit., filza cit.
  8. Guicciardini, Ist., lib. I, cap. 4.o, pag. 125.
  9. Iacobi Volat. Diar. apud Murat., vol. XXIII, col. 147. E Comines nelle sue Memorie (lib. VII, cap. XI) Brachane principale place du Seigneur Virgile Ursin, qui estoit belle, forte, et bien garnie de vivres. Ed Andrea De la Vigne nella storia di Carlo VIII (Parigi 1684) chiamando in sua lingua questo castello Bressaigne, scrive del Re: il s’en alla disner et coucher à Bressaigne, belle petite ville, ou il y a un chasteau assez fort appartenant au nommé Virgile, Seigneur Romain de grande considération etc.
  10. Lettera di Alfonso a G. Albini. «Li fareti intendere (al D. Federico, nel 1481) che sempre lo havemo tenuto come patre et per maestro: ma de presente li restamo obbligati, perchè cognoscemo havere pigliato Otranto mediante li designi et insegnamento che havemo havuti dalla S. S.» (Lettere e memorie de’ Re Aragonesi raccolte da Ottavio Albini, pag. 38). L’ingegnere inviato da Urbino alla guerra d’Otranto, era, come si è detto, Scirro, ossia Ciro da Casteldurante.
  11. Arch. cit., filza 2. Gaye, doc. CXLI.
  12. Arch. cit., filza 58. Gaye, doc. CXLIII.
  13. Arch. cit., filza 58.
  14. Arch. cit., filza 58. Gaye, doc. CXLVII.
  15. Arch. cit., copialettere della rep., vol. CXXI. Gaye, doc. CXLVIII.
  16. Arch. cit., filza 57. Gaye, doc. CXLIX.
  17. Arch. cit., copialettere, vol. 121. Gaye, doc. CL.
  18. Codice della pubblica libreria di Siena segnato S. V. 9. Diverso da questo è l’altro Codice senese, pur di Giuliano, del quale si parla a pag. 163 e 241 delle Memorie per le belle Arti. Roma 1786, vol. II.
  19. Francesco Piccolomini nipote di Pio II.
  20. Gaye, doc. CLI.
  21. Deliberazioni di balìa, tomo XXXV, carte 66 e 103. Mancano le date.
  22. Arch. cit., copialettere, tomo 121. Gaye, doc. CLII.
  23. Arch. cit., copialettere 121. Gaye, in calce al doc. CLIII.
  24. Arch. cit., filza cit. Gaye in calce al doc. CLIII.
  25. Arch. cit., filza cit. Gaye, doc. CLIII.
  26. Arch. cit., copialettere 121. Gaye, doc. CLIV.
  27. Diari sanesi, col. 826 presso R. I. S. vol. XXIII. Il primo gennaio del 1493, stile toscano, sarebbe veramente del 1494, anno comune, ma essendovi nel testo dell’Allegretti gran confusione di date, è impossibile lo schiarire qui di qual anno intenda; io antepongo il 1493, indotto dal leggere nella citata minuta come già guasto fosse il muro del lago. Vedasi quanto ne dice Targioni-Tozzetti a pag. 204, vol. IV de’ Viaggi in Toscana.