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Architettura - I monumenti degli imperatori della «Gens Iulia»

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II - I II - III
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II. I monumenti degli imperatori della «gens iulia».

Augusto volse ogni sua cura ad abbellire Roma di nuovi e splendidi edifizî, e a questo fine diresse pure l’opera dei suoi ministri ed amici, volendo fare [p. 238 modifica]di Roma la vera e degna capitale del mondo. D’altra parte Roma riposava dalle lunghe guerre interne ed esterne, e, in una certa condizione di pace e di splendore si volgeva al culto delle arti.

1. Il Foro d’Augusto. — Quest’imperatore restaurò la città prima di lui per incendî ed inondazioni danneggiata, e la abbellì nuovamente. Le molte sue cure, spese sempre a vantaggio della città, sono ricordate nel testamento di lui1. È noto il suo detto che, trovata Roma di mattoni, la lasciava di marmo2. Fece erigere Augusto un tempio a Marte Ultore presso il Foro romano (ved. tav. 52), chiudendolo in un grande peribolo di colonnati e di muraglie, di cui rimangono imponenti ruine, e decorandolo con molte statue de’ più insigni capitani romani. Fu questo il Foro d’Augusto, a lato del quale sursero poi altri Fori imperiali ancora più sontuosi (ved. tav. 53).

Per opera d’Augusto furono eretti in Roma ben sedici templi, senza dire dei molti che furono restorati; splendido era quello d’Apollo sul Palatino, recinto da sontuoso porticato, con molte colonne di preziosi marmi africani e bellissime statue greche; il porticato comprendeva la biblioteca greca e quella latina.

In Campo Marzio Augusto fece edificare il Portico dedicato ad Ottavia, sua sorella; ed il teatro [p. 242 modifica](detto di Marcello dal compianto nipote), del quale rimangono ancora ruderi bellissimi (ved. Atl. cit., tav. XL n. 2 e tav. XLI).

Il Campo Marzio, vasta estensione di terreno che dalle pendici del Capitolino e del Quirinale si allargava fra il collis hortorum (Pincio) e il Tevere3, destinato alle assemblee del popolo ordinato nelle centurie, agli esercizi ginnastici ed equestri della gioventù, era rimasto in gran parte libero fino ai tempi di Pompeo, che vi fece costruire il suo teatro, e di Giulio Cesare che vi edificò i Septa per le riunioni dell’assemblea del popolo. Sul finire della Repubblica, e principalmente ai tempi d’Augusto, sursero colà molti edifizî, che resero assai bella, nell’età imperiale, quella parte della città sulla quale si formò la Roma moderna. Ivi Cornelio Balbo edificò un teatro, che portò il suo nome, e Statilio Tauro, come s’è detto, il primo stabile anfiteatro che avesse Roma; ivi sorse quello che è il massimo monumento della romanità, cioè il tempio che M. Vispanio Agrippa, genero d’Augusto, eresse consacrandolo alle divinità della stirpe Iulia, Marte, Venere e al divo Giulio, e fu detto il Pantheon (ved. Atl. cit., tav. XLII (pianta) e tav. XLIII (sezione)). Unito con le terme d’Agrippa, formava con esse un gigantesco corpo d’edifizio in Campo Marzio non lungi dalla curia e dal teatro di Pompeo.

2. Il Pantheon4. — È questo il più bello e [p. 243 modifica]il meglio conservato dei monumenti romani; è la più grande e più completa opera d’architettura che può considerarsi come propriamente romana, appartenendo alla classe dei templi rotondi coperti di cupola, con atrio a forma del pronao di un prostilo, che è forma speciale dell’arte romana progredita.

a. Struttura del tempio. — Consta il Pantheon di due parti: la rotonda e l’atrio. La rotonda è formata di un grande e solidissimo muro circolare. Questo grande cilindro, o tamburo murale, è distinto in tre zone mediante tre cornicioni, sull’ultimo dei quali s’alza una serie di gradoni da cui spicca poi l’ardita cupola; nel mezzo di questa s’apre il gran lucernario dal quale piove abbondante la luce. Sul davanti dell’edifizio circolare sporge l’atrio, come una grande aggiunta, formato di un massiccio sporto murale, da cui s’avanzano quattro colonnati di tre colonne in profondità, che dividono l’atrio in tre grandi navate, e presentano una fronte di otto colonne di ordine corinzio-romano. La mediana delle tre navate è la maggiore e guida alla porta d’ingresso; le due laterali minori finiscono a due grandi nicchioni, dove erano poste le statue di Augusto e di Agrippa. L’atrio è sormontato da due frontoni, uno [p. 244 modifica]poggiante sullo sporto murale per cui l’atrio si connette al corpo rotondo; l’altro è posato sull’architrave, ed è veramente il frontone di prospetto, il cui timpano era ornato di bassirilievi. Sulla trabeazione c’è l’inscrizione M. Agrippa L. F. cos, tertium fecit, a grandi lettere, mentre un’altra iscrizione sotto questa, in lettere minori, ricorda la restorazione di quell’edifizio fatta da Settimio Severo e da Caracalla. Nell’interno il muro circolare non è liscio, ma, variato da otto grandi aperture, s’alterna la forma quadrata con la rotonda, cioè con nicchie o cappelle; di queste aperture una è l’ingresso. Ciascuna nicchia, o cappella è fiancheggiata da pilastri di stile corinzio, e nell’apertura di esse sorgono due colonne dello stesso ordine, eccetto nell’apertura d’ingresso e nell’altra di fronte a questo, quella della tribuna. Nell’intervallo da una nicchia all’altra sono applicate alle pareti delle edicole. Al disopra delle colonne è un cornicione, sul quale elevasi un attico, variato e ornato con incrostazioni di marmi preziosi. E infine da un altro cornicione incoronante l’attico si dispicca la grande vôlta della cupola, che misura 43 m. di diametro, ed è distinta in cinque zone concentriche di ventotto cassettoni ciascuna, che vanno decrescendo con mirabile effetto fin dove si apre il lucernario che illumina il tempio (ved. Atl. cit., tav. XLIV). L’esterno era riccamente rivestito di marmi e di stucchi; l’interno di preziosi marmi colorati; il tetto dell’atrio era sostenuto da travi di bronzo; di bronzo è la porta antica ancora conservata; di bronzo è il cerchione che fascia l’occhio del lucernario misurante quasi nove metri di diametro; credesi che di lastre di bronzo fosse coperta l’intera cupola. Forse a questa grande e ricca opera di Agrippa pensava Virgilio, quando [p. 245 modifica]del tempio che costruiva Didone diceva

          ......nexaeque
Aere trabes, foribus cardo stridebat ahenis5.

Secondo l’iscrizione sulla fronte, il tempio data dal consolato d’Agrippa, nell’anno 27 av. C., secondo Dione6 dal 25 av. C.; si intende che nel 27 fosse finito e nel 25 solennemente dedicato. Architetto, secondo Plinio, ne fu un Valerio Ostiense7. La ricchissima ornamentazione era opera di Diogene ateniese, il quale aveva scolpito figure di Cariatidi, che ornavano l’interno; forse erano disposte a sostenere le edicole erette fra gli intervalli dei nicchioni, alle quali furono poi sostituite in tempi posteriori colonnette di porfido e di giallo. Di queste Cariatidi si crede di riconoscere ancora alcune fra quelle conservate nel Museo del Vaticano e nel palazzo Giustiniani; presentano una grande somiglianza con le Cariatidi dell’Eretteo sull’Acropoli d’Atene8. Non pare che l’atrio o pronao entrasse nel primo concetto di questo edifizio, ma forse fu una modificazione del disegno. Secondo Dione, Agrippa voleva porre nell’interno la statua d’Augusto e denominare il tempio da lui; ma Augusto non volle, perciò nell’interno fu posta la statua di Cesare, e quella d’Augusto con l’altra del fondatore del tempio fu posta all’esterno nei nicchioni del pronao. Davanti al tempio stendevasi una piazza cinta da porticato; il tempio andava connesso con le terme; annessi a così grande complesso di fabbriche erano giardini, stagni, un euripo. [p. 246 modifica]

b. Storia delle vicende del tempio. — Dagli antichi ammirato come una delle più grandi costruzioni, il tempio d’Agrippa ha resistito all’opera distruttrice del tempo e degli uomini. Soffrì danni nel grande incendio del tempo dell’imperatore Tito; Domiziano lo restorò; percosso dal fulmine, regnante Trajano, ne riparò i danni Adriano. Nuove ristorazioni vi fecero Settimio Severo e Caracalla, come dice l’inscrizione soggiunta a quella d’Agrippa. Nell’anno 399 per la legge d’Onorio contro i templi pagani forse fu chiuso. Bonifazio IV nell’anno 609 lo consacrò al culto cristiano, intitolandolo a S. Maria ad martyres, perchè vi fu portata quantità d’ossa di martiri o credute tali, tolte dalle catacombe. Incominciarono poi le opere di spogliazione: Costante II, imperatore d’Oriente, nell’anno 663 saccheggiò Roma e fece togliere la copertura di bronzo dal Pantheon, che più tardi e a più riprese fu coperto di piombo. Urbano VIII Barberini nell’anno 1632 fece levare le travature di bronzo del pronao; quel metallo servì a formar le colonne coclidi dell’altare di S. Pietro, e ottanta pezzi d’artiglieria con cui fu guernito Castel S. Angelo9. Altri pontefici però cercarono di riparare ai guasti. Raffaello Sanzio ordinò nel testamento che a sue spese si ristorasse e s’abbellisse uno degli altari, scegliendolo come sua sepoltura, dove fu deposto il 6 di aprile dell’anno 1520. Col re dell’arte moderna riposano ivi Annibale Caracci, Pierin del Vaga, Giovanni d’Udine, ed altri [p. 248 modifica]artisti insigni. Ora il Pantheon è divenuto degna tomba del primo Re d’Italia una, Vittorio Emanuele, sepoltovi nel gennaio dell’anno 1878. Così la grande opera d’Agrippa traversa i secoli come monumento che la romana grandezza trasmette con lieto auspicio alla rinata Italia. Intorno al grande edifizio s’erano venute accalcando case, casette e botteguccie, togliendogli lo spazio in cui bellamente campeggiare. Si fecero più volte disegni e tentativi di allargamento; ma non ebbero esecuzione compita se non fra gli anni 1881 e 1883 per impulso del ministro Baccelli10. Fu isolato il monumento, trovate reliquie della sua ornamentazione, rimesse in luce le rovine delle terme d’Agrippa, e infine abbattuti gli orecchioni del Bernini.

3. Il Mausoleo D’Augusto. — Degli edifizî sepolcrali del tempo d’Augusto, rimase famosa la sua tomba, mausoleo, così detto per la grandezza e magnificenza sua, degna di quella della tomba eretta a Mausolo, re di Caria11. Sorgeva nell’ultima parte del Campo Marzio, tra la via Flaminia e il Tevere. Sopra una grandiosa substruzione quadrata posava un edificio rotondo, tutto di marmo che comprendeva le camere sepolcrali; e sopra questo un tumulo a cono, distinto a viali e terrazzi, con piantagioni di cipressi. In vetta al tumulo grandeggiava la statua di bronzo d’Augusto (ved. tav. 54). Il muro esterno circolare del corpo d’edifizio era variato da grandi nicchie. Sulla parte anteriore sporgeva, come nel Pantheon, un pronao exastilo con ampia gradinata. All’uno e all’altro fianco del [p. 249 modifica]pronao erano due obelischi egizi, che qui furono trovati nel sec. XVI e trasportati uno sulla piazza di S. Maria Maggiore, l’altro sul Quirinale, fra i due colossi di Montecavallo12.

Dietro al Mausoleo stendevasi, un gran parco, nel cui mezzo l’ustrinum per la combustione dei cadaveri. In questa tomba sontuosa prima di Augusto furono deposte le ceneri di Marcello, Agrippa, Ottavia e Druso; e dopo Augusto vi riposarono Livia, Germanico e Agrippina seniore. Oggi rimangono rovine dei muri, e fanno parte dell’anfiteatro Corea13.

4. L’Obelisco di Monte Citorio e altri monumenti di stile egizio. — Non lungi dal Mausoleo, Augusto fece collocare un grande obelisco di granito rosso, trasportato da Eliopoli a Roma, e destinato a nuovo uso di orologio solare (solarium), essendo sul terreno lastricato di travertino tracciata una meridiana. Spezzato e sepolto fra le immense ruine di Roma, fu raccolto e ricomposto, e sotto Pio VI nel 1792 collocato presso Monte Citorio. Di obelischi tolti all’Egitto abbondava Roma, dove le varie forme dell’architettura greca e dell’orientale erano rappresentate o da opere trasportatevi, o da nuovi monumenti eretti, e specialmente da templi costrutti per divinità orientali, poichè Roma accoglieva in sè liberamente ogni religione.

Molti obelischi ancora sorgono in Roma, dei quali il maggiore è quello di S. Giovanni in Laterano trasportato da Tebe, dove era stato eretto [p. 252 modifica]regnando il Faraone Toutmes IV. Un nuovo obelisco fu scoperto fra le ruine di un Iseo, o tempio d’Iside nell’anno 1883; è di mediocri proporzioni, ma assai ben conservato e ricorda il regno di Ramesse II, del XIV sec. av. C.14.

Esempio di monumento di stile egizio, applicato a un monumento sepolcrale, è la piramide che sorge fuori di Porta S. Paolo (Porta Ostiensis) eretta dagli eredi di C. Cestio, magistrato romano. La piramide di mattoni rivestita di marmo misura ben 37 metri d’altezza; nel suo interno è la camera sepolcrale ornata con fregi di stucco, e con pitture, di cui appena restano traccie. La parte esteriore del monumento era una vôlta ornata di colonne e di statue, di cui intorno si trovarono frammenti (ved. tav. 55)15.

5. I monumenti sepolcrali; i «Columbaria». — Di carattere prettamente romano sono invece gran parte dei monumenti sepolcrali che sorgevano fuori le porte di Roma, sulla Via Appia, che è come la Via dei Sepolcri a Pompei. La Via Appia da Porta Capena s’allontanava per un gran tratto tutta fiancheggiata di grandi sepolcri, tra i quali celebre quello ancora esistente a Cecilia Metella, figlia di Metello Cretico e moglie di Crasso (ved. Atl. cit., tav. XLV, 1).

Una particolare forma di monumento sepolcrale è il Columbarium dei liberti di Livia, moglie d’Augusto, sulla stessa Via Appia. Consta di parecchie camere, nelle cui pareti s’addentrano grandi nicchioni, e dentro questi sono praticate e ordinate in sette file sovrapposte moltissime piccole nicchie [p. 253 modifica]o fori, che dànno appunto l’aspetto d’una colombaia, come si vede in Roma anche in varî monumenti sepolcrali cristiani; dentro queste nicchiette sono deposte le piccole urne cinerarie (ollae); sopra ciascuna nicchietta è una targhetta col nome del defunto. In terra eranvi anche dei sarcofaghi grandi e ben ornati (ved. Atl. cit., tav. XLV, 2).

6. Gli archi trionfali. — Di monumenti trionfali dell’età d’Augusto credesi aver testimonianza nell’arco che sorge presso Porta S. Sebastiano e che denominasi da Druso, supponendosi sia l’arco trionfale eretto a Claudio Druso Germanico, figliastro d’Augusto e fratello di Tiberio, nell’anno 8 av. C., per le vittorie riportate contro i Germani. L’arco è di travertino rivestito di marmo, decorato di colonne; sull’attico erano trofei ed una statua equestre, come appare dal disegno di una moneta di Claudio imperatore16. Al di sopra di quest’arco venne poi fatto passare il canale dell’acquedotto che alimentava le vicine terme di Caracalla. È questo il più antico fra gli archi trionfali ancor esistenti17.

Non solo Roma, ma anche le città d’Italia s’abbellirono di grandi e sontuosi edificî; poichè le provincie, sempre più strettamente legate con Roma, erano sotto l’Impero assai più civilmente governate che non sotto l’aristocrazia repubblicana, e quindi prosperarono nelle civili istituzioni. Con lo stabilirsi dell’Impero nella pace del mondo, incomincia un’età nuova, nasce un nuovo e [p. 254 modifica]miglior ordine di cose: magnus ab integro saeclorum nascitur ordo, come cantava Virgilio18. Il mondo riceve da Roma pace, ordine e leggi; è finito il tempo della conquista, comincia quello dell’unione nella civiltà romana, cioè della «romanizzazione», e tanto l’arte quanto la scienza s’accordano nel mostrarlo. Allora Roma appare la mente ordinatrice del mondo; essa è l’unificatrice delle genti, come cantava il poeta:

     Fecisti patriam diversis gentibus unam, .....
Urbem fecisti quod prius orbis erat.


Tavole

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Il Circo Massimo a Roma.



Tavola 49.


Ricostruzione secondo L. Canina, Architett. rom. tav. 136. (Cfr. Guhl-Koner-Giussani, op. cit. II, pag. 207; Schneider, op. cit., XVI, 15).


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La “Aedes Concordiae Augustae„ a Roma.


Ricostruzione in base ai ruderi di quella di Tiberio e di Druso dell’anno 10 d. C.



Tavola 50.


Ved. A. Schneider, Das alte Rom, tav. VIII, 9. (Cfr. Canina. Edifizi, IV, tav. 35).


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I “Rostra„ d’Augusto sul Foro Romano. (Ricostruzione).



Tavola 51.


Ved. A. Schneider, Das alte Rom, tav. VII, n. 4. (Cfr. Richter in Jahrbruch, 1880 (IV), pag. 8).


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Il Foro di Augusto a Roma. (Tempio di Mars Ultor).



Tavola 52.


Ved. Strack, Baudenkmäler des alten Rom, tav. 8.


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Il Foro d’Augusto a Roma. (Ricostruzione).



Tavola 53.


Ved. Schneider, Das alte Rom, VII, II, dietro schizzi dello Hülsen e del Rauscher.


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Il Mausoleo di Augusto a Roma. (Ricostruzione).



Tavola 54.


Ved. Schneider, Das alte Rom, tav. VIII, n. 14.


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La Piramide di C. Cestio a Roma fuori Porta S. Paolo (Porta Ostiensis).



Tavola 55.


Ved. Schneider, Das alte Rom, tav. IV, n. 15.


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L’Isola Tiberina a Roma.



Tavola 56


Sostruzioni in marmo a forma di nave nell’Isola del Tevere. Ved. Annali dell’Instit. 1867, tav. d’Agg. K. I.


Note

  1. Il testamento di Augusto essendo infìsso su lastre di marmo del tempio d’Augusto e di Roma in Ancira, è detto il Monumentum Ancyranum: vedasi S. Ricci, Epigrafia latina. Milano, Hoepli, 1898, pag. 187, not. 1 e pagg. 195-203. L’opera capitale intorno a questo è del Mommsen, Res gestae divi Augusti ex monumentis Ancyrano et Apolloniensi, Berlino, Weidmann, 1883; alle pagg. 197-198 del mio Manuale precitato vi è unita tutta la bibliografia relativa.
  2. Ved. Svetonio, Vit. Aug., 29: Marmoream se relinquere quam latericiam accepisset.
  3. Borsari, Topografia di Roma antica, Milano, Hoepli, 1897, pag. 261-265.
  4. Oltre il nostro Atlante, sulle tavole qui sotto citate hanno illustrazioni del Pantheon, come anche dei principali monumenti di Roma imperiale, che saranno in sèguito descritti: H. Strack, Baudenkmäler des Alten Rom, Berlino, Wachsmuth, 1890; A. Schneider, Das alte Rom. Entwickelung seiner Grundrisse und Geschichte seiner Bauten auf 12 Karten und 14 Tafeln dargestellt. Per uso didattico sono abbastanza utili, i Kunsthistorische Bilderbogen, zusammengestellt del Dottor Menge. Il nostro Melani ha pure illustrazioni della parte romana nei suoi Manuali, con speciale trattazione delle piante e degli stili degli edifizî nel volume dell’Architettura; delle riproduzioni romane di capilavori greci in quello della Scultura; degli affreschi soprattutto pompeiani in quello della Pittura (Milano, Hoepli, 1900). Il prof. Archinti di Milano ha pure edito un volume sulla storia dell’Architettura e degli stili con molte e belle tavole (Milano. Vallardi 1889), e il Melani un altro sull’ornamento artistico. Cfr. per altre opere il mio indice bibliografico generale e speciale.
  5. Virgilio, Eneide, I, v. 448-449.
  6. Ved. Dione, l. III. 27.
  7. Ved. Plinio, N. H., XXXVI, 24.
  8. Ved. Gentile, Storia dell’arte greca, Milano. Hoepli, 1892, vol. I, pag. 83, 115. Cfr. Atlante, tav. LVII, LIX, LXXXIII.
  9. Da questo fatto della fusione del bronzo per i pezzi d’artiglieria sorse il proverbio: Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini. I due piccoli campanili laterali che stettero un pezzo alla disapprovazione di tutti erano stati posti dal Bernini per ordine dello stesso papa Urbano VIII, ed erano detti gli orecchioni del Bernini.
  10. Ved. Lanciani, Notizie degli Scavi, 1881, anche per la bibliografia.
  11. Gentile, Storia dell’arte greca, Milano, Hoepli, 1883, pag. 87, 135-138, cfr. Atlante (parte greca) tav. LXIV-LXV; CV-CVIII.
  12. Cfr. F. Cerasoli. Documenti inediti medievali circa le terme di Diocleziano in Bull. Comm., archeol. comunale. Roma, 1895, pag. 301 e seg.
  13. Ved. Borsari, op. cit., pag. 87, 311-313; Cfr. Middleton, Ancient Rom II, 282, 288-292; Lanciani, Forma Urbis, t. 8.
  14. Ved. O. Marucchi, Gli Obelischi egiziani in Roma, in Bull. Comm. Arch. com. Roma, 1896.
  15. Ved. Guhl-Koner-Giussani, La vita dei Greci e dei Romani. Parte II, i Romani, pag. 120 e segg., fig. 101: Piramide di Cestio.
  16. Cohen, Médailles imperiales, I2, pag. 252, 254. n. 25-29; 48.
  17. Ved. intorno agli archi Bellorius e De Rubeis, Veteres arcus Augustorum, triumphis insignes, Roma. 1690, 1824; L. Rossini, Gli archi di trionfo degli antichi Romani, Roma, 1836. - Gräf, Triumphbogen, inserito nel dizionario di archeologia e di antichità del Baumeister, Denkmaeler, III, pag. 1865 e segg.
  18. Ved. Bucoliche, Ecloga IV, 5.