Teoria della relatività/La relatività particolare/La relatività del tempo/Principi della misura del tempo. Enunciazione del problema
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a) Principi della misura del tempo.
Enunciazione del problema
Supponiamoci in possesso di un orologio perfetto, regolato con i metodi astronomici usuali sul movimento apparente quotidiano della volta celeste, e che ci dia l’ora con una precisione cosí grande come noi la desideriamo. Abbiamo noi risolto la questione della misura del tempo? Sí certamente, sino a che noi restiamo allo stesso punto. Ma se noi vogliamo definire il tempo per tutta una zona in modo che in tutti i punti gli orologi segnino rigorosamente la stessa ora allo stesso istante, come faremo? Si potrebbe dire: procuriamoci un numero sufficiente di buoni orologi, confrontiamoli con un orologio tipo sui quale li regoleremo, e trasportiamoli nei punti voluti. Procedendo cosí per un numero sufficiente di punti, noi definiamo il tempo nella nostra zona. Sarebbe perfetto se non fosse tanto diffícile di rappresentarsi teoricamente questo trasporto che non si sa come esprimere matematicamente; niente ci prova ch’esso non cambia nulla alla marcia dei nostri orologi; per gli orologi a bilanciere la marcia dipende dal punto di stazione, e per tutti essa varia piú o meno secondo la temperatura. A parte tutte queste circostanze accessorie, non si può forse pensare che la marcia di un orologio, esatta fino a che si trova a fianco del tipo, sia incerta una volta che l’orologio stesso è isolato? Il negarlo sarebbe supporre una perfezione assoluta nel lavoro dell’orologiaio, ma tal supposizione non ci può interessare. Per estendere la misura del tempo a tutta una zona vale meglio ammettere la necessità di un controllo reciproco degli orologi cosí frequente quanto piú si può desiderare: è cosí che si procederà in pratica. Tutti gli orologi che devono segnare la stessa ora, per esempio quella dell’Europa occidentale, sono collegati con un sistema di segnali che ci garantisce l’identità delle loro indicazioni. Non vi è in ciò alcuna difficoltà fintanto che la zona è abbastanza piccola, per il fatto che la trasmissione di questi segnali non richiede un tempo apprezzabile. Grazie alla velocità enorme dei fenomeni ottici, elettromagnetici o elettrici, rientrano in questo caso tutte le estensioni che geograficamente possono essere considerate ed anche la terra intera.
Supponiamo ora che la zona munita di orologi sia troppo grande perché si possa trascurare la durata della trasmissione, la quale, in ogni caso non è mai nulla. Ecco come procederemo: ad un istante determinato, per esempio alle ore 12, un osservatore A invia un segnale; quando questo arriva ad un secondo osservatore B, l’ora che B, fa segnare al suo orologio non è le 12: bisogna aggiungervi il tempo impiegato dal segnale per raggiungerlo. Questa correzione è tanto importante che noi insisteremo ancora sulla sua necessità: siano A, B, C, i tre vertici di un triangolo equilatero; A emette un segnale: al ricevimento, B e C, segnano l’ora di emissione di A senza correzione. Gli orologi di B e C cammineranno quindi d’accordo, ma tutti e due ritarderanno su A della durata della trasmissione. Se ora si emette un segnale da B o C, il contrasto salta agli occhi; si vede che questo procedimento non permette una definizione del tempo valevole per tutto un sistema.
Bisogna quindi tener conto della durata della propagazione; naturalmente impiegheremo dei segnali luminosi, i soli utilizzabili sulla terra intera, e i soli che possano chiarire la questione che ci interessa: un segnale luminoso è dunque emesso da A: quando arriva a B, questi per mettere il suo orologio a punto, fa la correzione necessaria, ma non la può calcolare se non conosce la distanza A B e la velocità della luce. D’altra parte per maggiore sicurezza si può anche procedere cosí: A invia il suo segnale: B, appena l’ha ricevuto, ne invia un altro che A riceve: A ottiene la correzione dividendo per due l’intervallo di tempo tra la partenza del suo segnale e l’arrivo di quello di B. Procedendo in senso inverso anche B la otterrà e la potrà utilizzare. Ciò fatto i due osservatori possono confrontare i loro orologi. Questi orologi sottoposti ad un controllo continuo, sono chiamati sincroni.
Tutto questo non porta ad una difficoltà particolare insino a che A e B sono in quiete relativa o, secondo la nostra espressione, appartengono al medesimo sistema. È ciò che noi ammetteremo, supponendo di piú che ciascun punto del sistema è munito del suo orologio. Si vede senza fatica che due di questi, sincroni di un terzo, sono sincroni tra loro; io non ho quindi bisogno che di un solo orologio tipo sul quale renderò sincroni gli altri ed avrò risolto in modo assolutamente soddisfacente il problema della determinazione del tempo in un sistema (è il procedimento che si può supporre impiegato pag. 40).
Immaginiamo ora piú sistemi, due per esempio, in movimento relativo rettilineo ed uniforme; si possono rappresentare come delle espressioni puramente matematiche, il che permetterà loro di spostarsi l’uno in rapporto all’altro penetrandosi. Si può, per esempio, immaginarli come formati di rette, o di superfici piane simili a dei fogli di carta, le rette o le superfici dell’uno scivolanti con un movimento rettilineo ed uniforme sulle rette o le superfici dell’altro, con le quali esse sono geometricamente confuse. Ogni punto può allora essere considerato come appartenente ai due sistemi, oppure, ciò che è lo stesso, ogni punto di un sistema è confuso ad ogni istante con un punto determinato dell’altro. Supponiamo ora tutti questi punti muniti di orologi, con la condizione essenziale che tutti quelli di un medesimo sistema siano sincroni tra di loro. Due orologi, appartenenti ciascuno ad un sistema differente e trovantisi ad un dato istante in uno stesso punto, possono segnare la stessa ora in questo istante. Ne consegue, in modo generale, che due orologi di sistemi differenti segnano la stessa ora nell’istante nel quale si incontrano?