Teoria della relatività/La relatività particolare/Conclusioni filosofiche sulla teoria della relatività particolare

Conclusioni filosofiche sulla teoria della relatività particolare

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Conclusioni filosofiche sulla teoria della relatività particolare
La relatività particolare - La rappresentazione a quattro dimensioni del Minkowski La relatività generale

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VIII


CONCLUSIONI FILOSOFICHE

SULLA TEORIA

DELLA RELATIVITÀ PARTICOLARE


La teoria della Relatività particolare, che abbiamo or ora accennato a grandi tratti, ha prodotto la più viva sensazione, non solo nel mondo degli scienziati, ma anche in tutti gli ambienti, perché essa scuote le fondamenta delle nostre concezioni del tempo e dello spazio. Giammai fino ad ora si era pensato che il giudizio seguente: “Questa lunghezza portata su di una spranga rigorosamente rigida ha 10 centimetri” potesse avere un significato che non fosse assoluto. Non era balenato alla mente di alcuno il farne dipendere la validità o la non validità da una qualsiasi circostanza, come per esempio dallo stato di movimento di colui che enunciava questa affermazione. Prima non era venuto in mente a nessuno che due avvenimenti potessero essere simultanei o meno secondo l’osservatore, o che l’ordine della loro successione potesse essere per l’uno l’inverso di quello che è per l’altro. Enunciamo ancora una volta i fatti che hanno determinato la marcia rivoluzionaria della teoria della relatività. Le tre proposizioni:

1º La velocità della luce è costante in modo assoluto per qualsiasi osservatore,

2º I movimenti rettilinei ed uniformi di tutti i sistemi sono relativi gli uni rispetto agli altri, [p. 85 modifica]

3º Le nostre misure dello spazio e del tempo sono valevoli per tutti i sistemi,

sono incompatibili e conducono a contraddizioni matematicamente insostenibili. Poiché non si poteva rinunziare alle due prime, anzitutto per ragioni sperimentali, ed anche per ragioni filosofiche, non rimaneva che rinunziare alla terza, che non aveva motivi tanto seri da essere conservata.

Resterebbe da dimostrare che la relatività delle misure di tempo e di spazio equivale a quella dei concetti di spazio e di tempo. Per il fisico lo spazio e il tempo sono grandezze ausiliarie ch’egli adopera allo stesso titolo di altre per descrivere i fenomeni. Vi è dell’altro? Non spetta a lui occuparsene.

Quando Mefistofile dice:

Io qui ben riconosco l’uomo saggio!
Ciò che voi non toccate col dito si perde per voi nell’infinito!
Ciò che voi non stringete vi sfugge completamente!
Ciò che voi non potete sottomettere al calcolo non è vero secondo voi!
Ciò che voi non potete pesare non ha alcun peso per voi!
Ciò che voi non monetate voi lo giudicate senza valore!

i fisici, astrazion fatta del motteggio che corrisponde non solo alla opinione di Mefistofile ma anche a quella di Goethe e a parte il denaro che non è stato mai fatto per loro, devono riconoscere che queste parole sono giustificate e [p. 86 modifica]caratterizzano le loro concezioni. Planck, uno dei primi tra essi, l’ha detto un giorno molto esattamente: “Ciò che esiste è ciò che io posso misurare.” Infatti per essi il peso è unicamente la cifra letta sulla bilancia, la temperatura ciò che il termometro segna, l’intensità di una corrente elettrica ciò che l’amperometro dà. Allo stesso modo lo spazio non è che la possibilità di collocarvi dei metri, il tempo la possibilità di usare il proprio orologio, e niente piú. In quanto a ciò che si nasconde dietro questi concetti, abbiamo visto a pag. 43, che ciò non ha per essi che un valore inventivo1 e didattico.

I successi della fisica e delle tecniche derivate, successi che hanno lasciato lontano nell’ombra quelli di qualsiasi altro campo dell’attività umana, hanno dimostrato ad usura il valore di questi principî in questa scienza.

Ma ciò che è convenuto bene per concetti come quelli del peso, della temperatura, dell’intensità di corrente, nozioni puramente fisiche, non può valere senza difficoltà, per concetti generali come il tempo e lo spazio, che non rappresentano la proprietà speciale dei fisici. Ci si può in ogni caso domandare se non si sia in diritto di mantenere a fianco del loro spazio sperimentale, il vecchio spazio assoluto per delle speculazioni matematiche e filosofiche, la sua principale funzione sarebbe di dare delle basi solide non solamente a queste speculazioni e alla sintesi interna, ma ad [p. 87 modifica]ogni ricerca sperimentale. Con questo noi arriviamo alla nostra ultima osservazione.

I rapporti reciproci della ricerca sperimentale e delle ipotesi filosofiche sull’universo non sono esattamente gli stessi nei due sensi. È cioè evidentemente desiderabile che la prima rimanga d’accordo con le seconde, che da queste essa riceva l’impulso e che per mezzo di esse si riallacci ad altre discipline intellettuali. È cosí che prima di Einstein, Mach ha trovato il principio di relatività basandosi su convinzioni filosofiche. Ma in quanto ai fini e alle direttive delle sue ricerche, ogni scienza non può riceverli che dalle sue proprie leggi e non deve basarsi altro che sui propri successi. Nel senso inverso la filosofia non può trascurare i risultati ottenuti da ciascuna scienza particolare; se essi sono abbastanza importanti e ricchi di senso, essa li deve accettare anche senza esservi costretti da ragioni di logica assoluta, modellandoli, se del caso, e fondendoli secondo i propri metodi. Se dunque la teoria della relatività deve dare alla fisica, come ben sembra, una nuova e durevole veste, le nostre idee filosofiche sul tempo e sullo spazio non possono non risentirne le conseguenze.

Note

  1. A rigor di termini l’inventiva è l’arte di fare delle scoperte. Einstein però usa questa parola in un senso differente. Una teoria, per lui, ha un valore inventivo quando dà un giudizio sul valore di una legge.