Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo XII/Mezzi di dispersione

Capo XII

Mezzi di dispersione

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Capo XII - Singoli centri di supposta creazione Capo XII - Dispersione nel periodo glaciale


C. Lyell ed altri autori trattarono abilmente di questo soggetto. Qui posso fare soltanto un brevissimo estratto dei fatti più importanti. Il cambiamento di clima deve avere esercitato una grande influenza sulla migrazione. Quando il clima era diverso in una regione, la migrazione poteva compiersi in una grande scala, mentre attualmente il passaggio è impedito; io dovrò nullameno discutere questo ramo del soggetto con qualche dettaglio. I mutamenti di livello nel suolo avranno potuto riescire altamente efficaci. Uno stretto istmo, ad esempio, attualmente separa due faune marine; supponiamo che si sommerga o che sia stato sommerso in altre epoche e le due faune si mescoleranno o potranno essersi confuse anticamente. Dove oggi si estende il mare possono essere state congiunte le isole ed anche i continenti fra loro, e così le produzioni terrestri erano libere di passare da un luogo all’altro. Nessun geologo contesterà che nel periodo degli organismi esistenti avvennero grandi oscillazioni di livello. Edoardo Forbes sostiene che tutte le isole dell’Atlantico erano recentemente unite all’Europa o all’Africa, e così che l’Europa si congiungeva coll’America. Alcuni autori hanno anche supposto che esistettero delle terre a guisa di ponti in ogni mare le quali legavano quasi tutte le isole ai continenti. Se dovessero confermarsi gli argomenti addotti dal Forbes, si dovrebbe ammettere che non esiste forse un’isola sola che non fosse in epoca recente unita a qualche continente. Questa opinione taglia il nodo Gordiano della dispersione delle medesime specie nei punti più distanti e rimuove molte difficoltà; ma, per quanto mi è dato giudicare, noi non siamo autorizzati ad ammettere queste enormi mutazioni geografiche nel periodo recente delle specie attuali. Mi sembra che non ci manchino molte prove delle grandi oscillazioni di livello dei nostri continenti; ma non già di cambiamenti così vasti nella loro posizione ed estensione quali avrebbero per fermo dovuto verificarsi, quando nel periodo recente essi fossero stati congiunti l’uno coll’altro e colle diverse isole oceaniche interposte. Io ammetto pienamente l’esistenza primitiva di molte isole che ora giacciono sotto il mare, le quali possono aver servito come luoghi di riposo alle piante e a molti animali nella loro migrazione. Nei mari in cui si produce il corallo, queste isole sommerse sono presentemente indicate dai banchi circolari di corallo o dagli atolli che lo sormontano. Quando si potrà stabilire completamente, e credo che un giorno vi giungeremo, che ciascuna specie è partita da un solo punto di origine, e quando, nel corso del tempo, noi impareremo qualche cosa di preciso intorno ai mezzi di distribuzione, allora saremo in caso di speculare con sicurezza quale sia stata la primitiva estensione delle terre.

Ma non credo che si arriverà mai a provare che i continenti, che sono al presente affatto separati, abbiano potuto in un’epoca ancora recente essere uniti fra loro senza interruzione o quasi in continuità; e che si congiungessero inoltre colle molte isole oceaniche esistenti. Parecchi fatti riguardanti la distribuzione mi sembrano contrari all’opinione di quelle prodigiose rivoluzioni geografiche nel periodo recente, considerate necessarie secondo le idee esposte dal Forbes ed appoggiate dai molti suoi seguaci. Questi fatti sono: la grande differenza delle faune marine sui lati opposti di ogni continente, l’intima relazione degli abitanti terziari di parecchie terre ed anche di diversi mari coi loro abitanti attuali; un certo grado di relazione fra la distribuzione dei mammiferi e la profondità del mare (come vedremo fra poco), ed altri fatti analoghi. La natura e le proporzioni relative degli abitanti delle isole oceaniche mi sembrano pure in opposizione coll’ipotesi dell’antica loro continuità coi continenti. Anche la loro composizione, quasi universalmente vulcanica, viene a contrastare coll’idea che esse siano frammenti di continenti sommersi; e quando esse fossero esistite come catene di monti sulle terre, alcune almeno di queste isole sarebbero formate di granito, di schisti metamorfici, di antiche roccie fossilifere ed altre roccie consimili, come le altre elevazioni montuose, invece di essere semplici coni di materie vulcaniche.

Debbo ore dire qualche cosa di quelli che furono chiamati mezzi accidentali, e che più propriamente avrebbero a dirsi mezzi occasionali di distribuzione. Mi limiterò alle sole piante. Nelle opere di botanica certe piante si riguardano come le più adatte ad una estesa diffusione; ma la maggiore o minore difficoltà di essere trasportate a traverso del mare può dirsi quasi completamente ignota. Prima delle poche esperienze da me istituite coll’aiuto di Berkeley, non si sapeva come i semi delle piante potessero resistere alla dannosa azione dell’acqua del mare. Con molta sorpresa trovai che, sopra 87 sorta di semi, 64 germogliarono dopo una immersione di 28 giorni, e alcuni pochi sopravvissero ad una immersione di 137 giorni. Fa d’uopo notare che certi ordini ne soffrono assai più di altri; si provarono nove leguminose, le quali resistettero malamente all’acqua salata, ad eccezione di una sola; sette specie degli ordini affini delle idrofillee e delle polemoniacee rimasero tutte estinte dopo l’immersione di un mese. Per maggiore sicurezza, avevo scelto principalmente i semi piccoli, spogliati della loro capsula o del frutto; ma siccome tutti questi semi scendevano al fondo in pochi giorni, non avrebbero potuto attraversare grandi tratti di mare galleggiando, sia che rimanessero offesi dall’acqua del mare, sia che non ne risentissero alcun danno. In seguito esperimentai alcuni frutti con capsule più grandi ed alcuni galleggiarono per lungo tempo. È noto che il legno verde sta a galla meno facilmente del legno secco; e pensai che le onde potevano gettare a terra delle piante e dei rami e deporli sui banchi ove si sarebbero disseccati; indi una nuova marea li avrebbe ripresi e restituiti al mare. Perciò feci disseccare i tronchi e i rami di 94 piante coi loro frutti maturi e li abbandonai all’acqua del mare. La maggior parte calò a fondo rapidamente, ma alcuni, che quando erano verdi rimanevano alla superficie per un tempo molto breve, se si disseccavano vi rimanevano più lungamente; per esempio, delle nocciuole mature si affondarono immediatamente, ma secche galleggiarono per 90 giorni, indi essendo piantate germogliarono. Una pianta di asparago colle bacche mature galleggiò per 23 giorni, se invece era secca galleggiava per 90 giorni, e dopo i suoi semi germogliavano. I semi maturi di Helosciadium andarono al fondo in due giorni, ma se erano secchi restavano a galla per circa 90 giorni e in seguito vegetavano. Infine, sopra 94 piante secche, 18 galleggiarono pei primi 28 giorni ed alcune di esse stettero alla superficie per un periodo molto più lungo. Così 64/87 semi diversi germogliarono dopo un’immersione di 28 giorni, e 18/94 piante con frutta mature galleggiarono (ma non tutte appartenenti alla medesima specie, come nell’esperienza precedente) per 28 giorni circa, dopo il disseccamento; e per quanto possiamo arguire da un numero sì scarso di fatti, sarebbe a concludersi che i semi di 14/100 piante di ogni paese possono essere trasportati dalle correnti del mare per 28 giorni e conservare ad onta di ciò la loro facoltà di germogliare. Nell’Atlante fisico di Johnston la velocità media delle varie correnti dell’Atlantico è di 33 miglia al giorno (alcune di queste correnti percorrono fino a 60 miglia al giorno); e stando a questa media i semi delle 14/100 piante di un dato paese potrebbero essere trasportati fino ad una distanza di 924 miglia di mare, verso un’altra regione; e quando fossero giunti alla spiaggia e un vento di mare li trasportasse in un luogo favorevole, essi vi germoglierebbero.

Posteriormente alle mie esperienze, Martens ne fece alcune altre consimili, ma in un modo molto migliore, perchè egli riponeva i semi entro una cassetta in balìa delle onde, cosicchè si trovavano alternativamente bagnati ed esposti all’aria, come le piante galleggianti. Egli provò 98 sorta di semi, quasi tutti diversi da quelli che furono da me sperimentati; ma scelse molti frutti grossi e semi di piante che vegetano in vicinanza al mare; locchè deve aver contribuito ad aumentare la durata media del tempo, durante il quale essi possono galleggiare e resistere all’azione nociva dell’acqua salsa. Ma egli d’altronde non fece in precedenza disseccare le piante o i rami colle loro frutta; locchè avrebbe permesso, come abbiamo osservato, ad alcune di esse il conservarsi alla superficie più lungamente. Ne risultò che 18/98 di quei semi galleggiarono per 42 giorni e furono poscia capaci di germogliare. Ma non dubito che le piante esposte ai flutti non debbano galleggiare per un tempo minore di quelle che nei nostri esperimenti erano protette contro i moti violenti. Perciò potrebbe forse ammettersi con sicurezza che i semi di 10/100 delle piante di una flora, dopo di essere stati disseccati, potrebbero essere trasportati sul mare per uno spazio di 900 miglia e poscia germoglierebbero. Il fatto che i frutti più grossi spesso galleggiano più lungamente dei piccoli è interessante, nel riflesso che le piante fornite di semi o di frutti voluminosi difficilmente potrebbero essere trasportate altrove con mezzi diversi; e Alfonso De Candolle ha dimostrato che queste piante hanno generalmente poca estensione.

Ma i semi possono essere occasionalmente trasportati in un altro modo. Dei legni galleggianti sono gettati dal mare sopra quasi tutte le isole, anche su quelle che stanno nel mezzo degli oceani più vasti; e i nativi delle isole di corallo del Pacifico si procurano le pietre, di cui formano i loro utensili, solamente dalle radici degli alberi che vengono alla spiaggia, e su queste pietre viene imposta una tassa importante da quei governi. Ho trovato che, se nelle radici degli alberi sono penetrate delle pietre di forme irregolari, negl’interstizi si racchiudono spessissimo delle piccole particelle di terra, e con tale perfezione, che non se ne potrebbe perdere una sola nei tragitti più lunghi. Da una piccola porzione di terra, così completamente rinchiusa nel tronco di una quercia dell’età di 50 anni circa, germogliarono tre piante di cotiledoni; e io sono ben certo dell’accuratezza di questa osservazione. Posso anche dimostrare che gli uccelli morti, quando sono così trasportati sul mare, sfuggono talvolta all’immediata distruzione; e molte sorta di sementi conservano per molto tempo la loro vitalità, nel gozzo di questi uccelli galleggianti. I piselli e le veccie, per esempio, muoiono in pochi giorni quando siano immersi nell’acqua del mare; ma alcuni di questi semi che stavano raccolti nel gozzo di un colombo che aveva galleggiato sopra un’acqua salata artificiale per 30 giorni, con mia meraviglia germogliarono quasi tutti.

Gli uccelli viventi possono certamente essere gli agenti più efficaci pel trasporto delle sementi. Conosco molti fatti che provano quanto spesso avvenga che uccelli di molte specie siano trasportati dai venti a grandi distanze sopra l’oceano. In tali circostanze possiamo fondatamente valutare la rapidità del loro volo a 35 miglia l’ora, ed alcuni autori credono che sia anche maggiore. Non ho mai veduto un solo esempio in cui i grani nutrienti passassero inalterati per gl’intestini di un uccello; ma i semi dei frutti passano intatti anche negli organi digestivi del tacchino. Nel corso di due mesi raccolsi nel mio giardino 12 sorta di semi, che estrassi dagli escrementi di alcuni piccoli uccelli; tutti questi semi sembravano perfetti, anzi, avendone seminati alcuni, germogliarono. Ma conviene riflettere al fatto seguente, che è assai più importante. Il gozzo degli uccelli non produce succo gastrico e in esso i semi non soffrono menomamente, come risulta dalle mie esperienze, per cui non perdono la facoltà di vegetare. Inoltre si conosce positivamente che, quando un uccello ha trovato e divorato molto nutrimento, tutti i grani non passano nello stomaco che dopo dodici od anche diciotto ore. In questo intervallo un uccello può facilmente essere trasportato alla distanza di 500 miglia, e siccome sappiamo che i falchi assalgono gli uccelli stanchi, può in tal modo spandersi il contenuto dei loro gozzi lacerati. Alcuni falchi e i gufi mangiano la loro preda senza metterla in brani, e dopo un intervallo di dodici o di venti ore essi rigettano le pallottole dei peli e delle penne, le quali racchiudono semi atti a germogliare, come conosciamo dalle prove fatte nel Giardino Zoologico. Alcuni semi di avena, di frumento, di miglio comune, di miglio di Canaria, di canapa, di trifoglio e di bietola germogliarono dopo di essere rimasti per venti o ventun ore negli stomachi di vari uccelli rapaci: e due semi di bietola si svilupparono dopo di esservi dimorati per due giorni e quattordici ore. È noto che i pesci d’acqua dolce si cibano dei semi di molte piante acquatiche e terrestri: i pesci sono spesso divorati dagli uccelli e in tal modo i semi possono essere trasportati da un luogo all’altro. Io posi molte sorta di sementi negli stomachi di parecchi pesci morti, e diedi questi pesci alle aquile pescatrici, alle cicogne e ai pellicani; questi uccelli dopo un intervallo1 di molte ore o rigettarono i semi colle pallottole, o li emisero insieme ai loro escrementi; e diversi semi conservarono la loro facoltà di germogliare. Certi semi però erano sempre estinti in questo processo.

Le locuste talvolta vengono portate dal vento a grande distanza da terra; io stesso ne presi una a 370 miglia dalla costa africana, e mi fu detto che altre sono state raccolte a distanze ancor maggiori. R. T. Lowe fece sapere a C. Lyell che nel novembre 1844 stormi di locuste visitarono l’isola di Madera. Esse vi arrivarono in quantità ingente, così fitte come i fiocconi di neve durante la più violenta bufera, e si estendevano tanto in alto quanto portava il telescopio. Per due o tre giorni girarono lentamente intorno all’isola, disposte in una ellisse del diametro di almeno cinque o sei miglia, e si ponevano di notte sugli alberi più alti che ne erano interamente coperti. Poi scomparvero sul mare così rapidamente com’erano apparse, e non hanno di poi mai più visitata l’isola. Nella colonia Natal credesi da alcuni, ma senza prove sufficienti, che cogli escrementi delle locuste, che visitano spesso quel paese in grandi stormi, siano introdotti nelle loro praterie dei semi dannosi di zizzania. Anzi un certo Weale mi ha spedito in una lettera una piccola quantità di queste pallottole disseccate, ed io ne estrassi al microscopio parecchi semi, da cui allevai sette piante erbacee, appartenenti a due specie di due generi. Uno stormo quindi di locuste, come quello che ha visitato Madera, può essere facilmente il mezzo col quale parecchie specie di piante giungono in un’isola molto discosta da un continente.

Benchè i becchi ed i piedi degli uccelli siano generalmente molto netti, pure talvolta la terra vi aderisce. Una volta io levai 61 grani ed un’altra volta 22 grani di terra secca argillosa dal piede di una pernice, ed in essa trovai una pietruccia grossa come un seme di veccia. Il seguente esempio è ancora migliore. Da un amico mi fu spedito il piede di una beccaccia, a cui aderiva un poco di terra secca, che pesava soli 9 grani, ma questa conteneva il seme del Juncus bufonius, il quale germogliò e fiorì. Il signor Swaysland di Brighton, il quale durante gli scorsi quarant’anni ha prestato molta attenzione ai nostri uccelli di passaggio, mi assicura di avere ucciso più volte delle cutrettole, dei mignattini e delle sassaiuole al loro arrivo prima che si poggiassero sopra il terreno inglese, e di aver trovato più volte ai loro piedi dei piccoli grumi di terra. Molti fatti potrebbero addursi per dimostrare come il terreno sia dappertutto zeppo di semi. Porterò un esempio. Il prof. Newton mi mandò la gamba della Caccabis rufa che era ferita e non poteva volare; intorno alla gamba ferita ed al piede erasi raccolto un grumo di terra indurita, il quale, quando fu levato, pesava sei once e mezza. Questa terra era stata conservata per tre anni; e dopo che fu sminuzzata, annacquata e posta sotto una campana di vetro, spuntarono non meno di 82 piante. V’erano 12 monocotiledoni, tra cui l’avena comune ed almeno una graminacea, e 70 dicotiledoni, le quali, a giudicare dalle giovani foglie, appartenevano almeno a tre diverse specie. Di fronte a questi fatti possiamo noi dubitare che i molti uccelli che annualmente dalle burrasche vengono portati a grande distanza sul mare, e che ogni anno migrano, ad esempio, i milioni di quaglie attraverso al Mediterraneo, portino occasionalmente un paio di semi ai loro piedi nascosti nel sucidume? Ma tra poco dovrò ritornare su questo argomento.

Sappiamo che i grandi ghiacci galleggianti contengono talvolta terra e sassi, ed hanno anche trasportato dei rami, delle ossa e dei nidi di uccelli terrestri; quindi è assai probabile che essi possano trasportare accidentalmente anche dei semi da una parte all’altra delle regioni artiche ed antartiche come Lyell osservava; e durante il periodo glaciale da un luogo all’altro delle attuali regioni temperate. Il numero straordinario di specie di piante che sono comuni all’Europa e che si trovano nelle isole Azzorre, in confronto delle piante di altre isole oceaniche più vicine al continente e, come notava il Watson, il carattere in certo modo settentrionale della flora di quelle isole, rispetto alla latitudine, mi fece nascere il sospetto che esse siano state parzialmente popolate da semi portati dai ghiacci nell’epoca glaciale. Dietro un mio suggerimento, sir C. Lyell scrisse all’Hartung per chiedergli se egli avesse osservato dei massi erratici sopra queste isole, ed egli rispose di aver trovato dei grandi frammenti di roccie granitiche e di altre roccie, che non sono proprie dell’Arcipelago. Quindi noi possiamo fondatamente dedurre che i ghiacci trasportarono nei tempi primitivi le loro pesanti roccie sulle coste di queste isole, ed è almeno possibile che essi vi abbiano anche trasportato i semi delle piante nordiche.

Pensando che questi vari mezzi di trasporto, e parecchi altri che senza dubbio sono a scoprirsi, furono in azione un anno dopo l’altro per secoli e per centinaia di migliaia d’anni, a mio avviso sarebbe un fatto portentoso se molte piante non fossero in tal modo ampiamente disseminate. Questi mezzi di trasporto sono detti talvolta accidentali, ma ciò non è esatto; le correnti del mare non sono accidentali, nè accidentale è la direzione dei venti prevalenti. Potrebbe osservarsi che questi mezzi di trasporto non sarebbero atti a spargere i semi a distanze molto grandi; perchè i semi non conservano la loro vitalità, quando siano esposti per lungo tempo all’azione dell’acqua del mare: nè potrebbero conservarsi a lungo nel gozzo o negli intestini degli uccelli. Questi mezzi però basterebbero per trasporti occasionali, per tratti di mare di parecchie centinaia di miglia, da un’isola all’altra, o da un continente alle isole vicine, ma non già fra due continenti lontani. Le flore di continenti discosti l’uno dall’altro non potrebbero frammischiarsi, con questi mezzi, ad un alto grado; ma rimarrebbero distinte, come lo sono presentemente. Le correnti nel loro corso non potrebbero mai trasportare semi dall’America settentrionale alla Gran Bretagna, quantunque esse li trasportino dall’India occidentale alle nostre coste occidentali, ove giunti, quando non siano stati estinti per la lunga immersione nelle acque salate, non possono sostenere il nostro clima. Quasi ogni anno uno o due uccelli di terra vengono tradotti sopra l’intero Oceano Atlantico dall’America settentrionale alle coste occidentali dell’Irlanda o dell’Inghilterra; ma i semi non possono trasportarsi da questi viaggiatori che con un solo mezzo, cioè uniti alla terra, che si attacca ai loro piedi, il qual caso è in se stesso molto raro. Ma anche allora, quanto piccola non sarebbe la probabilità che il seme cadesse sopra un terreno favorevole, e potesse giungere a maturità! Ma sarebbe un grande errore l’arguire che un’isola poco popolata non potrebbe ricevere nuovi abitanti con mezzi analoghi, benchè situata più lontana dal continente, dal fatto che un’isola bene popolata, come la Gran Bretagna, non ha ricevuto negli ultimi pochi secoli, per quanto ci è noto, alcuni immigranti dall’Europa (e ciò sarebbe assai difficile a provarsi) o da qualche altro continente, per mezzo di occasionali circostanze. Di venti semi od animali trasportati in un’isola, anche meno popolata di forme della Gran Bretagna, forse uno solo sarebbe stato adatto alla nuova sua dimora da rimanervi naturalizzato. Ma questo non sarebbe, mi sembra, un argomento valido contro gli effetti dei mezzi di trasporto occasionali, nel lungo corso delle epoche geologiche, in un’isola che si fosse sollevata e prima che il numero de’ suoi abitanti fosse divenuto completo. Sopra qualunque terra sterile, in cui vivano pochi insetti ed uccelli distruggitori, oppure che ne sia affatto priva, non v’ha dubbio che ogni seme che vi giunga fortuitamente, se sia adatto al nuovo clima, vi germoglierà e sopravviverà.


Note

  1. Nell’originale "un’intervallo".