Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Tavole illustrative e cronologiche/Tavola quinta - Cronaca de' protopapi della chiesa greca di Reggio
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TAVOLA QUINTA
CRONACA DE’ PROTOPAPI DELLA CHIESA GRECA
DI REGGIO
I. Giovanni Nicola Spanò. Nel 1494 era Protopapa della Chiesa di Reggio di S. a Maria della Cattolica Giovanni Nicola Spanò, il quale avendo presso di se un Privilegio del Conte Ruggiero in cartapecora, scritto in greco, riguardante l’esenzione e libertà di essa Chiesa, e desiderando che dal greco fosse volto in latino, si recò in Messina, e lo esibì a Costantino Lascari (dottissimo letterato greco che allora teneva scuola in tal città) pregandolo che gliene facesse la desiderata traduzione. A ciò il Lascari si porse assai volentieri; e non sarà discaro al lettore che io qui riferisca per intero il Privilegio da lui traslatato: «Sigillum factum a me Rogerio Comite Calabriae et Siciliae, datum Tibi Venerabili Presbytero Protopapae Civitatis Rhegii Domino Petro, mense Iulii, Indictione V. Iustum et dignum est promissa in exequtione facere, et de divinis Templis procurare et quae sunt in eis bene perficere, et hoc sacrae leges perhibent Deo gratum et receptabile esse; quod non solum propter hoc, sed ut etiam permaneant rata et immutabilia. Ideo cum moram traherem in civitate Messanae, et in mente recolerem de Catholica Ecclesia Civitatis Rhegii tamquam praeordinata a Nobis, liberamus eam ab hodierno die, et hora ab omni Ecclesiastica testatione, ut nullus Archiepiscopus, sive Episcopus, sive aliquis cujuscumque gradus ecclesiastici sit, habeat potestatem, et dominium in praedicta Ecclesia Catholica S. Virginis Dei Genitricis Graecorum; sed totaliter volumus hanc esse liberam et exemptam, et Cappellam Majestatis nostrae. Similiter Protopapam illius ordinavimus promoveri a nostra Majestate. Praeterea praecipimus et determinamus ut praedictus Protopapa et sui Clerici, et totus Clerus Rheginus subditus sibi, canant unoquoque die Veneris in ipsa Catholica Ecclesia continue Praestiam, idest supplicationem, et supplicent et orent pro nostra Majestate, et pro omni genere Christianorum. Promotionem vero praedicti Protopapae, ut diximus, ordinamus fieri a nostra Majestate, et ipsum eligi a Communi Populo Civitatis, Virum venerabilem, prudentem et timentem Deum, et dignum tali Ministerio: deinde ipsum Protopapam confirmari a nostra Majestate. Et hoc fecimus pro salute animae meae, et Genitorum meorum, et nostrorum Successorum. Si quis vero voluerit permutare vel annihilare nostram Ordinationem, sive Ecclesiasticus sit, sive Saecularis, sive alius quispiam, non parvam indignationem substinebit a Nobis: imo et castigandus erit a Majestate nostra. Et sic ordinavimus ut praesens Sigillum permaneat immobile, et impermutabile admodo et in futurum permaneat. Unde ad majorem fidem consueta nostra Bulla plumbea sigillari fecimus, et donavimus tibi Protopapae praesenti, et tuis Successoribus, mense et Indictione ut supra a principio mundi sex millesimo sexcentesimo vigesimo anno. Rogerius Comes Calabriae ac Siciliae, et Christianorum Adjutor.»
Tutto ciò si legge in un pubblico istrumento rogato in Messina dal Giudice e Notajo Andrea de Azarello addì dieci di febbrajo del 1498 alla presenza di altri due Giudici della stessa città Pietro Papardi ed Andrea Cecloca, e de’ quattro Notai e testimoni Giovanni Defici, Antonino Grappidi, Giovanni de Conuto e Battista de Guidone.
Dell’autenticità di tale documento molti dubitano per varie ragioni. E principalmente perchè il Conte Ruggiero non ebbe mai dominio sopra Reggio; perchè l’anno del mondo 6620 coincide coll’anno di Cristo 1112, mentre è pur certo che Ruggiero era uscito di vita in Mileto sin dal 1101; perchè il nome di Maestà nè era conosciuto a que’ dì, nè fu mai dato ne’ posteriori tempi a Conti o Duchi, ma solo ad Imperatori e Re; perchè è opinione di molti che il Lascari era già morto cinque anni prima, cioè nel 1493. Ma questa materia è stata già trattata diffusamente da altri, nè io debbo occuparmene che brevemente. Onde solo dirò che dal Privilegio non risulta che il Conte Ruggiero sia stato il fondatore della Chiesa greca di Reggio, ma solo il restauratore e riordinatore; il che si desume dalla stessa espressione praeordinata a Nobis, che non è certamente lo stesso che fundata, erecta, extructa; e lo stesso Notajo Andrea de Azarello ne fa un chiarissimo commento quando dice Privilegium extmptionis et libertatis Catholicae Ecclesiae, non già erectionis o fundationis.
Dopo il Protopapa Pietro, a cui il Conte Ruggiero diresse il Privilegio sopradetto, niuna notizia abbiamo de’ Protopapi che gli successero sino allo Spanò. Del quale sappiamo anche ch’avea moglie, giusta il rito greco, e che passò di questa vita l’anno 1533.
II. Alfonso Spanò (1533). Questi fu eletto dal popolo reggino nel 1533; e tale elezione, previo l’assenso di Carlo V, fu confermata dal Vicerè Pietro di Toledo a’ 23 di febbrajo del seguente anno, e poi addì sette marzo prese possesso del protopapato. Era figliuolo del Protopapa precedente, ed ebbe anch’egli moglie e figliuoli, tra i quali furono un maschio Giovanni Nicola (detto volgarmente Jannòla) ed una femina Margheritella, la quale contrasse nozze con Alfonso Melissari. Morì questo Protopapa nel 1538; e dopo di lui non sappiamo che altro Protopapa reggino abbia menato moglie. Sappiamo all’incontro che nelle altre Chiese greche di S. Lorenzo, di Pentidattilo, di Montebello, di Santagata, e di Motta S. Giovanni i Protopapi, i Ditterei e gli altri Preti continuarono ad ammogliarsi sin oltre il secolo decimosesto. Così quando l’Arcivescovo Annibale d’Afflitto visitò tali chiese nel 1597 trovò che il Protopapa di Montebello Bernardo Diano era vedovo, ed aveva due figli; che il Dittereo di S. Lorenzo ne avea sette; che il Protopapa di S. Agata Giuseppe Bova aveva moglie e quattro figli; tre il Dittereo di Pentidattilo Domenico Arabo; e sette il Dittereo di Motta S. Giovanni Simeone Vadalà; e così tutti i preti di rito greco.
III. Consalvo Gaetano (1539). Fu fatto Protopapa nella tenera età di sette anni per volontà del Vicerè Pietro di Toledo, senza la debita elezione de’ Reggini. Ciò avvenne in grazia del padre che si chiamava Diego, ed era Castellano di Reggio. E questi nella minorità del figliuolo tenne l’amministrazione de’ beni del Protopapato. Ottenuto poi Consalvo nel 1543 un pingue benefizio in Palermo, si dimise dalla dignità di Protopapa di Reggio, e prima di partire col padre nel 1544 lasciò suo Procuratore per la riscossione delle rendite arretrate il reggino Giovanni Battista Citrino.
IV. Alfonso de Samano (1544). Dopo la partenza del Gaetano, il Vicerè Pietro di Toledo, senza chiedere o aspettare l’elezione che avrebbe dovuto farne l’Università di Reggio, creò Protopapa il suo figliuolo Luigi, e lo mise in possesso. Ma poi, fattosi di miglior consiglio, e riconosciuto il diritto della città nostra, domandò alla stessa che in luogo del figlio dovesse eleggere a Protopapa il suo Cappellano Alfonso de Samano. Tale elezione fu fatta nel corso dello stesso anno, ed il Vicerè la confermò a dì 30 di settembre. Prese possesso nell’anno seguente per mezzo del suo Procuratore il Governatore Pietro Callisio.
V. Bernardino Suppa (1556). Nel settembre del 1555 avendo ottenuto il de Samano un’Abazia in Messina dal Vicerè Duca d’Alba rinunziò il protopapato di Reggio; esprimendo nondimeno il desiderio che i cittadini eleggessero a nuovo Protopapa Bernardino Suppa. E questi fu eletto, e ne prese il possesso al terzo giorno di gennajo del 1556. Durò la vita al Suppa sino al 1590.
VI. Annibale Logoteta (1590). Dopo la morte di Bernardino Suppa il Vicerè Giovanni Zunica Conte di Miranda fece di proprio moto Protopapa Giovanni Sabatier suo Cappellano, il quale in aprile entrò nel possesso del protopapato per mezzo del suo Procuratore Giovanni Battista Pepe. Ma dopo alquanti mesi, per maneggio dello stesso Pepe, il Sabatier s’indusse a rinunziare la sua dignità a favore di Annibale Logoteta, nipote del Pepe. Coerente fu l’elezione fattane da’ cittadini, la quale fu confermata dal Vicerè a’ nove di settembre dello stesso anno 1590. Morì il Logoteta nel 1629.
VII. Giovanni Battista Comacchio (1631). Seguita la morte del Logoteta, la città elesse a Protopapa Raffaele Prato; ma siccome il Vicerè Antonio Alvarez de Toledo pretendeva che l’elezione cadesse sopra il suo Elemosiniere e Cappellano Barnaba Liqueda, non volle riconoscere quella del Prato. Questi al contrario, poggiandosi sulla legittima elezione della città, senza cercar più oltre la regia conferma, ottenne dal Pontefice la Bolla del Protopapato. Ma il Vicerè che s’era incaponito a favore del Liqueda, tenne in dispregio la conferma pontificia. Finalmente l’Università reggina, per dirimere la quistione, procedette ad una elezione novella nel 1631 e risultò Protopapa lo spagnuolo Giovanni Battista Comacchio che dimorava in Palermo. Il Vicerè, non avendo potuto vincere che fosse eletto il Liqueda, restò nondimeno soddisfatto che l’elezione del Prato fosse rimasa senza effetto, ed approvò quella del Comacchio, ch’era uomo a lui devotissimo. Ma il Prato non volle darsi per vinto, e se ne appellò in Napoli al Cappellano maggiore. Tutti i suoi sforzi però andarono falliti; ed il Comacchio prese possesso a’ 21 di febbrajo per mezzo del suo procuratore Michele Palombino. Non venne mai in Reggio, e continuò a starsi in Palermo, sinchè nel 1635 rinunziò il protopapato a favore di Giuseppe Mari.
Vili. Giuseppe Mari (1635). In seguito alla rinunzia del Comacchio, il Vicerè Emmanuele Gusmano Conte di Monterey fece Protopapa il Mari senza che fosse preceduta la debita elezione della città. Questi cessò di vivere nel 1648.
IX. Giuseppe Logoteta (1648). Fu eletto dall’Università, e confermato dal Vicerè Innico Velez Conte d’Ognatte a’ 27 settembre del 1648. Gli bastò la vita sino al 1674.
X. Paolo Logoteta (1675). Anch’egli fu regolarmente eletto dalla città, ed approvato dal Vicerè Antonio Alvarez Marchese d’Astorga a’ 19 giugno del 1675. Visse sino al nono anno del XVIII secolo.
XI. Giuseppe Logoteta (Juniore) (1710). Eletto da’ cittadini, fu nel febbrajo del 1710 confermato dal Vicerè Cardinal Grimani. Durante il protopapato di questo Logoteta suscitaronsi vive controversie giurisdizionali tra lui e l’Arcivescovo. Ecco quel che ne dice il Dìttereo Domenico Giuffrè scrittore contemporaneo: «È la Real Collegiata della Cattolica fondata dal normanno Ruggiero, e chiamasi Comunìa Greca per essere stata, sino a’ tempi dell’Arcivescovo Annibale d’Afflitto, di rito greco. Da questo Arcivescovo in poi, per mancanza di sacerdoti che sapessero di greco, furono posti sacerdoti latini; e per debolezza de’ Protopapi pro tempore cominciarono a farsi le provviste de’ Cappellani dall’Arcivescovo. Il quale, dopo avervi aggiunti altri quattro Cappellani, portandoli a sedici, unì al protopapato la Cappella parrocchiale, smembrando poche case dalle parrocchie vicine, affinchè così fosse maggiormente stabilito il jus arcivescovile. In fatti da quel tempo i Cappellani furono investiti dall’Ordinario, e non dal Protopapa. Nondimeno il Protopapa, per essere di nomina della città, fu sempre investito colla patente spedita dal Cappellano maggiore. L’anno 1724 pretese l’Ab. Giuseppe Logoteta Protopapa che Monsignor Morreale lo dovesse compiacere colla provvista di un suo amico per uno de’ Cappellani. Burlato più volte, portò le sue doglianze al Fisco della Real Giurisdizione, e trattatasi la causa nel Regio Consiglio Collaterale e nella Corte del Cappellano maggiore l’anno 1726, essendo Vicerè il Cardinale de Althan, ebbe il decreto in favore. Non si provvidero subito le Cappellanie vacanti, perchè per la morte dell’Arcivescovo Morreale, il successore Monsignor Polou aveva date le nullità avverso il decreto. Ma quindi discusse nel 1728, il decreto si confermò: che il Protopapa dovesse eleggere i Cappellani, ed investirli con sua patente, da registrarsi nell’Archivio del Cappellano maggiore. Ma non si trovava sacerdote che volesse accettare la Cappellania, perchè si temeva della scomunica dell’Arcivescovo.
Nell’anno 1732 entrò il primo nella Collegiata colla patente regia il sacerdote Domenico Giuffrè; Monsignore mandò a carcerarlo; ma perchè i due suoi fratelli Giuseppe e Francesco, uniti a Giovanni Manti nipote del Protopapa, fecero resistenza ed impedirono la carcerazione, furono ad sonitum di tutte le campane scomunicati, ed il sacerdote Giuffrè sospeso ed interdetto di celebrar messa in qualunque chiesa. Dopo un mese fu reintegrato, e gli scomunicati furono ribenedetti, per un dispaccio del Conte Arrach allora Vicerè, coll’assenso del regio Collateral Consiglio e della corte del Cappellano maggiore: colla minaccia all’Arcivescovo di esser chiamato a Napoli ad audiendum verbum regium. Da allora in poi procedette il Protopapa fuori della dipendenza dell’Arcivescovo.
Nell’anno 1734 quando il Re venne in Messina, l’Arcivescovo ancora fece le sue istanze, le quali furono mandate in Napoli, affinchè il Cappellano maggiore ne facesse relazione; e questa fatta, si disse intimatur fisco.
Nell’anno 1742 per le differenze insorte tra il Diitereo e la Real Collegiata, dal tribunale del Cappellano maggiore si commise la causa all’Arcivescovo di Reggio per informo, come pure che facesse la visita locale e personale, e ne stendesse apposita relazione: atti confermativi della Real Giurisdizione che furono dall’Arcivescovo appuntino eseguiti. Di tal carata era il Protopapa Giuseppe Logoteta da tutti rispettato ed amato, anche dallo stesso Arcivescovo competitore, non tanto per la nobiltà del sangue, quanto per la molta dottrina e buoni costumi. Gli furono proposti più Vescovadi nel Regno, ma egli li ricusò tutti per non desistere dalla causa intrapresa per la Real Collegiata».
In questa lite, che riuscì assai clamorosa, difese le ragioni ed i diritti protopapali presso il Collateral Consiglio e la Corte del Cappellano maggiore l’avvocato napolitano Ottavio Ignazio Vitagliano: le pretensioni e le ragioni dell’Arcivescovo furono propugnate con molta dottrina ed acutezza storica da Antonio Zavarroni Vicario generale di esso Prelato. E chi voglia più ampie notizie della controversia, legga tali difese che furono messe a stampa in Napoli nel 1725. Noi aggiungiamo soltanto che il risultato fu favorevole al Protopapa giacchè udite le parti e discussa la controversia dalla Corte del Cappellano maggiore, fu emessa sentenza a’ 22 di maggio del 1726; della quale ecco la sostanza: «Declaramus tam hodiernum Protopapam ejusdem Ecclesiae, ejusque Successores, quam Presbyteros seu Cappellanos et Clericos eidem Ecclesiae inservientes, esse exemptos a juridictione Archiepiscopi dictae civitatis (Regii): nec non manutenendum esse, et quatenus opus sit reintegrandum dictum admodum Rev. Protopapam ejusque Successores in possessione, seu quasi, eligendi dictos Presbyteros seu Cappellanos et Clericos, qui inservire debent in Ecclesia praedicta: cum omnimoda jurisdictione in illos, et facultate administrandi bona et redditus praedictae Ecclesiae, illa locandi, et quaelibet alia faciendi, quae concernunt rectam administrationem reddituum et honorum Ecclesiae praedictae etc.».
Già fin dal 1711 l’Arcivescovo avea cominciato a dar molestie al Protopapa, il quale si recò immediatamente in Napoli, e prodotti i suoi richiami presso il Tribunale del Cappellano maggiore, ne ottenne decreto favorevole. Onde il Delegato della Real Giurisdizione comunicando a’ 28 maggio del detto anno tal decreto al Governatore di Reggio, così gli scriveva: «Essendosi da S. Ecc. rimesse al Tribunale del Rev. Regio Cappellano maggiore del Regno alcune insussistenti pretensioni del Capitolo e Canonici della Cattedrale di cotesta città, i quali pretendeano turbare e molestare il Rev. Sacerdote Giuseppe Ab. Logoteta, Protopapa di cotesta Regal Chiesa di S. Maria della Cattolica nel possesso delle prerogative del rocchetto, mozzetta nera col suo cappuccetto, credenza, pradella, e sei assistenti nelle celebrazioni solenni, non meno nella propria che nelle altre Chiese, siccome l’han godute i suoi predecessori. Ed essendosi da detto Tribunale decretato a pro di detto Protopapa, qual decreto fu altresì confermato dall’Ecc. Sua con biglietto per Segreteria di Stato e Guerra: dovendo perciò detto Protopapa portarsi costà, mi ha Sua Ecc. incaricato dovessi a suo nome dire a V. S. come fo con questa, che debba dare ogni ajuto, assistenza, favore e braccio regio a detto Protopapa, affinchè non riceva alcun impedimento o turbazione nel possesso di dette prerogative. E dandosi al medesimo qualche molestia dal Capitolo e Canonici, o a loro istanza dalla Curia Arcivescovile, direttamente o indirettamente, si servirà V. S. far sentire a’ parenti laici de’ medesimi fino al quarto grado che se non faranno desistere quelli da detti turbamenti o molestie, dalla Ecc. Sua si faranno venir carcerati in questa città, e si faranno morire nel castello di Baja. E standone da V. S. attendendo i riscontri per poterne partecipare S. Ecc. ambizioso de’ frequenti impieghi del suo maggior servizio, mi confermo, ecc.», Un’altra lettera diretta al Vicario generale in Reggio contiene gli stessi sensi.
Il Protopapa Giuseppe Logoteta finì di vivere nel 1743.
Dopo la morte del Logoteta varie nomine furon fatte dall’Università. Nel 1744 furono proposti in terna Fabrizio Plutino, Carlo Plutino, Giovanni Genoese; ma niuno di costoro ottenne la sovrana approvazione; nè la ottennero Tiberio Genoese, Ignazio Miceli e Francesco Suppa eletti dal Consiglio municipale nel seguente anno. Nel 1746 Domenico Neylla, Uffizialc maggiore della Segreteria di Stato raccomandava all’elezione Tommaso Trapani Arciprete di Motta S. Giovanni, ma i sindaci non ne fecero conto.
XII. Antonio Basile (1746). Fattasi finalmente una nuova elezione nella persona di Antonio Basile, Vicario generale dell’Arcivescovo, n’ebbe la conferma addì 10 agosto da re Carlo Borbone. Visse il Basile sino al 1756.
XIII. Antonio Oliva (1756). Morto il Basile, dovendo il Consiglio municipale far l’elezione del Protopapa successore, si divise in due partiti, de’ quali l’uno nominò il Canonico Baldassarre Barone, l’altro il Cantore Filippo Mantica. Il Re ciò vedendo, scrisse all’Arcivescovo Zicari per un segreto informo, e che al bisogno gli indicasse un soggetto che fosse meritevole di tal dignità. Il Zicari propose il Penitenziere Antonio Oliva, uomo dotto e di costumi purissimi. Allora il Sovrano, non tenendo conto delle proposte parziali della città, si attenne al consiglio dell’Arcivescovo, e creò Protopapa l’Oliva. Dispose altresì che nell’avvenire il Protopapa dovesse sempre essere eletto dal numero de’ Parrochi.
XIV. Rodolfo Morisani (1760). Questi era Parroco di S. Maria di Loreto, e per la morte dell’Oliva, avvenuta nel 1760 fu eletto Protopapa dall’Università, e confermato da re Ferdinando con regie Lettere spedite a’ 20 ottobre dell’anno stesso. Il Morisani uscì di vita nel 1769.
XV. Filippo Mantica (1769). Cantore della Metropolitana, fu eletto dalla città, ed approvato dal re. Morì nel 1771.
XVI. Vincenzo Dainotto (1771). Era Parroco di Nasiti; la città l’elesse Protopapa, ed il Sovrano il confermò. Il Dainotto ebbe mente ad accrescer lustro alla dignità protopapale, ed a’ suoi preti; domandò a Re Ferdinando IV la grazia di decorare i preti della Real Collegiata al modo di quelli della Cappella Reale di Napoli; di denominarsi Palatina la Chiesa sua; di prendere il titolo di Canonici i preti che sino allora dicevansi Cappellani; e di avere il Protopapa tutte le insegne proprie del Decano della reggina Metropolitana. Nel 1801 il Sovrano fu d’avviso potersi soddisfare ad ogni richiesta del Dainotto; e così la Real Chiesa della Collegiata venne nobilitata in modo cospicuo. In forza di uno degli articoli del 1817 l’ingerenza del Cappellano maggiore sulla Chiesa della Cattolica cessò al tutto; ed ogni cosa passò al Ministero degli affari Ecclesiastici. Mentre prima di tal tempo il Ministero dell’Ecclesiastico rimetteva sempre gli affari della detta Collegiata al Cappellano maggiore, che n’era riguardato come il Superiore immediato. Il Dainotto morì nel 1818.