Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Tavole illustrative e cronologiche/Tavola quarta - Cronaca de' vescovi ed arcivescovi di Reggio

Tavole illustrative e cronologiche - Tavola quarta - Cronaca de' vescovi ed arcivescovi di Reggio

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TAVOLA QUARTA


CRONACA DE’ VESCOVI ED ARCIVESCOVI DI REGGIO


VESCOVI


I. S. Stefano. (56) É tradizione che questo Santo uomo fosse stato costituito Vescovo di Reggio da S. Paolo. E narrasi che avendo retto per diciassette anni la Chiesa Reggina, e convertiti alla religione di Cristo molti paesi convicini, fosse stato poi martirizzato nella general persecuzione de’ Cristiani (anno di Cristo 73); e che la stessa sorte di lui sia toccala alle sue discepole Agnese, Felicita e Perpetua; ed a Suera Vescovo di una vicina città.

II. S. Sisinnio. (536) Da S. Stefano a S. Sisinnio, per lo spazio di più che cinque secoli, non troviamo alcun certo Vescovo della Chiesa Reggina. Poichè tra tutti quelli che si leggono ne’ Cataloghi di parecchi scrittori, assai sono o incerti o al tutto supposti. E Crisostomo Scarfò dell’Ordine Basiliano compilò un elenco così compiuto de’ nostri Vescovi ed Arcivescovi, che non sarebbe altro a desiderarsi, se tutte le sue notizie fossero autentiche ed incontroverse. Ma molti nomi pur troppo sono stati ammessi assai leggiermente, e senza alcuna prova storica; altri alla nostra Chiesa attribuiti, mentre ad essa non appartengono. Io cercherò di far sì che questa mia Cronaca resti purgata di qualunque nome suppositizio, o che non abbia appoggio di valevoli e certe testimonianze. Nel che procederò cauto e guardingo colla scorta delle critiche osservazioni dei miei dotti concittadini Giuseppe Morisani e Demetrio Nava. Pure perchè nulla manchi alla curiosità del lettore, riferirò i nomi di questi Vescovi supposti o incerti alla fine di questa mia Cronaca. [p. 234 modifica]

Dopo S. Stefano adunque niun altro certo Vescovo ci occorre prima di S. Sisinnio. Del quale solo sappiamo che verso l’anno di Cristo 534 o 536 abbia ospitato in Reggio per due giorni in sua casa S. Placido discepolo di S. Benedetto.

III. Lucio. (593) Di questo Vescovo di Reggio fa menzione il Pontefice S. Gregorio nell’epistola 43a del libro 2° diretta al Vescovo Bonifazio, nella quale chiama Lucio predecessore di Bonifazio. Certo è quindi essere stato Lucio Vescovo di Reggio prima dell’anno 593.

IV. Bonifazio. (598) Era uno de’ Preti Cardinali Romani, creato Vescovo nostro da S. Gregorio Magno circa l’anno 592. A lui diresse Gregorio parecchie epistole attenenti a cose ecclesiastiche. Nel 598 molte querele contro di Bonifazio furono avanzate dal Clero reggino al detto Pontefice. Di questa elezione di Bonifazio fa ricordo Giovanni Diacono, che visse circa l’870 sotto Papa Giovanni VIII, per cui ordine scrisse la Vita di S. Gregorio Magno.

In qual anno poi precisamente sia stato Bonifazio preposto alla Chiesa di Reggio, non apparisce chiaramente. Certo è che tra le epistole scritte a lui da papa Gregorio, la più vicina al principio del suo pontificato coincide coll’anno 592. E poichè Gregorio salì Pontefice a dì 3 dì settembre dell’anno 590, bisogna conchiudere che tra questo spazio di tempo sia stato Bonifazio fatto Vescovo di Reggio.

Le Epistole di S. Gregorio a Bonifazio sono: la 4a e 43a del 2° libro; la 5a del 3°; la 9a del 5.°; e la 58a dell’8.°

V. Giovanni. (649) Si legge il suo nome così sottoscritto al Concilio Lateranese dell’anno 649: Ioannes Episcopus Sanctae Rhegitanae Ecclesiae huic definitioni confirmationis orthodoxae fidei, et damnationi Sergii Costantinopolitani quondam Episcopi, Cyri Alexandriae Antistitis, Theodori item Episcopi, Pyrrhi atque Pauli item Costantinopolitani Episcopi, cum haereticis eorum scriptis, statuens subscripsi. Null’altro sappiamo di lui.

VI. Giovanni. (679) Questo secondo Giovanni intervenne al Concilio Romano sotto papa Agatone nell’anno 679; e da esso Concilio fu destinato Legato (insieme con altri due Vescovi Giovanni ed Abondanzio) al Concilio Costantinopolitano; al quale fu presente dall’Azione 5a sino al fine; come si vede negli atti di esso Concilio.

Dall’anno 680 al 787 niun’altra certa notizia abbiamo di Vescovi nostri.

VII. Costantino. (787) Intervenne alla settima Sinodo Ecumenica, che fu la seconda Nicena, nell’anno 787. [p. 235 modifica]

METROPOLITANI.


VIII. Leonzio. (869) Intervenne all’ottava Sinodo Ecumenica, (quarta Costantinopolitana) nella quale, rimosso Fozio dalla sede patriarcale di Costantinopoli, vi fu reintegrato Ignazio. Il principio di questa Sinodo si riferisce all’anno 869; e Leonzio si trova così sottoscritto: Leontius misericordia Dei Episcopus Rhegii, omnia, quae in sancta et universali Synodo judicata sunt et definita, libenter suscipiens subscripsi manu propria.

IX. Leone. (879) Questo Metropolita Reggino assedette al Conciliabolo Costantinopolitano dell’879. È ivi notato tra i Metropolitani ed Arcivescovi, e tra i 383 Prelati intervenutivi, il nostro è riportato al 38° luogo.

X. Metropolita anonimo. (901) Di questo Metropolita reggino, il cui nome ci resta ignoto, desumiamo notizia dagli Atti della traslazione di S. Severino Abate da Castro Lucullano a Napoli, scritti da Giovanni Diacono.

XI. Teofilatto. (976) Ricaviamo dalla Vita di S. Nilo scritta in greco da S. Bartolomeo Abate: Venit Metropolita Calabriae Theophylactus (a visitare S. Nilo) et cum eo Domesticus Leo viri litteratissimi et doctissimi. Nè faccia qui impressione se si dice Metropolita Calabriae, e non Reginus; poichè così presso i Greci era spesse volte denominata la Sede Reggina, come bene può vedersi nelle Diatiposi delle chiese soggette al Patriarca di Costantinopoli; ove leggi sovente Rhegii, sive Calabriae...... In provincia Calabriae, seu Rhegii. Ed il medesimo si osserva nell’Ettesi di Andronico, e nelle Diatiposi pubblicate dal dottissimo Assemani. E Nilo Dossopatrio, benchè riconosca in Calabria due Metropolitani, chiama nondimeno Metropolitano di Calabria il solo Reggino: Calabria unum Metropolitam habet Reginum.

Che poi Teofilatto fosse in effetti il Metropolita di Reggio vien confermato da ciò, che mentre lo scrittore della vita di S. Nilo fa menzione del Metropolita di S.a Severina in Calabria, chiama costui, non Metropolita di Calabria, ma semplicemente di S. Severina.

XII. Eusebio. (982) La prima notizia di questo Arcivescovo ci viene della Platea della nostra Mensa Arcivescovile. Falso è quel che asserisce l’autore del Catalogo stampato al fine della Sinodo dall’Arcivescovo de Creales, cioè ch’Eusebio sia stato eletto l’anno 916, e che la sua morte sia avvenuta nel 930, dopo aver retta la chiesa sua per quattordici anni. In maggiore errore cade l’Ughelli quando [p. 236 modifica]scrive esser morto Eusebio nel 916 dopo quattordici anni di presulato; il che porrebbe la sua elezione all’anno 902. Io mi attengo all’opinione del Nava, il quale così ragiona: Mirae religionis ac sanctitatis Archiepiscopus, cujus meritis a Saracenorum vessatione liberata civitas dicitur.... Quei enim precibus a Saracenorum incursione liberali Regini si ab anno 902 ad 930 pluries ab iisdem invasi direptique fuere? Ad anmim potius 982 Eusebium trasferendum puto, ad illam nimirum Saracenorum incursionem, quum a Graecis ipsis acciti gravissima Calabriae damna intulerunt, quae prophetico spiritu praevidens S. Nilus, e Calabria Capuam, inde ad monasterium Vallis Lucii, tandem Cryptoferratam concessit.

XIII. Anonimo. (1001) Questo anonimo Metropolita si ricava dal Codice Diplomatico Arabo-Siculo. Di lui nessun ricordo si fa ne’ Cataloghi de’ nostri. E secondo le critiche investigazioni del lodato Nava, Quotquot post Stephanum II (qui suppositicius videtur) usque ad Rangerium Catalogo suo adtexuit Ughellius, ut nil de ceteris Catalogorum consarcinatoribus dicam, suppositicii sunt.


ARCIVESCOVI LATINI

XIV. V. Archiepiscopus. (1086). In un Privilegio di Ruggiero I Duca di Calabria, col quale dona Casal di Gallo ed altre quattro terre presso Meselino alla Chiesa Palermitana, si trova la sottoscrizione: Ego V. Regiensis Archiepiscopus huic donationi interfui et testis sum. Questo Diploma è riferito da Rocco Pirro, che il trovò autografo nel Tabulano della Chiesa di Palermo; ed è notato coll’anno 1086. Non si sa quindi perchè gli autori de Cataloghi e lo stesso Ughelli abbiano situato questo Arcivescovo all’anno 1080, quandochè di lui non si ha altra notizia fuori della sopradetta. La iniziale V che copre il nome del Prelato, indica facilmente che si chiamava Villielmus, (Guglielmo).

XV. Rangerio. (1090) Monaco Benedettino, che qualche volta dimorò nel Monastero della Cava presso Salerno. Fu uomo di gran merito; e papa Urbano II il creò Cardinale. Fu consacrato Arcivescovo di Reggio circa il 1090. Intervenne alla solenne consacrazione della Chiesa della Cava celebrata da Urbano nel 1092; al Concilio Chiarimontano; e poscia a quello di Guastalla, celebralo l’anno 1106 sotto Papa Pasquale II.

XVI. Berardo. (1124) Nel Necrologio della Chiesa Catanese si fa menzione di Berardo Arcivescovo Reggino, e vi si dice esser uscito di vita nell’anno 1124. I compilatori dei nostri Cataloghi pongono la [p. 237 modifica]sua elezione sotto l’anno 1123; ma, al solito, senza testimonianza che valga.

XVII. Guglielmo. (1131) Di questo nostro Prelato ci reca parecchie notizie il Canonico Nava. Nell’anno 1130 sedette arbitro fra gli altri Vescovi e Baroni che re Ruggiero aveva convocati in sua Corte per comporre talune gravi controversie tra Pietro Arcivescovo di Palermo e Giovanni Vescovo di Lipari. Nel Necrologio della Chiesa di Catania si legge: Septimo die Martii obiil Wiliel. Rheginus Archiepiscopus, ma se ne tace l’anno.

XVIII. Ruggiero. (1146) Dice Ughelli di lui, essere stato Prelato magnae virtutis, ed aver retta diu bene la sua Chiesa. Ma Ugo Falcando autore sincrono ce lo dipinge con nerissimi colori, e lo rende odiatissimo. E se la passione di partito non fece mentire il Falcando, e se l’Arcivescovo Ruggiero fu veramente di tale malvagità quale ci vien descritto, bisogna bene deplorare que’ tempi, in cui più di un Prelato gittandosi tutto negl’intrighi cortigianeschi, non attendeva che a vilipendere il ministero chiesastico per ottenere una Sede arcivescovile, o altra maggior dignità.

La prima notizia che ci occorra di Ruggiero è dell’anno 1146: perciocchè si trova che nel mese di maggio di quell’anno sottoscrisse il diploma col quale re Ruggiero confermava una convenzione che Giochelmo Vescovo di Cefalù avea fatta colla Chiesa di S. Maria di Bagnara. Poscia nell’anno 1157 si vede aver lo stesso Ruggiero sottoscritto un altro diploma, con cui re Guglielmo I donava alla Chiesa Palermitana il feudo di Broccato. Finalmente all’anno 1169 sottoscrisse una carta, con cui Justino Vescovo di Mazzara concedeva al Monastero di S. Maria de Latinis, fondato in Palermo da Matteo Cancelliere, le decime che gli venivano dal casale di Carubula (o della Carrubella). Dal che si rileva indubbiamente che in tutti gli anni corsi dal 1146 al 1169 fosse stato Ruggiero Arcivescovo Reggino; ma in qual anno sia stato preposto ad Arcivescovo, ed in quale sia morto, resta tuttavia oscuro.

Debbo aggiungere che nel 1165 ottenne da papa Alessandro III la conferma de’ diritti metropolitici già accordali da Gregorio VII e da Eugenio III; e con esso l’onore del Pallio per se, e suoi successori Arcivescovi.

XIX. Tommaso. (1179) Intervenne al concilio di Laterano celebrato nel 1179 sotto Alessandro III; e con lui Guido Vescovo di Nicastro, Filippo Vescovo di Crotone, ed Eterantino Vescovo dì Gerace suoi suffraganei. Nel 1177 assoggettò alla giurisdizione del Vescovo ed Abate di Monreale (coll’assenso de’ monaci) i Chiostri [p. 238 modifica]del Salvatore in Calabria, e di S. Giovanni di Reggio, che il Camerario Giovanni Calomeno, e suo fratello Cipriano, Abate del Salvatore, avevano fondati ne’ loro poderi. A questa concessione dell’Arcivescovo non diede consenso il Capitolo reggino che nell’anno 1182, come si desume dalla carta sottoscritta da Ottone Decano, Absalon Cantore, Ruggiero Archidiacono, e da altri otto Canonici Reggini.

Vi è discrepanza però circa il sito ed il titolo de’ detti due monasteri. Così nella caria dell’Abate Cipriano si legge: Monasterium Sancii Salvatoris in Calabria, et Sancii Ioannis in civitate Rhegii. Il pontefice Lucio III dice: Monasterium Sancti Salvatoris de Martello, et Monasterium Monialium Sancti Ioannis Exocaliva, quod est extra muros civitatis Rhegii. Papa Clemente III il chiama Monasterium Monialium Sancti Ioannis ex Ocaliva. Il Lello (in Summario Privilegiorum) scrive così; Monasterium Sancti Salvatoris in Calabria prope urbem Mensa, et Monasterium Sancti Ioannis in urbe Rhegii. Finalmente l’Ughelli: Monasterium Sancti Salvatoris a Ioanni Calomeno Rhegii extructum, et Caenobium Sancti Ioannis ex Salina.

In quanto al monastero del S. Salvatore non è dubbio, dice il Nava, essere esistito presso la terra di Sambatello; dove durano tuttavia i ruderi della vecchia Chiesa che dicesi del Salvatore di Calomeno, sotto la cui invocazione v’era un semplice Benefizio, che fu poi annesso al Seminario de’ Chierici, ed i beni trovavansi presso la stessa chiesa. Errò quindi Luigi Lello, quando nella sua Descrizione del Real Tempio di Monreale situò quella Chiesa del Salvatore presso la città di Mensa (forse voleva dir Mesa); il qual paese distava mollo da Sambatello; ed ivi non sorgeva che il Convento di S. Pancrazio della Stella.

XX. Guglielmo. (1194) Vi era lite tra la Chiesa Reggina e l’Archimandrita del S. Salvatore di Messina circa le decime della terra di Mesa, dov’era il Monastero di S. Pancrazio della Stella annesso all’Archimandrita. Queste decime furon cedute ad esso Archimandrita dal nostro Arcivescovo Guglielmo in settembre del 1194; e tal cessione nel 1198 fu confermata da Celestino III Pontefice.

A Guglielmo l’Imperatore Arrigo VI, con privilegio dato da Messina nel febbrajo del 1195, concesse la Contea di Bova, la terra di Africo, la Baronia di Castellace ed altri beni nella pianura di S. Martino presso Terranova: concessione che fu poi confermata da Federico II. Assicura il Canonico Nava di aver veduto e letto co’ suoi occhi questo privilegio in carta pergamena, che nel XVII secolo fu esibito alla Regia Camera della Sommaria nella circostanza che i Bovesi volevano negare il mero e misto imperio, come suol dirsi, all’Arcivescovo Reggino. [p. 239 modifica]

Essendo poi sorta contenzione sopra alcune decime tra l’Arcivescovo di Monreale in Sicilia e quello di Rossano in Calabria, Papa Innocenzo III ne rimise il giudizio al nostro Arcivescovo, a Bartolomeo Arcivescovo di Palermo, ed a Matteo Arcivescovo di Capua. I quali due ultimi, senza sentire il consiglio del nostro, vollero diffinir la lite di testa propria; del che essendosi doluti al Papa tanto Guglielmo che Caro Arcivescovo di Monreale, Innocenzo III sotto il dì 25 agosto 1198 commise ex integro al solo Guglielmo ed al Vescovo di Cefalù la cognizione dell’affare. E loro ancora destinò a costringere colle censure il prete Falcone, perchè avesse a restituire all’Arcivescovo di Monreale la Chiesa del S. Sepolcro di Messina.

Il Necrologio della Chiesa di Catania pone la morte di Guglielmo a dì sette aprile del 1199.

XXI. Giacomo. (1199) Dopo la morte di Guglielmo, secondo Arcivescovo di questo nome, fu eletto a nuovo Arcivescovo l’Arcidiacono Giacomo; ed a tale elezione assentì, per comando del Pontefice Innocenzo III, Gregorio Diacono Cardinale di S. Maria in Portico, Legato Apostolico nel Regno di Sicilia. Recatosi Giacomo in Roma fu dal Pontefice decorato del Pallio, e raccomandato con sue lettere al Clero e popolo Reggino; le quali, a detta del Nava, si leggono ne’ registri del Vaticano. L’Ughelli riferisce al primo anno del pontificato di Onorio III la morte di Giacomo, cioè all’anno 1216.

XXII. Landono. (1217) Landus è chiamato da Riccardo da S. Germano, Lando o Landon da Papa Gregorio IX, Landon da Rocco Pirro; ma poichè egli medesimo si sottoscrive Landonus, noi Landono il chiamiamo. Fu reputato uomo illustre per nobiltà, dottrina e prudenza, ed il Capitolo Reggino lo elesse per succedere al defunto Giacomo. Tale elezione fu confermata da Onorio III nel 1217, e fu in Roma consacrato, come rapporta l’Ughelii attenendosi al Registro del Vaticano. Landono fu assai caro ad Onorio, e familiarissimo e consigliere dell’Imperatore Federigo II. Dal quale gli fu commessa nel 1221 la cognizione delle moltiplici cause della Certosa di S. Stefano de Nemore. Intervenne il nostro Arcivescovo alla consecrazione della Chiesa Cosentina, celebrata da Nicola Cardinale Vescovo Tuscolano in febbrajo del 1222, ut, dice il Nava, ex Nicolai bulla eruitur, cui ipsemet Landonus Rheginus Archiepiscopus se subscripsit, non tertio februarii 1223, ut typographi forte lapsu legitur heic in Ughello.

Fervendo la guerra tra Federigo II ed i Longobardi, il nostro Landono, l’Arcivescovo Tiriense, ed il Maestro de’ Teutonici furono dall’Imperatore inviati ad Onorio papa nel novembre del 1226 [p. 240 modifica]per veder modo di comporre la pace; e riuscì così a bene la loro missione, che la pace fu fatta. Dallo stesso uffizio di Legato Cesareo fu onorato il nostro Prelato nel giugno del seguente anno presso papa Gregorio IX ch’era successo ad Onorio.

Era Gregorio indignato contro l’imperator Federigo perchè come aveva promesso non dava effetto alla spedizione in Terrasanta; e minacciavalo di privarlo dell’impero, e di fulminargli la scomunica. E Federigo per mezzo dell’Arcivescovo Landono, di quello di Bari, del Duca di Spoleto, e del Conte Arrigo di Malta (che inviava in Roma in ottobre del 1227) mandava sue scuse al Pontefice, pretessendo che la sua cattiva salute non gli comportasse un viaggio così lontano e pericoloso. Ma questa missione non sortì buon successo; chè anzi il Papa, irritato quanto può dirsi, lanciò in pompa solenne l’anatema contro l’Imperatore.

In gennajo del 1230 Landono ed il Maestro de’ Teutonici furono di nuovo inviati da Federigo al Papa. Ed il pontefice Gregorio scrisse a Landono nel marzo dello stesso anno perchè s’interponesse efficacemente presso l’Imperatore a far che fossero restituiti i beni agli Ospitalieri ed a’ Templarii. Nel medesimo mese di marzo gli anzidetti Legati dovettero ritornare in Roma; e poi in aprile il nostro Landono co’ Duchi di Austria, Carintia e Moravia, ch’eransi anche in Roma recati per comporre ogni cosa tra il Papa e Federigo, ritornò a questi co’ patti della pace.

Ne’ primi mesi del seguente anno 1231 il nostro Arcivescovo e Riccardo di Principato, Maresciallo dell’Imperatore, si condussero in Napoli per fare inquisizione sull’eresia de’ Patereni, de’ quali molti furono mandati in prigione. Una nuova legazione a Roma disimpegnò nel maggio del detto anno; e finalmente nell’aprile del 1232 fu nominato Arcivescovo di Messina.

XXUI. R....... (1234) Con questa lettera R. vien notato nei Registri del Vaticano l’Arcivescovo di Reggio che successe a Landono. Costui era Vescovo di Squillace quando fu promosso alla nostra Metropolitana. Intorno a questo anonimo Arcivescovo mi giova riferire le osservazioni che il nostro Nava fa all’Ughelli: «— Credit Ughellus hunc R. eumdem esse Reginum Episcopum, qui anno praecedenti cum Landono Archiepiscopo tunc Messanensi Pontificius Legatus ad Fridericum missus fuit, ut ex Richardo a S. Germano notavimus, eumque stispicatur eo anno electum, sed hoc anno confirmatum; at mire heic labitur diligentissimus alioquin Ughellus: ille enim, qui Landoni in legatione socius fuit, Episcopus erat Regii Lepidi, qui, ut idem Richardus narrat, [p. 241 modifica]mense majo anno 1230 serio ad Imperatorem venerat pro pace inter ipsum et Ecclesiam reformanda, quumque nihil profecerit, Romani rediit: inde cum Fr. Gaulo Ord: Praedic: ad Fridericum revertitur, et Gauli opera pace firmata, die nono Iulii, Reginus Episcopus inter exteros Praelatos, Reginus vero Archiepiscopus inter mostrates in Ecclesia Sancti Germani adfuerunt, quum Fridericus Imperator Ecclesiae Romanae se satisfacturum solemniter juravit. Nil ergo heic est cur Regii Lepidi Episcopo cum Archiepiscopo Regii Iulii confundat Ughellus.

Errat heic quoque Feudalius (in Scylacenorum Antistitum Serie Chronologica) qui hunc Scylacenum Episcopum ad Reginam Ecclesiam, Landono mortuo, translatum adserit: non enim mortuus sed ad Messanensem Ecclesiam translatus fuerat Landouus, ubi circa annum 1255 obiit».

XXIV. Vernacio. (1252) Fu Cappellano d’Innocenzo IV. Eletto Arcivescovo dal Capitolo Reggino, e confermato dal detto Pontefice nel 1252. Poi Alessandro IV, scrivendo al Capitolo e Clero di Reggio, raccomandò Vernacio nel dargli la riconferma di Arcivescovo,, con facoltà che potesse essere consecrato, a sua scelta, da qualsivoglia Vescovo Cattolico.

XXV. Giacomo da Castiglione. (1259) Fu consanguineo di Papa Alessandro IV, e da questi promosso all’Arcivescovado di Reggio nel 1259. Morì nel 1277.

XXVI. Fra Gentile. (1279) Era Frate Minore; e successe Arcivescovo al defunto Giacomo per libera volontà di papa Nicolò III; il quale non volle riconoscere ed annullò l’elezione viziosa che il Capitolo di Reggio avea fatta in persona del Decano Roberto. Ricevette dallo stesso Pontefice la consecrazione. Divenne uno de’ Consiglieri di re Carlo II; ed uscì di vivere nel 1307.

XXVII. Tommaso. (1307) Secondo di questo nome, fa figliuolo di Pietro Ruffo conte di Catanzaro. Da Canonico della Chiesa di Carnò fu assunto al Presulato della nostra Chiesa da Clemente V nel 1307, per succedere a Fra Gentile. Questo Arcivescovo nel 1315, per commissione apostolica e come Metropolitano, compose le liti che stavano accese tra Giovannuzio Vescovo di Gerace, e Nicola Abate della Santa Trinità di Mileto sopra le decime delle case di Gerace e del frumento de’ territorii di Caslelvetere, Grotteria ed Ardore appartenenti alla sua Diocesi. Morì nel 1316.

XXVIII. Guglielmo. (1317) Fu il terzo Arcivescovo di questo nome, e cittadino reggino della nobilissima famiglia Logoteta. Fu eletto dal Capitolo dopo la morte di Tommaso, e Papa Giovanni XXII il confermò. Venne a morte circa il 1320. [p. 242 modifica]

XXIX. Fra Pietro. (1321) Dell’Ordine degli Eremiti di S. Agostino, fu nominato Arcivescovo nostro da Giovanni XXII l’anno 1321. Ricevette la consecrazione in Avignone dal Vescovo Berengario Cardinale Tuscolano, e fu decorato del Pallio.

XXX. Pietro de Galganis. (1328) Successe a Pietro; ed ebbe questa dignità dallo stesso papa Giovanni XXII. Resse la Chiesa Reggina per ventisette anni; e poi, sedendo pontefice Innocenzo IV, Fu traslocalo alla Sede Arcivescovile di Cosenza.

XXXI. Filippo Maurello de’ Castiglioni (1355). Da nobile Canonico Cosentino fu sollevato a Presule della Reggina Chiesa da Innocenzo IV l’anno 1355. Gli fu fratello Alessandro Abate di S. Giovanni in Fiore, uomo a que’ tempi chiarissimo. Morì Filippo nel 1365.

XXXII. Carlo da Conte Urso (1365). Fu eletto e consecrato Arcivescovo dal Pontefice Urbano II l’anno medesimo della morte del suo predecessore.

XXXIII. Tommaso della Porta (1371). Era Salernitano, e successe a Carlo nel 1371. Dimorando questo nostro Prelato in Avignone verso il 1374 presso Gregorio XI, prestò, per diritto metropolitico, l’autorità e l’assenso all’alienazione di alcuni beni che Milea Abate di S. Maria di Trapezomata nella città di Santagata (della sua Diocesi) aveva concessi al cittadino reggino Orlando de Sinopolo. Dopo questo Arcivescovo alcuni consarcinatori di Cataloghi pongono Teobaldo da Sessa; ma questi non fa mica nostro Arcivescovo, bensì Vescovo di Reggio di Lombardia. Del tempo e del luogo della morte di Tommaso nulla sappiamo.

XXXIV. Giordano (1382). Ci è solo a conoscenza che fu Arcivescovo Reggino sotto Urbano VI nel 1382, e che finì di vivere nel 1404, essendo Pontefice Bonifazio IX.

XXXV. Pietro Filomarino (1404). Dotto ed erudito Napolitano; il quale finiva appena di compire il vigesimoquinto anno di sua vita, quando Bonifazio IX il dì 4 agosto del 1404 il promosse ad Arcivescovo di Reggio. Ebbe fama esimia di Prelato virtuoso; e morì in ancor giovine età nel 1420.

XXXVI. Bartolomeo Gattula (1422). Nobil cittadino ed Arciprete di Gaeta; era uomo, come dicono, eruditissimo di divine ed umane lettere. Fu prima Arcivescovo di Rossano all’anno 1405; e poi nel 1421 fu da Martino V traslocato all’Arcivescovado Reggino. Passò finalmente alla Metropolitana di Messina nel 1426, e vi sedette sino al 1446. In questo anno si condusse in Gaeta (dove allora Re Alfonso aveva la sua Corte) ed ivi passò di vita. [p. 243 modifica]

XXXVII. Gaspare Colonna (1426). Romano. Di Abate Commendatario del S. Pastore nella Diocesi di Rieti divenne nostro Arcivescovo per volere di papa Martino V. Co’ suoi auspicii furono istituiti in Reggio i Frati Carmelitani; ma egli non vi stette più che due anni, e nel 1429 si trasferì a Benevento. Finalmente avendo preso parte cogli altri Colonnesi, guidati da Stefano Colonna, alla sollevazione mossa contro il Papa, questi il destituì della dignità di Arcivescovo: onde il Colonna morì poi privato in Benevento nel 1435.

XXXVIII. Paolo (1429). Fu prima Arcivescovo Sipontino, poi Vescovo di Gerace. Papa Martino V da ultimo lo prescelse alla Sede Reggina nel 1429. Ed avea già retta lodevolmente per circa undici anni la Chiesa nostra, quando brigatosi nello scisma, fu deposto nel 1440 da papa Eugenio IV, e mandato in esilio, ove visse e morì assai miseramente.

XXXIX. Guglielmo (1440). Quarto Arcivescovo nostro di questo nome, ex antiquissima, ben dice il Nava, Logothetarum illustri familia. Dallo stesso Eugenio IV fu nominato Arcivescovo nel 1440 per prendere il luogo del rimosso Paolo. Era Guglielmo Cantore della nostra Cattedrale. Morì il 1449. Nicolò V pensava di nominare a succedergli il nostro concittadino Matteo Saraceni, ma non ci fu verso che questi volesse accettare.

XL. Angelo de Grassis (1449). Questi dal Vescovado di Ariano fu innalzato alla nostra Sede Metropolitana da papa Nicolò V nel 1449. Morì nel 1453.

XLI. Antonio de’ Ricci (1453). Napolitano. Era Abate Commendatario di S. Nicolò di Calamizzi. Amministrò la Chiesa reggina per trentacinque anni con moltissima prudenza e saggezza. Fece alla Cattedrale un nuovo Campanile, alla cui spesa concorse anche il Municipio, pagando per quattro anni sessanta once di oro in ogni anno. E la stessa Chiesa restaurò nella sua parte anteriore, che già crollava per vetustà. Morì in Napoli nel 1488 presso i Frati Olivetani.

XLII. Bartuccio de Miroldo (1488). Alcuni de’ nostri Cataloghi il chiamano Fra Marco; ma io rettifico questo nome colla scorta di un Privilegio in pergamena di Ferdinando I d’Aragona, nel quale questo Sovrano fra le altre cose conferma a’ Reggini la nominazione a loro Arcivescovo di questo Bartuccio de Miroldo. Era costui dell’Ordine de’ Predicatori, nato in Napoli, ma originario di Toscana, e della nobilissima famiglia fiorentina Della Bella. Fu creato Arcivescovo Reggino da Innocenzo VIII nel 1488. Divenne [p. 244 modifica]carissimo a re Ferdinando, ed al suo figliuolo Alfonso, alla cui incoronazione intervenne in Napoli nel 1494. Venne poi a morte nel 1496.

XLIII. Pietro Isvales (1497). Nacque in Messina, ma fu originario Spagnuolo. Al cominciar del 1497 ricevette la consecrazione di Arcivescovo dalle mani di Bartolomeo Arcivescovo Cosentina. Non venne mai in Reggio; e lasciò che la Chiesa fosse amministrata dal suo Vicario generale Abate Canonico Bernardino Bosurgi. Alessandro VI nel 1500 il creò Cardinale; e più tardi lo incaricò di una Legazione in Ungheria. Poi Giulio II il destinò Legato in Bologna. Nel 1506 l’Isvales, col consenso del detto Papa, fece rinunzia della Chiesa Reggina a favore di Francesco suo fratello. Morì finalmente in Cesena a dì 22 settembre del 1511; ed il suo cadavere trasferito in Roma fu seppellito nella Basilica di Santa Maria Maggiore, di cui era Arciprete.

XLIV. Francesco Isvales (1506). Gli venne l’Arcivescovado di Reggio a dì 24 di luglio del 1506 dalla cessione di suo fratello Pietro; ma non vide mai la sua Diocesi. Passò di vita in Roma nel 1512, e gli fu data sepoltura in S. Maria maggiore accanto a quella di suo fratello Cardinale.

XLV. Roberto Orsini (1512). Chiarissimo uomo per virtù e dottrina. Da Protonotario Apostolico e Referendario dell’una e l’altra Segnatura, Papa Giulio II il sollevò al governo della Chiesa Reggina a’ 23 luglio del 1512. Ma nè mai ebbe la consecrazione, nè mai si mosse da Roma; e ad amministrar la Mensa Arcivescovile di Reggio mandò da ivi Stefano de Turris in qualità di suo agente generale. Era figliuolo di Paolo marchese della Tripalda; e mortogli il padre nel 1526, a lui ricadeva il majorascato; ma gliene faceva contrasto il fratello Camillo. Allora Roberto per farla finita, amò meglio di abbandonar la vita clericale, e gittarsi ghiotto alla paterna eredità; amò meglio cambiar l’arcivescovado col matrimonio, e si ammogliò.

XLVI. Cardinale Agostino Trivulzio (1526). Per la volontaria dimissione di Roberto Orsini, il Trivulzio fu prescelto ad Arcivescovo di Reggio. Ma non venne punto alla sua residenza; e dopo sei mesi rinunziò tal dignità a favore di suo fratello Pietro, previo il consenso di papa Clemente VII.

XLVII. Pietro Trivulzio (1526). Fratello del Cardinale Agostino, e di Filippo Arcivescovo d’Epidauro. Fu fatto Arcivescovo di Reggio al primo di ottobre 1526. Tenne questa Chiesa due anni, ma non venne mai a risedervi. Dopo di lui n’ebbe per qualche [p. 245 modifica]tempo l’amministrazione il Cardinal Pietro Ercole Gonzaga; ma poi questa Sede ritornò al Cardinale Agostino Trivulzio, il quale finalmente la rinunziò in favore di Geronimo Centelles, riserbandosi nondimeno mille cinquecento scudi di annua rendita.

XLVIII. Geronimo Centelles (1529). Nato in Messina, ma originario Spagnuolo. Fu canonico Archidiacono della Chiesa Messinese, Abate Commendatario del S. Salvatore di Calomeno nella diocesi di Reggio, e Nunzio Apostolico nel Regno di Napoli. Dopo la cessione di questo Arcivescovado fattagliene dal Cardinal Trivulzio, Carlo V approvò assai volentieri che il Centelles (di cui gli era notissima la probità, i costumi, il merito e la dottrina) succedesse Arcivescovo Reggino; e Papa Clemente VII il confermo a dì sedici luglio del 1529. Tenne il Centelles per otto anni la Chiesa nostra, ed ebbe a Vicario generale l’Abate Canonico Melchiorre Ferrante. Ottenne che il numero de’ Canonici della Cattedrale, sino allora di dodici, fosse aumentato a diciotto. E favorì l’istituzione presso Reggio de’ Frati Minimi di S. Francesco di Paola, e de’ Frati Cappuccini. Da Paolo III fu chiamato nel 1535 in Roma, dove morì l’anno appresso.

XLIX. Agostino Gonzaga (1537). Mantovano. Non gli venne tanto chiarezza dalla splendida nobiltà della sua casa, quanto dalle virtù proprie. Nominato Arcivescovo da Carlo V agli 11 di aprile 1537, fu confermato da Paolo III Pontefice. Da lui fu eretta nel 1539 la Cappella della Santa Trinità nella Cattedrale. Per lo spazio di venti anni resse la Chiesa di Reggio con lode grandissima di pietà e di prudenza; e qui finì di vivere nel 1557, ed ebbe sepoltura sotto i gradini dell’altare maggiore del Duomo.

L. Fra Gaspare dal Fosso (1560). Nacque da nobili parenti in Rogliano nella Calabria Citeriore l’anno 1500. Fu Frate dell’ordine de’ Minimi di S. Francesco di Paola: uomo insigne per ingegno, per dottrina, per pietà: teologo sommo. Filippo II l’avea designato Arcivescovo di Reggio a Paolo IV Pontefice; e poi Pio IV il consecrò. Intervenne al Concilio di Trento, e fecene l’apertura con una eloquentissima Orazione; e vi si mostrò dotto e peritissimo nelle varie e difficili questioni che vi si vennero discutendo. A qual proposito dice di lui il Pallavicino. «Non reputo alieno dall’uffizio della storia, la quale vuol essere un perpetuo premio e castigo delle azioni umane presso la posterità, il riferire le egregie lodi che i Presidenti dierono in quei giorni a due Padri, ambidue rinomati da noi più volte. L’uno fu Guaspere dal Fosso Religioso Minimo Arcivescovo di Reggio, il quale proponeva di tornare alla sua Chiesa per [p. 246 modifica]custodirla da certa nascente infezione d’eresia che si era scoverta in Calavria; ma i Legati significarono al Papa esser quell’uomo di tanto pro ed onore al Concilio con la dottrina e con la virtù e con la prudenza, che parea loro quivi non pur utile, ma necessario. Onde, non ostante la gravezza della cagione da lui addotta, conveniva provvedervi per altro modo, ed usare l’autorità di Sua Beatitudine per fermarlo: ed al consiglio uniformossi l’effetto».

Terminato il Concilio, e ritornato alla sua Sede, ebbe principal cura di porre ad effetto le salutari determinazioni di quella solenne adunanza, coltivando la cristiana pietà, correggendo i costumi, schiantando gli abusi, sollevando i poveri, e promovendo in somma tutte quelle opere che più sollecitamente e meglio mirassero alla restaurazione della fede cattolica. E tutto intento a tali nobili proponimenti favoreggiò l’istituzione de’ Padri Gesuiti, che tornò così giovevole all’educazione della nostra gioventù; fondò il Seminario de’ chierici, ed il Convento de’ Padri Domenicani. Sotto i suoi auspizii sorse anche in Reggio il Monte della Pietà. La Chiesa Cattedrale, incendiata e quasi al tutto distrutta nella turchesca invasione, fu rifabbricata per opera sua, e poi consecrata da lui a’ 31 gennajo del 1580 coll’assistenza de’ Vescovi di Bova e di Oppido, suoi suffraganei. Al rito gallicano, già anticato, sostituì il latino. Ridusse in uno i varii Monasteri della città, ed il nobilitò del titolo di S. Maria della Vittoria sotto la regola di S. Benedetto. Tenne tre volte la Sinodo Provinciale, cioè due in Reggio, una in Terranova. Ottenne da Sisto V che i Canonici della nostra Cattedrale fossero decorati di rocchetto e mozzetta violacea. Nella peste del 1576 fu angelo tutelare degl’infelici e de’ poveri. Concesse con pubblico istrumento, rogato dal notajo Aurelio Dattola, duecento quattronate di terra della Mensa Arcivescovile a trentadue famiglie, per farvi coltivazione di gelsi neri e di fichi, e coll’obbligo a’ concessionarii di corrispondere alla Mensa il terzo de’ frutti.

Visse sino alla grave e venerabile età di anni novantadue, e la sua vita non fu che un continuo esercizio di opere di cristiana pietà e di civile sapienza. Morì in Reggio nel 1592, e fu seppellito nella Cattedrale. Ebbe esequie splendidissime, ed il Vescovo di Bova Giuseppe Camerota disse le lodi e gli egregi fatti dell’illustre Prelato in un’orazione latina elegantissima.

LI. Annibale d’Afflitto (1593). Palermitano di nobilissima famiglia. Studiò in Roma attesamente l’uno e l’altro diritto; e ricevette in Padova la laurea del dottorato. Recatosi presso il re Cattolico Filippo II, gli fu affidato il ministero della Real Cappella, e di [p. 247 modifica]tante virtù venne arricchendosi, e sì egregia fama levò di sè, che fu reputato degno di succedere a Fra Gaspare dal Fosso nella nostra Sede metropolitana, quando ancor dell’età sua non aveva compito il trigesimoquinto anno. Fu designato Arcivescovo da Clemente VIII a 15 aprile del 1593; e consecrato dal Cardinal Gesualdo. Prese solenne possesso della sua Chiesa a dì 7 settembre del seguente anno. Quanto egli fosse pietoso, quanto virtuoso, quanto cristianamente benefico sperimentarono i Reggini nel doloroso infortunio della invasione de’ Turchi nel 1594, i quali rabbiosamente bestiali avevano recato all’ultimo esizio la città nostra, non perdonando nè a chiese nè a monasteri, nè ad ospedali, nè a case private. E fu allora perturbata empiamente la quiete delle ossa venerande di Fra Gaspare, le cui ceneri, orribile a dirsi, furono profanate, insultate, e sparse alla balìa de’ venti. La Chiesa era stata spogliata, e messa ad incendio: onde il D’Afflitto fu sollecito di restaurarla in miglior forma quasi a proprie spese, nè usò altrimenti le sue rendite che alla pronta rifazione di molte altre Chiese egualmente distrutte dalla rabbia musulmana, ed a sollievo delle pubbliche miserie.

Convocò cinque volte il Concilio Provinciale, e molte leggi emanò tendenti alla conservazione della disciplina ecclesiastica, ed alla castigatezza del pubblico costume. Parecchie volte visitò la sua Diocesi, ed ebbe sempre occasione di esercitare il suo zelo a favore delle dottrine cattoliche, e la sua misericordia a pro de’ bisognosi. Quando, già vecchio, uscì di questa vita nel primo giorno d’aprile del 1638, si ebbe l’unanime compianto di tutti; e la sua memoria fu benedetta da’ suoi contemporanei, e passò venerata ed illustre agli avvenire. A’ suoi funerali assistette il Vescovo di Bova Fabio Olivadisio, ed una nobilissima orazione recitò il nostro dotto concittadino Stefano Pepe, ch’era Padre Teatino; la quale in quello stesso anno fu messa a stampa in Napoli. Dopo la morte di questo Arcivescovo la Sede reggina restò vacante per sei anni, ne’ quali fu retta dal Vicario capitolare Decano Carlo Gaetano.

In questo spazio di tempo era stato nominato per successore al D’Afflitto Annibale Mascambruno, nobile Beneventano; ma, prima che papa Urbano VIII avesse avuto tempo di approvarlo, passò di questa vita.

LII. Gaspare Creales et Arce. (1644) Fu dotto e virtuoso Signore Spagnuolo, succeduto al D’Afflitto a’ 12 decembre del 1644. Durante le turbolenze che agitarono Reggio nel 1648 questo Arcivescovo si dimostrò sempre sollecito di comporre gli animi irritati alla quiete, e moltissimo contribuì ad attenuare la gravità della cosa [p. 248 modifica]pubblica, ed a frenare gl’impeti sconsigliati della moltitudine con quella calma, dolcezza e persuasione che ne’ veri ministri della chiesa cristiana ha tanto valore, e partorisce tanto successo. Impetrò da Roma che i Canonici della Metropoli fossero accresciuti da diciotto a ventiquattro. Morì in Reggio nel 1658, e fu sepolto nella Cattedrale.

LIII. Matteo di Gennaro. (1660) Questo Patrizio napolitano fu raccomandato al Pontefice per nostro Arcivescovo dal re Cattolico Filippo IV; ed Alessandro VII, che ne sapeva i rari meriti, lo insignì di tal dignità il 2 marzo del 1660. Costui nella pestilenza che a quel tempo avea desolato Napoli ed i luoghi finitimi, operò prodigi di carità cristiana nel Nosocomio di S. Gennaro fuori le mura della città; dove, servendo gli appestati con meravigliosa abnegazione e benevolenza, gli successe di restare incolume sino alla fine dell’orribile flagello in mezzo all’eccidio di tante migliaja di uomini, a cui le tombe non bastavano, e dovevano dissolversi insepolti, e dar così nuovo alimento al morbo colle loro micidiali putrefazioni.

Fu consecrato in Roma nella Chiesa di S. Carlo a Calinari dal Cardinal Marcello Santacroce, e vi furono consecrati ad un tempo Francesco Falabella Arcivescovo di Santa Severina, Francesco Angelucci Vescovo di Vercelli, ed Alessio di Gennaro Vescovo della Cava. Resse con molta lode la Chiesa reggina sino al 1674 nel quale passò a vita migliore.

LIV. Martino Ibanez de Villanova. (1675) Era Vescovo di Gaeta, e per la morte di Monsig. di Gennaro fu trasferito ad Arcivescovo di Reggio a’ 27 maggio del 1675. Fece varie opere lodevoli; e la Chiesa Cattedrale, ch’era rovinevole, ristaurò in buon modo, e la fornì di molti preziosi arredi, di che era sprovvista e bisognevole. Morì in Reggio nel settembre del 1695; e lasciò a questa Chiesa i suoi beni.

LV. Giovanni Andrea Monreal. (1696) Originario Spagnuolo, nato in Napoli. Era Arcivescovo di Lanciano, e fu proposto per Reggio da re Carlo II di Spagna, e confermato da papa Innocenzo XII. Dopo due anni, da che era venuto in Reggio a’ 21 maggio del 1696, cominciò a dimostrarsi di costumi non solo poco severi, ma così sciolti che sarebbero anche mal convenienti a qualunque giovine più scorretto e mondano. Io quindi non mi tratterrò a narrar di lui cose ed opere ch’è bello tacere, e delle quali i cittadini nel 1698 si querelarono con pubblica istanza appo il Vicerè ed il Papa; istanza che poi nel 1700 fu transuntata per atto di Notar Giuseppe Caracciolo a cura de’ sindaci Antonio Rota, Domenico Suppa, e Francesco Mo[p. 249 modifica]risciano. Mi sia sufficiente il dire che il Monreal, ed il suo Vicario generale Giovanni Domenico Galante (il quale teneva bordone a Monsignore, e non si mostrava da meno) furono chiamati in Roma verso la fine nel 1698 per ordine di papa Innocenzo; ma seppero conciar la faccenda con sì destro garbo, che se ne tornarono in Reggio pettoruti e trionfanti. Nel 1704 però le accuse contro di loro presero maggior calore ed insistenza, e morto in questo mentre Innocenzo, il nuovo Pontefice Clemente XI, a cessar lo scandalo, e la pubblica indignazione, ordinò che il Monreal si allontanasse da Reggio, e facesse dimora in Napoli; dove morì nel 1726.

LVI. Damiano Polou. (1727) Spagnuolo. Fu proposto Arcivescovo di Reggio da Carlo III, e confermato da papa Benedetto XIII. Ebbe virtù cristiane e civili preclarissime; fu l’uomo del Vangelo, il padre de’ poveri, l’egregio restauratore della sua Diocesi. Il Seminario de’ Chierici, ch’era rimasto chiuso dopo la morte di Mons. Ibanez, tornò aperto e fioritissimo. Nell’ordinare i Sacerdoti cercava il Polou morale e dottrina, ma la morale soprattutto. Ottenne nel 1741 da Benedetto XIV che i nostri Canonici fossero insigniti di mitra e di cappa magna a somiglianza del Capitolo di Messina1. Bonificò siffattamente le terre della sua Mensa, che questa in pochi anni gli gittò un’entrata di ducati ottomila. La qual somma era da lui quasichè tutta dispensata a’ bisogni de’ poveri, ed al decoro della Chiesa e della religione. E quando in maggio del 1756 nella grave età di anni settantasette passava al riposo eterno, fu rimpianto il santo uomo non nella sola Reggio, ma nella Diocesi tutta quanta. Fu testimonianza del pubblico lutto l’universal concorso del popolo alla esequiale cerimonia fattagli nella Cattedrale con solenne apparato; dove il dotto Penitenziere Antonio Oliva ne descrisse le grandi ed esemplari virtù in una commovente ed elegantissima Orazione.

LVII. Domenico Zicari. (1757) Fu Cosentino; ed era Vescovo di Cotrone quando re Carlo III il designò per nostro Arcivescovo a Benedetto XIV, che non tardò a confermarlo. Ebbe tutte quelle virtù cristiane, che fanno sempre rispettabili e venerati i ministri della Chiesa; misericordioso, modestissimo, sobrio per sè quanto può dirsi. Moriva nell’ottobre del 1760, e lasciava alla Chiesa tutto quanto egli possedeva. [p. 250 modifica]

LVIII. Matteo Testa Piccolomini. (1761) Da Canonico napolitano fu, sopra proposta di re Ferdinando I, elevato a Presule della reggina Chiesa dal pontefice Clemente XIII. A sua cura fu ricostrutto dalle fondamenta il Palagio Arcivescovile sopra un nuovo disegno fatto dal Colonnello Poulet. La fabbrica del primo piano fu eseguita a solide volte di mattoni, a proprie spese di lui, e quella del secondo con duemila ducati presi dall’eredità dell’Abate Giovanni Angelo Spagnolio. Nel 1765 re Ferdinando il prescelse a suo Cappellano maggiore; e lasciata allora la Chiesa nostra, si ritirò in Napoli, ove visse sino al 1780. Ma non dimenticò il virtuoso Prelato la sua sede in punto di morte; e fatto testamento lasciò al nostro Seminario la sua libreria; al Capitolo la sua croce, ed il suo anello di crisolito, legato in brillanti del valore di ducati duemila e duecento. Il Canonico Giuseppe Barilla che fu eletto Vicario Capitolare, avea situato questo prezioso anello in un grande Ostensorio della Cattedrale; ma poi nel 1806 fu involato.

LIX. Frat’Alberto Maria Capobianco. (1766) Era dell’Ordine di S. Domenico. Sua patria fu Brindisi: uomo assai dotto, e di grandi virtù religiose e civili. Carlo de Marco, segretario di Stato degli affari Ecclesiastici il raccomandò al Sovrano; questi fecene proposta a Clemente XIII, e n’ebbe senza difficoltà la pontificia conferma. Venuto in residenza rassettò per ogni parte lo stato religioso e morale della Diocesi, tutto profondendo a pro dei poverelli e degl’infelici. Nelle dolorose calamità recate a Reggio da’ terremoti del 1783 il Capobianco operò prodigi di carità cristiana. Non aveva danaro in quel frangente, e presi a prestito ducali mille dal suo Economo Can: Candeloro Malacrinò, tutti li distribuì a’ più bisognosi nella giornata del sei febbrajo; ma questa somma non era sufficiente alle pietose sue cure; ed egli il giorno otto pignorò il calice di oro per ducati ottocento all’opulento Canonico Abate Lorenzo Giuffrè; e poi il giorno dodici, vedendosi sempre più pressato dalla folla dei mendicanti, e non avendo modo a soccorrerli, fece prestarsi da’ sindaci ducati quattromila (sulla somma che il nostro Comune andava riunendo per depignorare la terra di Sambatello, già feudo della città), e per garenzia di tal prestito diede in pegno a’ medesimi porzione degli argenti della Cattedrale. Altre molte migliaja di ducati ottenne pe’ bisogni urgenti dalla Sovrana munificenza, e molta copia di grasce, di biancheria, di medicine, e di altri somiglianti sussidii.

Avutane sovrana licenza, nel 1788 istituì in Reggio quattro scuole pubbliche per la istituzione civile e cattolica della gioventù, le quali [p. 251 modifica]durarono sino allo stabilimento de’ Collegi Provinciali. Prescelto poi dal Re nell’anno appresso a Cappellano maggiore, in gennajo del 1790 partì per Napoli; ma ottenne di ritenere l’arcivescovado per altri cinque anni; ne’ quali l’intera rendita della Mensa, (che fece una somma di ducati trentamila) fu da lui disposta al proseguimento della ricostruzione del Duomo. Spediva oltre a ciò ogni anno dal suo privato peculio ducati mille al Can: Abate Barilla, perchè fossero dispensati agl’indigenti. Rinunziò alfine alla dignità arcivescovile nel 1794; ma impetrò da re Ferdinando che la Chiesa reggina non avesse a provvedersi di altro successore, sino a che non ne fosse in tutto compiuta la fabbrica coll’annuale rendita di essa Mensa. E così avvenne; e Fra Bernardo Maria Cenicola, designato a succedergli, non fu consacrato che dopo la morte di lui, avvenuta nel 1798. Il Capobianco lasciò, morendo, al Cenicola i suoi ricchi arredi, le sue carrozze ed i suoi cavalli.

SERIE CRONOLOGICA DEGLI ARCIVESCOVI DI REGGIO
SECONDO IL P. SCARFO’.

(Le parole tra parentesi sono aggiunte da me)


     Anni di Cristo.

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58-77 Santo Stefano. Non si ha memoria sino al 112.
112.      Beato Prospero da Reggio.
115. Roberto da Reggio,
118.
Ruggiero I da Reggio. (altri pone Paolo da Reggio eletto dal Clero). Non si ha notizia sino al 152.
152. Bartolomeo primo da Reggio.
188. Federigo I da Reggio.
218. Rodolfo I (o Arnolfo) da Reggio.
252. Severo da Reggio.
275. Matteo Sarraino da Reggio.
310. Ilario I da Reggio.
322.
B. Marco I da Reggio. (Dicono i cataloghisti che nel 325 fu presente al concilio Niceno I, dove si soscrive Marcus Calabriae. Ma chi non sa che a quel tempo il nome di Calabria non era ancor passato alla nostra regione, la quale si chiamava de’ Bruttii? Dunque Marco appartiene all’antica Calabria (ora Puglia), non già alla nostra.)
342.     
Annibale I. (Il fanno presente al Concilio Sardicense celebrato nel 347.)
365. Federico II.
390. Martino I.
433.
Ilario II da Reggio. (Dicono che fu eletto dal Capitolo, e che nel 439 avesse convocato il Sinodo Provinciale contro il Vescovo d’Umbriatico.)
493.
Marco II da Reggio. (Altri pongono un altro Vescovo nel 460, Rodolfo, eletto dal Capitolo.)
532. S. Sisinio da Reggio, eletto dal Capitolo.
559. S. Cirillo da Reggio (della famiglia Malatacca).
590.
S. Lucio. (Altri scrive che questo Lucio cominciò ad esser Vescovo di Reggio nel 586; che fosse basiliano; della famiglia Langostrena da Reggio; e che fondato avesse in questa città due Monasteri basiliani, l’uno de’ SS. Innocenti, l’altro di S. Calogero.)
595. Bonifacio. Fu questi da’ Reggini perseguitato.
603.
Paolino da Reggio. (Altri il pone al 601, ed il fa prima Vescovo di Tauriana.)
604. Giovanni I da Reggio.
649. Giovanni II da Reggio.
790. Costantino da Reggio.
838. Leonzio da Reggio.
899.
Felice da Reggio. Fu da Abraam capitano de’ Saraceni legato, e condotto avanti il loro Emiro, e poi liberato.
916. S. Eusebio da Reggio.
930. Stefano II da Reggio.
950. Vilelmo I.
975. Leonzio II.
1014. Ruggiero II.
1075. Arnolfo da Reggio.
1090. S. Bruno.
1111. Galato.
1122. Rodolfo II da Reggio.
1124. Beroaldo da Reggio.
1127. Vilelmo II da Reggio.
1146. Ruggiero III da Reggio.
1178. Tommaso I.
1194. Guglielmo I da Reggio.
1199. Giacomo I da Reggio.
1217. Leandro da Reggio.
1240.     Vernacio.
1259. Giacomo II.
1270. Fra Gentile.
1287. Tommaso II Ruffo.
1315. Guglielmo II Logoteta.


Da qui in poi è inutile continuare la Serie dello Scarfò, la quale sebbene sia quasi sempre errata nelle cifre cronologiche, corrisponde però alla nostra Cronaca, tranne lo storpio che fa sovente de’ nomi, e l’abbaglio che prende, fra gli altri strafalcioni, di far due Arcivescovi Bartuccio Miroldo nel 1420, e Fra Marco III della Bella nel 1488; mentre non ebbe esistenza che il solo Bartuccio. Ed inoltre nel 1483 mette un Matteo da Reggio, forse Matteo Saraceni, il quale, come vedemmo, Nicolò V disegnava di nominare successore a Guglielmo nel 1449; ma il Saraceni non volle accettare in maniera alcuna.

  1. Mons. Tommasini ottenne poi da Roma nel 1819 che i Canonici Reggini portassero la sottana violacea, la fascia violacea ed il fiocco verde al cappello, alla guisa dei Prelati inferiori.