Le odi di Orazio/Libro terzo/XI

Libro terzo
XI

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
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XI.


Mercurio, poi che docili Anfione,
    Te maestro, attirò col canto i sassi,
    E tu che sopra sette corde, o lira,
                4Destra risuoni,

Già non loquace e non gradita, adesso
    Alle mense de’ ricchi, a’ templi amica,
    Tai modi or di’, cui l’ostinate orecchie
                8Lide protenda:

La quale, come a’ prati ampj tríenne
    Poledra, ruzza e d’esser tocca teme,
    Ignara ancor di nozze e a petulante
                12Marito acerba.

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Tu puoi trarre con te le tigri e i boschi;
    Tu ritardar la correntìa de’ fiumi;
    A te soave l’infernal si arrese
                16Usciero immane

[Cerbero, benchè il capo furiale
    A lui muniscan cento serpi e dalla
    Bocca trilingue pestilente flato
                20E sanie emani.]

Ed Issíone e Tizio anch’essi il volto
    Forzâro al riso, e secca stette alquanto
    Delle Danaidi l’urna, allor che grato
                24Molceale il canto.

Sappia Lide il misfatto e le famose
    Verginee pene e il sempre vacuo doglio,
    A cui dall’imo fondo l’acqua sfugge,
                28E la perenne

Pena inflitta alle colpe anche nell’Orco.
    Empie (di peggio e che poteano mai? )
    Empie, poteano con acciar crudele
                32Perder gli sposi!

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Una, fra tante, de la nuzíale
    Fiaccola degna, fu splendidamente
    Mendace al padre rio, vergin per ogni
                36Secolo illustre,

Che «Sorgi, disse al giovane marito,
    Sorgi, chè il sonno eterno, onde non temi,
    Non ti sia dato; al suocero, alle ree
                40Sorelle sfuggi,

Che a lionesse simili i gheriniti
    Vitelli, ahi, fanno a brani; io, meno forte
    D’esse, nè te ferir, nè tra serrami
                44Tenerti ho core.

Me di catene atroci il padre opprima,
    Se fui benigna al mio povero sposo;
    Me dei Numidi a’ campi ultimi in cupa
                48Nave bandisca.

Va dove il piede e l’aura ti sospinga,
    Or che propizia è Venere e la notte;
    Va in fausto auspicio, e al mio sasso un compianto
                52Memore incidi.»