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{{ZbPensiero|223/1}}Τὴν σωματικὴν ἄσκησιν συμβάλλεσθαι πρὸς ἀρετῆς ἀνάληψιν, ''conferre ad virtutem capessendam'', era insegnamento della setta Cirenaica, o sia dei seguaci puri di Aristippo. {{Sc|{{Ac|Diogene Laerzio|Laerzio}}}} in ''Aristippo'', l. 2. segm. 91 (23 agosto 1820).
{{ZbPensiero|223/1}}Τὴν σωματικὴν ἄσκησιν συμβάλλεσθαι πρὸς ἀρετῆς ἀνάληψιν, ''conferre ad virtutem capessendam'', era insegnamento della setta Cirenaica, o sia dei seguaci puri di Aristippo. {{Sc|{{Ac|Diogene Laerzio|Laerzio}}}} in ''Aristippo'', l. 2. segm. 91 (23 agosto 1820).


Μηδέν τε εἶναι φύσει δίκαιον ἢ καλὸν ἢ αἰσχρὸν, ἀλλἀ νόμῳ καὶ ἔθει. Insegnamento della stessa setta. Ivi, segm. 93 (24 agosto 1820).


{{ZbPensiero|223/2|noasc}} Μηδέν τε εἶναι φύσει δίκαιον ἢ καλὸν ἢ αἰσχρὸν, ἀλλἀ νόμῳ καὶ ἔθει. Insegnamento della stessa setta. Ivi, segm. 93 (24 agosto 1820).



{{ZbPensiero|223/2}}{{AutoreCitato|George Gordon Byron|Lord Byron}} nelle annotazioni al ''Corsaro'' (forse anche ad altre sue opere) cita esempi storici di quegli effetti delle<span class="SAL">351,4,Gimilzor</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|224}} passioni e di quei caratteri ch’egli descrive. Male. Il lettore deve sentire e non imparare la conformità che ha la tua descrizione ec. colla verità e colla natura e che quei tali caratteri e passioni in quelle tali circostanze producono quel tale effetto; altrimenti il diletto poetico è svanito, e la imitazione, cadendo sopra cose ignote, non produce maraviglia, ancorché esattissima. Lo vediamo anche nelle commedie e tragedie, dove certi caratteri straordinari affatto, benché veri, non fanno nessun colpo. Vedi il discorso sui romantici, intorno agli altri oggetti d’imitazione.<span class="SAL">351,4,Gimilzor</span><section end=3 />
{{ZbPensiero|223/3}}{{AutoreCitato|George Gordon Byron|Lord Byron}} nelle annotazioni al ''Corsaro'' (forse anche ad altre sue opere) cita esempi storici di quegli effetti delle<span class="SAL">351,4,Gimilzor</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|224}} passioni e di quei caratteri ch’egli descrive. Male. Il lettore deve sentire e non imparare la conformità che ha la tua descrizione ec. colla verità e colla natura e che quei tali caratteri e passioni in quelle tali circostanze producono quel tale effetto; altrimenti il diletto poetico è svanito, e la imitazione, cadendo sopra cose ignote, non produce maraviglia, ancorché esattissima. Lo vediamo anche nelle commedie e tragedie, dove certi caratteri straordinari affatto, benché veri, non fanno nessun colpo. Vedi il discorso sui romantici, intorno agli altri oggetti d’imitazione.<span class="SAL">351,4,Gimilzor</span><section end=3 />