Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/472: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|397}}-->e cercata questa perfezione fattizia, ossia derivata da essi. Il loro peccato, la loro superbia, non consiste in altro che nella ragione: ragione assoluta: ragione, parlando assolutamente, non male adoperata, giacché non cercava se non la scienza del bene e del male. Or questo appunto fu peccato e superbia. Condannato ch’ebbe la donna e l’uomo, disse Iddio: ''Ecce Adam quasi unus ex nobis factus'' <span class="SAL">472,2,Alebot</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|398}}
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|397}}-->e cercata questa perfezione fattizia, ossia derivata da essi. Il loro peccato, la loro superbia, non consiste in altro che nella ragione: ragione assoluta: ragione, parlando assolutamente, non male adoperata, giacché non cercava se non la scienza del bene e del male. Or questo appunto fu peccato e superbia. Condannato ch’ebbe la donna e l’uomo, disse Iddio: ''Ecce Adam quasi unus ex nobis factus'' <span class="SAL">472,3,Alex brollo</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|398}}
''est, sciens bonum et malum''. (''Genesi'' III, 22). E non aggiunse altro in questo proposito. Dunque egli non tolse alla ragione umana quell’incremento che l’uomo indebitamente gli aveva proccurato. Dunque l’uomo restò veramente simile a Dio per la ragione, restò piú sapiente assai di quando era stato creato. Dunque il decadimento dell’uomo, non consisté nel decadimento della ragione, anzi nell’incremento. Vedi p. {{ZbLink|433}}, capoverso 1. E sebben l’uomo ottenne precisamente quello che il serpente aveva promesso ad Eva, cioè la scienza del bene e del male, non però questa accrebbe la sua felicità, anzi la distrusse. Questi mi paiono discorsi concludenti, e raziocinii non istiracchiati, ma solidi e dedotti naturalmente e da dedursi dalle parole e dallo spirito bene inteso della narrazione Mosaica, e se ne può efficacemente concludere che lo spirito di questa narrazione è di attribuire formalmente la corruzione e decadenza dell’uomo all’aumento della sua ragione, e all’acquisto della sapienza; considerar come corruttrice dell’uomo la ragione e il sapere: cioè come mezzi espressi di corruzione, perché la causa primaria fu la disubbidienza, ma la disubbidienza a un divieto che proibiva appunto all’uomo di procurarsi e di rendere efficaci questi mezzi di corruzione e d’infelicità. <span class="SAL">472,2,Alebot</span><section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|399}}
''est, sciens bonum et malum''. (''Genesi'' III, 22). E non aggiunse altro in questo proposito. Dunque egli non tolse alla ragione umana quell’incremento che l’uomo indebitamente gli aveva proccurato. Dunque l’uomo restò veramente simile a Dio per la ragione, restò piú sapiente assai di quando era stato creato. Dunque il decadimento dell’uomo, non consisté nel decadimento della ragione, anzi nell’incremento. Vedi p. {{ZbLink|433}}, capoverso 1. E sebben l’uomo ottenne precisamente quello che il serpente aveva promesso ad Eva, cioè la scienza del bene e del male, non però questa accrebbe la sua felicità, anzi la distrusse. Questi mi paiono discorsi concludenti, e raziocinii non istiracchiati, ma solidi e dedotti naturalmente e da dedursi dalle parole e dallo spirito bene inteso della narrazione Mosaica, e se ne può efficacemente concludere che lo spirito di questa narrazione è di attribuire formalmente la corruzione e decadenza dell’uomo all’aumento della sua ragione, e all’acquisto della sapienza; considerar come corruttrice dell’uomo la ragione e il sapere: cioè come mezzi espressi di corruzione, perché la causa primaria fu la disubbidienza, ma la disubbidienza a un divieto che proibiva appunto all’uomo di procurarsi e di rendere efficaci questi mezzi di corruzione e d’infelicità. <span class="SAL">472,3,Alex brollo</span><section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|399}}


3°. Avanti il peccato, ossia avanti il sapere, ''erat autem uterque nudus, Adam scilicet et uxor eius, et non erubescebant''. (''Genesi'', II, 25) Ma come prima Adamo ebbe mangiato del frutto, {{smaller|ET APERTI SUNT OCULI AMBORUM}}: ''cumque'' {{smaller|COGNOVISSENT}} ''se esse nudos, consuerunt folia ficus et fecerunt sibi perizomata''. (III, 7) E Dio disse<span class="SAL">472,2,Alebot</span><section end=3 />
3°. Avanti il peccato, ossia avanti il sapere, ''erat autem uterque nudus, Adam scilicet et uxor eius, et non erubescebant''. (''Genesi'', II, 25) Ma come prima Adamo ebbe mangiato del frutto, {{Sc|et aperti sunt oculi amborum}}: ''cumque'' {{Sc|cognovissent}} ''se esse nudos, consuerunt folia ficus et fecerunt sibi perizomata''. (III, 7) E Dio disse<span class="SAL">472,3,Alex brollo</span><section end=3 />