Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/248: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|108}}--><noinclude>sibile </noinclude>e virtuoso. <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|109}} Se già la compassione non avesse qualche fondamento nel timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo (perché l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua da per tutto, e si trova nascosto ne’ luoghi i piú reconditi del nostro cuore, e che paiono piú impenetrabili a questa passione). Ma tu vedrai, considerando bene, che c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e intieramente rivolta al misero.
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|108}}--><noinclude>sibile </noinclude>e virtuoso. <span class="SAL">248,3,OrbiliusMagister</span><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|109}} Se già la compassione non avesse qualche fondamento nel timore di provar noi medesimi un male simile a quello che vediamo (perché l’amor proprio è sottilissimo, e s’insinua da per tutto, e si trova nascosto ne’ luoghi i piú reconditi del nostro cuore, e che paiono piú impenetrabili a questa passione). Ma tu vedrai, considerando bene, che c’è una compassione spontanea, del tutto indipendente da questo timore, e intieramente rivolta al misero.




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{{ZbPensiero|109/2}}L’ubbriachezza è madre dell’allegrezza, cosí il vigore. Che segno è questo? Perché l’ubbriachezza non cagiona la malinconia? Prima perché questa deriva dal vero e non dal falso, e l’ubbriachezza cagiona la dimenticanza del vero, ''dalla quale sola può nascere l’allegrezza''. Secondo, che gli uomini nello stato di natura, cioè di vigore molto maggiore del presente, eran fatti per esser felici, e abbandonarsi alle illusioni, e vederle e sentirle come cose vive e corporee e presenti.<section end=2 />
{{ZbPensiero|109/2}}L’ubbriachezza è madre dell’allegrezza, cosí il vigore. Che segno è questo? Perché l’ubbriachezza non cagiona la malinconia? Prima perché questa deriva dal vero e non dal falso, e l’ubbriachezza cagiona la dimenticanza del vero, ''dalla quale sola può nascere l’allegrezza''. Secondo, che gli uomini nello stato di natura, cioè di vigore molto maggiore del presente, eran fatti per esser felici, e abbandonarsi alle illusioni, e vederle e sentirle come cose vive e corporee e presenti.


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