Inno per le feste di Venere: differenze tra le versioni

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| Titolo =Inno per le feste di Venere
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| Argomento =Inni
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Al celebrarsi delle ben augurate nozze tra la nobile signora Contessa Donna Maria Teresa D’arco ec. ec. col nobile signore Barone Pier-paolo De Altenburger ec. ec. si publica questa nuova e fedele versione del ''[[:w:Pervigilium Veneris|Pervigilium Veneris]]'' a significazione di sincero giubilo, di dovuta gratitudine, e di profondo rispetto. (Trento 1799)
 
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<poem>
Ami domane — Chi non amò;
E ancor chi amò — Ami domane.
 
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Nuova e canora sorgere — Già vedi Primavera.
In primavera il nascere — Fu dato ad ogni sfera.
 
In primavera accordano — Gli amori le lor voglie;
Nido nuzial gli aligeri — In primavera accoglie.
 
E ’l bosco che rivegeta — Per maritale umore
Della sua chioma scioglie — All’aura il nuovo onore.
 
Dal sangue allor de’ Superi, — Dal globo fuor spumoso,
Infra cavalli bipedi, — Fra azurro acervo ondoso,
 
L’almo poter d’Egíoco — Su conca lucicante
Fece dischiuder Venere — Marino umor grondante.
Ami domane, ec.
 
La Dea che amori accoppïa — Fra gli alberi ombreggianti
Tesse con tralci mirtei — Capanne verdeggianti.
 
Assisa in alto soglio — All’indoman Dïone
Farà co’ suoi giudizi! — Equa ad ognun ragione.
 
E all’anno che s’irradia — Di porporin colori
Ella le spoglie semina — Di bei gemmati fiori.
 
Ella doman le Vergini — Avvinte vuol di rose
Che dalle foglie scuotano — Le stille rugiadose.
 
I germi sol che spuntano, — Cui la corteccia stringe,
Con l’aura di Favonio — In rosei nodi spinge.
 
Essa al notturno soffio — Dell’etere sereno
Sparge rugiada lucida — Su l’umido terreno.
Ami domane, ec.
 
Ma vedi omai le porpore — Sovra de’ fior dipinte
Dal loro sen dischiudere — II rosso di lor tinte:
 
Tinte di sangue Adonio, — Di baci d’amor fatte,
Da’ rai del Sol vermigli, — Da gemme e fiamme tratte.
Ami domane, ec.
 
Col suo comando Venere — Dalle sue Ninfe chiede
Che a’ sacri boschi mirtei — Volgan sommesse il piede.
 
Alle fanciulle socïo — Va il pargoletto Nume;
Ma se de’ strali ei gravasi, — Ozioso chi ’l presume?
 
Ite omai, Ninfe impavide; — D’ogn’opra Amor riposa:
Che ignudo e inerme ei vadasi — Si vuole, e l’arme posa.
 
Vietato fugli il compiere — Ogni pensier di male
Coll’arco o cogl’ incendii, — O col vibrar lo strale.
 
Pur, Ninfe, state in guardia, — Che bello è il Nume alato:
Quando Amor nudo trovasi, — Tutto è del pari armato.
Ami domane, ec.
 
Ecco a te, Vergin Delïa, — Da Venere mandate
A te simili vergini — D’ egual pudor dotate.
 
Chiediam sol una grazia: — Deh! lascia che le selve
Monde del sangue siano — Delle trafitte belve.
 
La Dea d’amor medesima — Vorrebbe te pregare,
Se una pudica Vergine — Sapesse a sè piegare.
 
Alle sue feste aggiungere — Vorría la sua presenza,
Se fosse convenevole — A verginal decenza.
 
Cori potresti scorgere — Già da tre notti in feste,
Sparsi a drappelli unanimi — Gir per le tue foreste.
 
Tu li vedresti scorrere — Ad ora fra mirtine
Capanne, e ad ora avvolgere — Serti di fiori al crine.
 
Quivi si trova Cerere, — Nè Bacco vedi absente ;
De’ vati il Nume armonico — Ivi sta pur presente.
 
Tutta la notte in cantici — Si veglia, se ’l concedi;
Regni ne’ boschi Venere; — O Delia, tu recedi.
Ami domane, ec.
 
All’indoman di Cípride — Fu per volere indetto
De’ fior che in Ibla sorgono — Sia un tribunale eretto.
 
Da lei medesma preside — Decreti emaneranno;
Compagne nel giudizio — Le Grazie sederanno.
 
Ibla, i fior tutti versaci — Nell’anno intier raccolti,
E stare quanti possono — D’Enna nel campo accolti.
 
Quì saran quante vivono — Fanciulle in ville o in monti ;
Quante in le selve albergano, — Ne’ sacri boschi o ai fonti.
 
Tutte, mercè il suo placito, — La Diva quì le aduna:
Ad Amor senza spoglia — Vieta il dar fede alcuna.
Ami domane, ec.
 
Già il toro il fianco adagia, — E la ginestra ingombra ;
Ecco belanti greggie — Co’ lor mariti all’ombra.
 
Quanto cammina o striscia, — E quanto spiega l’ali,
Tutto s’affrena e abbracciasi — Con nodi conjugali.
 
Già senti i cigni garruli, — De’ stagni in mezzo all’onda,
Col rauco loro strepito<ref>Uno de’pochi poeti che non ripeta la stolida canzone del soave canto del cigno.</ref> — Far rintronar la sponda ;
 
E del pennuto genere — Alle canore schiere
La Diva diede l’ordine — Ora di non tacere.
 
La violata da Téreo — Vergin col canto dolce
Del pioppo all’ombra l’etere — Ad ogn’intorno molce;
 
Talchè diresti esprimere, — Invece del lamento,
Desir d’Amori teneri — In musico concento.
 
E la sorella in gemiti, — Diresti, non rivela
Contro il marito barbaro — L’orror di sua querela.
 
Essa già canta, e taciti — Starem noi solo a udire
Se primavera vedesi — Di nuovo a comparire?
 
Quando verrà che simile — A rondinella io sia,
E fine al mio silenzio — Così da me si dia?
Ami domane, ec. </poem>
 
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