Dei difetti della giurisprudenza/Capitolo VIII: differenze tra le versioni

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Poichè per altro per quel che riguarda le decisioni, le quali pur son tenute da alcuni per quintessenze le meglio lambiccate d’Astrea, ancorchè le più d’esse possiam presumere, che contengano retto giudizio, pure non son da credere tutte del medesimo peso, e ve n’ha di quelle, che contengono chiara ingiustizia. Non credo ardito il mio parlare, da che il sopra citato Cardinale de Luca, a cui pochi vanno innanzi nella conoscenza della scienza e >pratica legale, così lasciò scritto nel suo trattato Dello stile legale, cap. XVII: « Possono star bene insieme, che si giudichi male, e che la giustizia sia mal amministrata, e nondimeno che con un buon metodo, e con un dotto ed elegantissimo, e ben regolato stile si coonestino le fallacie, e si ornino con molte conclusioni, ed autorità, e ragioni. Non dandosi oggi in questa facoltà legale per la gran copia e varietà de gli scrittori cosa più facile, che il colorire e coonestar con dottrine e con regole generali ogni risoluzione per ingiusta e per iniqua che sia ». Chi non fosse peranche convinto delle miserie della giurisprudenza, badi di grazia alle buone pennellate di questo insigne giurisconsulto. E a ciò si aggiungano le parole del Deciano nell’Apologia contro l’Alciato, cap. 19, n. 4, dove confessa, che « communis est hic casus, ut sæpe non solum contra maximæ auctoritatis virorum sententias judicetur, sed etiam contra ipsam veritatem, vel errore, et ignorantia, vel sordibus, vel gratia, vel aliis de caussis, quæ solent pervertere sanum judicium, non enim judices nostri principum auctoritate coguntur sequi responsa prudentum, ut antiqui, nisi ex statutorum municipalium dispositione id cautum sit. Nil mirum ergo, si judices, qui sæpius sunt imperiti, contra prudentum opiniones judicant, gloriolam quamdam etiam aucupantes, quod nulla moti prudentum auctoritate contra eorum opiniones judicaverint, quasi melius ipsi juris et justitiæ medullam gustaverint, quam prudentes, qui de jure responderunt, et ætatem suam in his studiis consumserunt ». Ma anche i giudici dal canto loro potrebbono rispondere al Deciano: Se voi altri signori dottori, o pubblici lettori di leggi, o avvocati consulenti, i quali vi attribuite il bel titolo di prudenti, quei siete stati, e siete, che avete introdotto con tante contrarie opinioni una specie di pirronismo nella giurisprudenza: perchè vi lagnate de’ giudici, se ora seguitano un’opinione, ed ora un’altra? Perciocchè non sussiste il dire, che noi giudichiamo contro le opinioni de’ prudenti, non essendoci alcuna delle sentenze nostre, che non sia fortificata dall’asserzione di più d’uno de’ vostri prudenti. Di voi dunque lagnatevi, che o per vaghezza di fare i begl’ingegni, o per servire al bisogno de’ clienti, e nello stesso tempo a quello delle borse vostre, avete fatto nascere, e messe in voga tante diverse e contrarie conclusioni legali, che han corrotto quasi quel tutto di sano, che restava all’infelice giurisprudenza. Nè si credesse già alcuno, che solamente a gli ultimi secoli nostri si avesse da attribuire il genio battagliere de gl’interpreti delle leggi, e de i fabbricatori delle risposte de i prudenti (che così piace ad alcuni di nominare, cioè d’incensare i consulenti d’oggidì, quasiche lo stesso fossero responsa prudentum degli antichi romani, e le consultazioni o sia le allegazioni de’ nostri legisti) dal qual malore è proceduta la fiera discordia, che troviamo per tante contrarie opinioni nello studio legale. Non altrimenti passò la bisogna anche ne gli antichi secoli, allorchè fiorirono que’ si rinomati giurisconsulti, che ne’ digesti fan sì bella figura. Imperocchè contra di Salvio Giuliano scrisse Marcella; e Giuliano contra di Paolo; e Paolo contra di Papiniano e di Labeone; e Giaboleno e Paolo contra di Marcello; e Marciano contro Scevola; e Scevola contro Pomponio; e Celso contra di Labeone, per tacere di tanti altri. E non è già da stupirsene per quella ragione, che accennai al cap. VI, cioè perchè non sappiamo i confini del giusto e dell’ingiusto, e varie son le teste e le idee de’ mortali: disgrazia, che si troverà sempre nella giurisprudenza: ne compete a lei sola, perchè si stende a varie altre scienze ed arti, aventi molto di certo, ma vie più d’incerto, verisimile e probabile, e non poco ancora di falso. Sarebbe più da maravigliarsi al vedere, che uno stesso uomo in questa si decantata professione discorda da se medesimo: il che accadde fino al celebratissimo Papiniano, compilator delle leggi di Giustiniano, come apparisce dalle l. si venditor § ult. ff. de seruis exportan. e a Scevola nella l. qui bona fide § si quis bona ff. de acquir. rer. domin. Contrarietà sì fatte di opinioni si possono osservare anche ne’ consulenti degli ultimi secoli, e sopra tutto è da osservare, che Bartolomeo da Saliceto, giurisconsulto di gran nome, pubblicò due consigli contrarj nella medesima causa. So ancora, che grande strepito faceva un dì nel contradittorio uno de’ nostri dottori, pretendendo chiamati ad un fideicommisso masculino anche i maschi delle femmine con citare ed esaltare l’allegazione 221 del Palma juniore nella famosa causa del Buffalo. Lasciollo ben dimenare il dottore avversario, ed eccoti ch’egli sfodera un’allegazion posteriore del medesimo Palma nella causa Farina, pubblicata nella raccolta da lui fatta delle decisioni di varj auditori alla decis. 212, in cui sostiene tutto il contrario, disdicendo quanto dianzi egli avea scritto su questo punto. Colpito da questa impensata archibugiata il contrario laureato, perdè la voce, e poco mancò, che non perdesse anche la pazienza, con fare una scappata di bile contra de’ maestri di legge, i quali sanno ben iscusare le loro metamorfosi colla ragione di aver meglio esaminata e trovata più felicemente la verità nel caso posteriore, ma senza poter levar di testa a più d’uno, ch’essi nello stendere i consulti mirino più al proprio profitto, che a raggiugnere il vero. Il che, torno a dire, sia detto, non già per iscreditar tutti i consulenti, e molto meno per giudicar inutile e biasimevole l’uso de’ consigli e delle allegazioni de i legisti: che anzi tengo per necessario questo rito; ma bensì per desiderare, che tutti i consulenti sieno quali li vorrebbe Deciano nel trattare del loro ufizio, e che ogni giurisconsulto avesse quella qualità ed abilità, che in essi richiede D. Francesco Rapolla, pubblico lettore nell’università di Napoli, nel suo bel trattato De Jurisconsulto.
 
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