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e realizzarne l’idea, accomunando insieme interessi e affezioni di popoli e di re. Così ciò che la politica dei gabinetti italiani non poté per anco ottenere, e ancor meno sperare sopra un piano cotanto vasto e interessante, ha fiducia di conseguire questa grande Società, della quale non si può non essere ammiratore e seguace. Non vuolsi però dire con questo, che la esposizione degli articoli del nostro ''Programma'' sia tale, che chiuda affatto il varco ai dubbi, alle obiezioni, alle difficoltà. Ciò non potremmo dire mai, massime dopo che un celebre ministro di Roma, il signor ''Marco Minghetti'', si avvisò di sottoporne alcune alla saviezza del presidente; al quale per altro non ricusa l’operoso suo concorso. Ciò però non toglie, o scema la verità, e il patriottismo, ond’è chiara espressione il nostro ''Programma''; il quale, diciamolo pur francamente, non dispiacque al Re, fu bene accolto dal Governo, venne abbracciato da molti, salutato utile, generoso e opportunissimo da tutta la stampa italiana; quand’anche la straniera o si stia ancor muta, o non gli abbia fin qui fatto buon viso. In questo modo noi non fummo né peritosi, né mascherati, né timidi nel pronunciare la fede nostra politica, nel tracciare la strada, che intendiamo battere per giungere alla meta. Ché francamente e lealmente abbiamo detto e chiarito il proposito, indicati i mezzi, senza mistero, senza subdoli raggiri, ma procedendo in pienissima luce meridiana. E se ciò non fosse, se i principii esposti nel ''Programma'' nostro sociale non fossero quelli di tutta Italia, avremmo noi potuto parlare al Consiglio dei Ministri, come il Comitato colla bocca del suo preside parlò, non appena si udì l’accettazione della mediazione di Francia e d’Inghilterra per parte dell’Austria? Avremmo noi potuto francamente significare il sospetto nostro, e di moltissimi, che per quella mediazione accettata possa essere violata e distrutta l’autonomia nazionale, e non data l’assoluta indipendenza all’Italia? Sì noi parlammo forte, e chiaro ai depositarii del potere; e li esortammo a tenersi saldi nella politica da essi fermata nel loro programma
e realizzarne l’idea, accomunando insieme interessi e affezioni di popoli e di re. Così ciò che la politica dei gabinetti italiani non poté per anco ottenere, e ancor meno sperare sopra un piano cotanto vasto e interessante, ha fiducia di conseguire questa grande Società, della quale non si può non essere ammiratore e seguace. Non vuolsi però dire con questo, che la esposizione degli articoli del nostro ''Programma'' sia tale, che chiuda affatto il varco ai dubbi, alle obiezioni, alle difficoltà. Ciò non potremmo dire mai, massime dopo che un celebre ministro di Roma, il signor ''Marco Minghetti'', si avvisò di sottoporne alcune alla saviezza del presidente; al quale per altro non ricusa l’operoso suo concorso. Ciò però non toglie, o scema la verità, e il patriottismo, ond’è chiara espressione il nostro ''Programma''; il quale, diciamolo pur francamente, non dispiacque al Re, fu bene accolto dal Governo, venne abbracciato da molti, salutato utile, generoso e opportunissimo da tutta la stampa italiana; quand’anche la straniera o si stia ancor muta, o non gli abbia fin qui fatto buon viso. In questo modo noi non fummo né peritosi, né mascherati, né timidi nel pronunciare la fede nostra politica, nel tracciare la strada, che intendiamo battere per giungere alla meta. Ché francamente e lealmente abbiamo detto e chiarito il proposito, indicati i mezzi, senza mistero, senza subdoli raggiri, ma procedendo in pienissima luce meridiana. E se ciò non fosse, se i principii esposti nel ''Programma'' nostro sociale non fossero quelli di tutta Italia, avremmo noi potuto parlare al Consiglio dei Ministri, come il Comitato colla bocca del suo preside parlò, non appena si udì l’accettazione della mediazione di Francia e d’Inghilterra per parte dell’Austria? Avremmo noi potuto francamente significare il sospetto nostro, e di moltissimi, che per quella mediazione accettata possa essere violata e distrutta l’autonomia nazionale, e non data l’assoluta indipendenza all’Italia? Sì noi parlammo forte, e chiaro ai depositarii del potere; e li esortammo a tenersi saldi nella politica da essi fermata nel loro programma <span class="SAL">29,4,Alebot</span>