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<span class="SAL">182,2,Valg</span>li innalza verso il cielo. Da lontano si protendeva nelle acque la vaga Sermione, la pupilla del lago, la regina delle isole e delle penisole, come la chiama Catullo, il dolce amante di Lesbia. Vedeva il colore melanconico de’ suoi oliveti, e m’immaginava sotto le loro ombre vagante con soavi versi sulle labbra il poeta delle grazie latine. Rimuginava beatamente al lume della luna le mie memorie classiche, ringraziando in cuor mio il vecchio piovano di Teglio che m’avea dischiuso la sorgente di piaceri così puri, di conforti così potenti nella loro semplicità. Orfano si potea dire di genitori e di patria, sbalestrato, non sapeva dove, da un destino misterioso, tutore per forza d’una fanciulla .che non m’era stretta da alcun legame né di parentela né d’amore, rivedeva tuttavia un barlume di felicità nelle poe tiche immaginazioni di uomini, vissuti diciotto secoli prima. Oh benedetta la poesia! eco armoniosa e non fugace di quanto l’umanità sente di più grande, ed immagina di più bello!... alba vergine e risplendente dell’umana ragione!... tramonto vaporoso e infocato della divinità nella mente inspirata del genio! Ella precede sui sentieri eterni, ed invita a sè una per una le generazioni della terra: ed ogni passo che avanziamo per quella strada sublime, ci dischiude un più largo orizzonte di virtù, di felicità, di bellezza!... S’incurvino pure gli anatomici a esaminare, a tagliuzzare il cadavere; il sentimento, il pensiero, sfuggono al loro coltello, e avvolti nel mistico ed eterno rogo dell’intelligenza, slanciano verso il cielo le loro lingue di fiamma. Andavamo via per la costa della collina, mentre l’oste ci imbandiva la cena d’una piccola trota e di poche sardelle. Io pensava a Virgilio a Catullo alla poesia; e Venezia e la Pisana e Leopardo e Lucilio, e Giulio Del Ponte ed Amilcare, e tutti morti vivi moribondi gli affetti del cuore tremolavano soavemente nei miei vaghi pensieri. L’Aglaura mi veniva appresso ravvolta nel suo cappotto e grave {{pt|an-|anch’essa}}
174 LE CONFESSIONI D’ UN OTTUAGENARIO.
li innalza verso il cielo. Da lontano si protendeva nelle
acque la vaga Sermione, la pupilla del lago, la regina delle
isole e delle penisole, come la chiama Catullo, il dolce
amante di Lesbia. Vedeva il colore melanconico de’ suoi
oliveti, e m’ immaginava sotto le loro ombre vagante con
soavi versi sulle labbra il poeta delle grazie latine. Rimuginava beatamente al lume della luna le mie memorie classiche, ringraziando in cuor mio il vecchio piovano di Teglio che m’avea dischiuso la sorgente di piaceri cosi puri,
di conforti cosi potenti nella loro semplicità. Orfano si potea
dire di genitori e di patria , sbalestrato , non sapeva dove,
da un destino misterioso, tutore per forza d’una fanciulla
.che non m’era stretta da alcun legame né di parentela né
d’amore, rivedeva tuttavia un barlume di felicità nelle poe
tiche immaginazioni di uomini, vissuti diciotto secoli prima.
Oh benedetta la poesia! eco armoniosa e non fugace di
quanto l’umanità sente di più grande, ed immagina di più
bello!... alba vergine e risplendente dell’umana ragione !...
tramonto vaporoso e infocato della divinità nella mente
inspirata del genio! Ella precede sui sentieri eterni, ed invita
a sè una per una le generazioni della terra: ed ogni passo
che avanziamo per quella strada sublime, ci dischiude un
più largo orizzonte di virtù, di felicità, di bellezza!... S’incurvino pure gli anatomici a esaminare, a tagliuzzare il cadavere ; il sentimento, il pensiero, sfuggono al loro coltello,
e avvolti nel mistico ed eterno rogo dell’intelligenza, slanciano verso il cielo le loro lingue di fiamma.
Andavamo via per la costa della collina, mentre l’oste
ci imbandiva la cena d’una piccola trota e di poche sardelle. Io pensava a Virgilio a Catullo alla poesia ; e Venezia
e la Pisana e Leopardo e Lucilio , e Giulio Del Ponte ed
Amilcare, e tutti morti vivi moribondi gli affetti del cuore
tremolavano soavemente nei miei vaghi pensieri. L’Aglaura
mi veniva appresso ravvolta nel suo cappotto e grave an
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