In morte di Carlo Imbonati (1881): differenze tra le versioni

<div align="right">''Ch'ambo i vestigi tuoi cerchiam piangendo.''<br />

''Casa, Gennaio 1806''</div>

<poem>

Se mai più che d'Euterpe il furor santo

Dentro limpida luce a me venire,

{{R|20}}A tacit'orma. Qual mentita in tela,

Per far con gli occhi a l'egra mente inganno,

Quasi a culto, la miri, era la faccia.

Scritto gli affetti del mio cor t'apersi,

Che non saria da gli occhi tuoi veduto,

Chiusi per sempre! Or quanto, e come acerbo

Di te nutrissi desiderio, il pensa.

Quell'anima gentil fuor de le membra

Prendesse il vol, per chiuder l'ali in grembo

Ché finch'io non la veggo, e ch'io son certo

Di mai più non lasciarla, esser felice

{{R|130}}Turpe non è, se fortunato; dove

Sempre in alto i ribaldi, e i buoni in fondo.

Dura è pel giusto solitario, il credi,

Dura, e pur troppo disegual, la guerra

De le Muse armonia poco curasti.

Sorrise alquanto, e rispondea: Qualunque

Di chiaro esempio, o di veraci carte

{{R|170}}Giovasse altrui, fu da me sempre avuto

La via segnarmi, onde toccar la cima

{{R|205}}Io possa, o far che, s'io cadrò su l'erta,

Dicasi almen: su l'orma propria ei giace.}}

Sentir, riprese, e meditar: di poco