Memorie dell'ingegnere Giovanni Milani: differenze tra le versioni

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Giovanni Milani

1840 M letteratura Memorie dell'ingegnere Giovanni Milani Intestazione 28 luglio 2010 75% Da definire


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QUAL LINEA SEGUIR DEBBA


DA BRESCIA A MILANO


L’I. R. PRIVILEGIATA STRADA DI FERRO


FERDINANDEA LOMBARDO-VENETA


PER LA MAGGIORE UTILITÀ PUBBLICA

E PEL PIÙ GRANDE INTERESSE DELLA SOCIETÀ D'AZIONISTI

CHE ASSUNSE DI COSTRUIRLA




DIETRO QUALI


CONSIDERAZIONI GENERALI


TOPOGRAFICHE, ECONOMICHE, TECNICHE


si debba determinare il luogo o luoghi dove giova incominciare i lavori di costruzione della I. R. STRADA FERDINANDEA LOMBARDO-VENETA per la maggior utilità pubblica e per la maggior utilità degli azionisti che imprendono a costruirla.


MEMORIE

dell'ingegnere

GIOVANNI MILANI

ingegnere in capo della strada suddetta.


SECONDA EDIZIONE


Milano

Dalla Tipografia Bernardoni

1840.
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QUAL LINEA SEGUIR DEBBA


DA BRESCIA A MILANO


L’I.R. PRIVILEGIATA STRADA DI FERRO


FERDINANDEA LOMBARDO-VENETA


PER LA MAGGIORE UTILITÀ PUBBLICA

E PEL PIÙ GRANDE INTERESSE DELLA SOCIETÀ D’AZIONISTI

CHE ASSUNSE DI COSTRUIRLA


I. Scopo della presente Memoria.

1. Vuolsi con questa Memoria dimostrare: I. perchè la linea della I. R. privilegiata Strada di ferro lombardo-veneta debba proseguire retta da Brescia a Milano per Treviglio, e non isviare per Bergamo; e quale e quanto sarebbe il pubblico e privato danno se il contrario si facesse. II. Aversi già, anche senza questo pubblico e privato danno, provveduto alle particolari utilità ed ai particolari vantaggi della città e provincia di Bergamo. III. Quanto il danno pubblico e privato, provenienti dallo sviamento della linea per Bergamo, aumenterebbonsi se a questi si aggiugnesse la divisione, a Brescia, dell’attuale Società unica, in due. IV. Non potersi per questi danni pubblici e privati determinare un compenso: fosse anche possibile determinarlo, sarebbe grandissimo, e tale che nessuno potrebbe sopperirvi, nessuno garantirlo. Di qual povera natura e di qual meschina misura sarebbe poi questo compenso se fosse determinato per parte aliquota della rendita brutta di uno dei due tronchi in cui venisse spezzata la linea, e propriamente di quello da Brescia a Milano per Bergamo. V. Procedersi alla scelta, tra più linee possibili ad una strada di comunicazione qualunque, per via di studii comparativi, topografici, economici, tecnici, e non mai per via di [p. 6 modifica]esperimento. Così farsi sempre e per tutto. VI. Tanto essere il danno dello sviamento della linea per la via di Bergamo, che sarebbe maggiore, e di molto, di quello che potrebbe patire quella linea, per qualunque concorrenza le si movesse, anche per quella della strada da Bergamo a Brescia per Palosco, quand’anche potesse esser concessa, il che non si crede.

Dover quindi la Società lombardo-veneta, pel pubblico bene, pel proprio vantaggio, perseverare nella linea scelta, e da Sua Maestà approvata, non lasciandosi minimamente svolgere dalla tempesta di concorrenze con le quali la si minaccia.


CAPO I.

Qualche cenno generale sulle grandi vie di comunicazione, e confronto delle due linee.

II. Scopo precipuo di una nuova e grande via di comunicazione essere, e dover essere l’utilità pubblica.

2. Una grande via di comunicazione aperta in un territorio, in un regno, è sempre un’opera di pubblica utilità: giova a chi la transita da sè, a chi vi fa trasportar sopra qualche cosa per conto suo; giova anche a quelli che non sanno che esista, o lo sanno appena, perchè approfittano dell’incremento di civiltà che procura, del basso prezzo che la facilità e l’economia dei trasporti ingenerano in ogni cosa necessaria al sostegno od al diletto della umana vita.

3. Una grande e nuova via di comunicazione deve dunque soddisfare innanzi tutto alla più grande utilità pubblica possibile, perchè questo è il suo scopo precipuo; e deve quindi soddisfarvi anche a costo, se occorre, del sacrificio di qualche utilità privata. È la somma finale delle utilità che deve guidare in simili risoluzioni, non i numeri particolari, non gli elementi particolari del calcolo.

4. Questa utilità pubblica deve essere il primo ed il principale scopo a cui mira una grande e nuova via di comunicazione, sia che l’impresa si faccia per conto ed a spese del Governo, dello Stato, naturale tutore ed amministratore di [p. 7 modifica]ogni pubblica utilità, sia ch’essa si compia a cura dei privati e con denari privati, perchè senza questa pubblica utilità i Governi non potrebbero trasferire nelle Società e nei privati il diritto di espropiazione forzosa.

III. Grave essere il danno che si reca alla pubblica utilità, se in una nuova e grande via di comunicazione si fa male, od almeno non si fa tutto il bene che si può.

5. Se in simili opere si fa male, od almeno non si fa tutto il bene che si potrebbe fare, per qualunque ragione ciò sia, il danno che si reca al pubblico è grande, appunto per la potente influenza che le vie di comunicazione hanno sullo sviluppo dell’ incivilimento, sugli incrementi della prosperità sociale. Intanto tutto quel che non si è colto è perduto, e se fosse per sembrar poco nel presente, potrebbe divenir moltissimo nel futuro, perchè queste perdite s’accrescono col crescere della fortuna delle nazioni: poi col far non bene una nuova e grande via di comunicazione si pone ostacolo, e forse per secoli, ad una migliore, perchè difficilmente si abbandona il già fatto se costa molta pazienza, molti studii, molto denaro; perchè poche nazioni sono tanto ricche da poter impiegar senza danno milioni a decine in due strade dirette allo stesso scopo; perchè in fine ponendo a calcolo il doppio capitale impiegato nel mal fatto e nel ben fatto, potrebbe ben essere che alla fine dei calcoli non vi fosse il tornaconto, malgrado i maggiori vantaggi che si potessero cogliere col ben fatto.

IV. Una nuova via di comunicazione costruita non a spese pubbliche, ma a spese private, dover soddisfare all’utilità privata di chi la costruisce, ma tra limiti onesti, e dopo aver soddisfatto alla pubblica utilità, condizione fondamentale e precipua.

6. E se una nuova e grande via di comunicazione deve essere costrutta non a spese del Governo, ma a spese di un qualche privato, o di una compagnia d’azionisti, col fine di rimborsarsi in un limitato tempo dei capitali impiegati, questa via di comunicazione dovrà non solo soddisfare alla maggiore utilità pubblica possibile, condizione fondamentale; ma anche alla particolare utilità degli azionisti, cioè fruttare a loro, per la sola tassa del pedaggio, quanto occorre all’interesse ed al rimborso delle somme pagate, ed alle annue spese di manutenzione, senza che per questo possa soffrire di troppo la pubblica utilità. [p. 8 modifica] V. Doversi avere nella costruzione di una nuova via di comunicazione particolari riguardi alle affluenze presenti e future, se questa nuova via di comunicazione può divenire in seguito il tronco principale, il recipiente di molte confluenze.

7. Che se poi questa nuova e grande via di comunicazione debba o possa essere, oltre il detto, anche il tronco principale, la spina dorsale di un nuovo sistema di comunicazioni, di una nuova rete di comunicazioni di un territorio, di un regno, egli è evidente che dovrà esser tale, per la sua posizione, direzione e forma, da offrirsi non solo comoda e facile a simili concorrenze, ma da eccitarle e di dar per essa la maggior facilità ed economia di transito possibile, e ad ogni modo eguale a quelle di cui queste confluenze godono o potrebbero godere nelle loro linee particolari.

Questo fatto di agevolare e di attirare le confluenze è importantissimo, perchè ciascuna confluenza reca al tronco principale, al tronco comune, un profitto, una ricchezza eguale a quella di cui gode la stessa confluenza se la lunghezza di strada che deve percorrere lungo la linea comune è soltanto eguale a quella dell’intiero confluente, e le reca un profitto maggiore se la lunghezza che percorre nel tronco comune è maggiore; conoscendosi ormai da tutti che la rendita di una via di comunicazione segue la composta delle due ragioni dirette della quantità del transito e della lunghezza del transito.

VI. Doversi distinguere le vie di comunicazione minori dalle grandi e perfezionate vie di comunicazione. Le prime doversi e potersi aprire per tutto dove sorge un nuovo incivilimento, perchè costano poco e sono dirette ad esser cagione della pubblica prosperità: le seconde dover muovere quale effetto della pubblica prosperità per divenire poi impulso, cagione al di lei successivo sviluppo, perchè costan molto, perchè non sono utili che dove la pubblica prosperità è grande, e grandemente estesa.

8. Dicemmo che una via di comunicazione è sempre un’opera di pubblica utilità. Ora aggiugniamo che in queste opere di pubblica utilità convien fare una distinzione.

Alcune vie di comunicazione, le più semplici, le meno costose, quelle che si aprono sul suolo al nascere dell’incivilimento delle società, come i sentieri pei pedoni o per cavalli, le strade per carri, ma senza grandi opere di spianamento e di consolidazione di suolo, incominciano dall’essere mezzo, cagione alla prosperità pubblica, e possono accontentarsi di questo, perchè domandano pochi studii, poco impiego di capitali. Ma le grandi, le perfezionate vie di comunicazione, quelle che costano molti lavori, molti denari, come i canali navigabili manufatti, come le maravigliose strade a vapore, bisogna che muovano qual effetto della pubblica prosperità per [p. 9 modifica] divenir poi cagione, impulso al successivo sviluppo ed incremento di essa. Debbono sorgere colà dove le più semplici, le meno costose, le meno comode e meno celeri vie di comunicazione non sono più sufficienti alla fortuna della Società, al movimento degli uomini e delle cose: debbono sorgere colà dove l’attuale prosperità del territorio basta a sopperirne il dispendio con pubblico vantaggio. Altrimenti operando, vi sarebbe forse, per un buon numero di anni, inutilità d’impiego dei capitali occorsi all’opera, e di quelli necessari alla di lei manutenzione, e ad ogni modo non si otterrebbe da essa tutto il bene che avrebbe potuto fruttare ove si fossero opportunamente collocate.

VII. Qualche cenno sulla giacitura e sopra gli accidenti principali topografici del Regno lombardo-veneto.

9. Il Regno lombardo-veneto giace tra il Mare adriatico, le Alpi, il Po ed il Ticino. La bella, fertile e popolosa sua pianura si stende dall’Adriatico al Ticino, forma la parte settentrionale del ricco bacino del Po, e sale dalle rive di questo fiume sino alle prime pendici delle colline, che sono le ultime onde delle Alpi.

Tra la Laguna veneta e le Alpi presso Vicenza sorgono due gruppi isolati di colli detti Euganei e Berici, che lasciano, per via piana, tre soli varchi a chi voglia condursi dalle rive dell’Adige a quelle del Brenta.

Il lago di Garda è di tutti i laghi delle Alpi quello che si spinge più innanzi nella pianura lombarda. È cinto a mezzogiorno da una corona di colli che seguono per lungo tratto il di lui emissario, il Mincio, uno dei ricchi tributari del Po.

VIII. Qualche cenno statistico sul Regno lombardo-veneto.

10. L’intiera superficie del Regno, ch’è di miglia geografiche 13,459, si può distinguere in quattro parti, scendendo da nord a sud, cioè alpestre, montuosa, pianura alta, pianura bassa. La pianura bassa segue il Po e l’Adriatico; l’alta sta tra questa ed i colli.

11. La popolazione di tutto il Regno è di 4,558,370 abitanti, cioè di 338 abitanti per miglio quadrato. Questa popolazione è rara nella parte alpestre, lo è meno nella montuosa, [p. 10 modifica]fitta nella pianura alta: e nella bassa, ma soltanto in alcuni luoghi, ritorna a diradarsi.

12. Il Regno si divide in diciassette provincie, e conta trentuna città. La pianura alta comprende le provincie, le città più popolose: le provincie, le città di Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia, che hanno 2,4000,000 abitanti sopra una superficie di miglia quadrate 5868, cioè una popolazione di 408 abitanti per ogni miglio quadrato.

13. Il maggior movimento d’uomini e di cose, la maggior fertilità, le maggiori industrie, i maggiori prodotti del suolo, del commercio, delle arti si trovano appunto nella pianura alta, in quella più popolata, come è per tutto, come è già chiaro da sè.

Delle altre tre parti del Regno, le due più vicine alla pianura alta sono le due che più alla di lei fortuna s’avvicinano, e tanto più quanto più le si accostano.

IX. Direzione e posizione della strada di ferro da Venezia a Milano. Dover essere il tronco principale della futura rete di tutte le strade di ferro che saranno per sorgere nel Regno lombardo-veneto. Come la linea principale si annodi alla città di Bergamo.

14. La strada di ferro da Venezia a Milano corre da un estremo all’altro del Regno lombardo-veneto, da est ad ovest nel senso della di lui maggior lunghezza. Essa è non solo una grande, una nuova, una perfezionata via di transito, ma per la sua posizione e direzione deve essere indispensabilmente il tronco, il recipiente di tutti i modi di comunicazioni simili, di tutte le strade di ferro che saranno per sorgere in seguito nel Regno lombardo-veneto, mirino esse alla comunicazione particolare delle città tra loro, a quelle delle città minori con le due capitali, in fine a quella dell’intiero Regno con le parti più lontane della Monarchia austriaca.

15. Giace nella pianura alta del Regno per le molte ragioni che furono superiormente esposte; tocca le città principali di Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Milano ed altre minori, e s’annoda alla città di Bergamo per una diramazione che, movendo da Treviglio, giunge alla porta detta di san Bernardino, in uno dei sobborghi di quella città. [p. 11 modifica] X. Per quale dei tre varchi che si aprono tra le Alpi, i colli Berici ed Euganei, e la Laguna veneta passi la strada di ferro, e perchè.

16. Dei tre varchi piani che si aprono tra le Alpi e la Laguna veneta in mezzo ai colli Berici ed Euganei segue il più settentrionale, quello in cui sorge la città di Vicenza, perchè l’ultimo, il meridionale, l’avrebbe sviata intieramente dall’alta zona; l’intermedio l’avrebbe sviata dalla città di Verona, punto importantissimo della linea per ogni utilità, per ogni riguardo. Il volerlo raggiugnere anche andando pel varco intermedio, avrebbe allungato il cammino più che non occorre andando per Vicenza, e condotta la strada da Padova a Verona in luoghi meno fertili, men popolosi che per Vicenza, sicchè alla fine del conto si sarebbe speso di più, ricavato di meno, e perduta per la linea una delle importanti città del Regno.

XI. Perchè non attraversi i colli del Lago di Garda, e come li eviti procedendo da Verona a Brescia.

17. Da Verona non va dritta a Brescia, ma gira le colline del lago di Garda sotto il villaggio della Volta, perchè tra quelle colline non si apre per una strada di ferro alcun passo facile, od almeno di spesa proporzionata ad uno scopo di utilità derivante dalla sola tassa del pedaggio.

XII. Direzione della strada da Brescia a Milano per Chiari, Romano e Treviglio. Considerazioni e fatti che indussero a dare a questa direzione la preferenza sull’altra per Bergamo e Monza.

18. Dopo Brescia s’avvia retta retta per Chiari, Romano, Treviglio, sino all’Adda sotto Cassano, e di là, dopo tenue inflessione a sud, retta ancora sino a Milano.

19. Giunti a Brescia, si studiò sin dapprima se meglio convenisse sviare dal cammino retto e salire a Bergamo, per poi volgere e scendere verso Milano per Monza, onde riunire alla linea principale anche quelle due Città. Questo fu anche in seguito richiesto da alcuni dei signori cittadini di Bergamo con domande, con ricorsi, con istampe pubbliche. Questo or si vorrebbe da esso loro e da altri, e lo si vorrebbe ad ogni costo del pubblico interesse, dei vantaggi della Società per la I. R. Privilegiata Strada Ferdinandea lombardo-veneta.

20. Ma quanto risultò dagli studii sin dapprima eseguiti, dura ancora intatto malgrado le molte e calde parole che vi mossero contro le passioni e gli individuali interessi; e non solo rimane intatto, ma si fa più evidente quanto più vi si riflette sopra. [p. 12 modifica]

Risultò dagli studii fatti che l’andare per Bergamo, anzichè per Chiari e Treviglio, recherebbe:

I. Nel presente un grave danno alla pubblica utilità che può derivare e che si attende dalla strada di ferro da Venezia a Milano: ed uno gravissimo poi nel futuro, e tanto maggiore quanto è maggiore la prosperità a cui essa può giugnere per le fortunate condizioni nelle quali si ritrova; e questo è il fatto più importante.

II. Un grave danno nel presente, e più nel futuro, alla Società degli azionisti che intraprende l’esecuzione dell’opera suddetta, danno che si risolverebbe poi anch’esso in un aumento del danno pubblico, come è chiaro per la natura stessa della cosa di cui si parla, per la di lei qualità di nuovo e perfezionato mezzo di transito.

Tutto questo per una utilità particolare e non grande della città di Bergamo, e forse per nessuna, se ai presenti ed ai futuri bisogni della attuale e della futura prosperità di Bergamo si provveda in altro modo, quanto occorre, come farlo si può.

XIII. Da che si deduca la maggiore utilità pubblica e privata di una strada di ferro.

21. Le considerazioni ed i fatti che a queste conclusioni condussero furono le seguenti:

La misura della maggiore utilità pubblica e privata di una strada di ferro è la quantità del transito di uomini, di cose. Tra due linee che mirino allo stesso scopo soddisferà più alla maggiore utilità pubblica e privata quella che od avrà il transito maggiore, o per la quale si potrà dimostrare con buoni argomenti di analogia che il transito sarà maggiore.

XIV. Condizioni per le quali s’ingenera e si accresce il transito lungo una strada di ferro.

22. Il transito, il concorso d’uomini e di cose lungo una strada a vapore è tanto più grande:

I. Quanto più le condizioni topografiche ed economiche del territorio che la linea attraversa, e quelle dei territorii a questo vicini sono favorevoli alla facilità ed alla ricchezza delle affluenze attuali e delle future;

II. Quanto più la linea è breve, retta, di dolci pendenze, e quindi di celere e di sicuro transito; [p. 13 modifica]

III. Minori le spese di costruzione, di manutenzione, di sorveglianza;

IV. Minori quelle di transito;

V. L’amministrazione ed il servizio semplici, pronti ed economici.

23. La prima delle cinque condizioni suddette rende possibile un numeroso transito d’uomini e di cose, ed è importantissima, perchè senza questa possibilità tutto il resto tornerebbe inutile.

Le quattro successive cambiano questa pura possibilità in atto; attirano, per così dire, il transito con la prontezza, con la sicurezza del cammino e con l’economia della spesa.

24. Tra due linee adunque per istrade di ferro allo stesso scopo dirette, l’utilità pubblica, la prima condizione, la condizione fondamentale dell’opera, vuole quella in cui il più gran numero delle condizioni suddette sono soddisfatte, ed in cui sono più che nell’altra soddisfatte.

XV. Confronto delle due linee.

25. Tutto questo premesso a chiarezza di cose, e presa per guida la sola utilità pubblica e null’altro, facciamoci al confronto delle due linee di Treviglio e di Bergamo, chiamando per facilità di discorso prima la linea che va retta a Milano per Treviglio; seconda quella che vi giugne sviando per Bergamo e Monza.

26. La prima linea cammina, come fu detto, retta da Brescia a Milano, piegando soltanto alcun poco al passaggio dell’Adda.

La seconda, quella dell’ingegnere sig. Sarti, va da Brescia a Palosco, di là sale a Bergamo, da dove discende non retta, ma per alcuni rettilinei uniti da curve, a Trezzo sull’Adda, che varca in faccia alle rovine del castello Visconti. Da Trezzo corre a Monza, e da Monza a Milano1.

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27. Le condizioni topografiche ed economiche di un paese che favoriscono l’affluenza degli uomini e delle cose lungo una strada di ferro sono la ricchezza del territorio per fertilità, coltivazione, industria, commercio; la generale agiatezza degli abitanti; le folte popolazioni; i facili modi di comunicazioni e di affluenze attuali; la probabilità, la facilità, la ricchezza delle affluenze future.

28. La prima linea è tutta nel piano, nella pianura che si stende tra Brescia e Milano, le Alpi ed il Po. Divide anzi questa pianura in due parti, delle quali la maggiore rimane alla sinistra, a sud di essa, e scende dolcemente verso il Po; la minore rimane a destra, a nord, e sale ripidamente verso i monti. Attraversa le ricche pianure delle due provincie di Brescia e Bergamo, e gran parte di quella di Milano: tocca in cammino Chiari, Romano, Treviglio, Cassano, Melzo; giace vicina ai grossi paesi di Caravaggio, Brignano, Inzago, Gorgonzola, ed alle tre fertili province di Cremona, Crema, Lodi e Pavia.

29. La seconda, quella dell’ingegnere sig. Sarti, lascia affatto la pianura lombarda, si pone all’estremo di essa verso nord all’unghia dei monti. Per andar da Brescia a Bergamo, nel luogo della stazione, sale un’altezza di metri 104,889, per poi discenderne 122,63, onde giungere a Milano. Da Brescia a Bergamo non incontra alcun paese notabile, rade soltanto Ospedaletto, piccolo villaggio, e da Bergamo a Milano tocca Monza e s’accosta a Vimercate, ma dopo di essersi perduta tra le brughiere di Ornago e di Roncello. A destra di essa, a nord, ha i monti di Brescia e di Bergamo, poi la povera Valtellina, indi continuatamente le Alpi; le sta a sinistra la parte di pianura che giace a destra della prima linea, quella che discende ripidamente dalla seconda alla prima linea.

30. Se da Brescia e da Milano si conducano due linee paralelle, dirette a nord e a sud, sino ad incontrare i confini del Regno lombardo-veneto; e se la superficie compresa tra i [p. 15 modifica]confini del Regno e queste due linee si consideri divisa in tre parti, mediante i due andamenti della strada di ferro da Brescia a Milano, la prima parte, quella tra il Po e la prima linea, risulta di miglia quadrate, da 60 al grado, 1078, con una popolazione di 694,984 abitanti, cioè di 645 abitanti per miglio quadrato; la seconda, quella compresa tra i due andamenti della strada, di miglia quadrate 303, con una popolazione di 409,242 abitanti, cioè di 1351 abitanti per miglio quadrato; infine la terza, cioè quella tra il secondo andamento della strada di ferro ed il confine a nord, della superficie di miglia quadrate 2120, con una popolazione di 715,812 anime, cioè di soli 337 abitanti per miglio quadrato.

31. Queste tre parti del territorio lombardo si possono considerare, a due a due, come il primo concorso, il primo bacino confluente delle due linee; sicchè, tolta da questi due bacini confluenti la parte comune, quella compresa tra le due direzioni della strada di ferro, la probabilità di concorso, per ciò che può dipendere in generale dalla massa delle due popolazioni e della loro disposizione sul suolo che occupano, starà come 645 a 337; cioè sarà per la prima linea doppia che per la seconda.

32. E questo anche nell’ipotesi che le condizioni topografiche ed economiche che agevolano le confluenze presenti e le future siano simili nei due bacini, nelle due superficie che influiscono su quelle due linee; ma il fatto è che, mentre nella prima superficie, in quella che influisce sulla prima linea, le condizioni che agevolano le confluenze presenti e future sono favorevoli a ciò; nell’altra superficie, in quella della seconda, sono a ciò contrarie; sicchè per questo la differenza del concorso delle persone sopra le due linee sarà maggiore ed a scapito della seconda, di quello che si potrebbe sperare dal rapporto tra le due popolazioni.

33. Una vasta e fertile pianura serve, come fu detto, la [p. 16 modifica] prima linea: in questa, molte città, molte grosse borgate, spessi villaggi, popolazione folta. Una rete di ottime strade postali e comunali, di fiumi navigabili, di canali navigabili manufatti la ricopre, e molte industrie e molto commercio l’arricchiscono.

Ciò che sta a sinistra della linea scende al Po, ma dolcemente, sicchè e le comunicazioni attuali colla linea sono agevoli, e le future, mediante strade di ferro, possono essere facili. Varcato il Po, spaziasi per quella parte del di lui bacino che sale verso gli Appennini, che può ora ed in seguito accrescere le confluenze della Strada di ferro lombardo-veneta.

34. Dicemmo che il piano che giace a nord della linea sale ripidamente verso i monti; ma anche questo ripido salire di quella parte del suolo, questa necessità derivante dalla condizione dei luoghi, non può recare alcuno scapito alle confluenze provenienti da Bergamo e dirette verso la linea della Strada Ferdinandea lombardo-veneta. Questa linea, considerata nelle due provincie di Bergamo e di Brescia, scende da una parte verso Milano, dall’altra verso Venezia. Chi viene dal nord di quelle due provincie, e vuol dirigersi a Milano od alle altre città della linea dopo Brescia, dovrebbe ad ogni modo discendere, qualunque genere di strada fosse per iscegliere, e viceversa salire volendo passare da una delle città della linea a Bergamo. Anche dunque nelle confluenze a destra della prima linea, attuali o future, non vi è nulla, e non vi può essere in seguito nulla che non sia indispensabile, che non sia una necessità.

35. La seconda linea alla di lei destra ha monti ed alpi; dove popolazione scarsa, paesi rari, strade poche e difficili, nessuna acqua navigabile, nessun canale manufatto. L’industria maggiore, dopo la seta, è quella del ferro, cosa di povero costo, perchè possa sostenere con pubblica e privata utilità la spesa di un trasporto a vapore od a cavalli lungo una strada di ferro. Quali confluenze di uomini e di cose si possa attendere ora [p. 17 modifica] e nel futuro sulla seconda linea da questo lato dei monti e delle Alpi, tutti lo possono vedere da sè.

A sinistra di questa seconda linea giace il territorio comune anche alla prima, quello che discende rapidamente dalla seconda alla prima. È appunto questo discender rapido di quel territorio da nord a sud che rende le grandi influenze sulla seconda linea difficili, o, meglio, impossibili; e dicesi impossibili non tecnicamente, ma economicamente, perchè non potrebbero effettuarsi con pubblica e privata utilità.

36. Si ripete qui quello che in parte fu già detto, ma giova ripeterlo a maggior chiarezza di cosa, ed affinchè tutti possano convincersi da sè qual sorta di pensiero sia quello per cui si vorrebbe condurre il tronco, la spina dorsale di tutte le strade di ferro future del Regno lombardo-veneto per le pendici dei monti, pei colli di Bergamo.

Bergamo, preso alla soglia della porta di S. Bernardino nel sobborgo, nel luogo ove si divisa di costruire la stazione, è più alto,

di Treviglio metri 117,940
di Brescia 104,889
di Milano 122,637

Quindi

da Treviglio a Brescia si sale 13,051
da Treviglio a Milano si scende 4,699
e da Brescia a Milano, sempre nei luoghi delle stazioni 17,748

37. Tutte dunque le attuali confluenze per istrade comuni, tutte le future per istrade di ferro, provenienti da mezzogiorno della intiera pianura lombarda che avessero lo scopo di volgere verso Milano o verso Brescia, e di là alle altre città del Regno, giunte a Treviglio, od in quel torno, sarebbero quasi alla maggior altezza a cui debbono per necessità giugnere, ove recar si volessero al livello delle due città di Milano e di Brescia. Per andare a Brescia non avrebbero da [p. 18 modifica]salire ancora che tredici metri, ma anche questi non superflui, non puramente a carico del transito, ma necessarii per giugnere a Brescia; e per andare poi a Milano, non avrebbero che a discendere quattro metri o poco più. Ecco perchè si è scelto il punto di Treviglio ad istazione delle confluenze della pianura da Milano a Brescia; perchè, giunti a Treviglio, quanto ad altezza, tutti sono giunti assai prossimamente dove debbono essere, sia che vengano dalle confluenze nella linea principale, sia che passino dalla linea principale alle confluenze.

38. Pongasi ora che la linea principale sia la seconda, che sia essa che debba raccogliere tutte le confluenze provenienti da mezzogiorno tra Milano e Brescia. Queste confluenze giunte a Treviglio, a Romano, a Chiari, dovranno intanto sviare dalla loro direzione di Milano e Brescia, allungare notabilmente il cammino per andare a Bergamo od in quel torno, per poi volgere di nuovo, e per via tortuosa, a Milano od a Brescia. Poi, mentre fra Treviglio e Chiari queste confluenze sarebbero prossimamente al livello di Milano e di Brescia, i trasporti procedenti da esse dovrebbero salire ancora 117 metri per giugnere a Bergamo, e poi discenderne 105 verso Brescia, oppure 122,63 verso Milano; e viceversa, se vengono dagli estremi della linea principale; cioè salirne 104, oppure 122, per discenderne poi 117, onde giugnere a Treviglio od a Chiari, da dove erano poco distanti essendo a Milano od a Brescia, ed al cui livello erano giunte.

Per esempio, la nuova strada di ferro da Cremona a Treviglio per Soresina e Crema, che chiede già di unirsi a Treviglio come diramazione della grande linea lombardo-veneta, dovrebbe continuare sino a Bergamo, salire 117 metri di più del bisogno, per poi correr giù a Milano od a Brescia.

39. Che se dopo tutto questo si dicesse ancora che in fine la seconda linea avrebbe le due città di Bergamo e Monza, che la prima non avrebbe; tutti potranno rispondere, che quelle due città, che non sommano che a 44,808 abitanti, già [p. 19 modifica]tenuti a calcolo nella popolazione generale della zona, per cui passa la seconda linea, sarebbero un povero vantaggio in confronto dei molti scapiti che essa seconda linea ha sulla prima; e sarebbero povero vantaggio anche se questo argomento rimanesse intiero, mentre intiero non è. Se la seconda linea conta Bergamo e Monza di 44,808 abitanti, la prima conta Chiari, Romano, Treviglio, Cassano, Gorgonzola, Melzo, Caravaggio, Brignano, Inzago, che ne contengono quasi altrettanti.2

40. Quando i fatti conducono a risultati del numero e della evidenza di quelli che furono superiormente esposti, si farebbe torto al buon senso pubblico, aggiungendo di più per concludere che seguire, colla grande strada di ferro da Venezia a Milano, col tronco principale di tutte le strade di ferro future del Regno lombardo-veneto, la seconda linea in luogo della prima, sarebbe, anche stando alle sole condizioni topografiche ed economiche del territorio che attraversa, e di quelli vicini che possono influire sulla maggiore o minore quantità del transito, sarebbe un grosso errore dannoso alla pubblica utilità ed all’interesse della Società lombardo-veneta.

41. Fin qui si trattò delle condizioni topografiche ed economiche del suolo, che mostrano possibile un numeroso transito sopra una strada di ferro. Ora si parlerà di quelle che, data questa possibilità di numeroso transito, lo sviluppano, lo attirano; di quelle indicate ai numeri I, II, III, IV e V del paragrafo 22. [p. 20 modifica]

 42. Da Milano a Brescia per Treviglio e Chiari la lunghezza del cammino è di  metri 
78303
 Per Monza e Bergamo, ritenendo quanto fu detto dall’ingegnere signor Sarti e stampato dai signori Bergamaschi 3, la lunghezza è invece di  metri 
92800
 La seconda linea è dunque più lunga della prima di  metri 
14497

cioè di miglia lombarde 8 76/100

Nella prima linea vi sono tre sole curve, nella seconda undici, cioè otto di più.

 Lo sviluppo delle linee curve è nella prima di metri 
3017
 Nella seconda, di metri 
5265
 Quindi, in questa maggiore che nell’altra di  metri 
2248

Da Brescia a Milano per la prima linea si discende 17 metri, o poco più.

Per la seconda se ne salgono prima 105 per andare a Bergamo, poi se ne discendono 122 per giugnere a Milano.

Nella prima linea non s’incontrano mai pendenze che superino il tre per mille.

Per la seconda, la prima Memoria stampata dai signori Bergamaschi nel 18374 aveva assicurato e promesso che si anderebbe sempre con una pendenza del 2.68 per mille; ma passando dalle parole ai fatti, si dovette confessare, nella seconda Memoria stampata nel 1838 5, che si andrà da Milano a Monza con una pendenza continua del 3.20 per mille, e che in seguito saranno per occorrere delle pendenze del 4, ed anche del 6.66 per mille. [p. 21 modifica]

43. L’ordinaria velocità del viaggio lungo le strade di ferro è attualmente di venti miglia inglesi all’ora, di metri 32,180.

Intanto la maggior lunghezza di metri 14,497 richiederà un maggiore impiego di tempo di circa venti minuti.

Nelle strade di ferro i convogli di carrozze e di carri correndo lungo i rettilinei accumulano una grande forza d’impulso, una grande velocità, che rende il loro moto celere, agevole, uniforme, con poco sforzo della macchina locomotrice, e quindi con poco consumo di combustibile.

Nelle curve non è così, ed è anzi il contrario. Intanto sarebbe pericoloso correre nelle curve con una grande velocità, con una velocità eguale a quella con cui si corre ordinariamente nei rettilinei, perchè si anderebbe a rischio che la forza centrifuga, che cresce al crescere della velocità della corsa, gettasse macchina e convoglio fuori delle guide di ferro; bisogna quindi ad ogni incontro con una curva frenare, prima di entrarvi, il convoglio, cioè distruggere la maggior parte della velocità preconcepita; andar per la curva con velocità moderata; infine, usciti che se ne è, imprimere di nuovo al convoglio la velocità primitiva: tre cagioni potenti di ritardo.

Poi nel passaggio per le curve, alle cagioni generali di resistenza che incontrano i convogli camminando anche pei rettilinei delle strade di ferro, se ne aggiungono tre, cioè:

La forza centrifuga che spigne i convogli contro la guida di maggiore sviluppo, ed ingenera quindi un altro elemento di resistenza, cioè lo sfregamento dello sguscio della ruota contro la parte laterale della guida.

L’immobilità delle ruote negli assi. Questa immobilità delle ruote nell’asse fa sì che le due ruote dello stesso asse non possono fare che un egual numero di giri in un tempo dato. Ma nelle curve, la guida esterna ha uno sviluppo maggiore di quella interna, e quindi le ruote dei due binarii di un carro che appoggiano sopra la guida di maggiore sviluppo sono obbligate, per seguir del pari nel cammino le altre due, di sci[p. 22 modifica]volare ad ogni giro di ruota per un piccolo spazio, ed accrescere quindi anche per questo gli attriti e la resistenza.

La terza cagione è il costante paralellismo degli assi, nei quali sono infisse le ruote. Per questo, le quattro ruote di ciascun carro formano colla loro proiezione orizzontale un paralellogrammo rettangolo, il quale, se scorre facilmente, per la sua forma, tra due linee paralelle, scorre con difficoltà tra due curve.

Queste nuove cagioni d’attrito, e quindi di resistenza, che si debbono vincere, percorrendo le curve delle strade di ferro con convogli, non si possono sottoporre facilmente a calcolo: ma l’esperienza c’insegna che la loro somma, il loro risultato finale è assai notabile, e tale, che il maggiore Poussin (Poussin, pag. 199), dietro alcune osservazioni da lui fatte nelle strade di ferro dell’America, non esita ad asseverare che la resistenza che una curva, posta sopra di un piano orizzontale, oppone al movimento di un dato convoglio, è maggiore della metà di quello che questo stesso convoglio dovrebbe vincere nel di lui moto sopra un rettilineo orizzontale.

Vedemmo che nella seconda linea vi sono otto curve di più che nella prima, e che lo sviluppo in linea curva è nella seconda maggiore che nella prima di metri 2248.

Nella seconda si dovrà dunque allentare il moto, e rianimarlo otto volte di più di quello che sia per occorrere nella prima; e si dovrà in quella vincere, per ben 2248 metri di cammino, una resistenza di una metà maggiore di quella che s’incontra nella prima in una eguale lunghezza.

Si dirà dunque, poco dicendo, che per questi otto allentamenti di moto, e pel tempo che occorre alla macchina, o per dir meglio al vapore, onde acquistare la forza necessaria a vincere la nuova resistenza, vi sarà in somma una perdita di tempo di quaranta minuti.

Siamo già alla perdita di oltre un’ora di tempo, e non si è ancora tenuto a calcolo tutto quello che alla perdita del tempo influisce. [p. 23 modifica]

44. Brescia, nel luogo dove si divisa di costruire la stazione, è più alta dell’origine della strada in Milano alla strada di circonvallazione, di metri 17.748, come si è detto più volte.

Salendo da Milano a Brescia, per la prima linea, s’incontra in cammino, alla strada comunale che da san Giorgio mette a Rovato, un piccolo rilevato di suolo più alto della stazione di Brescia di metri 8.881, che conviene quindi salire per poi discendere.

Andando da Milano a Brescia, per la seconda linea, per Monza e Bergamo, si sale sino al luogo della stazione di Bergamo metri 122.637, e si discende poi, per giugnere alla stazione di Brescia, di metri 104.889.

Nella prima linea adunque si sale per metri 8.881 più del necessario, per iscendere poscia;

E nella seconda si sale più del necessario, per iscendere poscia metri 104.889.

Sicchè questo scapito di salire per iscendere è nella seconda linea maggiore che nella prima di metri 96.008.

45. Per vincere questa maggiore altezza di metri 96, due modi si presentano: o lunghi sviluppi di linea, o forti pendenze.

Ma a qualunque di questi due partiti si voglia appigliarsi, tale maggiore altezza di 96 metri, a cui si deve ascendere, induce indispensabilmente una nuova perdita di tempo nel viaggio in confronto di quello che s’impiegherebbe correndo per l’altra linea. Se si adotta lo sviluppo maggiore, vi sarà perdita di tempo per la maggior lunghezza del cammino; se invece si preferiscono le forti pendenze, la perdita di tempo vi sarà ancora, perchè la macchina locomotiva, giunta alle forti pendenze, dovrà allentare il proprio moto, onde acquistare con una successiva accumulazione di vapore la forza necessaria per vincere la nuova resistenza, che a cagione delle forti pendenze le è dal carico del convoglio opposta. [p. 24 modifica] XVI. Non esser vero che nelle strade di ferro ove le forti ascese e discese si alternano, non vi sia, alla fine del conto perdita di tempo nel viaggio in confronto di quello che si impiegherebbe percorrendo lunghezze eguali sopra piani orizzontali o dolcemente inclinati.

46. Nè si creda, come può sembrare a prima giunta, e come fu anche asserito6, che, dovendosi salire per iscendere poscia, non vi sia, alla fine del conto, perdita di tempo, potendosi nella discesa accelerare la velocità per modo da guadagnare per essa il tempo perduto nelle difficoltà della ascesa.

Si può creder questo seguendo un’idea astratta, una teoria; lo si può credere, non avendo mai osservato i fatti, non avendo mai consultata l’esperienza.

L’esperienza dimostra invece, che, correndosi ora per le strade a vapore su linee orizzontali e di miti pendenze con una velocità di ben venti miglia all’ora, quanto nelle ascese si perde, pel sopraccarico che ingenerano una parte di questa velocità, una parte di questo viaggio per ciascuna ora, torna impossibile il riguadagnarlo nelle forti discese che per avventura venissero dopo.

Nelle discese delle strade a guide di ferro, quando l’inclinazione supera il 3.60 per mille circa, i convogli scendono liberamente, perchè appunto la somma degli attriti che si oppongono al loro moto nei piani orizzontali è prossimamente eguale al 3.60 per mille del loro peso. Allora sono retti dalle leggi di gravità comuni a tutti i corpi, e quindi i loro incrementi di velocità successivi sono rapidi, e tanto più quanto è più grande l’inclinazione del piano, e quanto è più forte la carica.

Se dunque i convogli non si allentassero, accrescendo coi soliti congegni il loro attrito ordinario, e si corresse nelle discese con una grande velocità, con una velocità maggiore di venti miglia all’ora per compensarsi del tempo perduto nelle ascese, questa velocità potrebbe divenire in breve tempo infrenabile e quindi pericolosa, come cento casi già fatalmente accaduti lo attestano. Non si corre dunque, e non si permette che si corra sulle forti pendenze con una velocità maggiore di [p. 25 modifica]venti miglia all’ora, singolarmente se si tratta di treni assai pesanti, e composti di viaggiatori. Il tempo adunque che si perde nelle grandi ascese è perduto per sempre; e se questo tempo è, per esempio, un quarto di quello che sarebbe occorso sopra un piano orizzontale, sarà un quarto di tempo irreparabilmente perduto. Questa è dunque una nuova e forte cagione di ritardo da aggiungersi a quella da cui venne già il ritardo di un’ora.

Dunque, anche per brevità, per minor numero di curve, per nessuna ascesa o discesa di conseguenza inutile, per dolci pendenze, e quindi per celere, economico e sicuro transito, la prima linea è preferibile alla seconda.

47. La seconda linea è più lunga della prima di metri 14,497. Il terreno percorso dalla seconda linea è per una strada di ferro, ed a petto a quello della prima, meno opportuno, meno facile per forti pendenze, per suolo di andamento più vario in causa della di lui vicinanza all’unghia dei colli, per maggior numero d’influenti nei fiumi principali da valicare, e per ponte sull’Adda di più difficile e più costosa costruzione. Tuttavolta si ponga, per ipotesi, che una strada di ferro a due carreggiate di egual larghezza e forma costi per ogni chilometro di lunghezza lo stesso prezzo sopra tutte le due linee.

La lunghezza totale della strada di ferro da Venezia a Milano per Chiari e Treviglio è di metri 271,203, ed il di lei valore, nell’ipotesi più sfavorevole, in quella dell’acquisto di tutto il ferro nella Monarchia austriaca, di 64,593,074.

Il costo medio di un chilometro, di 1000 metri, risulta quindi di lire 238,172.

I metri 14.497, di cui la seconda linea è più lunga della prima, costeranno per sola costruzione della strada lire austriache 3,452,779.

E questi saranno intanto tre milioni e mezzo gettati al vento pel bel fine di abbandonare una linea utile alla prosperità [p. 26 modifica]pubblica ed all’interesse della Società, e seguirne un’altra dannosa al pubblico ed ai privati.

48. Proseguiamo. Le spese per la manutenzione della strada sono nella loro integral parte proporzionali alla quantità del trasporto. Desumendo dal progetto generale della strada, già superiormente approvato, e propriamente dai calcoli approssimativi della ritraibile rendita, quella quantità del movimento generale della linea che dovrebbe necessariamente esser comune al tronco di strada da Brescia a Milano, si ritrova che il peso di questa quantità, compreso il peso dei veicoli di trasporto, sarebbe di tonnellate 146,076.

La manutenzione della strada, le guide comprese, venne preventivata nel progetto in ragione di lire 0.0134 per ogni tonnellata ad un chilometro.

I chilometri 14,497 di maggior lunghezza della seconda linea sulla prima aumenterebbero quindi le spese annue di manutenzione dell’intiera strada per ciascuna tonnellata di lire 0.194, e quindi per le tonnellate 146,076 di annue lire 28,338.

49. Le spese annue di sorveglianza della strada seguono la ragione della di lei lunghezza, e si può ritenere che anche le imposte pubbliche seguano questa ragione.

Nel progetto della intiera linea da Milano a Venezia, la custodia e la sorveglianza della strada vennero valutate per ciascun chilometro annue lire austr. 1918
E le pubbliche imposte annue 110
Quindi per tutti e due questi titoli, per ciascun anno e per ciascun chilometro lire austr. 2028

E per ciò la maggior lunghezza di chilometri 14,497, costerà ogni anno, per custodia, sorveglianza ed imposte pubbliche, lire austr. 29,399.

50. Fu già accennato di sopra, al paragrafo 48, che la parte del movimento generale dell’intiera linea da Venezia a Milano, che dovrebbe estendersi al tronco da Milano a Bergamo, somma a tonnellate 146,076. [p. 27 modifica]

Queste tonnellate 146,076 dovrebbero, andando per la seconda linea, anzichè per la prima, percorrere non solo una maggior lunghezza effettiva di linea di chilometri 14,497 ma salire di più che nella prima linea di metri 96.008, come venne superiormente dimostrato.

51. Quando una macchina a vapore locomotiva è già riscaldata e posta in movimento, le successive masse di vapore ch’essa va impiegando nella corsa, e quindi le successive quantità di combustibile che consuma, seguono il rapporto delle resistenze diverse che la macchina deve vincere.

Nei piani orizzontali, e sopra una buona strada a guide di ferro, la somma delle resistenze che oppone un convoglio al proprio moto è eguale ad un 3.60 per mille del suo peso.

Quando adunque in una strada di ferro, un’ascesa giugne al 3.60 per mille, la resistenza del convoglio diviene doppia, perchè un’ascesa del 3.60 per mille lascia appunto libera un 3.60 per mille dell’intiera gravità del convoglio. Allora dunque il consumo del combustibile è doppio; è triplo, se l’ascesa è di 7.20, e così via discorrendo: sicchè per vincere quell’altezza di metri 96.008, che s’incontra nella seconda linea maggiore che nella prima, vi vorrà, per questo fatto solo della maggiore altezza, e per ciascuna tonnellata di trasporto, tante volte la spesa del combustibile occorrente pel trasporto di una tonnellata alla distanza di mille metri sopra un piano orizzontale, quante volte il 3.60 è compreso nel 96, cioè 27 volte. E questo indipendentemente affatto dal modo con cui quell’altezza totale di 96 metri sarà suddivisa nei diversi tronchi, perchè, come è chiaro, per l’azione della macchina, pel dispendio del vapore, e quindi pel consumo del carbone, il risultato finale è sempre lo stesso, sia che a questo si giunga a riprese, o ad un sol tratto. Se, per esempio, la pendenza sarà dell’1.20 per mille, vi sarà ad ogni mille metri di cammino un terzo della spesa di trasporto di più; se di 2.40, due terzi, e così di seguito; ma infine la somma del più speso per i 96 metri di altezza sarà sempre [p. 28 modifica]la stessa. Anzi, quanto più questa altezza di 96 metri, a cui in ogni ipotesi si deve giugnere, sarà suddivisa, cioè quanto più la linea sarà sviluppata onde montarvi con dolci pendenze, tanto più il consumo del vapore, del combustibile sarà maggiore, perchè nel caso di un grande sviluppo di linea vi sarà, oltre il consumo di forza necessaria per vincere l’altezza dei 96 metri, anche il consumo di quella che occorre per vincere le resistenze ordinarie, gli attriti sul più di lunghezza di linea proveniente dal maggiore sviluppo datole.

52. L’aumento adunque, per ogni tonnellata, di 27 volte la spesa necessaria per trasportarla ad un chilometro di distanza sopra un piano orizzontale in causa di que’ 96 metri di più d’altezza, è quello a cui si è condotti nell’ipotesi più favorevole, cioè quella in cui per salire a que’ 96 metri non occorre allungare di soverchio il cammino.

53. E non solo il consumo del combustibile segue la ragione delle resistenze opposte dai traini al movimento della macchina, ma anche le spese di manutenzione della macchina stessa seguono questa ragione, perchè i guasti ad essa sono tanto più frequenti e tanto più grandi, quanto è maggiore lo sforzo che esercita.

54. Nel progetto generale della strada da Milano a Venezia, e particolarmente nei calcoli relativi alle spese di trasporto, venne, dietro l’esperienza delle strade di ferro dell’Inghilterra sul consumo delle macchine e sulla quantità di combustibile che esigono per una data lunghezza di corsa e per un dato peso trasportato, ed avuto riguardo ai prezzi delle materie e della mano d’opera che corrono qui da noi; venne, si replica, ritenuto per una tonnellata trasportata ad un chilometro di distanza:

Per manutenzione delle macchine locomotive lir. austr. 0.0270
Per combustibile 0.0150
Per manutenzione dei wagons 0.0010
Per unto 0.0004
                                        In tutto lire austr. 0.0434
[p. 29 modifica]

55. Vedemmo che di tutto il movimento generale presunto lungo la linea da Milano a Venezia, la parte che dovrebbe indispensabilmente percorrere il tronco da Milano a Brescia, somma a tonnellate 146,076. Per la seconda linea, queste tonnellate 146,076 dovrebbero percorrere 14,497 metri, e salire 96 metri più che per la prima.

Vedemmo anche che la spesa di trasporto di una tonnellata ad un chilometro sopra un piano orizzontale è di lire 0.0434; e che l’ascesa di 96 metri equivale, per la spesa di trasporto, ad un allungamento di cammino di 27 chilometri. Per la maggior lunghezza di cammino il più speso per ogni tonnellata sarà dunque di lir. austr. 0,629169
E per l'altezza di 96 metri 1,171800
In tutto e per ogni tonnellata lir. austr. 1,800969
E quindi per tutte le tonnellate 146076

di annue lire 262936.

XVII. Non esser vero che nelle strade di ferro, ove le forti ascese e discese si alternano, ciò che si spende di più per consumo di macchine e di combustibile nelle ascese, si risparmi poscia nelle discese, sicchè alla fine del conto la spesa riesca la stessa come si andasse per piani orizzontali, o dolcemente inclinati.

56. Nelle ascese una parte del peso totale del carico rimane libera, e le macchine a vapore locomotive debbono tirarla su con una aggiunta di sforzo a quella azione ordinaria che esercitano, anche nei piani orizzontali, per vincere la resistenza dell’aria e quella degli attriti.

Nelle discese avviene appunto il contrario, cioè la parte di carico che rimane libera aiuta, per le note leggi di gravità, la discesa, ed alleggerisce quindi d’altrettanto lo sforzo della macchina locomotiva.

Pare dunque, a prima giunta, che se nelle ascese vi è un incremento di spesa pel maggior consumo di vapore, e quindi di combustibile, nelle discese vi dovrebbe essere risparmio, e quasi compenso poi per tutto dove le ascese sono seguite da corrispondenti discese.

Pure l’esperienza dimostra che così non è e prova invece che se nelle ascese si spende più che nei piani orizzontali in ragione appunto della loro pendenza, nelle discese non si spende meno, e di questo le ragioni principali sono tre. [p. 30 modifica]

Quando da un piano orizzontale, o da una dolce prudenza, si corre con un convoglio, condotto da una macchina locomotiva, verso una ascesa sensibile, verso un piano inclinato, bisogna accrescere, per quanto si può, la forza di evaporazione della caldaia e quindi la combustione, onde, giunti al piano inclinato, avere disponibile tutta la forza che occorre per vincerne la pendenza, malgrado l’aggiunta di carico che questa pendenza procura.

Ora, ottenuto l’effetto propostosi, giunti alla cima del piano inclinato, è impossibile scemare da un momento all’altro l’intensità, l’incremento di combustione e di evaporazione della caldaia: quell’incremento di combustione e di evaporazione continua quindi, e per lungo tempo, anche nella discesa, disperdendo per le valvule di sicurezza quel vapore che non occorre al movimento dei cilindri.

E quand’anche si potesse scemare da un momento all’altro la evaporazione, non si potrebbe, anzi non si dovrebbe ad ogni modo farlo, perchè, finita la discesa, succederà sempre od una nuova ascesa, od un piano orizzontale, circostanze che domandano almeno la combustione, la evaporazione ordinaria, sicchè la combustione e la evaporazione ordinaria dovrebbero essere ad ogni modo mantenute, lasciando pure che si disperda per le valvule di sicurezza quella parte di vapore che non occorre alla condotta del traino nella discesa.

La terza ragione è questa. Ormai tutti conoscono l’ordito generale, le parti generali di una macchina locomotiva a vapore. Tutti sanno che tra le altre cose vi è un focolaio con una gratella orizzontale di ferro sul fondo, una caldaia cilindrica attraversata da molti tubi, i quali mettono in immediata comunicazione il focolaio col cammino della macchina, e pei quali passano dal focolaio al cammino il fumo e l’aria che attraversano la combustione.

L’aria esterna soffia nel combustibile ed alimenta la combustione passando dal disotto della gratella nel focolaio; e nella [p. 31 modifica]canna del cammino poi si scarica il vapore che ha posto in moto i due stantuffi dei due cilindri, aiutando così la corrente dell’aria che va dal focolaio al cammino. Quanto più la macchina corre, tanto più l’aria esterna soffia dal di sotto della gratella nel focolaio, e tante più volte i cilindri scaricano, in un tempo dato, vapore nel cammino; sicchè per queste due cagioni vi è nelle macchine locomotive uno stretto legame tra la rapidità della corsa e l’intensità della combustione e della evaporazione.

Quando si discende dai piani inclinati, si corre con una velocità almeno eguale a quella con cui si corre nei piani orizzontali; e questa corsa, questa velocità ha una grande influenza sulla intensità della combustione e della evaporazione, ed è quindi un forte ostacolo a chi si proponesse di moderarle per guadagnare nelle discese il più che speso si fosse nelle ascese.

E il risultato a cui conducono i tre argomenti suddetti è confermato tutto giorno dalla esperienza, ed è noto a quanti percorrono strade di ferro.

Il signor John Hawkshau, nel suo rapporto intorno alla strada ferrata inglese da Londra a Bristol (Great-Western Railway), dichiarò

«Che, sebbene rimanga ferma la conseguenza che coi declivii ripidi vi è nell’ascendere aumento, e nel discendere diminuzione di resistenza nell’egual proporzione, pure l’esperienza ha dimostrato che, eccetto quando i declivii sono molto lunghi, non si può nel discendere trar partito dalla diminuita resistenza, in quanto al vapore; perchè, quantunque non occorra la stessa forza, se ne perde una grande quantità col giuoco della valvula di sicurezza».

E nell’opera del signor Seguin, intitolata: Della influenza delle strade di ferro, e dell’arte di tracciarle e di costruirle, si legge (pagina 138 edizione di Bruxelles):

«Le pendenze sulle quali i convogli discendono pel solo effetto della gravità non sono quelle che riescono le più van[p. 32 modifica]taggiose, poichè le macchine esigendo ad un dipresso le medesime spese, conducano o no il loro convoglio, conviene, per quanto è possibile, che la resistenza ch’esse hanno a vincere sia eguale nei due sensi del loro cammino».

Ed in quella del signor Teissereng (I lavori pubblici nel Belgio, e le strade di ferro in Francia):

«Lo stretto legame che esiste nelle locomotive tra l’intensità della combustione e la rapidità della corsa non permette di economizzare il combustibile senza rallentare la velocità del convoglio».

È dunque evidente che quanto fu speso di più nelle ascese, per maggior consumo di vapore, è speso per sempre, e senza compenso.

57. Se le somme suddette di maggiori spese occorrenti per la seconda linea si epiloghino, si avrà:

Per maggior costo di costruzione lir. 8,452,779, e quindi per dipendente frutto annuo, in ragione del 5% lire 172,638
Custodia, sorveglianza ed imposte annue 29,399
Manutenzione 28,338
Più speso pel trasporto degli uomini e delle merci 262,936
                              In tutto lire 493,311

58. Andando dunque per la seconda linea invece che per la prima, andando per Bergamo e Monza anzichè per Chiari e Treviglio, oltre di perdere moltissime delle confluenze attuali, e tutte le future apribili mediante strade di ferro; oltre l’incomodo ed il ritardo provenienti dalla maggior lunghezza del cammino, dal maggior numero di curve, dalle maggiori pendenze, si avrebbe in aggiunta ogni anno un dispendio maggiore di quello che sarebbe per occorrere nella prima linea, pel trasporto della stessa quantità d’uomini e di cose, di lire austriache 493,311. E siccome lungo le strade di ferro il ricavato netto sta al lordo come 50 a 100, così per supplire a quel più di dispendio annuo di lire 493,311, occorrerebbe nella seconda linea un ricavato brutto maggiore che nella prima di [p. 33 modifica]un milione di lire austr.; sicchè, mentre le condizioni topografiche, economiche e tecniche che favoriscono la quantità del trasporto sono per ogni conto nella seconda linea inferiori a quelle della prima, dovrebbe la seconda linea fruttare più della prima, cioè far l’impossibile. Tal perdita annua di lire 493,311 equivarrebbe quindi ad un maggiore ed infruttuoso impiego di dieci milioni nella esecuzione dell’opera.

XVIII. Epilogo dei danni pubblici e privati, a cui si andrebbe incontro sviando la linea per Bergamo e Monza.

59. L’andar dunque da Brescia a Milano per Bergamo e Monza anzichè per Chiari e Treviglio è porre gran parte e la più importante della intiera Strada Fendinandea lombardo-veneta sopra suolo ed in direzione inopportuna alle affluenze attuali ed alle future, allungare il cammino, renderne il transito più difficile, più lento, più incomodo, meno sicuro; accrescerne le spese di costruzione, di manutenzione, di sorveglianza, di trasporto: in una parola, diminuire per ciascuna di queste cagioni e per tutte unite il concorso presente e futuro non solo sul tronco da Milano a Brescia, ma su tutta la linea da Milano a Venezia, perchè gli scapiti e le fortune di una parte di essa si diffondono e debbono diffondersi su di tutta; infine recare un gravissimo danno alla prosperità pubblica ed all’interesse della Società lombardo-veneta.

XIX. Come il fatto, l’esperienza attuale confermi che la linea da preferirsi tra Brescia e Milano è quella di Chiari e Treviglio, e non l’altra di Bergamo e Monza.

60. E che a questa conclusione venir si dovesse, ce lo additavano di già la direzione e l’affluenza dei transiti attuali tra Brescia e Milano. A Brescia si presentano due strade postali: una corre dritta a Milano per Chiari e Treviglio; l’altra vi giugne passando prima per Bergamo. La prima è frequentatissima dalle merci e dai viaggiatori: per la seconda, che pur va a Milano per Vaprio, e non divaga sino a Monza, come si vorrebbe fare colla grande linea della strada di ferro, non vanno che le diligenze erariali, che di andarvi hanno obbligo, ed i pochissimi che hanno od un grande interesse, od una grande curiosità di passare per Bergamo. Questo è un fatto notissimo, e del quale tutti possono farsene [p. 34 modifica]sicuri, e questo fatto solo è più che sufficiente per convincere tutti, anche quelli che non vogliono riflettere alle cagioni, che non vogliono discendere ad esami, a particolari; per convincere tutti, si replica, che la grande linea della strada di ferro da Venezia a Milano deve, giunta che sia a Brescia, andare dritta a Milano per Chiari e Treviglio, e non salire a Bergamo per iscendere poscia, non isviare per Bergamo e per Monza.


CAPO II.

Potersi provvedere anche alle particolari utilità, ai vantaggi particolari della città di Bergamo, senza recare alla prosperità pubblica ed all'interesse della Società lombardo-veneta i gravi danni che a questa od a quella si recherebbero, andando colla linea principale per Bergamo e Monza, anziché per Chiari e Treviglio.

XX. La provincia di Bergamo e la città di Bergamo essere comprese nella sfera di attività della linea principale, quella per la sola linea principale, questa mediante la diramazione da Treviglio a Bergamo.

61. E si dovrebbe seguire questa retta direzione per Chiari e Treviglio, poichè lo esigono la pubblica utilità e l’interesse della Società lombardo-veneta, anche se fosse vero, come si asserì e si stampò78, che per questa direzione la provincia di Bergamo e la città di Bergamo fossero per rimaner fuori affatto da ogni azione, da ogni attrazione della strada di ferro; e che, eziandio ciò ammesso, non fosse per esservi alcun mezzo, alcun ripiego di sacrificio pubblico e privato proporzionato al vantaggio che può derivare al pubblico ed ai privati dal riunire Bergamo alla linea principale; non vi fosse, dicesi, alcun modo atto ad ottenere l’unione di questa città colla ridetta gran linea: [p. 35 modifica]

Primo, perchè s’è vero, come è, che al bene pubblico deve cedere un attuale bene privato, lo sarà tanto più che al vantaggio pubblico debba cedere una speranza di un nuovo e futuro bene privato;

poi, perchè il bene pubblico è di tale indole, che assai presto diviene bene di tutti, e quindi anche bene privato.

62. Ma non è vero che la direzione retta da Brescia a Milano escluda la provincia e la città di Bergamo dall’azione della strada ferrata, e che non si possa riunire direttamente ed opportunamente la città di Bergamo alla linea principale.

La linea principale attraversa da est ad ovest, per una lunghezza di metri 23315, la fertile pianura di Bergamo, dividendola in due parti, che lasciasi una a destra, l’altra a sinistra, passando per due dei distretti più popolosi della provincia, e toccando due dei borghi più popolati, cioè Treviglio e Romano.

Una diramazione, un’altra strada di ferro a due carreggiate, della lunghezza di metri 19285 già proposta, e per la quale la Società lombardo-veneta ottenne già dalla Sovrana clemenza la concessione preliminare, unisce la città di Bergamo alla linea principale a Treviglio. Anche questa diramazione corre, come la linea principale, in mezzo alla pianura bergamasca da nord a sud, tra l’Adda ed il Serio.

63. Le due parti della seconda linea, di quella per Bergamo e Monza, che attraversano la provincia di Bergamo, sono al termine della pianura verso nord, sono sulle ultime pendici dei monti. Quella che volge verso Monza è di soli 15000 metri di lunghezza; l’altra, che accenna a Brescia, di 18000. Le due linee della Società lombardo-veneta, che attraversano la provincia di Bergamo, e l’attraversano nel territorio il più opportuno alla concorrenza del transito, superano in lunghezza, la prima delle due parti anzidette, di 27600 metri, la seconda, di 24455; e tutte due prese insieme, di metri 8156. [p. 36 modifica]

64. Per la linea principale e per la diramazione da Treviglio a Bergamo, la provincia di Bergamo e la città di Bergamo, uomini e cose possono volgere a loro grado, per istrade di ferro, a Milano, a Brescia, a Verona, a Vicenza, a Padova, a Venezia; ed anche alle ricche provincie di Cremona, di Crema, di Lodi, alle fertili rive del Po per l’altra diramazione, per l’altra strada di ferro che si sta progettando da Cremona a Treviglio per Soresina e Crema.

65. Quindi la Società lombardo-veneta, accusata pubblicamente di voler sacrificare la provincia di Bergamo e la città di Bergamo910, serve colla propria strada di ferro la provincia di Bergamo meglio che alcun’altra provincia del Regno, meglio che il molto affaccendarsi di alcuni che mostrano voler giovare alla provincia ed alla città di Bergamo per giovare a sè: serve la città di Bergamo del meglio che lo acconsenta la elevata posizione di questa città relativamente alle generali comunicazioni della pianura lombarda.

66. Il salire molto e lo scendere molto, pei movimenti d’uomini e di cose relativi alla città di Bergamo, è incomoda e costosa necessità del luogo in cui Bergamo è posta; ma appunto perchè è una incomoda e costosa necessità, si deve strignerla al solo indispensabile, si deve strignerla a chi non può farne di meno. Il volerla estendere a tutto il movimento della strada di ferro da Milano a Venezia, il volerla estendere dagli individui al pubblico intiero, da poca parte delle merci a tutta la massa delle merci, è un così grosso errore d’arte e di economia pubblica, che si crederebbe impossibile che avesse potuto sorgere in alcuna mente, se stampe pubbliche non provassero che pure è sorto, e che fu da un uomo d’arte sostenuto11. [p. 37 modifica] XXI. Non essere vero che la diramazione da Treviglio a Bergamo sia per riuscire impossibile all’uso delle macchine locomotive a vapore per soverchia ripidezza di pendenze.

67. Giace Bergamo sopra quello sperone delle Alpi che, postosi tra l’Adda ed il Serio, cala verso la pianura di Pandino e di Crema. Questo sperone scende da Bergamo tutto all’intorno; verso il Serio e l’Adda ad est e ad ovest, verso Treviglio a sud, e tra quei limiti scende tanto rapidamente, che da Treviglio alla porta detta di san Bernardino di Bergamo si sale per ben 118 metri sopra una lunghezza di circa 19000. Quanto più si sale, tanto più la pendenza è forte, sicchè la maggiore è, da ogni lato, presso Bergamo.

68. Per questo, la diramazione di Treviglio ha nel primo tronco, verso Bergamo, una pendenza del 7 per mille, poi quella del 6 circa, infine del 4, del 3, del 2 per mille.

69. Fu replicatamente detto e stampato, che quella pendenza del 6 e del 7 per mille non può essere percorsa colle macchine locomotive a vapore, e che quindi la diramazione da Treviglio a Bergamo era una assoluta chimera, un braccio di strada che non si farà mai. 12 [p. 38 modifica]

Tutto questo detto e stampato dapprima nel calore della disputa e delle passioni da uomini non dell’arte, fu in seguito con freddezza d’animo e di riflessione ripetuto da un uomo d’arte, da un ingegnere, da un ingegnere che si occupa di strade di ferro, cosa di grave meraviglia qualunque sia la cagione da cui derivi13.

70. Ma tutto questo non è vero, non è vero che le macchine locomotive a vapore siano impotenti a salire pendenze del 6 e del 7 per mille; ma è vero invece il contrario, cioè, che sono potenti a salire pendenze anche molto più forti e con carichi notabili.

E non occorre nemmeno dimostrarlo, perchè il fatto, la prima dimostrazione del mondo, lo prova a tutti e per tutto14, perchè nessuna osservazione fu fatta su quelle pendenze [p. 39 modifica]della diramazione da Treviglio a Bergamo, nè dalle due Commissioni lombarda e veneta, che ne esaminarono il progetto, nè dagli aulici Dicasteri tecnici che lo approvarono.

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71. E la meraviglia e lo stupore crescono poi oltre ogni misura quando si scorge che quegli uomini stessi, quegli stessi scrittori, quello stesso ingegnere, che giudicarono di loro sola autorità intollerabile una pendenza del sei e del sette per mille sopra una breve diramazione, la quale deve servire al movimento di una sola città e di una sola provincia, come la diramazione da Treviglio a Bergamo, trovino poi queste pendenze del 6 e del 7 per mille una cosa di poco momento, una cosa indifferente affatto in una grande linea soggetta a tutto il movimento di viaggiatori e di merci da Venezia a Milano, soggetta a tutte le confluenze future di strade di ferro; in fine, nella seconda delle due linee che noi abbiamo esaminato, in quella che va da Brescia a Milano per Bergamo e Monza15.

72. Ma, valga il vero! se regge che una pendenza del sei o del sette per mille deve rendere impossibile (almeno per macchine locomotive) la strada di ferro da Treviglio a Bergamo, bisogna poi esser giusti, e concludere che per questa stessa cagione diverrà impossibile e la strada di ferro da Monza a Bergamo che ha in un tronco la pendenza del 6.66 per mille, e quella da Brescia a Bergamo, che ne deve [p. 41 modifica]avere di simili, cioè diverrà impossibile andar da Brescia a Milano per Bergamo e Monza, cioè per la seconda linea. Ma il fatto vero è questo, che simili pendenze del 6 e 7 per mille non sono per nulla impossibili all’uso delle macchine locomotive, ma che sono pendenze incomode e costose, e che quindi bisogna evitarle per quanto si può, e stringerle con istudio ai soli movimenti a cui sono indispensabili, e non diffondere i loro gravosi effetti sopra tutto il movimento di una grande linea di strada di ferro.

73. La diramazione da Treviglio a Bergamo non è dunque una chimera, una cosa che non si farà, ma è una cosa possibilissima, una cosa che si farà, e quindi per essa e per la linea principale la provincia e la città di Bergamo avranno, come si è già dimostrato, tutto quello che possono giustamente desiderare, per conto di strade di ferro, nella particolare posizione topografica del loro suolo.

74. Si può dunque provvedere anche alle particolari utilità, ai vantaggi particolari della città di Bergamo, senza recare alla prosperità pubblica ed all’interesse della Società lombardo-veneta i gravi danni che a questo ed a quella si recherebbero andando colla linea principale per Bergamo e Monza anzichè per Chiari e Treviglio.


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CAPO III.

Come e di quanto il pubblico danno e lo scapito della Società lombardo-veneta aumenterebbonsi se, non istandosi paghi a sviare la grande linea dal cammino retto tra Brescia e Milano, si volesse anche spezzare in due la Società a Brescia.

XXII. Come e di quanto il pubblico danno e lo scapito della Società lombardo-veneta aumenterebbonsi se, non paghi a sviare la grande linea dal cammino retto tra Brescia e Milano, si volesse anche spezzare in due la Società a Brescia.

75. E nuove ricche fonti di danno pubblico e di scapito alla Società lombardo-veneta sorgerebbero se, non istando paghi di sviare la grande linea della strada di ferro lombardo-veneta da cammino dritto tra Brescia e Milano, affine di condurla per Bergamo e Monza, si volesse anche spezzare la Società, la costruzione, il servizio della strada in due parti a Brescia.

Questa seconda sventura della grande opera renderebbe difficile, per le difficoltà degli accordi, ogni uniformità di costruzione, ogni miglioramento futuro nei veicoli di trasporto, nelle macchine locomotive; ogni semplicità, ogni regolarità, quindi ogni economia ed ogni celerità di servizio. Vi sarebbe inoltre perdita di denaro e scialacquo di tempo; quindi anche per questo diminuzione di transito sopra tutta la linea.

Due essendo le Società, le spese di direzione sarebbero quasi doppie: doppie quelle della direzione superiore tecnica, quasi doppio l’impiego dei capitali occorrenti per le macchine e pei veicoli di trasporto.

Giunti a Brescia, da qualunque lato si venisse, una Società dovrebbe consegnare all’altra i proprii viaggiatori, i bagagli, le merci, farli discendere o scaricarli dai proprii veicoli di trasporto, perchè potessero salire od essere caricati nei veicoli di trasporto dell’altra Società. Pei bagagli e le merci occorrerebbe una consegna regolare dietro peso, riscontro, registro; e ciascun viaggiatore poi dovrebbe acquistare un nuovo biglietto di viaggio a seconda della propria destinazione. [p. 43 modifica] Quindi un nuovo e non iscarso incarimento nei movimenti commerciali del Regno, per le spese di carico e scarico, che non sono poche, che sono forti in confronto delle spese di trasporto; nuova perdita e grandissima di tempo, perchè si tratterebbe di ore e di ore; locchè tutti crederanno facilmente, solo che riflettano che colle strade a vapore i viaggiatori giungono a centinaia, e le merci a traini di cento tonnellate. Allora sì, che il viaggio da Venezia a Milano per la strada di ferro non sarebbe più una dilettevole corsa a vapore, ma un edificante esercizio di pazienza.


CAPO IV.

Pei danni pubblici e privati suddetti non potersi parlar d'indennizzi, e perchè. Di qual natura e di qual misura sarebbe un compenso determinato per parte aliquota della futura rendita della linea da Brescia a Milano per Bergamo.

XXIII. Pei danni pubblici e privati suddetti non potersi parlar d’indennizzi, e perché.

76. E che si parli ora d’indennizzi d’accordarsi alla Società lombardo-veneta, ove essa acconsenta che la sua grande linea svii per Bergamo e Monza, ommettendo di eseguire il proprio tronco da Brescia a Milano, non meno che la diramazione per Bergamo: e che ciò ch’è, per sua istituzione, e per approvazione sovrana, una strada sola, un servizio solo, una Società sola, da Venezia a Milano, divenga due, cioè una da Venezia a Brescia, l’altra da Brescia a Milano!!

77. E intanto perchè non si fa parola del danno pubblico? Si spera forse che, tacendone, potrà essere obbliato da un governo vigilante e paterno come il nostro? che potrà essere sacrificato ad un qualche individuale interesse? Se lo si spera, si spera indarno.

78. Or chi sarà per predire, per calcolare l’immensità di questo danno pubblico derivante da questi due gravi errori, dalla inopportuna direzione e posizione della linea e dallo spezzarsi in due, linea, società, amministrazione di transito? [p. 44 modifica]

Chi sarà per credersi tanto ricco, società od individuo, da poter dire: sono qui, e basto per supplire a tutto? E se fosse per dirlo, come sperare che egli possa essere creduto? E se non gli fosse creduto, come garantirlo per ora, e più nel futuro?

E, se pure questo danno fosse commensurabile, se pur si trovasse chi bastasse a supplirvi, a chi accordar l’indennizzo? Come accordarlo? Come giungere con questo mezzo dell’indennizzo all’intento del generale incivilimento, del pubblico comodo, della pubblica agiatezza, a cui mirano e giungono le grandi, le nuove vie di comunicazione, e singolarmente le strade a vapore?

79. E, passando dal pubblico ai privati, passando alla Società lombardo-veneta: chi saprà calcolare il danno di questa Società, e, calcolatolo, chi potrà supplirvi pel non impiego di ben venti milioni16 nei tronchi che si vorrebbe ch’essa abbandonasse da Brescia a Milano, e da Treviglio a Bergamo? i quali, dietro calcoli moderati, possono fruttare un nove per cento all’anno, cioè un quattro per cento netto sopra il frutto attuale del danaro in commercio;

per la diminuzione di transito, e quindi di rendita che avverrà nella linea da Venezia a Milano;
per diminuzione delle attuali affluenze;
per l’impossibilità di affluenze future mediante strade di ferro;
per forti pendenze;
per maggiori spese di costruzione, di manutenzione, di amministrazione, di transito;
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per lentezza di viaggio;
per complicazione di servizio;
pei ritardi in cammino

provenienti dallo sviamento della linea per Bergamo e Monza, e dalla divisione della Società in due.

XXIV. Di qual natura e di qual misura sarebbe un compenso determinato per parte aliquota della futura rendita della linea da Brescia a Milano per Bergamo.

80. Che se poi l’indennizzo d’accordarsi alla Società lombardo-veneta, ristretta al solo cammino da Venezia a Brescia, fosse un parte aliquota dell’altra linea da Brescia a Milano per Monza e Bergamo, questo modo d’indennizzo sarebbe intanto un nuovo aggravio, un nuovo scapito della linea da Bergamo, una nuova cagione d’incarimento della analoga tariffa di transito, e quindi una nuova cagione di diminuzione di transito a danno dell’intiera strada da Venezia a Milano; ed in fine, a danno del pubblico bene. Poi questa fonte d’indennizzo, la rendita della strada da Milano a Brescia per Bergamo, è affetta da tutte le cagioni di isterilimento e di impoverimento che abbiamo dimostrato esistere a danno del transito della linea per Monza e Bergamo, sicchè e la fonte sarà povera, ed una delle sue parti aliquote più povera ancora.

81. Ma fosse anche la rendita della strada da Milano a Brescia per Monza e Bergamo tanto ricca quanto la vogliono i suoi fautori, quanto la vogliono gli autori dei calcoli economici stampati sul profitto di quel cammino, ancora una sua parte aliquota sarebbe una misera ed ingiusta cosa a petto dei compensi cui avrebbe diritto la Società lombardo-veneta pei danni che soffrirebbe in sè, per gli utili che potrebbe recare all’altra di Bergamo, ove venisse alla fatale risoluzione di spezzare la propria linea a Brescia per ivi unirsi all’altra da Bergamo a Monza.

82. I danni della Società lombardo-veneta sarebbero:

I. Minor impiego di venti milioni di capitale, e su questi una perdita annua di un quattro per cento netto (§ 79), e quindi di annue lir. 800,000.
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II. Diminuzione di transito sopra l’intiera linea da Brescia a Venezia per gli scapiti già dimostrati della rimanente da Brescia a Milano per Monza e Bergamo, e per la divisione dell’intiera linea in due Società.

III. Maggiori spese nella amministrazione, nella direzione tecnica superiore, nei veicoli necessarii al trasporto in ragione della minor lunghezza della strada e del minor transito.

83. Malgrado la notabile diminuzione di prosperità che soffrirebbe la linea da Brescia a Venezia per l’abbandono del cammino retto da Brescia a Milano, ancora ciò che fosse per rimanerle farebbe del di lei concorso, nella linea da Brescia a Milano per Bergamo, un ricco influente, e quindi la Società lombardo-veneta avrebbe diritto ad un compenso proporzionale al vantaggio che sarebbe per recare all’altra di Bergamo e Monza.

84. La linea dunque di Bergamo e Monza, e chi per essa, dovrebbe annualmente alla Società lombardo-veneta:

I. Un premio di confluenza.

II. Indennizzo per diminuzione di concorso.

III. Indennizzo per maggiori spese di amministrazione, direzione e veicoli di trasporto in ragione della minore lunghezza della strada.

IV. Rimborso di 800,000 lire per perdita sopra capitali impiegati di meno.

85. Ammesso il concorso della linea lombardo-veneta, a Brescia, nell’altra di Bergamo, bisogna distinguere in due parti il transito della linea di Bergamo da Brescia a Milano.

I. Il transito naturale, quello indipendente affatto dalla congiunzione.

II. Quello che le sarebbe aggiunto dalla confluenza della linea lombardo-veneta. Si ammetta pure che il transito naturale, quello indipendente dalla unione, sia tanto ricco quanto fu calcolato nei conti economici dei progetti relativi alla costruzione di quella linea. [p. 47 modifica]

L’annua rendita lorda della strada da Milano a Monza venne calcolata nel progetto dell’ingegnere sig. Sarti in lir. 210,000
E quella della strada da Monza a Bergamo, pure nel progetto dell’ingegnere sig. Sarti17, in 626,000
In una Memoria stampata dai signori Bergamaschi17 fu dichiarato, che le relazioni della provincia e della città di Bergamo verso Milano sono maggiori di quelle con Brescia e con altre città della linea veneta. Pure per larghezza di conto teniamo che la rendita della strada da Bergamo a Brescia sia eguale alla somma delle rendite delle altre due città, cioè sia di 842,000
Seguendo questi dati, il transito naturale di quella strada darebbe un annuo ricavo lordo di lir. 1,684,000

86. Pongasi che, come si vociferò, la parte aliquota della rendita lorda della strada da Brescia a Milano per Bergamo, che si vorrebbe assegnare a compenso totale della Società lombardo-veneta, sia un quinto.

Allora per tutto l’incremento di transito, e quindi di rendita, dovuto alla confluenza della Strada lombardo-veneta, si vorrebbe per sè i quattro quinti della rendita brutta, cioè i tre quinti della rendita netta, dando un solo quinto di questa rendila brulla, cioè i due quinti della netta, alla Società lombardo-veneta, a cui l’intiero incremento sarebbe dovuto.

E si darebbe poi per ogni altro titolo di compenso il quinto della rendita brutta del transito naturale della linea, cioè annue lire 336,000, stando anche ai calcoli dei fautori e degli autori del progetto.

Quindi l’epilogo del conto indennizzi sarebbe questo: nessun indennizzo per diminuzione di concorso, pel danno mag[p. 48 modifica]giore di tutti; nessun indennizzo per maggiori spese di amministrazione, direzione e veicoli di trasporto in ragione della minore lunghezza della strada e del diminuito transito;

Due quinti soltanto di tutto quello ch’è intieramente dovuto alla nuova ricca influenza.

E sulla somma di annue lir. 800,000, che si perdono per meno impiego di capitale, la povera somma di lir. 336,000, cioè un mezzo milione di meno.

87. Ecco, se la voce pubblica non isbaglia, ecco l’indennizzo, ecco i compensi ai quali si vorrebbe che la Società lombardo-veneta sacrificasse, ommettendo la propria linea retta da Brescia a Milano, il pubblico bene ed il proprio interesse.


CAPO V.

Fra diverse linee possibili ad una nuova grande via di comunicazione scegliersi sempre la migliore per via di studii comparativi, topografici, economici, tecnici; e non mai per via di esperimento. In questo caso particolare aversi, oltre il risultato degli studii comparativi, la conferma del fatto e della esperienza.

XXV. Fra diverse linee possibili ad una nuova e grande via di comunicazione scegliersi sempre la migliore per via di studii comparativi, topografici, economici, tecnici, e non mai per via di esperimento. In questo caso particolare aversi, oltre il risultato degli studii comparativi, la conferma del fatto, della esperienza.

88. Per convincersi quale sia da Brescia a Milano la miglior direzione da seguirsi;

Per convincersi che la Società della grande strada di ferro da Venezia a Milano recherebbe un grave danno alla prosperità pubblica ed al proprio interesse, sviando la linea per Bergamo e Monza, e lasciando che l’intiera linea si dividesse in due Società, non occorre alcuna esperienza di fatto, come pare che qualcuno creda.

L’esperienza attuale delle due strade postali, che, movendo da Brescia, vanno l’una diritta a Milano, l’altra per Bergamo, ed i fatti e le considerazioni superiormente esposti lo dimostrano ad evidenza.

Quell’esperimento di fatto, se potesse esser concesso, non [p. 49 modifica]riuscirebbe che a tre gravi danni, dei quali due irreparabili, e forse tutti e tre:

Ad un danno pubblico, per l’impiego di un forte capitale nella costruzione di una strada di ferro lungo una linea poco proficua.

Ad un danno della Società lombardo-veneta, che avrebbe così permesso a suo scapito una concorrenza, alla quale ha diritto di opporsi, cioè la concorrenza che recherebbe alla di lei strada da Bergamo a Treviglio e Brescia la strada da Bergamo a Brescia.

In fine, a rendere difficile e forse impossibile la successiva prosecuzione, la successiva esecuzione della strada di ferro lungo la buona linea, quella per Chiari e Treviglio, e questo per le ragioni esposte al §5 del presente scritto: insomma, perchè quando si è fatto male spendendo molto, difficilmente si fa il meglio, se per fare il meglio si deve spendere di nuovo molto.

Ad ogni modo sarebbe questa sicuramente la prima volta nel mondo in cui, trattandosi di sceglier la miglior linea per una nuova e grande via di comunicazione, in luogo di procedere, come si fa sempre e per tutto, per via di studii comparativi, topografici, economici, tecnici, sulle diverse linee possibili, si procedesse invece a dirittura per via di esperimento, e di un esperimento che costa, esteso alle due linee, niente meno che 37 milioni.


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CAPO VI.

Tanto è grave il danno che la Società lombardo-veneta soffrirebbe abbandonando il retto cammino da Brescia a Milano per Chiari e Treviglio, che, a petto di esso,
   piccolo sarebbe quello della concorrenza proveniente dalla strada da Bergamo a Milano per Monza;
   ed anche dall’altra da Bergamo a Brescia per Palosco, quand’anche questa potesse essere concessa, il che non è.

89. Il danno che avrebbe la Società lombardo-veneta abbandonando il retto cammino da Brescia a Milano per andar per Bergamo e Monza, e lasciando dividere la Società dell’intiera linea in due, è così grande, che a petto ad esso, piccoli sono quelli che potrebbe soffrire per le concorrenze di cui la si minaccia.

XXVI. Della prima concorrenza: a quale scopo diretta; quanto vi possa cogliere.

90. La prima di queste concorrenze sarebbe quella prove niente dalla strada da Milano a Monza e da Monza a Bergamo.

Si vorrebbe con questa sviare dalla linea della Società lombardo-veneta il movimento ch’esiste, o potesse esistere, tra Milano e Bergamo, e viceversa.

Quand’anche questo fosse per essere, e per essere così intieramente, come lo si va dicendo, non ancora la Società lombardo-veneta avrebbe alcun danno relativamente agli utili che si promise, e su cui contò per la costruzione della grande linea della strada di ferro da Venezia a Milano, perchè il movimento tra Milano e Bergamo, e viceversa, non fece parte dei calcoli, non entrò nei calcoli sulle utilità di quella grande linea, come ciascuno potrà convincersi esaminandone il progetto relativo.

91. In fatto dunque di concorrenze e di utilità, il confronto non può farsi che tra l’intera linea da Milano a Bergamo per Monza, e la diramazione da Treviglio a Bergamo, perchè la spesa di questa diramazione è la sola che si fa per [p. 51 modifica]attirare sulla linea principale il movimento della città di Bergamo, e di gran parte di quella provincia.

92. La linea da Milano a Bergamo per Monza non serve che al movimento tra Milano e Bergamo per Monza.

La diramazione da Treviglio a Bergamo serve a più usi.

I. Al movimento tra Bergamo e Milano per Treviglio.

II. Al movimento di Bergamo con tutte le altre città del Regno lombardo-veneto che sono toccate dalla strada di ferro, cioè Brescia, Verona, Vicenza, Padova e Venezia.

III. Al movimento di Bergamo verso Crema, Lodi, Cremona, Piacenza, verso le rive del Po, ora per le comunicazioni attuali, e ben presto per la strada di ferro da Cremona a Treviglio per Soresina e Crema, che si sta progettando.

93. Per le direzioni seconda e terza nessuna concorrenza muove la strada da Milano a Bergamo per Monza; sicchè tutte e due restano intiere per la Società lombardo-veneta, e sono più che sufficienti per sopperire da sole tutte le spese della diramazione, se si rifletta al numero delle città ed alla estensione del territorio a cui sono volte, e quindi al profitto che saranno per procurare non solo pel transito lungo la diramazione, ma per l’incremento di transito lungo tutta la linea.

Vi sarebbe dunque, per la Società lombardo-veneta, il tornaconto a costruire la diramazione per Treviglio e Bergamo anche se fosse vero che la linea da Milano a Monza e Bergamo potesse rapirle tutto il movimento tra Milano e Bergamo: ma questo vero non è.

94. Gli uomini e le merci scelgono, tra due punti, quel cammino che offre loro il maggior vantaggio. Per essi il maggior vantaggio deriva dalla

I. Sicurezza,

II. Facilità,

III. Brevità di viaggio,

IV. Economia di transito.

Le merci anzi, meno quelle di grande costo o di facile [p. 52 modifica]guasto e deperimento, danno all’ultima condizione una grande preferenza sulla terza.

95. Vediamo tra le due linee da Milano a Bergamo, superiormente accennate, quale sia quella che più delle altre soddisfi, e di quanto, alle quattro condizioni suddette.

Poniamo pure che la sicurezza e la facilità siano eguali in amendue, quantunque il terreno percorso da quella di Monza sia più difficile di quello su cui stendesi l’altra di Treviglio; e perchè se la linea di Treviglio ha nella diramazione di Treviglio a Bergamo in un tronco la pendenza del sette per mille, la linea di Monza ha presso Bergamo una pendenza del 6.66 per mille, numero d’assai al 7 vicino.

La brevità del viaggio dipende dalla velocità con cui si percorre, e dalla lunghezza del cammino: e, nelle strade di ferro, anche dal numero delle curve, perchè nelle curve il corso si allenta.

Sia la celerità della macchina, nei rettilinei, eguale nelle due linee: la brevità del viaggio dipenderà quindi dalla loro lunghezza e dal numero delle curve.

La linea per Monza è lunga metri 46,800.

Quella per Treviglio metri 52,890.

La prima ha nove curve.

La seconda due.

Quella dunque per Monza è più breve dell’altra di 6090 metri, ma ha 7 curve di più della seconda.

Le strade di ferro si percorrono ora con una velocità media di venti miglia inglesi (metri 32,180) all’ora, e con questa velocità un viaggio di metri 6090 si fa in dieci minuti.

Il viaggio lungo la linea di Monza sarebbe dunque, generalmente, più sollecito di dieci minuti di quello lungo la linea di Treviglio se non vi fossero le 7 curve, circostanza sufficiente per eliminare non solo il piccolo vantaggio dei dieci minuti, ma ad aggiungervi uno scapito reale di tempo.

96. Resta ad esaminarsi l’economia del transito. [p. 53 modifica]

La tassa di transito per gli uomini e per le merci lungo una strada di ferro deve essere tale, che, calcolando sopra una data quantità di trasporto in un anno, sopperisca almeno:

a) Al frutto annuo del capitale impiegato nella costruzione di essa strada,

b) Alla quota annua di ammortizzazione, secondo il numero degli anni in cui il capitale dev’essere estinto;

c) Alle spese di manutenzione e di amministrazione;

d) Alle spese di trasporto.

97. In una strada di ferro la tariffa di transito per una data unità di peso trasportato ad una data lunghezza di viaggio comprende

l’indennizzo pel trasporto,

l’indennizzo pel pedaggio.

Il primo di questi indennizzi, quello pel trasporto, sempre per una data unità di peso e di viaggio, è costante, qualunque sia il numero delle unità trasportate lungo la linea; perchè altro non è che la spesa necessaria in macchine, combustibile, ec., onde effettuare il trasporto di ciascuna unità di peso alla data unità di distanza assunta.

L’indennizzo di pedaggio, che deve rimborsare il frutto annuo del capitale impiegato nella costruzione della strada, le somme annue di ammortizzazione, le spese di amministrazione, è per una data unità di peso e per una data lunghezza di viaggio tanto minore, e quindi la tariffa complessiva tanto più bassa, quanto è maggiore il numero delle unità, quanto è maggiore il numero dei viaggiatori e la quantità delle merci che transitano per quella linea: perchè si tratta sempre della stessa somma da dividersi sopra un numero ognor maggiore di individui o di cose.

98. La strada da Milano a Monza ad una sola carreggiata venne calcolata dall’ingegnere signor Sarti, nel preventivo sopra cui si ottenne il privilegio, un milione seicento ed ottanta mila lire austriache: ma, fatto è, che all’atto della esecuzio[p. 54 modifica]ne quella strada venne venduta ad una società d’azionisti per

austr. lir. 3,600,000
La strada da Monza a Bergamo, pure ad una sola carreggiata, venne calcolata dall’ingegnere signor Sarti 5,000,000; ma questa somma fu portata a sei dalla Commissione esaminatrice di Milano 6,000,000
Sicchè l’intiera strada da Milano a Bergamo per Monza ad una sola carreggiata, costa lir. 9,600,000
Lungo l’altra linea di Treviglio, dove la strada è per tutto a due carreggiate,
il tronco da Milano a Treviglio venne valutato, nel progetto già superiormente approvato, lir. 6,338,792
e la diramazione da Treviglio a Bergamo 2,986,016

In tutto

austr. lir. 9,324,808

99. Fin qui non vi potrebbe esser dunque alcuna diversità di tariffa tra le due linee, essendo le lunghezze quasi eguali, e quasi eguali le spese di costruzione: salvo che in quella per Treviglio vi sarebbe più comodità e più sicurezza di transito per le due carreggiate, anzichè nell’altra per Monza, la quale ne ha una sola.

100. Ma fino ad ora non si tenne a calcolo, nel confronto degli elementi delle due tariffe possibili, tutto quello che in essi si doveva tenere a calcolo, cioè si ommise la quantità del transito.

101. La linea da Milano a Bergamo per Monza non serve che al movimento tra Milano e Bergamo.

La linea da Milano a Bergamo per Treviglio è ben altra cosa. Di fatto,

la parte tra Treviglio e Bergamo serve a tutto il movimento da Bergamo verso Milano, e viceversa, ed inoltre a tutto il movimento reciproco tra Bergamo, Crema, Lodi e Cremona;

il tronco da Milano a Treviglio serve intanto, e questo è [p. 55 modifica]quello che conta più, al grande movimento della linea principale da Milano a Venezia, poi al movimento tra Milano e Bergamo, infine al movimento tra Milano, Cremona, Crema e Lodi per la progettata diramazione da Treviglio a Cremona.

Il transito dunque della linea per Monza non ha che una sola fonte di lucro; quello della linea per Treviglio ne ha molte e ricche, sicchè la tariffa del transito per la linea di Treviglio dovrà essere, non per rivalità di concorso, ma per giustizia, più bassa di quella della linea per Monza.

102. Or dunque, se delle quattro condizioni favorevoli alla preferenza di concorso tra due linee rivali, le tre prime, la sicurezza, la facilità, la brevità del viaggio, sono pari nelle due linee di Monza e Treviglio, e la quarta, l’economia del transito, è favorevole alla linea di Treviglio, a quella della Società lombardo-veneta, si potrà concludere che anche per le due linee tra Bergamo e Milano le condizioni di concorrenza militano a favore della linea lombardo-veneta, e che quindi se vi è pericolo in questa concorrenza, vi è sicuramente per la linea di Monza, e non per quella di Treviglio.

XXVII. Quale seconda concorrenza:
   non doversi temere l’ottenuta concessione provvisoria della diramazione da Treviglio a Bergamo;
   fosse anche temibile, essere ancora di poco conto a petto del danno che avrebbe la Società lombardo-veneta dallo sviamento della linea principale per Bergamo, e dalla divisione della Società in due.

103. Come vedemmo (§ 83), il danno che ne verrebbe alla prosperità pubblica ed alla Società lombardo-veneta dall’abbandono della prima linea, da quella per Treviglio e Chiari, sarebbe in parte la fortuna particolare della linea seconda, di quella per Bergamo e Monza. Quelli dunque che a questa danno opera non risparmiano pratiche, non mezzi atti a traviare le opinioni e le persuasioni degli azionisti della prima, ed a spaventarli con minaccie di concorrenze. Per questo immaginarono da poco una concorrenza nuova, una strada di ferro da Bergamo a Brescia per Palosco. La domanda è appena fatta, e s’aggira ancora tra gli uffici provinciali e governativi.

104. Noi crediamo che, quando pure quella domanda giugnesse agli aulici Dicasteri ed al trono di Sua Maestà, non sarebbe esaudita. I fatti e gli argomenti sopra i quali questa nostra credenza si fonda sono i seguenti. [p. 56 modifica]

La venerata sovrana Risoluzione 7 aprile 1840 concede alla Società lombardo-veneta:

il privilegio definitivo per la costruzione di una strada di ferro da Venezia a Milano, diretta da Brescia a Milano per Chiari e Treviglio; e

la concessione preventiva per la costruzione di una strada laterale da Treviglio a Bergamo.

Mercè queste due linee Bergamo è unito a Brescia per Treviglio, e la linea che lo unisce tocca in cammino quattro borgate importanti, Verdello, Treviglio, Romano e Chiari, che danno in somma una popolazione di 22,963 abitanti18.

Tra i due punti di Bergamo e di Brescia, tra i due centri di movimento di Bergamo e di Brescia, vi è dunque una strada di ferro a favore della Società lombardo-veneta definitivamente approvata per la maggior parte, ed assicurata dell’anzidetta concessione provvisoria per la parte minore, per quella da Treviglio a Bergamo.

La strada che si domanda tra Bergamo e Brescia per Palosco non tocca in cammino alcun paese di importanza, non solo per rapporti commerciali, ma nè pure di importanza, prendendo questa parola nel suo senso più largo.

Delle nove borgate che il progetto assicura trovarsi nella linea19, le quali ad ogni modo non darebbero in somma totale [p. 57 modifica]che 18,787 abitanti, cioè 4176 ancora di meno che le quattro sole di Verdello, Treviglio, Romano e Chiari; di quelle nove borgate, si replica, tre sole, cioè Coccaglio, Rovato, Ospitaletto, di 8946 abitanti in tutto (circa la popolazione del solo Chiari), sono non nella linea, ma vicine alla linea, e le altre sei se ne trovano distanti e di molto. E qual aiuto poi si possa sperare per l’utilità pubblica e per l’interesse dell’impresa dalle affluenze, sopra una strada di ferro servita da macchine a vapore, delle Valli Cavallina, Camonica e Caleppio, non occorre il dirlo, che chiunque sa di alpi, di monti, di valli, lo indovina da sè. Per questa strada da Bergamo a Brescia per Palosco non vi è, fino ad ora, come fu detto, che una recente domanda, sulla quale non fu ancora pronunciato alcun voto, alcun parere, nemmeno dall’Eccelso I. R. Governo della Lombardia.

105. Nella monarchia austriaca, dopo la pubblicazione delle Imperiali Direttive 29 dicembre 1837 e 18 giugno 1838 per la Concessione di strade a ruotaie di ferro, affine di poter costruire una strada di ferro ad uso pubblico occorrono due Imperiali Concessioni.

Una Concessione preliminare o provvisoria, onde chi imprende l’opera possa dar passo, con sicurezza di utilità, ai preparativi che sono necessari alla futura esecuzione dell’impresa (lettera a del § 3 delle Direttive20); ed una Concessione definitiva per l’effettivo eseguimento dell’impresa (lettera b del § 3 delle Direttive). [p. 58 modifica]

106. La concessione provvisoria per una data intrapresa di una strada di ferro si accorda:

Quando per questa intrapresa non sin stato concesso ad alcun altro un particolare diritto (lettera a del § 4 delle Direttive);

Quando l’esecuzione della strada richiesta sia stata riconosciuta in massima utile, non soggetta ad alcuna eccezione, e proposta e progettata per modo da non patire alcuna eccezione sotto i rapporti dell’interesse pubblico (lettera b, c del § 4 delle Direttive 21).

107. Dopo la concessione provvisoria si deve estendere un particolareggiato progetto dell’opera, e la concessione definitiva viene accordata, allorchè, fatti su questo i relativi esami d’arti da commissioni locali e dagli aulici Dicasteri tecnici, lo si trovò, o lo si ridusse innocuo al sistema idraulico e stradale delle province per cui passa la strada, e dotato di tutte le condizioni che garantiscono la pubblica sicurezza.

108. Per la concessione provvisoria, gli individui o le società petenti acquistano

il diritto di priorità in confronto di altri privati che potessero più tardi aspirare alla medesima impresa (lettera a del § 3 delle Direttive 22). [p. 59 modifica]

E per la concessione definitiva non è permesso ad altro individuo di eseguire per l’uso pubblico un’altra strada ferrata avente la medesima destinazione, e che, senza toccare sulla linea della strada nuovi punti intermediarii che fossero importanti per rapporti commerciali, miri unicamente a far comunicare insieme gli stessi punti estremi (lettera a del §. 8 delle Direttive).

109. Or qui si tratta di una impresa di una strada di ferro da Bergamo a Brescia. La Società lombardo-veneta ha fino dal 7 aprile 1840 la Sovrana concessione preliminare per una linea che va da Bergamo a Brescia per Treviglio, Romano e Chiari.

Ha dunque fino dal 7 aprile 1840:

I. Il diritto di priorità in confronto di altri privati che potessero più tardi aspirare alla medesima impresa (lettera a del § 3 delle Direttive), cioè all’impresa di una strada di ferro da Bergamo a Brescia.

Per l’effetto di questa sovrana concessione provvisoria fu anche giudicato:

II. Che per questa impresa di una strada di ferro da Bergamo a Brescia non fu concesso ad alcun altro un particolare diritto (§ 106 del presente scritto, lettera a del § 4 delle Direttive).

III. Che l’impresa fu riconosciuta utile e non soggetta ad alcuna eccezione (§ 106 dello scritto, e lettera c del § 4 delle Direttive).

IV. E che le modalità, il modo in cui si propone di compier l’opera non patisce alcuna eccezione sotto i rapporti dell’interesse pubblico (lettera c del § 4 delle Direttive).

110. E su questo poterono gli aulici Dicasteri e la Sovrana clemenza giudicare tanto più facilmente e con tanto maggiore cognizione di cosa che, eziandio per la diramazione da Treviglio a Bergamo, la Società lombardo-veneta presentò un progetto tanto sviluppato, quanto l’altro dell’intiera [p. 60 modifica]linea da Venezia a Milano, e pel quale venne accordato alla Società il privilegio, la concessione definitiva della strada di ferro da Milano a Venezia.

Che se una simile concessione definitiva non fu accordata per la diramazione da Treviglio a Bergamo, si fu perchè, essendo la domanda di quella concessione sorta, per parte della Società lombardo-veneta, dopo la pubblicazione delle Direttive 29 dicembre 1887 e 18 giugno 1838, doveva essere soggetta alle pratiche da quelle Direttive stabilite, cioè doveva passare per i due stadii della concessione provvisoria, della concessione definitiva, ed assoggettarsi alla presentazione di un progetto particolareggiato prima di riuscire alla concessione definitiva.

111. La domanda che ora si fa di una nuova strada di ferro da Bergamo a Brescia per Palosco, per una linea che

non tocca in cammino nuovi punti intermedii importanti per rapporti commerciali,

e che mira unicamente a far comunicare insieme gli stessi punti estremi.

È la domanda di una impresa identica a quella per cui la Società lombardo-veneta ottenne già la concessione provvisoria; cioè

il diritto di priorità in confronto di altri privati che potessero più tardi aspirare alla medesima impresa (§ 3, lettera a delle Direttive).

Ecco perchè noi crediamo che quand’anche quella domanda giugnesse agli aulici Dicasteri ed al trono di Sua Maestà, sarebbe dagli aulici Dicasteri e dalla acclamata giustizia dell’Imperatore nostro non esaudita e restituita, come contraria al disposto dalla legge e dalle Direttive.

112. E versano in un grave errore della mente o della volontà quelli che credono o vogliono far credere che su quella domanda di una strada di ferro da Bergamo a Brescia per Palosco si possa venire ad una conclusione differente da quella [p. 61 modifica]testè esposta, perchè il 5 giugno dell’anno 1838, in proposito di un ricorso fatto dalla città di Bergamo contro la Società lombardo-veneta, a cui apponeva la pretensione di avere, in virtù della concessione provvisoria per la linea da Venezia a Milano. il diritto di poter costruire anche una diramazione da Treviglio a Bergamo, l’I. R. Aulica Cancelleria Riunita pronunciò, e fece partecipare alla predetta città di Bergamo:

Che la concessione provvisoria già accordata alla Società della strada di ferro da Milano a Venezia era limitata unicamente alla strada continua da Milano a Venezia; e che quella concessione provvisoria non poteva recar quindi impedimento alcuno ad un’altra impresa di una strada di ferro da Bergamo a Monza, a Milano, a Brescia, od altre imprese di strade di ferro dirette a porre in comunicazione altre città importanti del Regno lombardo-veneto con la menzionata strada principale e con le due capitali23.

113. Ma chi crede o vuol far credere ad una conclusione diversa dalla nostra per questa aulica decisione, confonde epoche, concessioni e diritti dalle concessioni emergenti.

Il ricorso della città di Bergamo contro la Società lombardo-veneta era senza fondamento, perchè la Società lombardo-veneta non credeva che la concessione provvisoria ottenuta per una linea continua da Venezia a Milano, toccando quelle città che più le convenisse, le desse anche il diritto di poter costruire quante più diramazioni le piacesse dalla linea principale alle altre città del Regno nella linea principale non comprese. Ciò che mosse quel ricorso della città di Bergamo furono gli studii fatti dalla Società lombardo-veneta per la diramazione da Treviglio a Bergamo; studii che altro scopo non avevano che di raccogliere gli elementi necessarii per poter chiedere con fondamento e la concessione provvisoria, ed in seguito il pri[p. 62 modifica]vilegio definitivo anche per la diramazione da Treviglio a Bergamo, come fu fatto.

114. Quell’aulica risoluzione 5 giugno 1838 fu quale si doveva attendere dalla giustizia e dalla sapienza dell’Aulica Cancelleria Riunita; e dice questo e non più:

Che la concessione provvisoria accordata alla Società lombardo-veneta era unicamente limitata alla strada continua da Milano a Venezia, e che non poteva estendersi alle diramazioni che, movendo da questa strada, fossero dirette alle altre città importanti del Regno lombardo-veneto, non nella strada principale comprese.

Che Bergamo non essendo compresa nella linea della strada principale scelta dalla Società lombardo-veneta, e non essendo in alcun modo riunita a questa linea, tutti avevano in allora il diritto di proporre imprese di strade di ferro dirette ad unir Bergamo a Monza, a Milano, a Brescia, e non solo Bergamo, ma tutte le altre città importanti del Regno con la linea principale della strada di ferro, e con le due capitali Venezia e Milano.

Questo non è dire menomamente che si accorda alla città di Bergamo, od a chi più essa volesse, il diritto di andare con una strada di ferro a Monza, a Milano, a Brescia; questo vuol dir soltanto che il campo per quelle imprese era libero, e che restava a vedersi chi si presenterebbe per averlo, e chi l’otterrebbe.

Se a quelle auliche parole si potesse dare l’interpretazione che alcuni vogliono, e che dicemmo, bisognerebbe darvela anche per tutte le altre città importanti del Regno, che non sono comprese nella linea principale della strada di ferro, perchè quelle parole non si riferiscono solamente a Bergamo, ma anche alle altre città importanti; e bisognerebbe concludere, contro la verità e contro il fatto, che per quell’aulica risoluzione 5 giugno 1838, Sua Maestà accordò, in un tratto solo, a Bergamo il diritto di costruire da sè, o col mezzo d’altri, [p. 63 modifica]strade di ferro da Bergamo a Monza, a Milano, a Brescia; ed alle altre città importanti del Regno strade di ferro per riunirsi alla linea principale, ed alle due capitali Venezia e Milano.

115. Quell’aulica risoluzione 5 giugno 1838 non conchiude ad altro, e lo si ripete, che a questo: Il campo è libero.

E tanto è vero, che di quel campo libero ne approfittarono non la città di Bergamo, ch’era la reclamante, ma

una società di Bergamaschi per la strada da Bergamo a Monza;

e la Società lombardo-veneta per la riunione di Bergamo a Brescia, mediante la diramazione da Treviglio a Bergamo.

116. Or dunque chi chiedesse di riunir Bergamo a Monza con una strada di ferro, che non toccasse in cammino nuovi punti intermedii che fossero importanti per rapporti commerciali, troverebbe un ostacolo nella domanda fatta dai signori Bergamaschi.

E chi chiede di andar da Bergamo a Brescia per Palosco, per una linea che non incontra in cammino alcun punto intermediario importante per rapporti commerciali, trova un ostacolo ben più forte dell’altro, trova l’ostacolo della concessione provvisoria 7 aprile 1840, accordata da S. M. alla Società lombardo-veneta per la comunicazione, mediante una strada di ferro, tra Bergamo e Brescia; tanto le cose sono mutate dal 5 giugno 1838 al giorno d’oggi per domande fatte, per imperiali concessioni ottenute, per diritti emergenti da queste concessioni relativamente alle linee di comunicazione mediante strade di ferro tra Bergamo e Monza, e Bergamo e Brescia.

117. A finale conferma di tutto questo, a finale conferma che quell’aulica decisione 5 giugno 1838 non accordò nè a Bergamo nè ad altri il diritto di andare da Bergamo a Brescia con una strada di ferro, ma dichiarò libero, in allora, il campo per quella comunicazione tra Bergamo e Brescia a chi ne volesse approfittare, basta la già più volte citata conces[p. 64 modifica]sione provvisoria ottenuta dalla Società lombardo-veneta, perchè tal concessione provvisoria (in virtù del disposto alla lettera a del § 4 delle Direttive) decide e dichiara, che prima di quella concessione non era stato accordato, per quella comunicazione tra Bergamo e Brescia, ad alcun altro un particolare diritto (§ 106).

118. La Società lombardo-veneta, tutelata come è dalla concessione provvisoria 7 aprile 1840, e sicura dell’Imperiale Giustizia,

non ha dunque nulla a temere dalla seconda concorrenza, di cui la si minaccia mediante la recente domanda fattasi per una nuova strada di ferro da Bergamo a Brescia per Palosco.

119. E per avere una nuova ed ultima prova della opportunità della direzione scelta tra Brescia e Milano dalla Società lombardo-veneta, e della di lei diramazione da Treviglio a Bergamo, noi porremo l’ipotesi che questa seconda concorrenza, di cui la si minaccia, quella della linea da Bergamo a Brescia per Palosco, sia possibile; e dimostreremo che eziandio in questa ipotesi, che pur malgrado tal seconda concorrenza, il danno che patirebbe per essa la Società lombardo-veneta sarebbe piccolo, sempre in confronto di quello gravissimo a cui anderebbe incontro, spezzando la di lei linea a Brescia, ed andando a Milano per Bergamo e per mezzo d’altri.

120. Pel movimento generale e diretto della linea, per quello tra Milano e Brescia e le altre città di Verona, Vicenza, Padova e Venezia, la strada da Bergamo a Brescia per Palosco sarebbe proprio come se non vi fosse; e crediamo che non occorra più il dimostrarlo dopo il tanto detto sugli scapiti della linea per Bergamo in confronto di quella per Chiari e Treviglio.

121. Tutto dunque ridurrebbesi al movimento di Bergamo, ad un caso identico a quello delle due linee per Monza e per Treviglio, rispettivamente tra Milano e Bergamo. [p. 65 modifica]

Si tratterebbe di due linee tra Bergamo e Brescia, l’una per Palosco, l’altra per Treviglio.

Anche qui, per concludere sulla preferenza probabile degli uomini e delle merci ad una di queste linee sull’altra, conviene farsi all’esame delle quattro condizioni che favoriscono la preferenza del transito, cioè sicurezza, facilità, economia di transito, brevità di viaggio (§ 94).

Ripetendo gli stessi fatti e le stesse argomentazioni esposte dal § 89 al 102 del presente scritto per le due linee da Bergamo a Milano, tutti potranno convincersi da sè che per queste due linee da Bergamo a Brescia:

La sicurezza e la facilità del transito si possono ritenere eguali; e si dice eguali per non essere accusati di severità, poichè in fatto la sicurezza e la facilità del transito saranno maggiori nella linea di Treviglio, in quella della Società lombardo-veneta, dove la strada ha due carreggiate, anzichè nell’altra per Palosco, la quale ne ha una sola, e che l’economia del transito sarà a favore della linea di Treviglio su quella di Palosco.

122. Rimane la brevità del viaggio:

La linea per Palosco è lunga metri 46,000
Quella per Treviglio 63,984
Sicchè questa è più lunga di quella metri 17,984

il viaggio di una mezz’ora.

Osservando così a prima vista le cose, pare dunque che se l’economia del viaggio è a favore della linea di Treviglio, la brevità del viaggio sia a favore di quella per Palosco.

Ma la cosa non è così, e convien distinguere:

o si tratta di viaggiatori e di merci che andranno soltanto da Bergamo a Brescia, e viceversa;

oppure di viaggiatori e di merci, che, giunti a Brescia da una direzione qualunque, debbano continuare il loro cammino o da Brescia a Verona, ec., oppure da Brescia a Bergamo. [p. 66 modifica]

Quando si giugne a Brescia venendo da Verona, vi si giugne coi veicoli di trasporto della Società lombardo-veneta: se si vuol continuare sino a Bergamo per la linea lombardo-veneta, non vi è alcuna perdita di tempo nè pei viaggiatori, nè per le merci, e non vi è alcuna nuova spesa. Accade appunto il contrario se, giunti da Verona a Brescia, si voglia andar a Bergamo per la linea di Palosco, per quella della concorrenza, per quella di un’altra Società.

Lo stesso si dica, salvo la direzione inversa, per gli uomini e per le merci, che venendo a Brescia da Bergamo, debbano continuare il loro cammino da Brescia a Verona, ed in giù.

Le spese di carico e scarico alla confluenza a Brescia sarebbero forti, ed il tempo perduto moltissimo (§. 75).

123. Chi dunque vorrà continuare da Brescia verso Bergamo, o verso Verona, verrà e continuerà sempre, per celerità ed economia di viaggio, per la linea della Società lombardo-veneta, parta da Bergamo o da Verona.

Pel solo movimento stretto tra Bergamo e Brescia i viaggiatori avrebbero la scelta tra la celerità di una mezz’ora di viaggio e l’economia della spesa.

Quelli che pregiano la celerità andrebbero per Palosco, quelli che tengono in gran conto il guadagno, verrebbero per Treviglio: e si può credere che non saranno pochi, se male non giudichiamo la tendenza del secolo, in cui l’interesse, e proprio quello che si misura a scudi contanti, ha una grande potenza per non dire un esclusivo dominio.

Ad ogni modo si vede chiaro che lo sviamento per questa linea di Palosco sarebbe un danno piccolo in confronto della rovina che patirebbe la Società, ove cedesse la linea tra Milano e Brescia, e permettesse che l’intiero cammino in due Società si rompesse. [p. 67 modifica]

EPILOGO.

capo i.


XXVIII. Epilogo.

124. Una grande via di comunicazione è un’opera d’utilità pubblica. Deve quindi innanzi tutto soddisfare alla più grande utilità pubblica possibile, e soddisfarvi anche, se occorre, col sacrifìcio di qualche utilità privata. Ciò deve essere, sia che l’impresa si faccia a spese dello Stato, sia che si faccia con danari privati, perchè senza questa pubblica utilità i Governi non potrebbero trasferire nelle Società e nei privati il diritto di espropiazione forzosa.

Se in simili opere si fa male, o non si fa tutto il bene che si può fare, il danno è grande per la potente influenza che le vie di comunicazione hanno sulla prosperità pubblica, e perchè col far male si pone grave ostacolo a fare il meglio, pei tanti studii, per le tante fatiche, per le tante spese già sostenute.

Se una grande via di comunicazione tra più luoghi, tra più centri di popolazione e di commercio, deve essere anche il nodo di riunione di molte concorrenze attuali e future, bisogna avere a ciò un particolare riguardo, bisogna, per quanto si può, tirare a sè, agevolare queste concorrenze.

E nelle vie di comunicazione convien distinguere le piccole dalle grandi, quelle che costano poco da quelle che costano molto. Le piccole sono soltanto cagione alla pubblica prosperità; le grandi, che costano molto, bisogna che siano prima effetto della prosperità pubblica, poi impulso al di lei futuro sviluppo.

Il Regno lombardo-veneto giace tra il mare Adriatico, le Alpi, il Po ed il Ticino. Tra la Laguna veneta e le Alpi, presso Vicenza, sorgono due gruppi di colli detti Euganei e Berici. [p. 68 modifica]Tra questi colli, il mare e le alpi non si aprono che tre varchi piani per chi va dalle rive dell’Adige a quelle del Brenta. Il lago di Garda, che assai innanzi si spinge nella pianura lombarda, è cinto a mezzogiorno da una corona di colli che seguono per lungo tratto il di lui emissario, il Mincio.

Le alpi stanno a nord del Regno; sta la pianura bassa lungo le rive dell’Adriatico e del Po, e la pianura alta corre tra questa e le alpi, e comprende le province e le città più popolose.

Il maggior movimento di uomini e di cose, le maggiori industrie, i maggiori prodotti del suolo, del commercio, delle arti, si trovano appunto nella pianura alta.

La strada di ferro da Venezia a Milano va da un estremo all’altro del Regno; giace nella pianura alta; tocca le città principali, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Milano, e corre tal direzione e sopra tal suolo da poter facilmente accogliere tutte le confluenze presenti e future.

Dei tre varchi che si aprono tra le Alpi, la Laguna ed i colli Euganei e Berici, segue il più settentrionale, perchè il meridionale l’avrebbe sviata dall’alta zona, e l’intermedio dalla città di Verona, punto importante per ogni riguardo.

Da Verona non va diritta a Brescia, ma gira le colline del lago di Garda sotto il villaggio della Volta, perchè tra quelle colline non si apre per una strada di ferro alcun passo facile, od almeno di spesa proporzionata ad uno scopo di utilità derivante dalla sola tassa del pedaggio.

Dopo Brescia si avvia retta a Milano per Chiari e Treviglio, piegando soltanto alcun poco a sud al passo dell’Adda sotto Cassano.

Studiossi se meglio non convenisse sviarla a Brescia dal cammino retto, e condurla a Milano per Bergamo e Monza; ma il danno pubblico e quello della Società derivanti da un tale partito ne vennero patenti:

Era tolta la strada dai territorii più propizii per topogra[p. 69 modifica]fiche ed economiche condizioni favorenti il transito degli uomini e delle cose, e per condizioni tecniche influenti al risparmio della spesa nella costruzione, nella manutenzione, nella sorveglianza, nel trasporto.

Veniva allontanata la linea dalle facili confluenze presenti e future, e condotta al lembo delle alpi sulle ultime pendici dei colli.

Si allungava il cammino di 14,497 metri.

Conveniva salire inutilmente 105 metri, per iscenderli poscia.

Spendere di più che per l’altra linea, almeno

tre milioni e mezzo nella costruzione;

cinquantotto mila lire annue nella manutenzione e sorveglianza;

e nell’annuo trasporto degli uomini e delle merci 263 mila lire.

In somma: diminuire di molto la concorrenza delle persone e delle cose, la sicurezza e la comodità del transito, e gettar tempo e danaro. Tutto questo per andare per Bergamo, ai cui particolari vantaggi si può d’altronde in altro modo provvedere, e vi fu in fatto provveduto.

capo ii.

La città di Bergamo è annodata alla linea principale della strada di ferro da Venezia a Milano mediante una diramazione, un braccio di strada di ferro a due carreggiate che muove da Treviglio e va a Bergamo.

La linea principale attraversa l’intiera pianura della provincia di Bergamo da est ad ovest, e la diramazione di Treviglio la attraversa da nord a sud tra l’Adda ed il Serio.

Quindi la città e la provincia di Bergamo sono in diretta comunicazione con la strada principale, e possono volgere, mediante strade di ferro, a Milano, a Brescia, a Verona, a Vicenza, a Padova, a Venezia; ed anche alle ricche provincie di [p. 70 modifica]Cremona, di Crema, di Lodi, ed alle fertili rive del Po, intanto per le comunicazioni attuali dirette a Treviglio, a Romano, ed in seguito anche per istrada di ferro, cioè per la diramazione da Treviglio a Crema, a Soresina, a Cremona, la quale fu già supplicata.

Fu detto da qualcuno che le pendenze del sei e del selle per mille, che s’incontrano nella diramazione da Treviglio a Bergamo, non si possono percorrere con le macchine locomotive a vapore; ma questa asserzione è smentita, e tutti lo sanno, dalla teoria, e, quel che più conta, dalla pratica, dalla esperienza di tutte le strade di ferro d’Europa e d’America. Se potesse esser vera, converrebbe concludere che non si può condurre per Bergamo alcuna strada di ferro percorribile con macchine a vapore locomotive, perchè l’altezza di Bergamo è tale che quelle pendenze in qualche tronco sono inevitabili da qualunque lato vi si giunga. E tanto è vero, che non furono evitate nemmeno da quelli che, dopo aver accusato di soverchia ripidezza le pendenze della diramazione di Treviglio, si accinsero poi a progettate due strade di ferro per salire a Bergamo venendo da Brescia e da Monza.

capo iii.

Ed il danno pubblico e privato, derivanti dal condurre la linea da Brescia a Milano per Bergamo e Monza, anzichè per Treviglio e Chiari, si aumenterebbe di molto se, non istandosi paghi a questo sviamento, si volesse anche spezzare a Brescia l’attuale Società intraprenditrice in due Società, limitandole, una da Venezia a Brescia, l’altra da Brescia a Milano.

Vi sarebbe:

difficoltà di accordi, e quindi di uniformità nella costruzione, manutenzione, sorveglianza, servizio, e nei miglioramenti futuri;

spese maggiori di direzione, di direzione tecnica superiore, e quasi doppio capitale impiegato nei veicoli di trasporto; [p. 71 modifica]

notabile perdita di tempo e di danaro per reciproca consegna a Brescia dei viaggiatori e delle merci.

Da tutto questo, diminuzione di transito sopra tutta la linea da Venezia a Milano, e quindi diminuzione di prosperità pubblica e di profitti per la Società lombardo-veneta.

capo iv.

Questi danni, derivanti al pubblico ed alla Società lombardo-veneta dallo sviamento della linea per Bergamo e dalla divisione della Società in due a Brescia, sono incalcolabili: se pure calcolar si potessero, sarebbero ad ogni modo grandissimi, sarebbero tali che nessun individuo, nessuna società potrebbe assumersi di compensarli, potrebbe darne una guarentigia sufficiente.

Pel danno pubblico non si saprebbe nè a chi compensarlo, nè come compensarlo; nè mai si potrebbe con un compenso qualunque giugnere all’intento a cui mira ed in cui coglie una grande via di comunicazione, a quello di accrescere il pubblico comodo, l’agiatezza pubblica e il generale incivilimento.

Alla Società lombardo-veneta si dovrebbe:

1.° Un premio di confluenza pel vantaggio che il suo concorso arrecherebbe all’altra linea da Brescia a Milano per Bergamo.

2.° Un indennizzo per generale diminuzione di concorso e di affluenza, conseguenza degli scapiti topografici, economici, tecnici della linea suddetta.

3.° Un indennizzo per maggiori spese di amministrazione, direzione e veicoli di trasporto in ragione della minor lunghezza della strada.

4.° Un rimborso di 800,000 lire annue per perdita di giusto guadagno, oltre il frutto comune del cinque per cento che il pensiero primitivo dell’opera, gli studii già fatti, le [p. 72 modifica]spese esborsate e le cure già sostenute possono procurarle sull’impiego dei venti milioni occorrenti al tronco da Brescia a Milano per Treviglio e alla diramazione da Treviglio a Bergamo.

Dare alla Società lombardo-veneta, come reca la voce pubblica, per intiero indennizzo un quinto della rendita brutta della strada di ferro che si facesse da Brescia a Milano per Bergamo e Monza, è darle una miserabilissima cosa.

Intanto la fonte del compenso è affetta da tutti i mali che affliggono l’intiera linea da Brescia a Milano per Bergamo, e derivanti dalla inopportuna di lei posizione e dai molti scapiti della sua costruzione.

Di tutto quello che reca di vantaggio netto il concorso della linea della Società lombardo-veneta, si darebbero ad essa soltanto i due quinti, trattenendosi per sè i tre quinti.

E per ogni altro titolo di compenso, il quinto della rendita brutta del transito naturale della linea, cioè, stando anche ai calcoli di rendita esposti dai fautori di simili proposte, la povera somma di lire 336,000 annue,

per 800,000 lire di perdita sulla minor quantità di capitali impiegati;

per compenso di maggiori spese di amministrazione, di direzione, di veicoli di trasporto in ragione della minor lunghezza della strada e del minor transito;

per ogni indennizzo di diminuzione di concorso e di confluenze.

Di quale natura, di qual misura sarebbe alla fine questo compenso non occorre di più per dimostrarlo.

L’ultimo risultato sarebbe questo:

Rovinar l’opera di una strada di ferro da Venezia a Milano.

Recare un grave danno alla pubblica prosperità.

Rovinare la Società lombardo-veneta. [p. 73 modifica]

capo v.

Quando occorre di scegliere per una grande via di comunicazione la linea più vantaggiosa tra diverse che possibili e vantaggiose si mostrano, si procede sempre, e per tutto, per via di studii comparativi, topografici, economici e tecnici, e non mai per via di esperimento, costruendo la strada prima sopra una linea e poi sopra un’altra, come vanno suggerendo alcuni, in proposito delle due linee da Brescia a Milano, di cui è parola. Le ragioni, per le quali sempre e per tutto si fa così, sono tante e tanto evidenti, che non occorre rammentarle; poi, nel caso di cui si tratta, ve ne è anche una di più, quella che l’esperimento, se pur fare si usasse, è già fatto. Tra Brescia e Milano esistono già due strade postali, una diritta, breve, piana per Treviglio; l’altra lunga, tortuosa, con salite e discese per Bergamo, ed il grande movimento è per quella di Treviglio e non per l’altra di Bergamo. Il ripetere quell’esperimento con una strada di ferro, spendendo circa venti milioni, sarebbe cosa di grave danno alla Società lombardo-veneta, perchè le aprirebbe una concorrenza cui ha diritto di opporsi, e di grave danno pubblico per le forti somme spese con poco profitto, per le difficoltà che il mal fatto porrebbe al ben fare.

capo vi.

E di poco conto, a petto al grave danno dello sviamento della linea e della divisione della Società in due, sarebbe lo scapito che potrebbero recare alla Società lombardo-veneta le due concorrenze di cui la si minaccia, quand’anche fossero tutte e due possibili. Sono queste la strada da Milano a Bergamo per Monza, l’altra da Bergamo a Brescia per Palosco. Ma delle due, la seconda segnatamente non è da presupporsi [p. 74 modifica]dopo la venerata Sovrana risoluzione 7 aprile 1840, che accorda alla Società lombardo-veneta il privilegio definitivo della linea principale, e la concessione provvisoria per la diramazione da Treviglio a Bergamo. Per nostro avviso, in forza di quella Sovrana risoluzione, la Società lombardo-veneta ha il diritto di priorità in confronto di ogni altro per una strada di ferro da Bergamo a Brescia. Ma pongansi per ipotesi tutte e due possibili, ancora il danno che possono recare è assai minore di quello dello sviamento.

Questo danno delle concorrenze si ristringerebbe, in ogni modo, al solo movimento tra Milano e Brescia per Bergamo e Monza che, quand’anche fosse tutto perduto, non diminuirebbe punto le utilità su cui conta la grande linea, perchè quel movimento non fu né annoverato né calcolato tra le utilità di essa.

Poi, dopo la diramazione da Treviglio a Bergamo, gran parte del movimento di Bergamo sarebbe ad ogni modo per la grande linea.

Da Bergamo a Milano, per la linea di Treviglio o per quella di Monza, la sicurezza, la facilità e la brevità del transito si possono tenere eguali nelle due linee, perchè, se quella di Treviglio è più lunga dell’altra di sei mila metri, quella di Monza ha sette curve di più, che importano nel viaggio una perdita di tempo maggiore di quella de’ sei mila metri. Resta a quella di Treviglio l’economia nella spesa, la tariffa più bassa. Nella linea da Milano a Bergamo per Monza il frutto annuo dei capitali impiegati nella costruzioni, le spese annue di manutenzione, di sorveglianza, di amministrazione dovrebbero essere pagate dal solo transito tra Milano e Bergamo per Monza; nell’altra linea, pel tratto da Milano a Treviglio, queste spese vengono supplite non dal solo transito tra Milano e Bergamo per Treviglio, ma anche da quello di tutta la linea da Milano a Venezia; sicchè in questa linea da Milano a Bergamo per Treviglio la quota, a [p. 75 modifica]queste spese corrispondente, di ciascun viaggiatore, di ciascuna tonnellata di merci deve essere molto minore che nell’altra.

Così si dimostra, che anche nelle due linee da Bergamo a Brescia, per Treviglio l’una, per Palosco l’altra, l’economia della spesa è per la linea della Società lombardo-veneta; e che soltanto pei viaggiatori che vanno da Bergamo a Brescia, e viceversa, puossi porre a petto a questa economia della spesa una maggiore celerità di viaggio di forse una mezz’ora: per tutti gli altri e per le merci il vantaggio dell’economia della spesa rimane intiero, perchè tutte le altre condizioni di transito o sono pari, o sono a favore della linea lombardo-veneta.


CONCLUSIONE.


XXIX. Conclusione.

125. Per una grande strada di ferro da Venezia a Milano, recipiente comune di tutte le future strade di ferro nel Regno lombardo-veneto, la miglior direzione è occupata: è quella della Strada Ferdinandea lombardo-veneta. Se si segue, chiunque vorrà lottare con essa andrà per la peggio. Lo diciamo altamente, perchè ne siamo convinti, perchè nessuna passione ci accieca, perchè un solo sentimento ci muove: il bene pubblico e l’onesto guadagno della Società che ci ha della propria confidenza onorati.

Se ora questa confidenza ci toglie, pazienza! Le saremo sempre della passata fede riconoscenti. Si volga ad altri, ma salvi l’opera.

Si tratta di una grande Società d’azionisti, dell’utile impiego di 64 milioni.

Si tratta di una delle più grandi e delle più magnifiche strade di ferro d’Europa, della prima che sia sorta in Italia, del bene del paese nostro, della pubblica prosperità.

126. A quanto fu detto e stampato contro di noi, e contro l’opera nostra, per tre anni continui, noi non abbiamo opposto che il più scrupoloso silenzio. [p. 76 modifica]

Questo saprà, speriamo, convincer tutti che l’unico scopo della presente Memoria e della sua pubblicazione, si è di soddisfare ad un dover nostro, ponendo, per quanto è in noi, il pubblico in grado di conoscere da sè le cose di cui si tratta, e come ai di lui veri interessi soddisfare si debba; e di sottoporre al giudizio degli uomini imparziali ciò che femmo, credendo di far il meglio dell’impresa alla quale fummo chiamati, nella ferma risoluzione, in cui siamo, di toglierci da ogni di lei ingerenza, se fosse per essere colta da ciò che noi crediamo, e crediamo di aver dimostrato, una grande di lei sventura.

Verona, 20 giugno 1840.

Giovanni Milani.







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  1. Memoria intorno alla progettata strada a ruotaie di ferro nel Regno lombardo-veneto in rapporto ai bisogni della città e provincia di Bergamo. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1837. (In questa Memoria, stampata dai signori Bergamaschi, è descritta la linea del signor ingegnere Sarti.)
  2. Chiari Abitanti N. 8439
    Romano 4123
    Treviglio 8676
    Cassano 3165
    Gorgonzola 3407
    Melzo 1932
    Caravaggio 5883
    Brignano 2583
    Inzago 2914
    Totale 41,122
  3. Memoria intorno alla progettata strada di ferro nel Regno lombardo-veneto in rapporto ai bisogni della città e provincia di Bergamo. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1837.
  4. Memoria citata.
  5. Sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Monza, in continuazione di quella da Monza a Milano. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1838.
  6. Memoria citata. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1837.
  7. Memoria intorno alla progettata strada a ruotaie di ferro nel Regno lombardo-veneto, in rapporto ai bisogni della città e provincia di Bergamo. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1837.
  8. Sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Monza in continuazione di quella da Monza a Milano, p. 5. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1838.
  9. Memoria intorno alla progettata strada a ruotale di ferro nel Regno lombardo-veneto, 1837.
  10. Sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Monza. 1838.
  11. Vedi le due Memorie più volte citate.
  12. Memoria sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Monza in continuazione di quella da Monza a Milano. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1838:
         (Pag. 5.) «I fatti, degni signori, parlano un linguaggio ben più convincente, che non è quello delle declamazioni. Paragonate questa strada da noi proposta all’ipotetico braccio di Treviglio, a questa fallace tavola, in cui si avrebbe voluto che noi riponessimo le nostre speranze, nel naufragio derivante alle preziose nostre commerciali e industriali istituzioni dalla esclusione della città nostra dalla linea ferrata lombardo-veneta; a questo braccio, che per le difficoltà insuperabili del livello, come fu ben dimostrato colle stampe, non potrebbe esser percorso colle locomotive ordinarie, e richiederebbe in alcuni tratti sforzi enormi e dispendiosissimi di motori, e forse anche l’uso dei cavalli».
         Altra Memoria, stampata in Bergamo nell’anno 1838 dallo stampatore Crescini, sotto il titolo: «Esame delle osservazioni soggiunte dagli Annali universali di Statistica alla Memoria pubblicata da un Comitato bergamasco intorno alla progettata strada a ruotaie di ferro nel Regno lombardo-veneto in rapporto ai bisogni della città e provincia di Bergamo». Titolo XI, pagina 14:
         «E qui la cosa prende un carattere urtante in sommo grado, perchè non si tratta di una questione speculativa, ma bensì di farsi stromento di ruina irreparabile a danno di coloro cui si procura di far accogliere come verità incontrastabile una assoluta chimera. La differenza di livello fra la Porta di san Bernardino nel borgo di san Leonardo e Treviglio è di circa metri 113. Questa pendenza, ammesso anche che fosse fattibile, ciò che non è, di equabilmente distribuirla sul complesso della distanza, la quale, presa in linea retta, è di circa metri ventimila, darebbe un declivio di millimetri 5.65 per metro, già per sè stesso eccedente la potenza ordinaria delle locomotive. Questo declivio poi diventa enorme, se calcolasi che sulla linea avrebbevi una tratta di circa metri quattromila verso Stezzano, la quale offre una pendenza non eliminabile, nemmeno con qualche spesa, di oltre metri 30 (corrispondente a millimetri 7.50 per metro), cosicchè essa pendenza supererebbe fuori d’ogni dubbio il limite varcato il quale è d’uopo ricorrere a sforzi straordinarii all’uso di piani inclinati o di macchine stazionarie supplenti al difetto che lasciano allora le locomotive.».
         E più sotto:
         «Per far iscomparire la differenza che vi ha fra un braccio di strada ferrata bell’e fatto, ed un braccio che non si farà mai».
  13. Progetto dell’ingegnere signor Sarti per una strada di ferro da Bergamo a Brescia:
         «Tale strada (parla della diramazione da Treviglio a Bergamo) non potrebbe ammettersi fra quelle a grande velocità, nè conveniente per essere percorsa con macchine locomotive».
  14. La strada da Manchester a Liverpool è una strada servita da macchine locomotive a vapore, è una strada a grande velocità; pure vi sono in essa, nelle località dette Sutton e Rainhill, due pendenze, una dell’11.23 per mille, l’altra del 10.41 per mille.
         Minard nelle di lui Lezioni sopra le strade di ferro (pag. 216, ediz. di Bruxelles), scrive:
         «Voici les plus grands pentes adoptèes par les ingénieurs anglais pour les chemins qui doivent être frequentés principalement par les locomotives de grande vitesse:
    Leeds et Selby = 7.40 per mille.
    Dublin et Kingstown = 6.00 per mille.
    Carlisle et Newkastel = 5.00 per mille.
    Londres et Brighwn = 5.00 per mille.
    ec. ec.

         Nella strada di ferro da Bruxelles ad Anversa, ed in quella da Bruxelles a Malines, vi sono delle pendenze del 6 e del 7 per 1000, percorse tutti i giorni, e più volte al giorno, da una sola macchina locomotiva con grossi convogli.
         Teissereng (Les travaux publics en Belgique, et les chemins de fer en France. Paris, 1839, pag. 514): «Sur les pentes de 1 a 1 1/2, pour cent (cioè del 10 per 1000 e del 15 per 1000) les machines locomotives à six roues peuvent être employées avec succès; et quand la charge est trop forte, on peut recourir à une machine de renfort ainsi que cela se pratique sur le Rain-Hill».
         E lo stesso autore, alla pagina 588: «Farmi les dernieres concessions accordées en Angleterre pour des chemins de fer de premier ordre, nous pourrous citer le chemin de fer de Londres Grand-Junction, pour le quel on fait de si immenses sacrifices, et qui contient une pente de 0m,0076 (cioè del 7.60 per mille), et le chemin de fer de Preston a Londridge, qui contient une pente de 0m,0067 (cioè del 6.70 per 1000).
         «Dans le projet sommis par M. Simons au conseil des ponts et chaussées de Belgique, pour reunir Liège à Eupen, on trouve une pente de 6 millimètres (cioè del 6 per 1000), sur une longueur de 2238 mètres, et une pente de 7 millimètres (cioè del 7 per 1000) sur une longueur de 1332 mètres».
         Guillome, trattando delle pendenze massime lungo le strade di ferro, percorribili con macchine locomotive a vapore, nella di lui opera De la législation des Rail-routes, e narrando i risultati parlamentarii ottenuti in Inghilterra circa alle strade di ferro nell’anno 1836, scrive:
         «Une seule Rail-route est de niveau. Sa longueur totale est de 750 mètres seulement.
         «Dix-neuf ont de maximum de pente au-dessous de 5 millimètres et forment ensemble une longueur de 1225 kilomètres. Huit ont, non compris les plans inclinés, des pcentes de 5, 6, 7, etc. (5, 6, 7 per mille), jusqu’à 8 millimètres 1/2 par mètre (8.50 per mille), et forment une longueur de 133 kilomètres».

    Chevalier, Des intèréts matériels en France, così dice: «Il est trés-fréquent de rencontrer sur des chemins de fer americains desservis par des machines locomotives des pentes de quarante à cinquante pieds par mille anglais (7 1/2 a 9 4/10 milliémes). Dans quelques cas, on y établlit des pentes doubles, où cepedant le service a lieu par Locomotives».

    In fine una macchina locomotiva a vapore delle antiche, di quelle a quattro ruote, non delle moderne a sei ruote, che possono fare molto di più; una macchina locomotiva antica può salire, sola però, sopra una pendenza del 20.18 per mille. Seguin, pag.112, edizione di Parigi.

  15. Memoria sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Monza in continuazione di quella da Monza a Milano. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1838, pag. 8:
         «Riassumendo più succintamente, i suddetti risultati di tracciamenti della strada, pel suo andamento e per le sue pendenze, possono essere espressi nel seguente quadro».
    Numero della tratta Indicazione delle tratte Lunghezza in metri Pendenza
    assoluta in metri relativa a 1000 metri
    I. Stazione di Monza 250 00 0 00 0 00
    II. Da Monza a Ornago 13950 00 27 90 2 0
    III. Da Ornago sino al passaggio del Brembo 8400 00 0 00 0 00
    IV. Dal Brembo a metri 3000 prima di Bergamo 8800 00 34 95 4 00
    V. Ultima tratta prima di arrivare a Bergamo 3000 00 20 00 6 66
  16. Valori desunti dal progetto generale relativo alla costruzione della strada.
    Da Milano a Treviglio austr. lir. 6,338,792
    Da Treviglio a Chiari 5,580,542
    Da Chiari a Brescia 4,794,737
    Da Treviglio a Bergamo 2,986,016
                        Totale austr. lir. 19,700,087
  17. 17,0 17,1 Sulla progettata strada di ferro da Bergamo a Milano, in continuazione in quella da Monza a Milano. — Bergamo, dalla stamperia Crescini, 1838.
  18. Verdello abitanti N. 1725
    Treviglio 8676
    Romano 4123
    Chiari 8439
                                  Totale abitanti N. 22.963
  19. Seriate abitanti N. 1961
    Bagnatica 968
    Bolgare 921
    Telgate 777
    Palazzolo 3645
    Cologna 1569
    Coccaglio 1781   8946
    Ospedaletto 1578
    Rovato 5587

                        Totale abitanti abitanti N. 18,787
  20. Direttive, 39 dicembre 1837, e 18 giugno 1838.
         § 3. Per la costruzione di una strada ferrata è necessaria una duplice concessione dipendente da risoluzione sovrana.
         a) Una concessione preliminare e provvisoria per dar passo ai preparativi che sono necessarii alla futura esecuzione dell’intrapresa, e nella quale viene fissato un congruo termine entro cui devono essere ultimati i detti preparativi.
         b) Una concessione definitiva per l’effettivo eseguimento dell’intrapresa.
  21. Direttive:
         § 4. Onde conseguire la concessione provvisoria per l’intrapresa di una strada ferrata si richiedono le seguenti condizioni preliminari.
         a) Per la costruzione della strada ferrata nella direzione dimandata non deve essere stato concesso anteriormente ad alcun altro particolare un diritto esclusivo.
         b) L’esecuzione della strada addimandata deve in massima essere utile, e non soggetta ad alcuna eccezione, ec.
         c) Le modalità colle quali gli aspiranti intendono di eseguire l’intrapresa, e che saranno da precisarsi, per quanto al momento ciò sia possibile, non dovranno patire alcuna eccezione sotto i rapporti dell’interesse pubblico.
  22. Direttive, § 3, lettera a):
         Questa concessione provvisoria importa frattanto un diritto di priorità in confronto di altri privati che potessero più tardi aspirare alla medesima impresa.
  23. Decisione dell’I. R. Aulica Cancelleria Riunita 5 giugno 1838, come fu comunicata dall’Eccelso I. R. Governo di Milano alla città di Bergamo.