Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/108: differenze tra le versioni

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<span class="SAL">108,3,Aleph0</span>l’uscio s’aperse pian piano, e mi comparve dinanzi la figura un po’ pallida e sospettosa di Raimondo Venchieredo. Diedi un tal grido che destò tutti gli echi della casa, e mi slanciai ad abbracciare Leopardo come per proteggerlo o consolarlo di quel postumo insulto. Raimondo alla prima non ci capì nulla, balbettò non si sa quali parole di gondola e di Fusina, e si affrettava ad andarsene. Seppi in seguito che egli avea mandato Leopardo a Fusina, coll’ordine di fermarvisi tutto il giorno appresso ad aspettare suo padre che doveva arrivare colà, e di consegnargli un piego rilevantissimo.
<span class="SAL">108,2,Valg</span>100 LE CONFESSIONI D’ UN OTTUAGENARIO.
Leopardo era partito infatti sull’Avemaria, ma accortosi a
l’uscio s’aperse pian piano, e mi comparve dinanzi la figura
mezzo il viaggio d’aver dimenticato la lettera, era tornato per prenderla verso le tre ore di notte. Allora avea veduto Raimondo entrare furtivo in sua casa e nella stanza della Doretta; il resto ognuno se lo può immaginare. È vero peraltro che il sublimato egli lo avea provveduto presso uno speziale fin dalla mattina, dopo avere assistito all’adunanza dei Municipali, nella quale il Villetard avea pronunciato sentenza di morte contro Venezia. Sembra che l’ultimo vitupero dell’onor suo non abbia fatto che precipitare una deliberazione, già maturata e presa per molti motivi. La lettera indiretta al Venchieredo, e di pugno del padre Pendola, fu trovata nel cassetto della tavola dinanzi a lui.
un po’ pallida e sospettosa di Raimondo Venchieredo. Diedi

un tal grido che destò tutti gli echi della casa, e mi slanciai
Tuttociò io non sapeva allora, ma indovinai qualche cosa di simile. Laonde non soffersi che Raimondo si salvasse a quel modo, senza conoscere almeno l’orrenda tragedia di cui egli era la causa. Gli corsi dietro fin sulla soglia, lo abbrancai per le spalle, e lo trassi genuflesso e
ad abbracciare Leopardo come per proteggerlo o consolarlo
di quel postumo insulto. Raimondo alla prima non ci capì
nulla, balbettò non si sa quali parole di gondola e di Fusina, e si affrettava ad andarsene. Seppi in seguito che
egli avea mandato Leopardo a Fusina, coll’ordine di fermar
visi tutto il giorno appresso ad aspettare suo padre che doveva arrivare colà, e di consegnargli un piego rilevantissimo.
Leopardo era partito infatti sull’Avemaria , ma accortosi a
mezzo il viaggio d’aver dimenticato la lettera, era tornato
per prenderla verso le tre ore di notte. Allora avea veduto
Raimondo entrare furtivo in sua casa e nella stanza della
Doretta; il resto ognuno se lo può immaginare. É vero peraltro che il sublimato egli lo avea provveduto presso uno
speziale fin dalla mattina, dopo avere assistito all’adunanza
dei Municipali, nella quale il Villetard avea pronunciato sentenza di morte contro Venezia. Sembra che l’ultimo vitupero dell’onor suo non abbia fatto che precipitare una deliberazione, già maturata e presa per molti motivi. La let
tera indiretta al Venchieredo, e di pugno del padre Pendola
fu trovata nel cassetto della tavola dinanzi a lui.
Tuttociò io non sapeva allora, ma indovinai qualche
cosa di simile. Laonde non soffersi che Raimondo si salvasse a quel modo, senza conoscere almeno l’ orrenda tragedia di cui egli era la causa. Gli corsi dietro fin sulla soglia, lo abbrancai per le spalle, e lo trassi genuflesso e
tremante dinanzi il cadavere di Leopardo.
tremante dinanzi il cadavere di Leopardo.

— Guarda, — gli dissi, — traditore! guarda!... —
— Guarda, — gli dissi, — traditore! guarda!... —
Egli guardò spaventato, e s’accorse solamente allora
Egli guardò spaventato, e s’accorse solamente allora
della lividezza mortale che copriva quelle spoglie inanimate. Accorgersene, e mettere un grido più acuto del mio,
della lividezza mortale che copriva quelle spoglie inanimate. Accorgersene, e mettere un grido più acuto del mio, e cader riverso come colpito dal fulmine, fu tutto ad un
e cader riverso come colpito dal fulmine, fu tutto ad un