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<section begin="1" />modo, il più prezioso cenno dei tarì amalfitani è una rubrica del ''de dandis dotibus'' nelle consuetudini Amalfitane<ref>Vedi {{Sc|L. Volpicelli}}; ''Le Consuetudini di Amalfi'', «Archivio storico per le provincie Napoletane». Anno 1876, fasc. IV.</ref> redatte verso la fine del XIII secolo. Leggiamo quivi: ''Datio dotium in civitate Amalphiae olim consistebat in solidis de tarenis cusis in civitate ipsa ad ratione{{Pt|n|m}} de unciis quinque de auro et quinque de argento per libram, et quelibet solidus erat de tarenis quatuor praedictorum; quilibet autem tarenus ipsorum, qui erat in pendere granae viginti, valebat granas duodecim auri monetae Siciliae''.
<span class="SAL">137,3,Carlomorino</span>modo, il più prezioso cenno dei tarì amalfitani è una rubrica del ''de dandis dotibus'' nelle consuetudini Amalfitane<ref>Vedi {{Sc|L. Volpicelli}}; ''Le Consuetudini di Amalfi'', «Archivio storico per le provincie Napoletane». Anno 1876, fasc. IV.</ref> redatte verso la fine del XIII secolo. Leggiamo quivi: ''Datio dotium in civitate Amalphiae olim consistebat in solidis de tarenis cusis in civitate ipsa ad ratione{{Pt|n|m}} de unciis quinque de auro et quinque de argento per libram, et quelibet solidus erat de tarenis quatuor praedictorum; quilibet autem tarenus ipsorum, qui erat in pendere granae viginti, valebat granas duodecim auri monetae Siciliae''.


Il tarì d’Amalfi pesava dunque 20 acini ed era composto di 8 acini ed un terzo di oro puro, di acini 8 1/3 di argento e di acini 3 1/3 di altro metallo che serviva di lega. Lo stesso si ripete spesso nei documenti<ref>Antiche carte amalfitane stipulate dal 1146 al 1192. Vedi ''Tabulario amalfitano'' del {{Sc|Perris}} e {{Sc|Pansa}}, ''Istor. di Amalfi''. Tomo II, Notam. dell’Arch. della SS. Trinità delle monache di Amalfi, pag. 41 e seg. Vedi anche {{Sc|Camera}}, Op. cit, pag. 175, pergam. dei 1149. Ex. arch. cap. Amalphiae. Perg. n. 562.</ref>, leggendosi la formola ''tari boni de Amalfi de unciis quinque de auro et quinque de argento ana tari quatuor per solidum.
Il tarì d’Amalfi pesava dunque 20 acini ed era composto di 8 acini ed un terzo di oro puro, di acini 8 1/3 di argento e di acini 3 1/3 di altro metallo che serviva di lega. Lo stesso si ripete spesso nei documenti<ref>Antiche carte amalfitane stipulate dal 1146 al 1192. Vedi ''Tabulario amalfitano'' del {{Sc|Perris}} e {{Sc|Pansa}}, ''Istor. di Amalfi''. Tomo II, Notam. dell’Arch. della SS. Trinità delle monache di Amalfi, pag. 41 e seg. Vedi anche {{Sc|Camera}}, Op. cit, pag. 175, pergam. dei 1149. Ex. arch. cap. Amalphiae. Perg. n. 562.</ref>, leggendosi la formola ''tari boni de Amalfi de unciis quinque de auro et quinque de argento ana tari quatuor per solidum.


Ma è evidente che a questa lega si dové giungere man mano, riducendo la lega primitiva, o almeno è da supporre, giudicandolo dalla rinomanza ch’ebbe quel tarì, dovuta senza dubbio al suo intrinseco valore. Infatti la stessa diminuzione dell’oro troviamo nei coni successivi del tarì salernitano, di oro puro in sul principio, di oro basso durante il dominio di Gisulfo II e dei normanni. <section end="1" />
Ma è evidente che a questa lega si dové giungere man mano, riducendo la lega primitiva, o almeno è da supporre, giudicandolo dalla rinomanza ch’ebbe quel tarì, dovuta senza dubbio al suo intrinseco valore. Infatti la stessa diminuzione dell’oro troviamo nei coni successivi del tarì salernitano, di oro puro in sul principio, di oro basso durante il dominio di Gisulfo II e dei normanni.


<section begin="note1" />nelle quali si pone ogni immaginabile determinazione, questa della croce si omette; in terzo luogo, dalla considerazione dell’origine di questi tarì, che, essendo imitazioni, che dovevano, da principio, simulando i tipi arabici, confondersi colle monete dei Musulmani, non potevano recare un simbolo così evidente di lor cristiana origine. <section end=note1" />
<ref follow=pagina136>nelle quali si pone ogni immaginabile determinazione, questa della croce si omette; in terzo luogo, dalla considerazione dell’origine di questi tarì, che, essendo imitazioni, che dovevano, da principio, simulando i tipi arabici, confondersi colle monete dei Musulmani, non potevano recare un simbolo così evidente di lor cristiana origine.</ref>