Mors et Vita di Mario Rapisardi: differenze tra le versioni

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PREFAZIONE
 
L'arte austera di {{AutoreCitato|Mario Rapisardi|Mario Rapisardi}}, che non è la facile retorica dei classici di mestiere, l' arte di Lui che è palpito di vita di un pensiero poderoso, che è manifestazione possente del genio che crea l' idea e non ha parola risonante, non è certo il campo che può essere battuto dai molti avventurieri della letteratura ufficiale.
Ed è certamente per questo che, l'opera Rapisardiana è stata insidiata dalla congiura del si-lenzio, quando non è stata fatta segno agli strali velenosi della critica idiota ed interessata da tutti i mercanti che si annidano nel tempio dell' Arte Italiana.
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Fecondo tripudio di nidi.
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In « avide rime » abbiamo un aggettivo e un sostantivo latini trapiantati in italiano. Rime significa spaccature, crepacci; angusta rima che usò {{AutoreCitato|HoratiusQuinto FlaccusOrazio Flacco|Horatius Flaccus}}, ed è del latino classico. In italiano la parola rima con questo senso fu usata da {{AutoreCitato|Francesco Berni|Francesco Berni}}, da {{AutoreCitato|Antonio Cocchi|Antonio Cocchi}}, medico napoletano del sec. XVIII, e da {{AutoreCitato|Niccolò Tommaseo |Niccolò Tommaseo}}. Avide qui significa ampie, che prendono intorno a loro da ogni parte. Questo significato acquistò per metonimia l'aggettivo avidus in {{AutoreCitato|Tito Lucrezio Caro |Titus Lucretius}} della cui opera De Rerum Natura, il Rapisardi fece una traduzione che parve al {{AutoreCitato|Gaetano Trezza| Trezza}} meravigliosa.
Una gentile imagine suscitano i due ultimi versi dì questa strofe in cui il poeta si rivolge alla Natura vegetale ed animale; vediamo la roccia sospesa nel vuoto per un miracolo di equilibrio e i nidi di graziosissime forme, fecondi di nuova prole, lieti di trilli d'amore. Strofe II.
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La Vita e la Morte agiscono insieme: l'una creando, l'altra distruggendo. L'arduo sentiero e l'atmosfera; oggi che l'areonantica ha fatto nuovi progressi, attraversando l'atmosfera, è meno arduo di quanto lo era ai tempi in cui il Rapisardi scrisse questi versi. Il baratro immenso è l'ignoto; le fronti che vi si piegano, sono le menti che, nella risoluzione dei grandi problemi profondano lo sguardo scrutatore.
Mistero: ecco la parola che sorge spontanea sulle labbra di chi, studiando la Biologia, non ha saputo trovar la legge che governa una relazione così intima com'è quella tra la Morte e Vita.
 
 
 
 
 
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