Pagina:Il piacere.djvu/11: differenze tra le versioni
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''Certo, se nel mio libro è qualche pietà umana e qualche bontà, rendo mercede al tuo figliuolo. Nessuna cosa intenerisce e solleva quanto lo spettacolo d’una vita che si schiude. Perfino lo spettacolo dell’aurora cede a quella meraviglia.'' |
''Certo, se nel mio libro è qualche pietà umana e qualche bontà, rendo mercede al tuo figliuolo. Nessuna cosa intenerisce e solleva quanto lo spettacolo d’una vita che si schiude. Perfino lo spettacolo dell’aurora cede a quella meraviglia.'' |
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''Ecco, dunque, il volume. Se, leggendolo, l’occhio ti corra più oltre e veda tu Giorgio porgerti le mani e dal tondo viso riderti, come nella divina strofe di {{AutoreCitato|Catullo}},'' [[:la:Carmina (Catullus)/61|semihiante labello]], ''interrompi la lettura. E le piccole calcagna rosee, |
''Ecco, dunque, il volume. Se, leggendolo, l’occhio ti corra più oltre e veda tu Giorgio porgerti le mani e dal tondo viso riderti, come nella divina strofe di {{AutoreCitato|Catullo}},'' [[:la:Carmina (Catullus)/61|semihiante labello]], ''interrompi la lettura. E le piccole calcagna rosee, d’innanzi a te, premano le pagine dov’è rappresentata tutta la miseria del Piacere; e quel premere inconsapevole sia un simbolo e un augurio.'' |
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''Ave, Giorgio. Amico e maestro, gran mercè.'' |
''Ave, Giorgio. Amico e maestro, gran mercè.'' |