Pagina:Viaggio sentimentale di Yorick (1813).djvu/259: differenze tra le versioni

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<section begin="VIII" />applicava al suo modo di vivere, derivavano azioni e sentenze degne di riso. Riferirò le poche di cui mi ricordo. Celebrava {{TestoCitato|Don Chisciotte della Mancia|Don Chisciotte}} come beatissimo, perchè s’illudeva di gloria scevra d’invidia; e d’amore scevro di gelosia. Cacciava i gatti perchè gli parevano più taciturni degli altri animali: li lodava nondimeno perchè si giovano della società come i cani, e della libertà quanto i gufi. Teneva gli accattoni per più eloquenti di {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} nella parte della perorazione, e periti fisionomi assai più di Lavater. Non credeva che chi abita accanto a un macellaro, o su le piazze de patiboli fosse persona da fidarsene. Credeva nell’ispirazione profetica, anzi presumeva di saperne le fonti. Incolpava il berretto, la vesta da camera e le pantofole de’ mariti della prima infedeltà delle mogli. Ripeteva (e ciò più che riso moverà sdegno) che la favola d’Apollo scorticatore atroce di Marsia era allegoria sapientissima non tanto della pena dovuta agl’ignoranti prosontuosi, quanto della vendicativa invidia de’ dotti. Su di che allegava Diodoro Siculo lib. {{Sc|iii}} n. 59, dove, oltre la crudeltà del Dio de’ poeti, si narrano i bassi raggiri co’ quali ei si procacciò la vittoria. Ogni qual volta incontrava de’ vecchi sospirava esclamando: ''Il peggio è viver troppo! ''e un giorno, dopo assai mie preghiere, me ne disse il perchè: ''La vecchiaia sente con atterrita Coscienza i rimorsi, quando al mortale non rimane vigore, nè tempo d’emendar la sua vita''. Nel proferire queste parole, le lagrime gli pioveano dagli occhi, e fu l’unica volta che lo vidi piangere; e seguitò a dire: ''Ahi! la Coscienza è codarda! e quando tu se’ forte da poterli correggere, la ti dice il vero sottovoce e palliandolo di recriminazioni contro la fortuna ed il prossimo: e quando poi tu se’ debole, la ti rinfaccia con disperata superstizione, e la ti atterra sotto il peccato, in guisa che tu non puoi risorgere alla virtù. O codarda! non ti pentire, o codarda! Bensì paga il debito, facendo del bene ove hai fatto del male. Ma tu se’ codarda; e non sai che o sofisticare, o angosciarti. – ''Quel giorno io credeva che volesse impazzare: e stette più d’una settimana a lasciarsi vedere in piazza. Sì fatti erano i suoi paradossi morali.<section end="VIII" />


IX. <section begin="IX" />E quanto alle scienze ed alle arti asseriva: che le scienze erano una serie di<section end="IX" /> propo-
«pfJkaìra al sQo mocloaiTireK^deriYaraiio
auoni e parole degne di rìso. Riferìrò le podie di
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amore. CacciaTa i gatti perchè gH parerano piò
tacitami degli altri animali; li lodava nondimeno
perthè profittavano della società oome i cani e
della libertà ^anto i gufi. Tenera gli accattoni
per pia eloquenti di Cicerone nella parte della
perorazione, e periti fisìon<Mni assai più di
Lavater. Non credeva che chi abita accanto a nn
macellaro, o su le piazze de’ patiboli fosse persona
da fidarsene. Credeva nelF ispirazione profetica,
anzi presumeva di saperne le fonti. Incolpava il’
berretto, la vesta da camera e le pantofole de’
mariti della prima infedeltà delle mogli. Ripeteva
( e ciò più che rìso moverà a sdegno ) che la
favola d’Apollo scorticatore atroce di Marsia era
allegoria sapientissima non tanto della pena
dovuta agi’ ignoranti prosontuosi, quanto della
vendicativa invidia de’ dotti. Su di che allegava
Diodoro Siculo lib. III. n. 59 dove, oltre la crudeltà
del vincitore, si narrano i bassi raggiri co’ quali
ei si procacciò la vittoria.

IX. E non dava migliori saggi del suo sapere.
Asseriva, che le scienze erano una serie di
propo