Decameron/Giornata ottava/Conclusione: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
IPorkBot (discussione | contributi)
m Robot: Automated text replacement (-\{\{Template\:Decameron\}\} +{{opera\n|NomeCognome=Giovanni Boccaccio\n|TitoloOpera=Decameron\n|NomePaginaOpera=Decameron\n|AnnoPubblicazione=\n)
Qualc1 (discussione | contributi)
standardizzata
Riga 4:
|NomePaginaOpera=Decameron
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Decameron/8a giornata|Ottava giornata]]<br/>Conclusione
 
}}
{{Template:Decameron giornata|8}}
{{capitolo
 
|CapitoloPrecedente=Novella Decima
== Conclusione ==
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Decameron/8a giornata/Novella Decima
 
|CapitoloSuccessivo=
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=
}}
Come Dioneo ebbe la sua novella finita, così Lauretta, conoscendo il termine esser venuto oltre al quale più regnar non dovea, commendato il consiglio di Pietro Canigiano che apparve dal suo effetto buono, e la sagacità di Salabaetto che non fu minore a mandarlo ad esecuzione, levatasi la laurea di capo, in testa ad Emilia la pose, donnescamente dicendo:
 
Line 24 ⟶ 27:
 
Alla fine la reina, per seguire de' suoi predecessori lo stilo, non ostanti quelle che volontariamente da più di loro erano state dette, comandò a Panfilo che una ne dovesse cantare. Il quale così liberamente cominciò:
<poem>
Tanto è, Amore, il bene<br>
ch'io per te sento e l'allegrezza e 'l gioco<br>
ch'io son felice ardendo nel tuo foco.<br>
 
L'abbondante allegrezza ch'è nel core<br>
Tanto è, Amore, il bene<br>
dell'alta gioia e cara,<br>
ch'io per te sento e l'allegrezza e 'l gioco<br>
nella qual m'ha'recato,<br>
ch'io son felice ardendo nel tuo foco.<br>
non potendo capervi, esce di fore,<br>
 
e nella faccia chiara<br>
L'abbondante allegrezza ch'è nel core<br>
mostra'l mio lieto stato;<br>
dell'alta gioia e cara,<br>
ché essendo innamorato<br>
nella qual m'ha'recato,<br>
in così alto e ragguardevol loco,<br>
non potendo capervi, esce di fore,<br>
lieve mi fa lo star dov'io mi coco.<br>
e nella faccia chiara<br>
mostra'l mio lieto stato;<br>
ché essendo innamorato<br>
in così alto e ragguardevol loco,<br>
lieve mi fa lo star dov'io mi coco.<br>
 
Io non so col mio canto dimostrare,<br>
né disegnar col dito,<br>
Amore, il ben ch'io sento;<br>
e s'io sapessi, me'l convien celare;<br>
ché s'el fosse sentito,<br>
torneria in tormento;<br>
ma io son sì contento<br>
ch'ogni parlar sarebbe corto e fioco,<br>
pria n'avessi mostrato pure un poco.<br>
 
Chi potrebbe estimar che le mie braccia<br>
aggiugnesser giammai<br>
là dov'io l'ho tenute,<br>
e ch'io dovessi giunger la mia faccia<br>
là dov'io l'accostai<br>
per grazia e per salute?<br>
Non mi sarien credute<br>
le mie fortune; ond'io tutto m'infoco,<br>
quel nascondendo ond'io m'allegro e gioco.<br>
</poem>
 
La canzone di Panfilo aveva fine, alla quale quantunque per tutti fosse compiutamente risposto, niun ve n'ebbe che, con più attenta sollecitudine che a lui non apparteneva, non notasse le parole di quella, ingegnandosi di quello volersi indovinare che egli di convenirgli tener nascoso cantava. E quantunque vari varie cose andassero imaginando, niun per ciò alla verità del fatto pervenne. Ma la reina, poi che vide la canzone di Panfilo finita, e le giovani donne e gli uomini volentier riposarsi, comandò che ciascuno se n'andasse a dormire.
 
Finisce l'ottava giornata del Decameron
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Novella Decima
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Decameron/8a giornata/Novella Decima
|CapitoloSuccessivo=
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=
}}