Storia dei Mille/Al Passo di Renda: differenze tra le versioni

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Sul vespro di quel giorno la colonna garibaldina entrò nell’ombra di un anfiteatro di monti, dove si immerse quasi a celarsi. In quell’ora, tutto là intorno pareva minaccioso, dalle falde ronchiose ai profili di quei monti dentati in alto e taglienti. Il po’ di piano traversato dalla strada consolare dava un senso di freddo. E il luogo, al dire dei Siciliani, era infame per istorie truci di masnadieri. Passo di Renda voleva dire pericolo di non uscirne vivo chi vi si avventurasse da solo.
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Invece seguì una gran quiete. Ma in quella quiete si sparse una notizia dolorosa. Rosolino Pilo, che su quei colli di San Martino, con le sue squadre, aveva così ben rintuzzato l’attacco dei regii, era stato colpito al capo da una palla di rimbalzo, mentre scriveva un biglietto a Garibaldi. Ed era morto, povero prode, con in vista la sua Palermo laggiù, sospirata dall’esilio per undici anni. Alla testa delle sue squadre rimaneva l’amico suo Corrao, uomo di gran coraggio ma incolto e di poco prestigio; e così con la gran figura di Pilo veniva a mancare una delle forze più vive della rivoluzione. Perciò si diffuse una gran mestizia, Garibaldi fu visto afflittissimo; e facilmente il pensiero de’ suoi passava da Pilo a lui, che da una palla poteva essere spento da un’ora all’altra.
E allora?
 
 
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