La novella della matrona efesina: differenze tra le versioni

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<onlyinclude>{{Intestazione
| Nome e cognome dell'autore =Petronio Arbitro
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| Iniziale del titolo =L
| Anno di pubblicazione =Antichità
| Eventuale secondo anno di pubblicazione =
| Lingua originale del testo =latino
| Nome e cognome del traduttore =Antonio Cesari
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Ma i genitori di uno degl'impiccati, veduto che la guardia era fatta loro più al largo (''lor più cortese''), di notte ferma nel dispiccarono e gli diedero sepoltura (''fecero il mortorio, il mestiero''). Mentre adunque il soldato cattivello (''affascinato, circumscriptus. Altri ha circumspectus, o circumpectus'') se la piglia un po' consolata, l'altro dì vede da una delle forche spiccato il corpo. Il perchè aspettandosi la morte, raccontò ogni cosa alla donna; protestandole, che egli non aspetterebbe la sentenza del giudice, ma colla spada sarebbesi imposta la pena della sua scioperaggine: solamente ella gli desse al morire la mano, (''leggo: manum morituro commodaret sibi'') e concedesse il fatal monumento a comune all'amico e al marito. La donna, non meno pietosa che casta; Cessi Iddio, rispose, che io nel medesimo tempo voglia essere spettatrice di due morti di due persone che di tutte ho carissime: io patirò meglio d'impendere un morto, che un vivo ammazzare. Così detto, l'aiutò levare (''così mi par da voltare il jussit tolli'') dall'arca il cadavere del marito e impendere alla croce rimasa vota. Il soldato non si lasciò scappare (''usò, prese, a bocca baciata, di bel patto'') l'argomento (''il trovato'') della savissima donna: di che il dì appresso la gente uscita di sè diceva: Or come dee essere stato, che il morto è risalito sopra le forche? La commedia fu risa da' navichieri; arrossando non poco Trifena, che si lasciò amorosamente cadere sul collo di Gitone. Non rise già Lica; ma crollando per ira il capo, rispose: Se il governatore avesse voluto esser giusto, egli era da far riporre nel monimento il cadavere del marito, ed in costui scambio cacciar sulle forche la donna.
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