Dei difetti della giurisprudenza/Capitolo XV: differenze tra le versioni

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Quanto poscia a i censi, non niego, che non passi del divario fra essi, e i fideicommissi. Questi posseduti da altri può pretenderli sempre, chi giuridicamente è ad essi chiamato; nè pretendendoli nel tempo dalla legge ordinato, nuoce a sè stesso, perchè può contra di lui sfoderarsi la prescrizione. Ma non potendo il proprietario del censo pretendere il capitale, pare che niun pregiudizio possa accadere col silenzio al suo diritto. Solamente può avvenirgli del danno per conto de’ frutti, trascurando di esigerli pel lungo o lunghissimo tempo. Contuttociò qualora apparisca, che per quaranta, cinquanta, o sessanta anni niuno abbia mai richiesti, niuno pagati i frutti di un censo, e concorra la buona fede nel gravato dal censo: sarebbe pur da desiderare, che giuristi dotti, disappassionati, e amanti del pubblico bene, esaminassero, perchè non abbia da aver luogo la prescrizione anche contra della sorte principale. A buon conto il Cencio, riguardato pel primario trattatista de’ censi, tiene nella Quest. CXVII, con tanti altri autori, che si possa prescrivere il censo; perciocchè altro non essendo esso censo, che un Gius reale di poter esigere un’annua pensione, questo Gius è suggetto ad essere prescritto nel termine di quaranta anni, purchè non l’impedisca la mala fede. Oh dicono, non potendosi chiedere il capitale, entra qui la regola legale, che non corre prescrizione contra chi non può dimandare il credito, ed esercitar le sue azioni. Ma se non si può chiedere la vera sorte, si possono ben chiedere i frutti annui, e procedere coll’ipotecaria, e col Salviano contra de’ morosi al pagamento. Ora cessando per lunghissimo tempo il censualista di esigere le pensioni annue, nè esercitando il suo Gius, nè le azioni, che gli competono, col non uso di questo Gius viene ad aprir l’adito all’usucapione e prescrizione altrui, la quale, secondo i dottori, ha forza di estinguere le servitù, le ipoteche, ed altri Gius reali, uno de’ quali è anche il censo. Oltre di che, quando per trenta o quaranta anni, e molto più se per cinquanta e sessanta nè il censuario ha pagato, nè il censualista ha fatta veruna istanza pel pagamento de’ frutti, nasce una presunzion si forte, d’essere stato retrovenduto ed estinto il censo, che qualora il pretensore del censo non adduca concludenti pruove del silenzio ed inazione sua per sì lungo tempo, come sarebbe la lontananza, gl’incendj, ed altre simili disgrazie: non merita d’essere ascoltato. Imperocchè senza tali, motivi non si può credere, che alcuno voglia trascurar cotanto l’esazion de’ suoi crediti, e l’uso de’ suoi diritti. La prescrizione, siccome insegnano i dottori, è appunto istituita per gastigo de i negligenti. La pratica poi c’insegna, essersi, secondo le belle dottrine de’ moderni, profferite sentenze contra censuarj, che per più di sessant’anni aveano desistito dal pagar le pensioni, con essersi appresso scoperti gli strumenti dell’estinzione de’ censi. Ora anche senza la scoperta di tali strumenti la sola presunzione suddetta dee aver forza di legittima eccezione e pruova per escludere la pretensione di chi dopo sì lungo tempo esce in campo colla fondazione d’un censo. E se si dicesse, che anche la negligenza di non conservar gli atti de’ censi estinti merita anch’essa gastigo, si risponderà, che non son già pari le partite, perchè chi ha da avere, secondo il costume suol pensare a tener vive le sue ragioni, e a farsi pagare. Ma chi ha già pagati i debiti, ed ha terminato un affare, più non vi pensa, ed è scusabile, se per qualche disavventura a lui, o a’ suoi eredi vengono men le scritture. Oltre di che non v’ha in casi tali bisogno di strumento per provar l’estinzione del censo in vigore della l. longi temporis possessione munitis, instrumentorum amissio nihil juris aufert, ff. de præscription. longi temp. Basta allegar la prescrizione, perchè si presuma già soddisfatto per la vera sorte. Che poi in chi prescrive debba concorrere la buona fede, è giustissimo; siccome ancora secondo la legge canonica è giusto, che la mala fede distrugga il corso della prescrizione, affinchè si schivi il peccato. Ma questa mala fede non si presume in alcuno, e dee provarla chi l’oppone. Nè bastano a provarla dubbj, sospetti, e presunzioni; ma si ricercano vere pruove. E quand’anche si dimostri la mala fede nel primo usurpatore, non si può senza ingiustizia trasfondere questo difetto nell’erede dell’usurpatore, qualora non si pruovi anche in lui la vera ed espressa scienza della mala fede di chi ha trasmessa in lui quella roba. La presunzion naturale abbastanza difende l’erede; e però si allontana dal giusto, chiunque senza vere pruove il vuol condennare come uomo cattivo; e se non potè il primo incominciar la prescrizione, le può ben dare principio, e compierla quest’altro, qualora non militi anche contra di lui qualche urgente pruova.
 
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