Convivio/Trattato quarto: differenze tra le versioni

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<small><[[Il Convivio|Indice trattati]]</small>
|NomeCognome=Dante Alighieri
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|TitoloOpera=Il Convivio
|NomePaginaOpera=Convivio
|AnnoPubblicazione=1304-1307 ca.
|TitoloSezione=Trattato quarto
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==CANZONE TERZA==
<poem>
Le dolci rime d'amor ch'i' solia
 
cercar ne' miei pensieri,
 
convien ch'io lasci; non perch'io non speri
 
ad esse ritornare,
 
5 ma perchè li atti disdegnosi e feri
 
che ne la donna mia
 
sono appariti m'han chiusa la via
 
de l'usato parlare.
 
E poi che tempo mi par d'aspettare,
 
10 diporrò giù lo mio soave stile,
 
ch'i' ho tenuto nel trattar d'amore;
 
e dirò del valore,
 
per lo qual veramente omo è gentile,
 
con rima aspr'e sottile;
 
15 riprovando 'l giudicio falso e vile
 
di quei che voglion che di gentilezza
 
sia principio ricchezza.
 
E, cominciando, chiamo quel signore
 
ch'a la mia donna ne li occhi dimora,
 
20 per ch'ella di se stessa s'innamora.
 
Tale imperò che gentilezza volse,
 
secondo 'l suo parere,
 
che fosse antica possession d'avere
 
con reggimenti belli;
 
25 e altri fu di più lieve savere,
 
che tal detto rivolse,
 
e l'ultima particula ne tolse,
 
chè non l'avea fors'elli!
 
Di retro da costui van tutti quelli
 
30 che fan gentile per ischiatta altrui
 
che lungiamente in gran ricchezza è stata;
 
ed è tanto durata
 
la così falsa oppinion tra nui,
 
che l'uom chiama colui
 
35 omo gentil che può dicere: 'Io fui
 
nepote, o figlio, di cotal valente',
 
benchè sia da niente.
 
Ma vilissimo sembra, a chi 'l ver guata,
 
cui è scorto 'l cammino e poscia l'erra,
 
40 e tocca a tal, ch'è morto e va per terra!
 
Chi diffinisce: 'Omo è legno animato',
 
prima dice non vero,
 
e, dopo 'l falso, parla non intero;
 
ma più forse non vede.
 
45 Similemente fu chi tenne impero
 
in diffinire errato,
 
chè prima puose 'l falso e, d'altro lato,
 
con difetto procede;
 
chè le divizie, sì come si crede,
 
50 non posson gentilezza dar nè torre,
 
però che vili son da lor natura:
 
poi chi pinge figura,
 
se non può esser lei, non la può porre,
 
nè la diritta torre
 
55 fa piegar rivo che da lungi corre.
 
Che siano vili appare ed imperfette,
 
chè, quantunque collette,
 
non posson quietar, ma dan più cura;
 
onde l'animo ch'è dritto e verace
 
60 per lor discorrimento non si sface.
 
Nè voglion che vil uom gentil divegna,
 
nè di vil padre scenda
 
nazion che per gentil già mai s'intenda;
 
questo è da lor confesso:
 
65 onde lor ragion par che sè offenda
 
in tanto quanto assegna
 
che tempo a gentilezza si convegna,
 
diffinendo con esso.
 
Ancor, segue di ciò che innanzi ho messo,
 
70 che siam tutti gentili o ver villani,
 
o che non fosse ad uom cominciamento;
 
ma ciò io non consento,
 
ned ellino altressì, se son cristiani!
 
Per che a 'ntelletti sani
 
75 è manifesto i lor diri esser vani,
 
ed io così per falsi li riprovo,
 
e da lor mi rimovo;
 
e dicer voglio omai, sì com'io sento,
 
che cosa è gentilezza, e da che vene,
 
80 e dirò i segni che 'l gentile uom tene.
 
Dico ch'ogni vertù principalmente
 
vien da una radice:
 
vertute, dico, che fa l'uom felice
 
in sua operazione.
 
85 Questo è, secondo che l'Etica dice,
 
un abito eligente
 
lo qual dimora in mezzo solamente,
 
e tai parole pone.
 
Dico che nobiltate in sua ragione
 
90 importa sempre ben del suo subietto,
 
come viltate importa sempre male;
 
e vertute cotale
 
dà sempre altrui di sè buono intelletto;
 
per che in medesmo detto
 
95 convegnono ambedue, ch'en d'uno effetto.
 
Onde convien da l'altra vegna l'una,
 
o d'un terzo ciascuna;
 
ma se l'una val ciò che l'altra vale,
 
e ancor più, da lei verrà più tosto.
 
100 E ciò ch'io dett'ho qui sia per supposto.
 
È gentilezza dovunqu'è vertute,
 
ma non vertute ov'ella;
 
sì com'è 'l cielo dovunqu'è la stella,
 
ma ciò non e converso.
 
105 E noi in donna e in età novella
 
vedem questa salute,
 
in quanto vergognose son tenute,
 
ch'è da vertù diverso.
 
Dunque verrà, come dal nero il perso,
 
110 ciascheduna vertute da costei,
 
o vero il gener lor, ch'io misi avanti.
 
Però nessun si vanti
 
dicendo: 'Per ischiatta io son con lei',
 
ch'elli son quasi dei
 
115 quei c'han tal grazia fuor di tutti rei;
 
chè solo Iddio a l'anima la dona
 
che vede in sua persona
 
perfettamente star: sì ch'ad alquanti
 
che seme di felicità sia costa,
 
120 messo da Dio ne l'anima ben posta.
 
L'anima cui adorna esta bontate
 
non la si tiene ascosa,
 
chè dal principio ch'al corpo si sposa
 
la mostra infin la morte.
 
125 Ubidente, soave e vergognosa
 
è ne la prima etate,
 
e sua persona adorna di bieltate
 
con le sue parti accorte;
 
in giovinezza, temperata e forte,
 
130 piena d'amore e di cortese lode,
 
e solo in lealtà far si diletta;
 
è ne la sua senetta
 
prudente e giusta, e larghezza se n'ode,
 
e 'n se medesma gode
 
135 d'udire e ragionar de l'altrui prode;
 
poi ne la quarta parte de la vita
 
a Dio si rimarita,
 
contemplando la fine che l'aspetta,
 
e benedice li tempi passati.
 
140 Vedete omai quanti son l'ingannati!
 
Contra-li-erranti mia, tu te n'andrai;
 
e quando tu sarai
 
in parte dove sia la donna nostra,
 
non le tenere il tuo mestier coverto
 
145 tu le puoi dir per certo:
«Io vo parlando de l'amica vostra».</poem>
 
«Io vo parlando de l'amica vostra».
 
==CAPITOLO I==
 
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3. Dico adunque: Contra-li-erranti mia. Questo Contra-li-erranti è tutto una par[ola], e è nome d'esta canzone, tolto per essemplo del buono frate Tommaso d'Aquino, che a uno suo libro, che fece a confusione di tutti quelli che disviano da nostra Fede, puose nome Contra-li-Gentili. 4. Dico adunque che 'tu andrai': quasi dica: 'Tu se' omai perfetta, e tempo è di non stare ferma, ma di gire, chè la tua impresa è grande'; e quando tu sarai In parte dove sia la donna nostra, dille lo tuo mestiere. Ove è da notare che, sì come dice nostro Signore, non si deono le margarite gittare innanzi a li porci, però che a loro non è prode, e a le margarite è danno; e, come dice Esopo poeta ne la prima Favola, più è prode al gallo uno grano che una margarita, e però questa lascia e quello coglie. 5. E in ciò considerando, a cautela di ciò comando a la canzone che suo mestiere discuopra là dove questa donna, cioè la filosofia, si troverà. Allora si troverà questa donna nobilissima quando si truova la sua camera, cioè l'anima in cui essa alberga. Ed essa filosofia non solamente alberga pur ne li sapienti, ma eziandio, come provato è di sopra in altro trattato, essa è dovunque alberga l'amore di quella. E a questi cotali dico che manifesti lo suo mestiere, perchè a loro sarà utile la sua sentenza, e da loro ricolta.
6. E dico ad essa: Dì a questa donna, «Io vo parlando de l'amica vostra». Bene è sua amica nobilitade; chè tanto l'una con l'altra s'ama, che nobilitate sempre la dimanda, e filosofia non volge lo sguardo suo dolcissimo a l'altra parte. Oh quanto e come bello adornamento è questo che ne l'ultimo di questa canzone si dà ad essa, chiamandola amica di quella la cui propria ragione è nel secretissimo de la divina mente!
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