Convivio/Trattato secondo: differenze tra le versioni
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1. Ora ch’è mostrato come e perchè nasce amore, e la diversitade che mi combattea, procedere si conviene ad aprire la sentenza di quella parte ne la quale contendono in me diversi pensamenti. 2. Dico che prima si conviene dire de la parte de l’anima, cioè de l’antico pensiero, e poi de l’altro, per questa ragione, che sempre quello che massimamente dire intende lo dicitore sì dee riservare di dietro; però che quello che ultimamente si dice, più rimane ne l’animo de lo uditore. 3. Onde con ciò sia cosa che io intenda più a dire e a ragionare quello che l’opera di costoro a cu’ io parlo fa, che quello che essa disfà, ragionevole fu prima dire e ragionare la condizione de la parte che si corrompea, e poi quella de l’altra che si generava.
4. Veramente qui nasce un dubbio, lo qual non è da trapassare sanza dichiarare. Potrebbe dire alcuno: ’Con ciò sia cosa che amore sia effetto di queste intelligenze a cu’ io parlo, e quello di prima fosse amore così come questo di poi, perchè la loro vertù corrompe l’uno e l’altro genera? con ciò sia cosa che innanzi dovrebbe quello salvare, per la ragione che ciascuna cagione ama lo suo effetto e, amando quello, salva quell’altro.’ 5. A questa questione si può leggermente rispondere che lo effetto di costoro è amore, com’è detto; e però che salvare nol possono se non in quelli subietti che sono sottoposti a la loro circulazione, esso transmutano di quella parte che è fuori di loro podestade in quella che v’è dentro, cioè de l’anima partita d’esta vita in quella ch’è in essa. 6. Sì come la natura umana transmuta, ne la forma umana, la sua conservazione di padre in figlio, perchè non può in esso padre perpetualmente [ta]l suo effetto conservare. Dico ’effetto’, in quanto l’anima col corpo, congiunti, sono effetto di quella; chè [l'anima, poi che] è partita, perpetualmente dura in natura più che umana. E così è soluta la questione.
7. Ma però che de la immortalità de l’anima è qui toccato, farò una digressione, ragionando di quella; perchè, di quella ragionando, sarà bello terminare lo parlare di quella viva Beatrice beata, de la quale più parlare in questo libro non intendo per proponimento. 8. {{§|bestialitadi|Dico che intra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita
13. Ancora, vedemo continua esperienza de la nostra immortalitade ne le divinazioni de’ nostri sogni, le quali essere non potrebbono se in noi alcuna parte immortale non fosse; con ciò sia cosa che immortale convegna essere lo rivelante, [o corporeo] o incorporeo che sia, se bene si pensa sottilmente - e dico ’corporeo o incorporeo’ per le diverse oppinioni ch’io truovo di ciò -, e quello ch’è mosso o vero informato da informatore immediato debba proporzione avere a lo informatore, e da lo mortale a lo immortale nulla sia proporzione. 14. Ancora, n’accerta {{§|la dottrina veracissima di Cristo|la dottrina veracissima di Cristo, la quale è via, verità e luce: via, perchè per essa sanza impedimento andiamo a la felicitade di quella immortalitade; verità, perchè non soffera alcuno errore; luce, perchè allumina noi ne la tenebra de la ignoranza mondana.}} 15. Questa dottrina dico che ne fa certi sopra tutte altre ragioni, però che quello la n’hae data che la nostra immortalitade vede e misura. La quale noi non potemo perfettamente vedere mentre che ’l nostro immortale col mortale è mischiato; ma vedemolo per fede perfettamente, e per ragione lo vedemo con ombra d’oscuritade, la quale incontra per mistura del mortale con l’immortale. 16. E ciò dee essere potentissimo argomento che in noi l’uno e l’altro sia; e io così credo, così affermo e così certo sono ad altra vita migliore dopo questa passare, là dove quella gloriosa donna vive de la quale fu l’anima mia innamorata quando contendea, come nel seguente capitolo si ragionerà.
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