Satire (Orazio)/Libro I/Satira VIII: differenze tra le versioni

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Vengano a cor nocevol erbe ed ossa.
Ben io stesso qua vidi entrar Canidia
Succinta in negra vesta, ignuda il piede,
{{r|35}}Scompigliata la chioma, alto ululando
Con Sagana la vecchia. Atro pallore
Avea sformato ad ambedue l'aspetto.
Si dierono a scavar con le unghie il suolo,
E un'agna nera a far co'denti in brani.
{{r|40}}Iva il sangue a raccorsi entro quel fosso
Per trar fuori di là l'ombre de'morti,
E pronte averne a'rei desir risposte.
Due statuette vidi, una di lana,
Di cera l'altra. La maggior di lana
{{r|45}}Gravava la minor di pene e strazj.
Questa, come aa perir fosse vicina,
In supplice e servile atto si stava.
Delle due maghe l'una Ecate, e l'altra
Tisifone crudel chiama in soccorso.
{{r|50}}Veduto avresti allor girar serpenti
E stigie cagne, e dietro a'gran sepolcri,
Per non aver sott'occhio opre sì felle,
Cintia celar la rosseggiante faccia.
S'io punto offendo il ver, possano i corvi
{{r|55}}Mia testa caricar di bianco sterco,
E venga a suo piacer Volano il ladro,
La molle Pediazia e il sozzo Giulio
A scompisciarmi, ed a cacarmi addosso.
A parte a parte rimembrar che vale,
{{r|60}}Come l'ombre con Sagana gli accenti
Alternassero in tuono acuto e tristo?
Come le maghe con furtiva mano
Sottetta riponessero la barba
D'un lupo, e i denti di macchiata serpe?
{{r|65}}E come in larghe fiamme arsa perisse
L'immagine di cera? A cotai voci
E a sì orribile oprar delle due Furie
Testimonio non volli invendicato
Restar; ma le mie natiche di fico
{{r|70}}Spaccando fei scoppiar pari al fragore
Di vescica che crepi una coreggia.
Quelle inver la città di corsa andaro;
E non senza gran riso e gran sollazzo
A Canidia cader veduto avresti
{{r|75}}Di bocca i denti, e la posticcia chioma
A Sagana di testa, e fuor di mano
L'erbe raccolte, e gl'incantati lacci.
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