Satire (Orazio)/Libro I/Satira VI: differenze tra le versioni

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{{r|150}}Dalle bisacce e da chi gli è sul dorso.
Nessuno a me rinfaccerà sozzure
Come a Tullio pretor, che per la via
Di Tivoli sen va con cinque servi,
Che portan la borraccia e la pignatta.
{{r|155}}Or più contento e lieto assai di questo
Gran Senatore e di mill'altri io vivo.
Cammino solo dove più mi piace,
Domando quanto val l'indivia e il farro.
Spesso ver sera vo girando il foro
{{r|160}}E l'ingannevol circo, udir mi piace
Gli astrologhi, poi torno a casa e mangio
Un buon piatto di porri e ceci e gnocchi.
Tre servidor m'apprestano la cena.
A me vicine ho sovra un bianco marmo
{{r|165}}Due bottiglie e una giara. Evvi una tazza,
Una brocca e un bacin, lavor campano.
Poi vommene a dormir senza fastidio
D'avermi a levar su di buon mattino,
E gir là dove Marsia in pietra scolto
{{r|170}}Soffrir non può del minor Novio il ceffo.
A quattr'ore di sol m'alzo da letto,
Poi vado a passeggiare, o leggo o scrivo
Ciò che a me giova ruminar tacendo,
M'ungo d'olio le membra, e non di quello
{{r|175}}Che il sozzo Natta alle lucerne invola.
Ma allor quando a me stanco il sole estivo
Porge l'avviso d'avviarmi al bagno,
Dal fero mi sottraggo astro rabbioso.
Dopo una parca colazion che basti
{{r|180}}A far che il ventre tutto il giorno voto
Non si lamenti, mi trastullo in casa.
Di que'che sciolti van dall'affannosa
E dura ambizion questa è la vita.
Così traggo i miei dì più dolci e gai,
{{r|185}}Che se avessi avo, padre, e zio questori.
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