Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/38: differenze tra le versioni

 
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{{Pt|tergli|mettergli}} in mano stocchi di legno ed elmi di cartone; ma non appena gli veniva fatto, egli scappava in cappella a menar la scopa col sagrestano. Quanto al fargli prender domestichezza colle vere armi, egli aveva un ribrezzo istintivo pei coltelli da tavola, e voleva ad ogni costo tagliar la carne col cucchiaio. Suo padre cercava vincere questa maledetta ripugnanza col farlo prendere sulle ginocchia da alcuno de’ suoi buli; ma il piccolo Orlando se ne sbigottiva tanto, che conveniva passarlo alle ginocchia della cuoca perchè non crepasse di paura. La cuoca dopo la balia ebbe il suo secondo amore; onde non se ne chiariva per nulla la sua vocazione. Il cancelliere d’allora sosteneva che i capitani mangiavano tanto, che il padroncino poteva ben diventare col tempo un famoso capitano. Ma il vecchio conte non si acquietava a queste speranze; e sospirava, movendo gli occhi dal viso paffutello e smarrito del suo secondogenito ai mostaccioni irti ed arroganti dei vecchi ritratti di famiglia. Egli avea dedicato gli ultimi sforzi della sua facoltà generativa all’ambiziosa lusinga d’inscrivere nei fasti futuri della famiglia un grammaestro di Malta o un ammiraglio della Serenissima; non gli passava pel gozzo di averli sprecati per avere, alla sua tavola la bocca spaventosa d’un capitano delle Cernide. Pertanto raddoppiava di zelo per risvegliare e attizzare gli spiriti bellicosi di Orlando; ma l’effetto non secondava l’idea. Orlando faceva altarini per ogni canto del castello, cantava messa, alta, bassa e solenne colle bimbe del sagrestano, e quando vedeva uno schioppo correva a rimpiattarsi sotto le credenze di cucina. Allora vollero tentare modi più persuasivi; si cominciò a proibirgli di bazzicare in sacristia, e di cantar vespri nel naso, come udiva fare ai coristi della parrocchia. Ma sua madre si scandolezzò di tali violenze; e cominciò dal canto suo a prender copertamente le difese del figlio. Orlando ci trovò il suo gusto a
<span title="SAL" style="display:none;">38,3</span>{{Pt|tergli|mettergli}} in mano stocchi di legno ed elmi di cartone; ma non appena gli veniva fatto, egli scappava in cappella a menar la scopa col sagrestano. Quanto al fargli prender domestichezza colle vere armi, egli aveva un ribrezzo istintivo pei coltelli da tavola, e voleva ad ogni costo tagliar la carne col cucchiaio. Suo padre cercava vincere questa maledetta ripugnanza col farlo prendere sulle ginocchia da alcuno de’ suoi buli; ma il piccolo Orlando se ne sbigottiva tanto, che conveniva passarlo alle ginocchia della cuoca perchè non crepasse di paura. La cuoca dopo la balia ebbe il suo secondo amore; onde non se ne chiariva per nulla la sua vocazione. Il cancelliere d’allora sosteneva che i capitani mangiavano tanto, che il padroncino poteva ben diventare col tempo un famoso capitano. Ma il vecchio conte non si acquietava a queste speranze; e sospirava, movendo gli occhi dal viso paffutello e smarrito del suo secondogenito ai mostaccioni irti ed arroganti dei vecchi ritratti di famiglia. Egli avea dedicato gli ultimi sforzi della sua facoltà generativa all’ambiziosa lusinga d’inscrivere nei fasti futuri della famiglia un grammaestro di Malta o un ammiraglio della Serenissima; non gli passava pel gozzo di averli sprecati per avere, alla sua tavola la bocca spaventosa d’un capitano delle Cernide. Pertanto raddoppiava di zelo per risvegliare e attizzare gli spiriti bellicosi di Orlando; ma l’effetto non secondava l’idea. Orlando faceva altarini per ogni canto del castello, cantava messa, alta, bassa e solenne colle bimbe del sagrestano, e quando vedeva uno schioppo correva a rimpiattarsi sotto le credenze di cucina. Allora vollero tentare modi più persuasivi; si cominciò a proibirgli di bazzicare in sacristia, e di cantar vespri nel naso, come udiva fare ai coristi della parrocchia. Ma sua madre si scandolezzò di tali violenze; e cominciò dal canto suo a prender copertamente le difese del figlio. Orlando ci trovò il suo gusto a