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illustrazione, che della detta officina il {{Ac|Domenico Promis|Promis}} aveva mandato alla stampa nel 1858<ref>''Monete dei Paleologhi marchesi di Monferrato''. Torino. 1858.</ref>.
illustrazione, che della detta officina il {{Ac|Domenico Promis|Promis}} aveva mandato alla stampa nel 1858<ref>''Monete dei Paleologhi marchesi di Monferrato''. Torino. 1858.</ref>.


In quella terza Memoria è posta in particolare evidenza l’importanza del provvedimento preso dai marchesi di Monferrato nel 1662 per uniformare sostanzialmente il lavoro della zecca di Casale alle basi monetarie saviamente adottate da Emanuele Filiberto di Savoia pel Piemonte al cadere dell’anno precedente, il che era voluto dalle continue e molteplici relazioni dei sudditi dell’uno di quei dominii con quelli dell’altro. Quali fossero le norme pel nuovo sistema regolatore del lavoro della moneta secondo la saggia volontà del Duca Emanuele Filiberto, già lo aveva opportunamente esposto il Promis nell’aureo suo libro sulle monete dei Reali di Savoia<ref>Torino, 1841. Vol. I, pag. 199, e Voi. II, pag. 70, ove per ogni moneta è indicato il peso.</ref>. Tolto di mezzo il ''grosso'' di antico uso, era restituita ''la lira'' d’argento composta di ''venti soldi'', e di ''duecento quaranta denari''. La ''lira'' doveva essere della bontà o ''fino'' di denari 10.18 (millesimi 896) e del peso di denari 9.22, (grammi 12.700)<ref>È il caso di avvertire che le cifre qni indicate tolte dalla ''Memoria terza'' di Promis, non si accordano in tutto con quelle date al Vol. II, pag. 70. ''Monete di Savoia''. Le differenze però sono minime, e non possono influire sulle conclusioni e per la sostanza delle cose esposte.</ref>. Tre di quelle lire formavano lo scudo d’argento, e nove equivaler dovevano allo scudo d’oro del peso di denari 2.14 (grammi 3.286) ed al titolo di millesimi 911. La lira decomponevasi nei suoi spezzati, corrispondenti alla ''metà'' o ''soldi dieci'', ed al ''quarto'' o ''soldi cinque'', uguali nella lega, ossia allo stesso ''titolo'', e proporzionali nel peso, e
In quella terza Memoria è posta in particolare evidenza l’importanza del provvedimento preso dai marchesi di Monferrato nel 1662 per uniformare sostanzialmente il lavoro della zecca di Casale alle basi monetarie saviamente adottate da Emanuele Filiberto di Savoia pel Piemonte al cadere dell’anno precedente, il che era voluto dalle continue e molteplici relazioni dei sudditi dell’uno di quei dominii con quelli dell’altro. Quali fossero le norme pel nuovo sistema regolatore del lavoro della moneta secondo la saggia volontà del Duca Emanuele Filiberto, già lo aveva opportunamente esposto il Promis nell’aureo suo libro sulle monete dei Reali di Savoia<ref>Torino, 1841. Vol. I, pag. 199, e Voi. II, pag. 70, ove per ogni moneta è indicato il peso.</ref>. Tolto di mezzo il ''grosso'' di antico uso, era restituita ''la lira'' d’argento composta di ''venti soldi'', e di ''duecento quaranta denari''. La ''lira'' doveva essere della bontà o ''fino'' di denari 10.18 (millesimi 896) e del peso di denari 9.22, (grammi 12.700)<ref>È il caso di avvertire che le cifre qui indicate tolte dalla ''Memoria terza'' di Promis, non si accordano in tutto con quelle date al Vol. II, pag. 70. ''Monete di Savoia''. Le differenze però sono minime, e non possono influire sulle conclusioni e per la sostanza delle cose esposte.</ref>. Tre di quelle lire formavano lo scudo d’argento, e nove equivaler dovevano allo scudo d’oro del peso di denari 2.14 (grammi 3.286) ed al titolo di millesimi 911. La lira decomponevasi nei suoi spezzati, corrispondenti alla ''metà'' o ''soldi dieci'', ed al ''quarto'' o ''soldi cinque'', uguali nella lega, ossia allo stesso ''titolo'', e proporzionali nel peso, e