Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVII: differenze tra le versioni

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{{opera
{{paradiso}}
|NomeCognome=Dante Alighieri
'''Paradiso - CANTO XXVII'''
|TitoloOpera=Divina Commedia
----
|NomePaginaOpera=Divina Commedia
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto ventisettesimo
}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto ventiseiesimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVI
|CapitoloSuccessivo=Canto ventottesimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto XXVIII
}}
''Canto XXVII, dove tratta sì come santo Pietro appostolo, proverbiando li suoi successori papi, adempie l'animo de l'auttore di questo libro.''
 
<poem>
'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo', <br>
'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo',
cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso, <br>
cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso,
sì che m'inebrïava il dolce canto. <br>
sì che m'inebrïava il dolce canto. {{r|3}}
Ciò ch'io vedeva mi sembiava un riso <br>
 
de l'universo; per che mia ebbrezza <br>
Ciò ch'io vedeva mi sembiava un riso
intrava per l'udire e per lo viso. <br>
de l'universo; per che mia ebbrezza
Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! <br>
intrava per l'udire e per lo viso. {{r|6}}
oh vita intègra d'amore e di pace! <br>
 
oh sanza brama sicura ricchezza! <br>
Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
Dinanzi a li occhi miei le quattro face <br>
oh vita intègra d'amore e di pace!
stavano accese, e quella che pria venne <br>
oh sanza brama sicura ricchezza! {{r|9}}
incominciò a farsi più vivace, <br>
 
e tal ne la sembianza sua divenne, <br>
Dinanzi a li occhi miei le quattro face
qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte <br>
stavano accese, e quella che pria venne
fossero augelli e cambiassersi penne. <br>
incominciò a farsi più vivace, {{r|12}}
La provedenza, che quivi comparte <br>
 
vice e officio, nel beato coro <br>
e tal ne la sembianza sua divenne,
silenzio posto avea da ogne parte, <br>
qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte
quand' ïo udi': «Se io mi trascoloro, <br>
fossero augelli e cambiassersi penne. {{r|15}}
non ti maravigliar, ché, dicend' io, <br>
 
vedrai trascolorar tutti costoro. <br>
La provedenza, che quivi comparte
Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, <br>
vice e officio, nel beato coro
il luogo mio, il luogo mio che vaca <br>
silenzio posto avea da ogne parte, {{r|18}}
ne la presenza del Figliuol di Dio, <br>
 
fatt' ha del cimitero mio cloaca <br>
quand' ïo udi': «Se io mi trascoloro,
del sangue e de la puzza; onde 'l perverso <br>
non ti maravigliar, ché, dicend' io,
che cadde di qua sù, là giù si placa». <br>
vedrai trascolorar tutti costoro. {{r|21}}
Di quel color che per lo sole avverso <br>
 
nube dipigne da sera e da mane, <br>
Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio,
vid' ïo allora tutto 'l ciel cosperso. <br>
il luogo mio, il luogo mio che vaca
E come donna onesta che permane <br>
ne la presenza del Figliuol di Dio, {{r|24}}
di sé sicura, e per l'altrui fallanza, <br>
 
pur ascoltando, timida si fane, <br>
fatt' ha del cimitero mio cloaca
così Beatrice trasmutò sembianza; <br>
del sangue e de la puzza; onde 'l perverso
e tale eclissi credo che 'n ciel fue <br>
che cadde di qua sù, là giù si placa». {{r|27}}
quando patì la supprema possanza. <br>
 
Poi procedetter le parole sue <br>
Di quel color che per lo sole avverso
con voce tanto da sé trasmutata, <br>
nube dipigne da sera e da mane,
che la sembianza non si mutò piùe: <br>
vid' ïo allora tutto 'l ciel cosperso. {{r|30}}
«Non fu la sposa di Cristo allevata <br>
 
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, <br>
E come donna onesta che permane
per essere ad acquisto d'oro usata; <br>
di sé sicura, e per l'altrui fallanza,
ma per acquisto d'esto viver lieto <br>
pur ascoltando, timida si fane, {{r|33}}
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano <br>
 
sparser lo sangue dopo molto fleto. <br>
così Beatrice trasmutò sembianza;
Non fu nostra intenzion ch'a destra mano <br>
e tale eclissi credo che 'n ciel fue
d'i nostri successor parte sedesse, <br>
quando patì la supprema possanza. {{r|36}}
parte da l'altra del popol cristiano; <br>
 
né che le chiavi che mi fuor concesse, <br>
Poi procedetter le parole sue
divenisser signaculo in vessillo <br>
con voce tanto da sé trasmutata,
che contra battezzati combattesse; <br>
che la sembianza non si mutò piùe: {{r|39}}
né ch'io fossi figura di sigillo <br>
 
a privilegi venduti e mendaci, <br>
«Non fu la sposa di Cristo allevata
ond' io sovente arrosso e disfavillo. <br>
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
In vesta di pastor lupi rapaci <br>
per essere ad acquisto d'oro usata; {{r|42}}
si veggion di qua sù per tutti i paschi: <br>
 
o difesa di Dio, perché pur giaci? <br>
ma per acquisto d'esto viver lieto
Del sangue nostro Caorsini e Guaschi <br>
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano
s'apparecchian di bere: o buon principio, <br>
sparser lo sangue dopo molto fleto. {{r|45}}
a che vil fine convien che tu caschi! <br>
 
Ma l'alta provedenza, che con Scipio <br>
Non fu nostra intenzion ch'a destra mano
difese a Roma la gloria del mondo, <br>
d'i nostri successor parte sedesse,
soccorrà tosto, sì com' io concipio; <br>
parte da l'altra del popol cristiano; {{r|48}}
e tu, figliuol, che per lo mortal pondo <br>
 
ancor giù tornerai, apri la bocca, <br>
né che le chiavi che mi fuor concesse,
e non asconder quel ch'io non ascondo». <br>
divenisser signaculo in vessillo
Sì come di vapor gelati fiocca <br>
che contra battezzati combattesse; {{r|51}}
in giuso l'aere nostro, quando 'l corno <br>
 
de la capra del ciel col sol si tocca, <br>
né ch'io fossi figura di sigillo
in sù vid' io così l'etera addorno <br>
a privilegi venduti e mendaci,
farsi e fioccar di vapor trïunfanti <br>
ond' io sovente arrosso e disfavillo. {{r|54}}
che fatto avien con noi quivi soggiorno. <br>
 
Lo viso mio seguiva i suoi sembianti, <br>
In vesta di pastor lupi rapaci
e seguì fin che 'l mezzo, per lo molto, <br>
si veggion di qua sù per tutti i paschi:
li tolse il trapassar del più avanti. <br>
o difesa di Dio, perché pur giaci? {{r|57}}
Onde la donna, che mi vide assolto <br>
 
de l'attendere in sù, mi disse: «Adima <br>
Del sangue nostro Caorsini e Guaschi
il viso e guarda come tu se' vòlto». <br>
s'apparecchian di bere: o buon principio,
Da l'ora ch'ïo avea guardato prima <br>
a che vil fine convien che tu caschi! {{r|60}}
i' vidi mosso me per tutto l'arco <br>
 
che fa dal mezzo al fine il primo clima; <br>
Ma l'alta provedenza, che con Scipio
sì ch'io vedea di là da Gade il varco <br>
difese a Roma la gloria del mondo,
folle d'Ulisse, e di qua presso il lito <br>
soccorrà tosto, sì com' io concipio; {{r|63}}
nel qual si fece Europa dolce carco. <br>
 
E più mi fora discoverto il sito <br>
e tu, figliuol, che per lo mortal pondo
di questa aiuola; ma 'l sol procedea <br>
ancor giù tornerai, apri la bocca,
sotto i mie' piedi un segno e più partito. <br>
e non asconder quel ch'io non ascondo». {{r|66}}
La mente innamorata, che donnea <br>
 
con la mia donna sempre, di ridure <br>
Sì come di vapor gelati fiocca
ad essa li occhi più che mai ardea; <br>
in giuso l'aere nostro, quando 'l corno
e se natura o arte fé pasture <br>
de la capra del ciel col sol si tocca, {{r|69}}
da pigliare occhi, per aver la mente, <br>
 
in carne umana o ne le sue pitture, <br>
in sù vid' io così l'etera addorno
tutte adunate, parrebber nïente <br>
farsi e fioccar di vapor trïunfanti
ver' lo piacer divin che mi refulse, <br>
che fatto avien con noi quivi soggiorno. {{r|72}}
quando mi volsi al suo viso ridente. <br>
 
E la virtù che lo sguardo m'indulse, <br>
Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,
del bel nido di Leda mi divelse, <br>
e seguì fin che 'l mezzo, per lo molto,
e nel ciel velocissimo m'impulse. <br>
li tolse il trapassar del più avanti. {{r|75}}
Le parti sue vivissime ed eccelse <br>
 
sì uniforme son, ch'i' non so dire <br>
Onde la donna, che mi vide assolto
qual Bëatrice per loco mi scelse. <br>
de l'attendere in sù, mi disse: «Adima
Ma ella, che vedëa 'l mio disire, <br>
il viso e guarda come tu se' vòlto». {{r|78}}
incominciò, ridendo tanto lieta, <br>
 
che Dio parea nel suo volto gioire: <br>
Da l'ora ch'ïo avea guardato prima
«La natura del mondo, che quïeta <br>
ili' mezzovidi emosso me per tutto l'altro intorno move, <br>arco
che fa dal mezzo al fine il primo clima; {{r|81}}
quinci comincia come da sua meta; <br>
 
e questo cielo non ha altro dove <br>
sì ch'io vedea di là da Gade il varco
che la mente divina, in che s'accende <br>
folle d'Ulisse, e di qua presso il lito
l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove. <br>
nel qual si fece Europa dolce carco. {{r|84}}
Luce e amor d'un cerchio lui comprende, <br>
 
sì come questo li altri; e quel precinto <br>
E più mi fora discoverto il sito
colui che 'l cinge solamente intende. <br>
di questa aiuola; ma 'l sol procedea
Non è suo moto per altro distinto, <br>
sotto i mie' piedi un segno e più partito. {{r|87}}
ma li altri son mensurati da questo, <br>
 
sì come diece da mezzo e da quinto; <br>
La mente innamorata, che donnea
e come il tempo tegna in cotal testo <br>
con la mia donna sempre, di ridure
le sue radici e ne li altri le fronde, <br>
ad essa li occhi più che mai ardea; {{r|90}}
omai a te può esser manifesto. <br>
 
Oh cupidigia, che i mortali affonde <br>
e se natura o arte fé pasture
sì sotto te, che nessuno ha podere <br>
dida trarre lipigliare occhi, fuor de leper tueaver onde!la <br>mente,
in carne umana o ne le sue pitture, {{r|93}}
Ben fiorisce ne li uomini il volere; <br>
 
ma la pioggia continüa converte <br>
tutte adunate, parrebber nïente
in bozzacchioni le sosine vere. <br>
ver' lo piacer divin che mi refulse,
Fede e innocenza son reperte <br>
quando mi volsi al suo viso ridente. {{r|96}}
solo ne' parvoletti; poi ciascuna <br>
 
pria fugge che le guance sian coperte. <br>
E la virtù che lo sguardo m'indulse,
Tale, balbuzïendo ancor, digiuna, <br>
del bel nido di Leda mi divelse,
che poi divora, con la lingua sciolta, <br>
e nel ciel velocissimo m'impulse. {{r|99}}
qualunque cibo per qualunque luna; <br>
 
e tal, balbuzïendo, ama e ascolta <br>
Le parti sue vivissime ed eccelse
la madre sua, che, con loquela intera, <br>
sì uniforme son, ch'i' non so dire
disïa poi di vederla sepolta. <br>
qual Bëatrice per loco mi scelse. {{r|102}}
Così si fa la pelle bianca nera <br>
 
nel primo aspetto de la bella figlia <br>
Ma ella, che vedëa 'l mio disire,
di quel ch'apporta mane e lascia sera. <br>
incominciò, ridendo tanto lieta,
Tu, perché non ti facci maraviglia, <br>
che Dio parea nel suo volto gioire: {{r|105}}
pensa che 'n terra non è chi governi; <br>
 
onde sì svïa l'umana famiglia. <br>
«La natura del mondo, che quïeta
Ma prima che gennaio tutto si sverni <br>
il mezzo e tutto l'altro intorno move,
per la centesma ch'è là giù negletta, <br>
quinci comincia come da sua meta; {{r|108}}
raggeran sì questi cerchi superni, <br>
 
che la fortuna che tanto s'aspetta, <br>
e questo cielo non ha altro dove
le poppe volgerà u' son le prore, <br>
che la classemente correràdivina, diretta;in che <br>s'accende
l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove. {{r|111}}
 
Luce e amor d'un cerchio lui comprende,
sì come questo li altri; e quel precinto
colui che 'l cinge solamente intende. {{r|114}}
 
Non è suo moto per altro distinto,
ma li altri son mensurati da questo,
sì come diece da mezzo e da quinto; {{r|117}}
 
e come il tempo tegna in cotal testo
le sue radici e ne li altri le fronde,
omai a te può esser manifesto. {{r|120}}
 
Oh cupidigia, che i mortali affonde
sì sotto te, che nessuno ha podere
di trarre li occhi fuor de le tue onde! {{r|123}}
 
Ben fiorisce ne li uomini il volere;
ma la pioggia continüa converte
in bozzacchioni le sosine vere. {{r|126}}
 
Fede e innocenza son reperte
solo ne' parvoletti; poi ciascuna
pria fugge che le guance sian coperte. {{r|129}}
 
Tale, balbuzïendo ancor, digiuna,
che poi divora, con la lingua sciolta,
qualunque cibo per qualunque luna; {{r|132}}
 
e tal, balbuzïendo, ama e ascolta
la madre sua, che, con loquela intera,
disïa poi di vederla sepolta. {{r|135}}
 
Così si fa la pelle bianca nera
nel primo aspetto de la bella figlia
di quel ch'apporta mane e lascia sera. {{r|138}}
 
Tu, perché non ti facci maraviglia,
pensa che 'n terra non è chi governi;
onde sì svïa l'umana famiglia. {{r|141}}
 
Ma prima che gennaio tutto si sverni
per la centesma ch'è là giù negletta,
raggeran sì questi cerchi superni, {{r|144}}
 
che la fortuna che tanto s'aspetta,
le poppe volgerà u' son le prore,
sì che la classe correrà diretta; {{r|147}}
 
e vero frutto verrà dopo 'l fiore».
</poem>
 
 
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