Divina Commedia/Paradiso/Canto XVII: differenze tra le versioni

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{{opera
{{paradiso}}
|NomeCognome=Dante Alighieri
'''Paradiso - CANTO XVII'''
|TitoloOpera=Divina Commedia
----
|NomePaginaOpera=Divina Commedia
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto diciassettesimo
}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto sedicesimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto XVI
|CapitoloSuccessivo=Canto diciottesimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto XVIII
}}
''Canto XVII, nel quale il predetto messer Cacciaguida solve l'animo de l'auttore da una paura e confortalo a fare questa opera.''
 
<poem>
Qual venne a Climenè, per accertarsi <br>
Qual venne a Climenè, per accertarsi
di ciò ch'avëa incontro a sé udito, <br>
di ciò ch'avëa incontro a sé udito,
quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi; <br>
quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi; {{r|3}}
tal era io, e tal era sentito <br>
 
e da Beatrice e da la santa lampa <br>
tal era io, e tal era sentito
che pria per me avea mutato sito. <br>
e da Beatrice e da la santa lampa
Per che mia donna «Manda fuor la vampa <br>
che pria per me avea mutato sito. {{r|6}}
del tuo disio», mi disse, «sì ch'ella esca <br>
 
segnata bene de la interna stampa: <br>
Per che mia donna «Manda fuor la vampa
non perché nostra conoscenza cresca <br>
perdel tuo parlaredisio», mami perchédisse, «sì tch'ausiella <br>esca
segnata bene de la interna stampa: {{r|9}}
a dir la sete, sì che l'uom ti mesca». <br>
 
«O cara piota mia che sì t'insusi, <br>
non perché nostra conoscenza cresca
che, come veggion le terrene menti <br>
per tuo parlare, ma perché t'ausi
non capere in trïangol due ottusi, <br>
a dir la sete, sì che l'uom ti mesca». {{r|12}}
così vedi le cose contingenti <br>
 
anzi che sieno in sé, mirando il punto <br>
«O cara piota mia che sì t'insusi,
a cui tutti li tempi son presenti; <br>
che, come veggion le terrene menti
mentre ch'io era a Virgilio congiunto <br>
non capere in trïangol due ottusi, {{r|15}}
su per lo monte che l'anime cura <br>
 
e discendendo nel mondo defunto, <br>
così vedi le cose contingenti
dette mi fuor di mia vita futura <br>
anzi che sieno in sé, mirando il punto
parole gravi, avvegna ch'io mi senta <br>
a cui tutti li tempi son presenti; {{r|18}}
ben tetragono ai colpi di ventura; <br>
 
per che la voglia mia saria contenta <br>
mentre ch'io era a Virgilio congiunto
d'intender qual fortuna mi s'appressa: <br>
su per lo monte che l'anime cura
ché saetta previsa vien più lenta». <br>
e discendendo nel mondo defunto, {{r|21}}
Così diss' io a quella luce stessa <br>
 
che pria m'avea parlato; e come volle <br>
dette mi fuor di mia vita futura
Beatrice, fu la mia voglia confessa. <br>
parole gravi, avvegna ch'io mi senta
Né per ambage, in che la gente folle <br>
ben tetragono ai colpi di ventura; {{r|24}}
già s'inviscava pria che fosse anciso <br>
 
l'Agnel di Dio che le peccata tolle, <br>
per che la voglia mia saria contenta
ma per chiare parole e con preciso <br>
d'intender qual fortuna mi s'appressa:
latin rispuose quello amor paterno, <br>
ché saetta previsa vien più lenta». {{r|27}}
chiuso e parvente del suo proprio riso: <br>
 
«La contingenza, che fuor del quaderno <br>
Così diss' io a quella luce stessa
de la vostra matera non si stende, <br>
che pria m'avea parlato; e come volle
tutta è dipinta nel cospetto etterno; <br>
Beatrice, fu la mia voglia confessa. {{r|30}}
necessità però quindi non prende <br>
 
se non come dal viso in che si specchia <br>
Né per ambage, in che la gente folle
nave che per torrente giù discende. <br>
già s'inviscava pria che fosse anciso
Da indi, sì come viene ad orecchia <br>
l'Agnel di Dio che le peccata tolle, {{r|33}}
dolce armonia da organo, mi viene <br>
 
a vista il tempo che ti s'apparecchia. <br>
ma per chiare parole e con preciso
Qual si partio Ipolito d'Atene <br>
latin rispuose quello amor paterno,
per la spietata e perfida noverca, <br>
chiuso e parvente del suo proprio riso: {{r|36}}
tal di Fiorenza partir ti convene. <br>
 
Questo si vuole e questo già si cerca, <br>
«La contingenza, che fuor del quaderno
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa <br>
de la vostra matera non si stende,
là dove Cristo tutto dì si merca. <br>
tutta è dipinta nel cospetto etterno; {{r|39}}
La colpa seguirà la parte offensa <br>
 
in grido, come suol; ma la vendetta <br>
necessità però quindi non prende
fia testimonio al ver che la dispensa. <br>
se non come dal viso in che si specchia
Tu lascerai ogne cosa diletta <br>
nave che per torrente giù discende. {{r|42}}
più caramente; e questo è quello strale <br>
 
che l'arco de lo essilio pria saetta. <br>
TuDa proveraiindi, sì come saviene diad sale <br>orecchia
dolce armonia da organo, mi viene
lo pane altrui, e come è duro calle <br>
a vista il tempo che ti s'apparecchia. {{r|45}}
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. <br>
 
E quel che più ti graverà le spalle, <br>
Qual si partio Ipolito d'Atene
sarà la compagnia malvagia e scempia <br>
per la spietata e perfida noverca,
con la qual tu cadrai in questa valle; <br>
tal di Fiorenza partir ti convene. {{r|48}}
che tutta ingrata, tutta matta ed empia <br>
 
si farà contr' a te; ma, poco appresso, <br>
Questo si vuole e questo già si cerca,
ella, non tu, n'avrà rossa la tempia. <br>
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
Di sua bestialitate il suo processo <br>
là dove Cristo tutto dì si merca. {{r|51}}
farà la prova; sì ch'a te fia bello <br>
 
averti fatta parte per te stesso. <br>
La colpa seguirà la parte offensa
Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello <br>
in grido, come suol; ma la vendetta
sarà la cortesia del gran Lombardo <br>
fia testimonio al ver che la dispensa. {{r|54}}
che 'n su la scala porta il santo uccello; <br>
 
ch'in te avrà sì benigno riguardo, <br>
Tu lascerai ogne cosa diletta
che del fare e del chieder, tra voi due, <br>
più caramente; e questo è quello strale
fia primo quel che tra li altri è più tardo. <br>
che l'arco de lo essilio pria saetta. {{r|57}}
Con lui vedrai colui che 'mpresso fue, <br>
 
nascendo, sì da questa stella forte, <br>
Tu proverai sì come sa di sale
che notabili fier l'opere sue. <br>
lo pane altrui, e come è duro calle
Non se ne son le genti ancora accorte <br>
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. {{r|60}}
per la novella età, ché pur nove anni <br>
 
son queste rote intorno di lui torte; <br>
maE priaquel che 'lpiù Guascoti l'altograverà Arrigole ingannispalle, <br>
sarà la compagnia malvagia e scempia
parran faville de la sua virtute <br>
con la qual tu cadrai in questa valle; {{r|63}}
in non curar d'argento né d'affanni. <br>
 
Le sue magnificenze conosciute <br>
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
saranno ancora, sì che ' suoi nemici <br>
si farà contr' a te; ma, poco appresso,
non ne potran tener le lingue mute. <br>
ella, non tu, n'avrà rossa la tempia. {{r|66}}
A lui t'aspetta e a' suoi benefici; <br>
 
per lui fia trasmutata molta gente, <br>
Di sua bestialitate il suo processo
cambiando condizion ricchi e mendici; <br>
farà la prova; sì ch'a te fia bello
e portera'ne scritto ne la mente <br>
averti fatta parte per te stesso. {{r|69}}
di lui, e nol dirai»; e disse cose <br>
 
incredibili a quei che fier presente. <br>
Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose <br>
sarà la cortesia del gran Lombardo
di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie <br>
che 'n su la scala porta il santo uccello; {{r|72}}
che dietro a pochi giri son nascose. <br>
 
Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie, <br>
ch'in te avrà sì benigno riguardo,
poscia che s'infutura la tua vita <br>
che del fare e del chieder, tra voi due,
vie più là che 'l punir di lor perfidie». <br>
fia primo quel che tra li altri è più tardo. {{r|75}}
Poi che, tacendo, si mostrò spedita <br>
 
l'anima santa di metter la trama <br>
Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,
in quella tela ch'io le porsi ordita, <br>
nascendo, sì da questa stella forte,
io cominciai, come colui che brama, <br>
che notabili fier l'opere sue. {{r|78}}
dubitando, consiglio da persona <br>
 
che vede e vuol dirittamente e ama: <br>
Non se ne son le genti ancora accorte
«Ben veggio, padre mio, sì come sprona <br>
per la novella età, ché pur nove anni
lo tempo verso me, per colpo darmi <br>
son queste rote intorno di lui torte; {{r|81}}
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona; <br>
 
per che di provedenza è buon ch'io m'armi, <br>
ma pria che, se'l locoGuasco ml'èalto toltoArrigo più caroinganni, <br>
parran faville de la sua virtute
io non perdessi li altri per miei carmi. <br>
in non curar d'argento né d'affanni. {{r|84}}
Giù per lo mondo sanza fine amaro, <br>
 
e per lo monte del cui bel cacume <br>
Le sue magnificenze conosciute
li occhi de la mia donna mi levaro, <br>
saranno ancora, sì che ' suoi nemici
e poscia per lo ciel, di lume in lume, <br>
non ne potran tener le lingue mute. {{r|87}}
ho io appreso quel che s'io ridico, <br>
 
a molti fia sapor di forte agrume; <br>
A lui t'aspetta e a' suoi benefici;
e s'io al vero son timido amico, <br>
per lui fia trasmutata molta gente,
temo di perder viver tra coloro <br>
cambiando condizion ricchi e mendici; {{r|90}}
che questo tempo chiameranno antico». <br>
 
La luce in che rideva il mio tesoro <br>
e portera'ne scritto ne la mente
ch'io trovai lì, si fé prima corusca, <br>
di lui, e nol dirai»; e disse cose
quale a raggio di sole specchio d'oro; <br>
incredibili a quei che fier presente. {{r|93}}
indi rispuose: «Coscïenza fusca <br>
 
o de la propria o de l'altrui vergogna <br>
Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose
pur sentirà la tua parola brusca. <br>
di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, <br>
che dietro a pochi giri son nascose. {{r|96}}
tutta tua visïon fa manifesta; <br>
 
e lascia pur grattar dov' è la rogna. <br>
Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,
Ché se la voce tua sarà molesta <br>
poscia che s'infutura la tua vita
nel primo gusto, vital nodrimento <br>
vie più là che 'l punir di lor perfidie». {{r|99}}
lascerà poi, quando sarà digesta. <br>
 
Questo tuo grido farà come vento, <br>
Poi che, tacendo, si mostrò spedita
che le più alte cime più percuote; <br>
l'anima santa di metter la trama
e ciò non fa d'onor poco argomento. <br>
in quella tela ch'io le porsi ordita, {{r|102}}
Però ti son mostrate in queste rote, <br>
 
nel monte e ne la valle dolorosa <br>
io cominciai, come colui che brama,
pur l'anime che son di fama note, <br>
dubitando, consiglio da persona
che l'animo di quel ch'ode, non posa <br>
che vede e vuol dirittamente e ama: {{r|105}}
né ferma fede per essempro ch'aia <br>
 
la sua radice incognita e ascosa, <br>
«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona; {{r|108}}
 
per che di provedenza è buon ch'io m'armi,
sì che, se loco m'è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi. {{r|111}}
 
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro, {{r|114}}
 
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s'io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume; {{r|117}}
 
e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico». {{r|120}}
 
La luce in che rideva il mio tesoro
ch'io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro; {{r|123}}
 
indi rispuose: «Coscïenza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca. {{r|126}}
 
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov' è la rogna. {{r|129}}
 
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta. {{r|132}}
 
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d'onor poco argomento. {{r|135}}
 
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note, {{r|138}}
 
che l'animo di quel ch'ode, non posa
né ferma fede per essempro ch'aia
la sua radice incognita e ascosa, {{r|141}}
 
né per altro argomento che non paia».
</poem>
 
 
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