Divina Commedia/Paradiso/Canto X: differenze tra le versioni

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{{opera
{{paradiso}}
|NomeCognome=Dante Alighieri
'''Paradiso - CANTO X'''
|TitoloOpera=Divina Commedia
----
|NomePaginaOpera=Divina Commedia
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto decimo
}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto nono
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto IX
|CapitoloSuccessivo=Canto undicesimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto XI
}}
''Canto X, nel quale santo Tommaso d'Aquino de l'ordine de' Frati Predicatori parla nel cielo del Sole; e qui comincia la quarta parte.''
 
<poem>
Guardando nel suo Figlio con l'Amore <br>
Guardando nel suo Figlio con l'Amore
che l'uno e l'altro etternalmente spira, <br>
che l'uno e l'altro etternalmente spira,
lo primo e ineffabile Valore <br>
lo primo e ineffabile Valore {{r|3}}
quanto per mente e per loco si gira <br>
 
con tant' ordine fé, ch'esser non puote <br>
quanto per mente e per loco si gira
sanza gustar di lui chi ciò rimira. <br>
con tant' ordine fé, ch'esser non puote
Leva dunque, lettore, a l'alte rote <br>
sanza gustar di lui chi ciò rimira. {{r|6}}
meco la vista, dritto a quella parte <br>
 
dove l'un moto e l'altro si percuote; <br>
Leva dunque, lettore, a l'alte rote
e lì comincia a vagheggiar ne l'arte <br>
meco la vista, dritto a quella parte
di quel maestro che dentro a sé l'ama, <br>
dove l'un moto e l'altro si percuote; {{r|9}}
tanto che mai da lei l'occhio non parte. <br>
 
Vedi come da indi si dirama <br>
e lì comincia a vagheggiar ne l'arte
l'oblico cerchio che i pianeti porta, <br>
di quel maestro che dentro a sé l'ama,
per sodisfare al mondo che li chiama. <br>
tanto che mai da lei l'occhio non parte. {{r|12}}
Che se la strada lor non fosse torta, <br>
 
molta virtù nel ciel sarebbe in vano, <br>
Vedi come da indi si dirama
e quasi ogne potenza qua giù morta; <br>
l'oblico cerchio che i pianeti porta,
e se dal dritto più o men lontano <br>
per sodisfare al mondo che li chiama. {{r|15}}
fosse 'l partire, assai sarebbe manco <br>
 
e giù e sù de l'ordine mondano. <br>
Che se la strada lor non fosse torta,
Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco, <br>
molta virtù nel ciel sarebbe in vano,
dietro pensando a ciò che si preliba, <br>
e quasi ogne potenza qua giù morta; {{r|18}}
s'esser vuoi lieto assai prima che stanco. <br>
 
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba; <br>
e se dal dritto più o men lontano
ché a sé torce tutta la mia cura <br>
fosse 'l partire, assai sarebbe manco
quella materia ond' io son fatto scriba. <br>
e giù e sù de l'ordine mondano. {{r|21}}
Lo ministro maggior de la natura, <br>
 
che del valor del ciel lo mondo imprenta <br>
Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco,
e col suo lume il tempo ne misura, <br>
condietro quellapensando partea ciò che si rammenta <br>preliba,
s'esser vuoi lieto assai prima che stanco. {{r|24}}
congiunto, si girava per le spire <br>
 
in che più tosto ognora s'appresenta; <br>
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba;
e io era con lui; ma del salire <br>
ché a sé torce tutta la mia cura
non m'accors' io, se non com' uom s'accorge, <br>
quella materia ond' io son fatto scriba. {{r|27}}
anzi 'l primo pensier, del suo venire. <br>
 
È Bëatrice quella che sì scorge <br>
Lo ministro maggior de la natura,
di bene in meglio, sì subitamente <br>
che l'attodel suovalor perdel tempociel nonlo simondo sporge. <br>imprenta
e col suo lume il tempo ne misura, {{r|30}}
Quant' esser convenia da sé lucente <br>
 
quel ch'era dentro al sol dov' io entra'mi, <br>
con quella parte che sù si rammenta
non per color, ma per lume parvente! <br>
congiunto, si girava per le spire
Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami, <br>
in che più tosto ognora s'appresenta; {{r|33}}
sì nol direi che mai s'imaginasse; <br>
 
ma creder puossi e di veder si brami. <br>
e io era con lui; ma del salire
E se le fantasie nostre son basse <br>
non m'accors' io, se non com' uom s'accorge,
a tanta altezza, non è maraviglia; <br>
anzi 'l primo pensier, del suo venire. {{r|36}}
ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse. <br>
 
Tal era quivi la quarta famiglia <br>
È Bëatrice quella che sì scorge
de l'alto Padre, che sempre la sazia, <br>
di bene in meglio, sì subitamente
mostrando come spira e come figlia. <br>
che l'atto suo per tempo non si sporge. {{r|39}}
E Bëatrice cominciò: «Ringrazia, <br>
 
ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo <br>
Quant' esser convenia da sé lucente
sensibil t'ha levato per sua grazia». <br>
quel ch'era dentro al sol dov' io entra'mi,
Cor di mortal non fu mai sì digesto <br>
non per color, ma per lume parvente! {{r|42}}
a divozione e a rendersi a Dio <br>
 
con tutto 'l suo gradir cotanto presto, <br>
Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami,
come a quelle parole mi fec' io; <br>
sì nol direi che mai s'imaginasse;
e sì tutto 'l mio amore in lui si mise, <br>
ma creder puossi e di veder si brami. {{r|45}}
che Bëatrice eclissò ne l'oblio. <br>
 
Non le dispiacque; ma sì se ne rise, <br>
E se le fantasie nostre son basse
che lo splendor de li occhi suoi ridenti <br>
a tanta altezza, non è maraviglia;
mia mente unita in più cose divise. <br>
ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse. {{r|48}}
Io vidi più folgór vivi e vincenti <br>
 
far di noi centro e di sé far corona, <br>
Tal era quivi la quarta famiglia
più dolci in voce che in vista lucenti: <br>
de l'alto Padre, che sempre la sazia,
così cinger la figlia di Latona <br>
mostrando come spira e come figlia. {{r|51}}
vedem talvolta, quando l'aere è pregno, <br>
 
sì che ritenga il fil che fa la zona. <br>
E Bëatrice cominciò: «Ringrazia,
Ne la corte del cielo, ond' io rivegno, <br>
ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo
si trovan molte gioie care e belle <br>
sensibil t'ha levato per sua grazia». {{r|54}}
tanto che non si posson trar del regno; <br>
 
e 'l canto di quei lumi era di quelle; <br>
Cor di mortal non fu mai sì digesto
chi non s'impenna sì che là sù voli, <br>
a divozione e a rendersi a Dio
dal muto aspetti quindi le novelle. <br>
con tutto 'l suo gradir cotanto presto, {{r|57}}
Poi, sì cantando, quelli ardenti soli <br>
 
si fuor girati intorno a noi tre volte, <br>
come stellea vicinequelle a'parole fermimi poli,fec' <br>io;
e sì tutto 'l mio amore in lui si mise,
donne mi parver, non da ballo sciolte, <br>
che Bëatrice eclissò ne l'oblio. {{r|60}}
ma che s'arrestin tacite, ascoltando <br>
 
fin che le nove note hanno ricolte. <br>
Non le dispiacque; ma sì se ne rise,
E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando <br>
che lo splendor de li occhi suoi ridenti
lo raggio de la grazia, onde s'accende <br>
mia mente unita in più cose divise. {{r|63}}
verace amore e che poi cresce amando, <br>
 
multiplicato in te tanto resplende, <br>
Io vidi più folgór vivi e vincenti
che ti conduce su per quella scala <br>
far di noi centro e di sé far corona,
u' sanza risalir nessun discende; <br>
più dolci in voce che in vista lucenti: {{r|66}}
qual ti negasse il vin de la sua fiala <br>
 
per la tua sete, in libertà non fora <br>
così cinger la figlia di Latona
se non com' acqua ch'al mar non si cala. <br>
vedem talvolta, quando l'aere è pregno,
Tu vuo' saper di quai piante s'infiora <br>
sì che ritenga il fil che fa la zona. {{r|69}}
questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia <br>
 
la bella donna ch'al ciel t'avvalora. <br>
Ne la corte del cielo, ond' io rivegno,
Io fui de li agni de la santa greggia <br>
si trovan molte gioie care e belle
che Domenico mena per cammino <br>
tanto che non si posson trar del regno; {{r|72}}
u' ben s'impingua se non si vaneggia. <br>
 
Questi che m'è a destra più vicino, <br>
e 'l canto di quei lumi era di quelle;
frate e maestro fummi, ed esso Alberto <br>
chi non s'impenna sì che là sù voli,
è di Cologna, e io Thomas d'Aquino. <br>
dal muto aspetti quindi le novelle. {{r|75}}
Se sì di tutti li altri esser vuo' certo, <br>
 
di retro al mio parlar ten vien col viso <br>
Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
girando su per lo beato serto. <br>
si fuor girati intorno a noi tre volte,
Quell' altro fiammeggiare esce del riso <br>
come stelle vicine a' fermi poli, {{r|78}}
di Grazïan, che l'uno e l'altro foro <br>
 
aiutò sì che piace in paradiso. <br>
donne mi parver, non da ballo sciolte,
L'altro ch'appresso addorna il nostro coro, <br>
ma che s'arrestin tacite, ascoltando
quel Pietro fu che con la poverella <br>
fin che le nove note hanno ricolte. {{r|81}}
offerse a Santa Chiesa suo tesoro. <br>
 
La quinta luce, ch'è tra noi più bella, <br>
E dentro a l'un senti' cominciar: «Quando
spira di tale amor, che tutto 'l mondo <br>
lo raggio de la grazia, onde s'accende
là giù ne gola di saper novella: <br>
verace amore e che poi cresce amando, {{r|84}}
entro v'è l'alta mente u' sì profondo <br>
 
saver fu messo, che, se 'l vero è vero, <br>
multiplicato in te tanto resplende,
a veder tanto non surse il secondo. <br>
che ti conduce su per quella scala
Appresso vedi il lume di quel cero <br>
u' sanza risalir nessun discende; {{r|87}}
che giù in carne più a dentro vide <br>
 
l'angelica natura e 'l ministero. <br>
qual ti negasse il vin de la sua fiala
Ne l'altra piccioletta luce ride <br>
per la tua sete, in libertà non fora
quello avvocato de' tempi cristiani <br>
se non com' acqua ch'al mar non si cala. {{r|90}}
del cui latino Augustin si provide. <br>
 
Or se tu l'occhio de la mente trani <br>
Tu vuo' saper di quai piante s'infiora
di luce in luce dietro a le mie lode, <br>
questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia
già de l'ottava con sete rimani. <br>
la bella donna ch'al ciel t'avvalora. {{r|93}}
Per vedere ogne ben dentro vi gode <br>
 
l'anima santa che 'l mondo fallace <br>
Io fui de li agni de la santa greggia
fa manifesto a chi di lei ben ode. <br>
che Domenico mena per cammino
Lo corpo ond' ella fu cacciata giace <br>
u' ben s'impingua se non si vaneggia. {{r|96}}
giuso in Cieldauro; ed essa da martiro <br>
 
e da essilio venne a questa pace. <br>
Questi che m'è a destra più vicino,
Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro <br>
frate e maestro fummi, ed esso Alberto
d'Isidoro, di Beda e di Riccardo, <br>
è di Cologna, e io Thomas d'Aquino. {{r|99}}
che a considerar fu più che viro. <br>
 
Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, <br>
Se sì di tutti li altri esser vuo' certo,
è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri <br>
di retro al mio parlar ten vien col viso
gravi a morir li parve venir tardo: <br>
girando su per lo beato serto. {{r|102}}
essa è la luce etterna di Sigieri, <br>
 
che, leggendo nel Vico de li Strami, <br>
Quell' altro fiammeggiare esce del riso
silogizzò invidïosi veri». <br>
di Grazïan, che l'uno e l'altro foro
Indi, come orologio che ne chiami <br>
aiutò sì che piace in paradiso. {{r|105}}
ne l'ora che la sposa di Dio surge <br>
 
a mattinar lo sposo perché l'ami, <br>
L'altro ch'appresso addorna il nostro coro,
che l'una parte e l'altra tira e urge, <br>
quel Pietro fu che con la poverella
tin tin sonando con sì dolce nota, <br>
offerse a Santa Chiesa suo tesoro. {{r|108}}
che 'l ben disposto spirto d'amor turge; <br>
 
così vid' ïo la gloriosa rota <br>
La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
muoversi e render voce a voce in tempra <br>
spira di tale amor, che tutto 'l mondo
e in dolcezza ch'esser non pò nota <br>
là giù ne gola di saper novella: {{r|111}}
 
entro v'è l'alta mente u' sì profondo
saver fu messo, che, se 'l vero è vero,
a veder tanto non surse il secondo. {{r|114}}
 
Appresso vedi il lume di quel cero
che giù in carne più a dentro vide
l'angelica natura e 'l ministero. {{r|117}}
 
Ne l'altra piccioletta luce ride
quello avvocato de' tempi cristiani
del cui latino Augustin si provide. {{r|120}}
 
Or se tu l'occhio de la mente trani
di luce in luce dietro a le mie lode,
già de l'ottava con sete rimani. {{r|123}}
 
Per vedere ogne ben dentro vi gode
l'anima santa che 'l mondo fallace
fa manifesto a chi di lei ben ode. {{r|126}}
 
Lo corpo ond' ella fu cacciata giace
giuso in Cieldauro; ed essa da martiro
e da essilio venne a questa pace. {{r|129}}
 
Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro
d'Isidoro, di Beda e di Riccardo,
che a considerar fu più che viro. {{r|132}}
 
Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
gravi a morir li parve venir tardo: {{r|135}}
 
essa è la luce etterna di Sigieri,
che, leggendo nel Vico de li Strami,
silogizzò invidïosi veri». {{r|138}}
 
Indi, come orologio che ne chiami
ne l'ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l'ami, {{r|141}}
 
che l'una parte e l'altra tira e urge,
tin tin sonando con sì dolce nota,
che 'l ben disposto spirto d'amor turge; {{r|144}}
 
così vid' ïo la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza ch'esser non pò nota {{r|147}}
 
se non colà dove gioir s'insempra.
</poem>
 
 
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