Divina Commedia/Paradiso/Canto IX: differenze tra le versioni

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{{opera
{{paradiso}}
|NomeCognome=Dante Alighieri
'''Paradiso - CANTO IX'''
|TitoloOpera=Divina Commedia
----
|NomePaginaOpera=Divina Commedia
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto nono
}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto ottavo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto VIII
|CapitoloSuccessivo=Canto decimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto X
}}
''Canto IX, nel quale parla madonna Cunizza di Romano, antidicendo alcuna cosa de la Marca di Trevigi; e parla Folco di Marsilia che fue vescovo d'essa.''
 
<poem>
Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, <br>
Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni <br>
m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni
che ricever dovea la sua semenza; <br>
che ricever dovea la sua semenza; {{r|3}}
ma disse: «Taci e lascia muover li anni»; <br>
 
sì ch'io non posso dir se non che pianto <br>
ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;
giusto verrà di retro ai vostri danni. <br>
sì ch'io non posso dir se non che pianto
E già la vita di quel lume santo <br>
giusto verrà di retro ai vostri danni. {{r|6}}
rivolta s'era al Sol che la rïempie <br>
 
come quel ben ch'a ogne cosa è tanto. <br>
E già la vita di quel lume santo
Ahi anime ingannate e fatture empie, <br>
rivolta s'era al Sol che la rïempie
che da sì fatto ben torcete i cuori, <br>
come quel ben ch'a ogne cosa è tanto. {{r|9}}
drizzando in vanità le vostre tempie! <br>
 
Ed ecco un altro di quelli splendori <br>
Ahi anime ingannate e fatture empie,
ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi <br>
che da sì fatto ben torcete i cuori,
significava nel chiarir di fori. <br>
drizzando in vanità le vostre tempie! {{r|12}}
Li occhi di Bëatrice, ch'eran fermi <br>
 
sovra me, come pria, di caro assenso <br>
Ed ecco un altro di quelli splendori
al mio disio certificato fermi. <br>
ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi
«Deh, metti al mio voler tosto compenso, <br>
significava nel chiarir di fori. {{r|15}}
beato spirto», dissi, «e fammi prova <br>
 
ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!». <br>
Li occhi di Bëatrice, ch'eran fermi
Onde la luce che m'era ancor nova, <br>
sovra me, come pria, di caro assenso
del suo profondo, ond' ella pria cantava, <br>
al mio disio certificato fermi. {{r|18}}
seguette come a cui di ben far giova: <br>
 
«In quella parte de la terra prava <br>
«Deh, metti al mio voler tosto compenso,
italica che siede tra Rïalto <br>
beato spirto», dissi, «e fammi prova
e le fontane di Brenta e di Piava, <br>
ch'i' possa in te refletter quel ch'io penso!». {{r|21}}
si leva un colle, e non surge molt' alto, <br>
 
là onde scese già una facella <br>
Onde la luce che m'era ancor nova,
che fece a la contrada un grande assalto. <br>
del suo profondo, ond' ella pria cantava,
D'una radice nacqui e io ed ella: <br>
seguette come a cui di ben far giova: {{r|24}}
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo <br>
 
perché mi vinse il lume d'esta stella; <br>
«In quella parte de la terra prava
ma lietamente a me medesma indulgo <br>
italica che siede tra Rïalto
la cagion di mia sorte, e non mi noia; <br>
e le fontane di Brenta e di Piava, {{r|27}}
che parria forse forte al vostro vulgo. <br>
 
Di questa luculenta e cara gioia <br>
si leva un colle, e non surge molt' alto,
del nostro cielo che più m'è propinqua, <br>
là onde scese già una facella
grande fama rimase; e pria che moia, <br>
che fece a la contrada un grande assalto. {{r|30}}
questo centesimo anno ancor s'incinqua: <br>
 
vedi se far si dee l'omo eccellente, <br>
D'una radice nacqui e io ed ella:
sì ch'altra vita la prima relinqua. <br>
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
E ciò non pensa la turba presente <br>
perché mi vinse il lume d'esta stella; {{r|33}}
che Tagliamento e Adice richiude, <br>
 
né per esser battuta ancor si pente; <br>
ma lietamente a me medesma indulgo
ma tosto fia che Padova al palude <br>
la cagion di mia sorte, e non mi noia;
cangerà l'acqua che Vincenza bagna, <br>
che parria forse forte al vostro vulgo. {{r|36}}
per essere al dover le genti crude; <br>
 
e dove Sile e Cagnan s'accompagna, <br>
Di questa luculenta e cara gioia
tal signoreggia e va con la testa alta, <br>
del nostro cielo che più m'è propinqua,
che già per lui carpir si fa la ragna. <br>
grande fama rimase; e pria che moia, {{r|39}}
Piangerà Feltro ancora la difalta <br>
 
de l'empio suo pastor, che sarà sconcia <br>
questo centesimo anno ancor s'incinqua:
sì, che per simil non s'entrò in malta. <br>
vedi se far si dee l'omo eccellente,
Troppo sarebbe larga la bigoncia <br>
sì ch'altra vita la prima relinqua. {{r|42}}
che ricevesse il sangue ferrarese, <br>
 
e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia, <br>
E ciò non pensa la turba presente
che donerà questo prete cortese <br>
che Tagliamento e Adice richiude,
per mostrarsi di parte; e cotai doni <br>
né per esser battuta ancor si pente; {{r|45}}
conformi fieno al viver del paese. <br>
 
Sù sono specchi, voi dicete Troni, <br>
ma tosto fia che Padova al palude
onde refulge a noi Dio giudicante; <br>
cangerà l'acqua che Vincenza bagna,
sì che questi parlar ne paion buoni». <br>
per essere al dover le genti crude; {{r|48}}
Qui si tacette; e fecemi sembiante <br>
 
che fosse ad altro volta, per la rota <br>
e dove Sile e Cagnan s'accompagna,
in che si mise com' era davante. <br>
tal signoreggia e va con la testa alta,
L'altra letizia, che m'era già nota <br>
che già per lui carpir si fa la ragna. {{r|51}}
per cara cosa, mi si fece in vista <br>
 
qual fin balasso in che lo sol percuota. <br>
Piangerà Feltro ancora la difalta
Per letiziar là sù fulgor s'acquista, <br>
de l'empio suo pastor, che sarà sconcia
sì come riso qui; ma giù s'abbuia <br>
sì, che per simil non s'entrò in malta. {{r|54}}
l'ombra di fuor, come la mente è trista. <br>
 
«Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia», <br>
Troppo sarebbe larga la bigoncia
diss' io, «beato spirto, sì che nulla <br>
che ricevesse il sangue ferrarese,
voglia di sé a te puot' esser fuia. <br>
e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia, {{r|57}}
Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla <br>
 
sempre col canto di quei fuochi pii <br>
che donerà questo prete cortese
che di sei ali facen la coculla, <br>
per mostrarsi di parte; e cotai doni
perché non satisface a' miei disii? <br>
conformi fieno al viver del paese. {{r|60}}
Già non attendere' io tua dimanda, <br>
 
s'io m'intuassi, come tu t'inmii». <br>
Sù sono specchi, voi dicete Troni,
«La maggior valle in che l'acqua si spanda», <br>
onde refulge a noi Dio giudicante;
incominciaro allor le sue parole, <br>
sì che questi parlar ne paion buoni». {{r|63}}
«fuor di quel mar che la terra inghirlanda, <br>
 
tra ' discordanti liti contra 'l sole <br>
Qui si tacette; e fecemi sembiante
tanto sen va, che fa meridïano <br>
che fosse ad altro volta, per la rota
là dove l'orizzonte pria far suole. <br>
in che si mise com' era davante. {{r|66}}
Di quella valle fu' io litorano <br>
 
tra Ebro e Macra, che per cammin corto <br>
L'altra letizia, che m'era già nota
parte lo Genovese dal Toscano. <br>
per cara cosa, mi si fece in vista
Ad un occaso quasi e ad un orto <br>
qual fin balasso in che lo sol percuota. {{r|69}}
Buggea siede e la terra ond' io fui, <br>
 
che fé del sangue suo già caldo il porto. <br>
Per letiziar là sù fulgor s'acquista,
Folco mi disse quella gente a cui <br>
sì come riso qui; ma giù s'abbuia
fu noto il nome mio; e questo cielo <br>
l'ombra di fuor, come la mente è trista. {{r|72}}
di me s'imprenta, com' io fe' di lui; <br>
 
ché più non arse la figlia di Belo, <br>
«Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia»,
noiando e a Sicheo e a Creusa, <br>
diss' io, «beato spirto, sì che nulla
di me, infin che si convenne al pelo; <br>
voglia di sé a te puot' esser fuia. {{r|75}}
né quella Rodopëa che delusa <br>
 
fu da Demofoonte, né Alcide <br>
Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla
quando Iole nel core ebbe rinchiusa. <br>
sempre col canto di quei fuochi pii
Non però qui si pente, ma si ride, <br>
che di sei ali facen la coculla, {{r|78}}
non de la colpa, ch'a mente non torna, <br>
 
ma del valor ch'ordinò e provide. <br>
perché non satisface a' miei disii?
Qui si rimira ne l'arte ch'addorna <br>
Già non attendere' io tua dimanda,
cotanto affetto, e discernesi 'l bene <br>
s'io m'intuassi, come tu t'inmii». {{r|81}}
per che 'l mondo di sù quel di giù torna. <br>
 
Ma perché tutte le tue voglie piene <br>
«La maggior valle in che l'acqua si spanda»,
ten porti che son nate in questa spera, <br>
incominciaro allor le sue parole,
proceder ancor oltre mi convene. <br>
«fuor di quel mar che la terra inghirlanda, {{r|84}}
Tu vuo' saper chi è in questa lumera <br>
 
che qui appresso me così scintilla <br>
tra ' discordanti liti contra 'l sole
come raggio di sole in acqua mera. <br>
tanto sen va, che fa meridïano
Or sappi che là entro si tranquilla <br>
là dove l'orizzonte pria far suole. {{r|87}}
Raab; e a nostr' ordine congiunta, <br>
 
di lei nel sommo grado si sigilla. <br>
Di quella valle fu' io litorano
Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta <br>
tra Ebro e Macra, che per cammin corto
che 'l vostro mondo face, pria ch'altr' alma <br>
parte lo Genovese dal Toscano. {{r|90}}
del trïunfo di Cristo fu assunta. <br>
 
Ben si convenne lei lasciar per palma <br>
Ad un occaso quasi e ad un orto
in alcun cielo de l'alta vittoria <br>
Buggea siede e la terra ond' io fui,
che s'acquistò con l'una e l'altra palma, <br>
che fé del sangue suo già caldo il porto. {{r|93}}
perch' ella favorò la prima gloria <br>
 
di Iosüè in su la Terra Santa, <br>
Folco mi disse quella gente a cui
che poco tocca al papa la memoria. <br>
fu noto il nome mio; e questo cielo
La tua città, che di colui è pianta <br>
di me s'imprenta, com' io fe' di lui; {{r|96}}
che pria volse le spalle al suo fattore <br>
 
e di cui è la 'nvidia tanto pianta, <br>
ché più non arse la figlia di Belo,
produce e spande il maladetto fiore <br>
noiando e a Sicheo e a Creusa,
c'ha disvïate le pecore e li agni, <br>
di me, infin che si convenne al pelo; {{r|99}}
però che fatto ha lupo del pastore. <br>
 
Per questo l'Evangelio e i dottor magni <br>
né quella Rodopëa che delusa
son derelitti, e solo ai Decretali <br>
fu da Demofoonte, né Alcide
si studia, sì che pare a' lor vivagni. <br>
quando Iole nel core ebbe rinchiusa. {{r|102}}
A questo intende il papa e ' cardinali; <br>
 
non vanno i lor pensieri a Nazarette, <br>
Non però qui si pente, ma si ride,
là dove Gabrïello aperse l'ali. <br>
non de la colpa, ch'a mente non torna,
Ma Vaticano e l'altre parti elette <br>
ma del valor ch'ordinò e provide. {{r|105}}
di Roma che son state cimitero <br>
 
a la milizia che Pietro seguette, <br>
Qui si rimira ne l'arte ch'addorna
cotanto affetto, e discernesi 'l bene
per che 'l mondo di sù quel di giù torna. {{r|108}}
 
Ma perché tutte le tue voglie piene
ten porti che son nate in questa spera,
proceder ancor oltre mi convene. {{r|111}}
 
Tu vuo' saper chi è in questa lumera
che qui appresso me così scintilla
come raggio di sole in acqua mera. {{r|114}}
 
Or sappi che là entro si tranquilla
Raab; e a nostr' ordine congiunta,
di lei nel sommo grado si sigilla. {{r|117}}
 
Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta
che 'l vostro mondo face, pria ch'altr' alma
del trïunfo di Cristo fu assunta. {{r|120}}
 
Ben si convenne lei lasciar per palma
in alcun cielo de l'alta vittoria
che s'acquistò con l'una e l'altra palma, {{r|123}}
 
perch' ella favorò la prima gloria
di Iosüè in su la Terra Santa,
che poco tocca al papa la memoria. {{r|126}}
 
La tua città, che di colui è pianta
che pria volse le spalle al suo fattore
e di cui è la 'nvidia tanto pianta, {{r|129}}
 
produce e spande il maladetto fiore
c'ha disvïate le pecore e li agni,
però che fatto ha lupo del pastore. {{r|132}}
 
Per questo l'Evangelio e i dottor magni
son derelitti, e solo ai Decretali
si studia, sì che pare a' lor vivagni. {{r|135}}
 
A questo intende il papa e ' cardinali;
non vanno i lor pensieri a Nazarette,
là dove Gabrïello aperse l'ali. {{r|138}}
 
Ma Vaticano e l'altre parti elette
di Roma che son state cimitero
a la milizia che Pietro seguette, {{r|141}}
 
tosto libere fien de l'avoltero».
</poem>
 
 
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