Satire (Orazio)/Libro I/Satira IV: differenze tra le versioni

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Perchè questo mio stil dispiace, essendo
Molti al mondo, anzi i più, degni di biasmo.
Prendi un qual vuoi d'infra la turba, è desso
O di fausto macchiato, o d'avarizia.
Altri invescato è ne'più sozzi amori.
Dal fulgor dell'argento altri è rapito.
Albio stordisce su i lavor di bronzo:
Chi dal levante va cangiando merci
Sino a'lidi che scalda il sol cadente.
E qual polve da turbine aggirata
Precipitoso va tra mille rischi
Per timor di scemare il capitale
O per desio di vantaggiarlo. Tutti
Costor temono i versi, odiano i vati.
Fuggi lontan: Costui sul corno ha il fieno.
Purchè di canzonar la voglia sfoghi,
Non guarda amici in viso, e quel che in carta
Schiccherò giù una volta, a tutti quanti
Ritornano dal forno, o dalla fonte
Ragazzi e vecchie di far noto agogna,
Breve risposta udite in grazia. Io prima
Dal numero di quegli, a'quai comparto
Di poeta l'onor, levo me stesso.
Chè a ciò non basta l'accozzar due versi;
Nè s'altri imiti il favellare comune
Scrivendo, com'io fo, questi è poeta.
Mente e ingegno divino, alto sonante
Bocca d'un tanto nome altrui fa degno
Perciò se fosse o no, cercaro alcuni,
Poema la Commedia, perchè in essa
Nè cose nè parole han lena e brio,
Sennonchè il metro dal comun discorso
La differenzia. Ma in Commedia un padre
Monta in furor, perchè un suo figlio pazzo
Scialaquator va dietro a una bagascia,
Nè prender moglie vuol con ricca dote,
Ed ubbriaco va con grave scorno
A torchi accesi innanzi sera in giro.
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