Pagina:Discorsi-SNFI.djvu/18: differenze tra le versioni

Cinnamologus (discussione | contributi)
Creazione pagina
 
L0ll0 (discussione | contributi)
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
penisola. Egli è impossibile il fare una vera Lega italiana, finché il barbaro alberga e comanda in casa nostra; egli è impossibile l'instituire una Lega durevole e forte, senza un regno potente che la protegga. Rispetto alla necessita dell'autonomia tutti o quasi tutti oggi siamo d'accordo; e anche coloro che ne farebbero senza volentieri, non osano dismetterla e rinunziarla palesemente. Il Regno dell'Alta Italia è men fortunato; e non mancano i prudenti che lo chiamano un bel sogno e reputano vano ogni sforzo per rimetterlo in piede. Capirei questa foggia di discorrere, se le due cose fossero separabili; se l'unione fosse manco richiesta dell'indipendenza al bene d'Italia, o riuscisse di acquisto più malagevole, o paresse men sacra e inviolabile per medesima. Ma la necessità è pari, anzi maggiore; perché mediante un forte stato boreale, le contrade italiane saranno in perpetuo affrancate dallo straniero; dove che il riscatto sarebbe sempre precario, se le province più esposte agli insulti barbarici fossero divise e quinci deboli ed inferme. giova il ricorrere alla Lega; la quale basta all'effetto proposto, se è munita e convalidata da un Regno italico; non basta senza di esso; imperocché il concorso delle forze federali non è efficace, se i piccoli stati non convergono e non si appuntano ad uno che maggioreggi. Coloro che sequestrano la Lega dal suo presidio legittimano le obbiezioni degli unitari assoluti; i quali accusano gli ordini federativi di debolezza, e hanno ragione, se quelli non si raccolgono intorno ad un centro vivo e gagliardo che supplisca ai difetti inseparabili dalla loro natura. Io l'ho già detto altrove, ma giova il ripeterlo: non le divisioni della media e della bassa Italia, ma quelle delle province nordiche furono la causa precipua delle nostre sventure; perché in vece di dare il passo a ogni oste che venga a assalirci, come facciamo da molti secoli, saremmo sempre stati inespugnabili, se Torino, Genova, Milano e Venezia avessero ubbidito a un solo signore. La Confederazione italiana insomma è come un magnifico edifizio da innalzare in un campo occupato in gran parte dagl'inimici.
penisola. Egli è impossibile il fare una vera Lega italiana, finchè il barbaro alberga e comanda in casa nostra; egli è impossibile l’instituire una Lega durevole e forte, senza un regno potente che la protegga. Rispetto alla necessita dell’autonomia tutti o quasi tutti oggi siamo d’accordo; e anche coloro che ne farebbero senza volentieri, non osano dismetterla e rinunziarla palesemente. Il Regno dell’Alta Italia è men fortunato; e non mancano i prudenti che lo chiamano un bel sogno e reputano vano ogni sforzo per rimetterlo in piede. Capirei questa foggia di discorrere, se le due cose fossero separabili; se l’unione fosse manco richiesta dell’indipendenza al bene d’Italia, o riuscisse di acquisto più malagevole, o paresse men sacra e inviolabile per medesima. Ma la necessità è pari, anzi maggiore; perché mediante un forte stato boreale, le contrade italiane saranno in perpetuo affrancate dallo straniero; dove che il riscatto sarebbe sempre precario, se le province più esposte agli insulti barbarici fossero divise e quinci deboli ed inferme. giova il ricorrere alla Lega; la quale basta all’effetto proposto, se è munita e convalidata da un Regno italico; non basta senza di esso; imperocchè il concorso delle forze federali non è efficace, se i piccoli stati non convergono e non si appuntano ad uno che maggioreggi. Coloro che sequestrano la Lega dal suo presidio legittimano le obbiezioni degli unitari assoluti; i quali accusano gli ordini federativi di debolezza, e hanno ragione, se quelli non si raccolgono intorno ad un centro vivo e gagliardo che supplisca ai difetti inseparabili dalla loro natura. Io l’ho già detto altrove, ma giova il ripeterlo: non le divisioni della media e della bassa Italia, ma quelle delle province nordiche furono la causa precipua delle nostre sventure; perchè in vece di dare il passo a ogni oste che venga a assalirci, come facciamo da molti secoli, saremmo sempre stati inespugnabili, se Torino, Genova, Milano e Venezia avessero ubbidito a un solo signore. La Confederazione italiana insomma è come un magnifico edifizio da innalzare in un campo occupato in gran parte dagl’inimici.