Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/455: differenze tra le versioni

Casmiki (discussione | contributi)
mNessun oggetto della modifica
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Intestazione (non inclusa):Intestazione (non inclusa):
Riga 1: Riga 1:
{{RigaIntestazione|||425}}
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
sommamente innanzi a tutti quanti mai furono nella provvidenza e diligenza; perciocché egli costrinse il mare vicino ai monti, ed ivi spumante e tutto allagante intorno, a sostenere il freno di robustissime fondamenta gittate tra i flutti, e nella umida sabbia, cose che apertamente sono contrarie; ed a ceder all'arte umana ad onta della naturale sua forza violentissima. Poscia dopo che boschi e burroni ebbe congiunti, e fermato il mare a pié de’ monti, e tutta la Grecia cinta di fortificazioni, non pose fine ancora, né temperamento all'amor suo verso i sudditi; ma dentro quelle mura alzò ancora castelli, colla giusta considerazione alla umana fortuna, in faccia della quale nulla é di stabile, nulla d’invitto: pensando, che se per caso i nemici in qualunque modo s'impossessassero di quelle fortificazioni, i soldati di presidio avrebbero per que' castelli luogo opportuno ove ripararsi. Al quale intendimento ancora fece granai e serbatoi d’acqua dappertutto; e pose ivi circa due mila uomini di guarnigione: cosa che prima di lui non v'era memoria che fatta avesse alcun imperadore; giacché e in addietro, ed anche al tempo nostro quelle fortificazioni erano sempre rimaste senza difensori; e se nemici avanzavansi con iscorrerie, od invasioni, i villani del paese, mutato sull'istante mestiere, per la circostanza diventavano combattenti, e facevano ivi le guardie per terra. Ma la loro imperizia faceva ancora che insieme con essi la Grecia venisse facilmente in potere de’ nemici. E la parsimonia inopportunamente usata in ciò fu cagione che per lunghissimo tempo il paese fosse aperto alle incursioni de' Barbari.
sommamente innanzi a tutti quanti mai furono nella provvidenza e diligenza; perciocché egli costrinse il mare vicino ai monti, ed ivi spumante e tutto allagante intorno, a sostenere il freno di robustissime fondamenta gittate tra i flutti, e nella umida sabbia, cose che apertamente sono contrarie; ed a ceder all’arte umana ad onta della naturale sua forza violentissima. Poscia dopo che boschi e burroni ebbe congiunti, e fermato il mare a pié de’ monti, e tutta la Grecia cinta di fortificazioni, non pose fine ancora, né temperamento all’amor suo verso i sudditi; ma dentro quelle mura alzò ancora castelli, colla giusta considerazione alla umana fortuna, in faccia della quale nulla é di stabile, nulla d’invitto: pensando, che se per caso i nemici in qualunque modo s’impossessassero di quelle fortificazioni, i soldati di presidio avrebbero per que’ castelli luogo opportuno ove ripararsi. Al quale intendimento ancora fece granai e serbatoi d’acqua dappertutto; e pose ivi circa due mila uomini di guarnigione: cosa che prima di lui non v’era memoria che fatta avesse alcun imperadore; giacché e in addietro, ed anche al tempo nostro quelle fortificazioni erano sempre rimaste senza difensori; e se nemici avanzavansi con iscorrerie, od invasioni, i villani del paese, mutato sull’istante mestiere, per la circostanza diventavano combattenti, e facevano ivi le guardie per terra. Ma la loro imperizia faceva ancora che insieme con essi la Grecia venisse facilmente in potere de’ nemici. E la parsimonia inopportunamente usata in ciò fu cagione che per lunghissimo tempo il paese fosse aperto alle incursioni de’ Barbari.