Arabella/Parte seconda/6: differenze tra le versioni

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Durante la corsa di Ferruccio in mezzo alle strade di Milano, la Colomba, dopo aver fatto bere al Berretta una scodella di brodo e un bicchiere di vino, disse alla Nunziadina:
"Recitiamo il rosario, perché la Madonna addolorata abbia pietà dei nostri dolori"dolori—.
Tirò di tasca la corona, memoria della povera Marietta, e cominciò dal mistero che contempla Gesù nell’orto.
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Delle tre sorelle la Marietta era la più bella, la più viva, la più romantica com’erano tutte le sartine del suo tempo. Aveva sposato il Berretta, non già perché il cuore le dicesse qualche cosa per quel povero martoro di sarto, ma perché così avevan voluto, o perché bisognava maritarla quella figliuola. Nel dare alla luce Ferruccio (un certo nome che essa aveva trovato in uno dei suoi romanzi) tre giorni dopo fu assalita da una maligna infezione e in ventiquattro ore moriva abbruciata dalla febbre, col ventre gonfio, delirando come una pazza, confessando anche ciò che avrebbe fatto bene a tacere, poverina.
"Hai—Hai sentito?" entrò a chiedere la Nunziadina, rompendo il filo dei pensieri che s’attorcigliavano al rosario.
"Che—Che cosa?"
"Mi—Mi par di sentire..."
—È quest’uomo qui."
Il Berretta, puntellato ai ginocchi, dondolando, e balzando in piccole scosse, mandava dal naso un soffio pesante d’uomo che dorme.
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"Delirava—Delirava la poverina, chiamando per nome tutte le ragazze della scuola, e i giovinetti che accompagnano le ragazze. A volte credeva di recitare sul teatro, faceva la tragedia e la commedia, sempre in mezzo a una fornace di febbre, sempre con quel ventre alto come una montagna, mentre il bimbo strillava di fame in un cesto. Il Berretta per consiglio del dottore era corso, a piedi, fino a Niguarda in cerca d’una balia.
"Che—Che giornata, che notte di purgatorio! Che cosa non usciva di bocca alla malata? a crederle c’era da ritenere la povera tosa peggiore d’una donna perduta; o bisognava credere che il demonio approfittasse del male per far ballare innanzi alla moribonda solamente le immagini carnevalesche dei veglioni e delle festine da ballo, apposta per perdere un’anima.
"A—A crederle, Ferruccio non sarebbe stato figlio di quel pover’uomo, che col cuore in bocca correva a Niguarda a cercare la balia. Per fortuna, o per misericordia, il delirio cessò al tornare del Berretta colla contadina. La Marietta entrò in agonia, e non parlò più... Storie di vent’anni fa, che uscivano ora a farsi vive, sotto la scossa degli avvenimenti, mentre toccava al ragazzo di correre per salvare la vita di suo padre..."
"Non—Non ti pare ch’egli tardi troppo?"
"Se—Se tarda, è perché non ha trovato subito. Non è mica un bimbo d’un anno"anno— brontolò la Colomba.
"Siam—Siam sole, e se venissero le guardie?"
"Che—Che guardie d’Egitto! non farmi la stupida anche te..."
A queste parole ruvide, pronunciate con forti scosse di testa, la Nunziadina oscillò sulle gruccette e raggrinzò il bianco faccino a un greppio duro di bimba che vuol piangere.
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"Verso—Verso la mattina la povera Marietta, carbonizzata dal male, con due occhi spiritati e gonfi, cacciò le gambe dal letto per scappare, e cominciò a gridare: ’Il prete, il prete; voglio confessarmi, portatelo via’. Non si fu svelti abbastanza, stramazzò e la riposero morta sul letto."
"O—O Gesù, Giuseppe e Maria..." aspirò la Colomba, e con un sospiro mise giù la corona per non mescolare il bene col male.
Le reminiscenze del passato erano quasi più forti dei bisogni del presente. Il Signore solo sa leggere i segreti della coscienza, e se il male non ha fatto mentire una moribonda, Dio doveva averla giudicata e compatita nella sua misericordia. E da vent’anni ormai la stessa Colomba s’era abituata a considerare le cose come oneste e naturali, allontanando sempre dal pensiero il sospetto, tutte le volte che le varie e le piccole circostanze della vita e l’indole di Ferruccio venivano a ridestarlo. Ma a certe scosse di terremoto che fanno crepar la terra, escono spaventati i più vecchi sorci: e Dio, che non paga al sabato, può benissimo far scontare a un figliuolo il peccato della mamma.
—È qui, è il suo passo"passo— disse la Nunziadina.
La zia Colomba alzò lo stoppino della lampada, tolse il paralume, e alla luce diffusa e bianca credette vedere entrare dall’uscio la faccia profilata della povera sorella, com’era rimasta sul cuscino dopo l’ultimo respiro.
"Mi—Mi ha cacciato come un cane, non mi ha lasciato parlare, mi ha coperto di vituperi..."
Ferruccio gettò il cappello sulla sedia e fece un giro intorno al tavolo.
"O—O povero me, io mi butto nel Naviglietto..." riprese a dire piagnucolando colla voce d’uomo che dorme il vecchio portinaio.
"Ah—Ah, ti ha cacciato via..." domandò la Colomba senza levar gli occhi d’addosso al figliuolo.
"Come—Come un cane; non mi ha lasciato parlare."
"E—E la signora Arabella?"
"Io—Io mi butto nel Naviglietto."
"Voi—Voi fatevi coraggio," disse il ragazzo a suo padre "la—la signora Arabella ha promesso di occuparsi della vostra causa e domani mattina manderà una risposta. Per fortuna c’è questa buona signora..."
"Dio—Dio la benedica..." esclamarono insieme le donne, congiungendo le mani.
"Essa—Essa ha detto che ne avrebbe parlato al signor Tognino, il quale alle volte esagera apposta... Se non avessi ancora questa speranza, io non so quel che farei di me."
Stringendo nei pugni i folti capelli, come se volesse strapparseli, girando inquieto per la stanza, esclamò:
"Che—Che cosa ho fatto io di male a Dio e alla gente, perché debba soffrire a questo modo? e quella donna lassù non guarda, non ha un poco di compassione del suo Ferruccio?"
La zia Colomba corse verso il figliuolo e, abbracciandolo, cercò di soffocare contro il suo petto le parole che invocavano così fuor di proposito i poveri morti.
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A che pro’ vivere onesti e buoni, credere alle cose sante, mortificare la propria giovinezza, chiedere all’ideale la virtù che ti porta in alto al di sopra di tutti gli altri, se ogni monello della via avrà il diritto di chiamarti figlio di ladri? come affrontare lo sguardo delle persone oneste, se puoi temere che ti si legga in viso la tua vergogna? Molti ti compatiranno e diranno:
"Vedete—Vedete quel povero giovane? ha il padre in prigione. Avrebbe potuto fare una buona carriera, è un giovane che ha studiato, ma non si può raccomandare, naturalmente, una persona che ha il padre al cellulare"cellulare—.
E come, allora, presentarsi a cercare un impiego con questa terribile paura che ti leggano negli occhi il disonore? e poiché di un pane maledetto egli non ne voleva più mangiare, ecco, insieme al disonore, la miseria e la fame.
Per poche bottiglie di vino un uomo ricco e potente cacciava un vecchio in carcere e un giovane nella necessità di dover stendere la mano. E un delitto di questa natura si osava compiere in nome della giustizia. Giustizia questa? "Ma—Ma, Signore, se è giustizia questa, io preferisco credere all’iniquità del ladro che ti assalta sulla strada. Allora, forza per forza, giustizia per giustizia, vendetta per vendetta, io stringerò il manico di un coltello, mi presenterò a quell’uomo che mi assassina l’anima, la fede, le speranze, tutto, e scriverò anch’io la mia sentenza nel sangue di quest’uomo."
"O—O povero me!" sospirava davanti a questi pensieri, passeggiando su e giù per la ringhiera.
Tacevano i giardini e gli orti nella luce smorta. Solo il vento usciva ogni tanto con un bisbiglio tra i rami in fiore e fra le tenere foglie del castagno. L’ora scoccava in quel silenzio chiaro dal vicino campanile, preceduta dal rantolo delle ruote e dei pesi, che scorrono dentro la torre.
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Si attaccò colle mani alle imposte per reggersi, e sentì cinque o sei colpi tremendi nello stomaco, come se glielo picchiassero col martello. Chiuse la finestra e colle due mani sulle orecchie corse nello stanzino dove dormiva il ragazzo. Stette ancora un minuto sospesa, come se tardasse apposta, per carità, a dargli il terribile colpo; ma quando sentì che picchiavano all’uscio della scala, pose una mano sulle mani del nipote, lo scosse e disse:
—Ferruccio...—
"Ferruccio..."
"Che—Che c’è? che c’è?"
"Ci—Ci son le guardie."
—Dove?—
"Dove?"
"In—In corte... Senti che picchiano."
Ferruccio sollevò la testa e stette col viso stravolto, forse senza capire.
"Che—Che cosa si fa? O cari angeli, che cosa si fa?"
Di fuori picchiarono più forte, finché anche il vecchio si scosse dal suo letargo.
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Ferruccio saltò dal letto, si abbottonò la giacca, ficcò le mani nella folta selva dei capelli e disse:
"Non—Non aprite, ci penso io"io—.
Andò in cucina intanto che suo padre, irrigidito dal freddo e intorpidito dal sonno e dalla cattiva posizione, cominciava a brancolare sul suolo per tirarsi su.
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Ferruccio ripeté:
"Ci—Ci penso io..."
E aprì il cassetto del tavolo di cucina per trarne un comune coltello.
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La zia Colomba che gli teneva dietro, lo afferrò ai polsi e mettendogli il viso quasi sul viso, con un’espressione risoluta gli disse tre volte di no, con tre rapide scosse della testa:
"No—No, figliuolo, il coltello no: no"no—.
Ferruccio si lasciò dolcemente disarmare.
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In quel punto una delle guardie, che pareva il capo, comparve sulla ringhiera, sforzò senza molta fatica le vecchie e tarlate imposte della finestra lunga che metteva sul ballatoio, entrò, e disse con tono d’uomo ragionevole che sa di parlare a persone ragionevoli:
"Stiano—Stiano zitti, buona gente, che è il meglio che si possa fare. Siamo venuti di buon’ora apposta per non dare troppo disturbo. Siete voi il Pietro Berretta?"
"Sono—Sono innocente, o misericordia! No, Ferruccio, salvami, fammi scappare..." pregò il vecchio portinaio, aggrappandosi alle braccia del figliuolo. E senza aspettare che gli mettessero le mani addosso, corse a rifugiarsi nello stanzino, affrettandosi a chiudere l’antiporto dietro di sé.
La guardia ch’era nella stanza, vista la mossa, corse per tagliargli la strada; ma Ferruccio, acciecato da un fiotto di sangue che gli montò al capo, urtò con tutta la forza nel tavolo di cucina e lo rovesciò contro lo sbirro, che sospinto da quella strana macchina, barcollò sulle gambe e cadde mettendo i gomiti nei vetri della finestra.
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Le due guardie non ebbero difficoltà a levar dai gangheri l’uscio e a metter le mani sul vecchio imprudente.
Ma intanto al diavolo si erano risvegliati i pochi casigliani e la gente cominciò a radunarsi sulla porta delle "due—due beate"beate—. Da un piccolo male Ferruccio ne aveva fatto nascere dieci grossi, oltre ai pettegolezzi e al disonore e allo spavento delle donne. Ma a vent’anni non si sa ancora scegliere con giudizio in mezzo ai mali.