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<section begin=s1/>per le malattie la loro armata, e non ignorando quanto fosse superiore in abilità e merito l'emulo Probo, il quale si può conghietturare che facesse far loro delle segrete insinuazioni di molto vantaggio, vennero in risoluzione di terminar quella guerra, con abbandonar Floriano ed accettar Probo per imperadore2598. La più comune opinione degli storici è, che Floriano fosse ucciso da' suoi. Aurelio Vittore2599 nondimeno lasciò scritto ch'egli, con tagliarsi le vene da sè stesso, si diede la morte, dopo due mesi in circa d'imperio. Sicchè restò solo imperadore Probo, ed ebbe alla sua ubbidienza tutte le milizie che si trovavano in Oriente: dopo di che spedì a Roma delle saporite lettere, rappresentando al senato e al popolo romano, ch'egli per forza avea ben preso il titolo d'Augusto, ma che senza la approvazion d'essi, ch'erano i principi del mondo, egli non volea ritenerlo: che ben sapeva di poter far tali slargate da che avea in mano le forze maggiori dell'imperio, e qual fosse in casi tali l'uso del senato. Nel testo di Vopisco è scritto che questa lettera di Probo fu letta in senato nel dì 3 di febbraio, e in lui concorsero i voti e plausi d'ognuno. Per consenso di tutti i critici, v'ha dell'errore, da che il medesimo storico confessa cessata la vita di Floriano nella state dell'anno presente, dopo due o tre mesi d'imperio: e però non potè Probo nel febbraio di quest'anno aver presa la porpora, nè aspettar sino al febbraio dell'anno seguente per procurarsi l'approvazion del senato.
{{Anno di|{{Sc|Cristo}} CCLXXVII. Indizione X.|EUTICHIANO papa 3.|PROBO imperadore 2.}}Consoli



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MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO e MARCO AURELIO PAOLINO.
MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO e MARCO AURELIO PAOLINO.


Nelle medaglie2600 il novello imperadore porta il nome di Marco Aurelio Probo. Egli era2601 nativo di Sirmio nella Pannonia, di famiglia mediocre e mal provveduta di beni. Diedesi in sua gioventù alla milizia, e sotto Valeriano Augusto per li suoi buoni portamenti arrivò ad essere tribuno. Lodavasi forte in lui la bella presenza, il coraggio e la probità de' costumi corrispondente al suo cognome. Non poche segnalate imprese fece egli in guerra contra varie nazioni barbare e contro i ribelli dello imperio, di modo che fu carissimo a Gallieno imperadore, il quale, scrivendo a lui, il chiamava suo padre. Tanto lo stimò Aureliano Augusto, che parve inclinato a volerlo per suo successore; e Claudio e Tacito il riguardavano sempre come il miglior nobile2602 della repubblica romana. Vopisco rapporta varie prodezze di lui ed alcune lettere dei suddetti Augusti in pruova del gran concetto che aveano di questo personaggio quando era in privata fortuna. Nel mestier poi della guerra niun forse il pareggiava, nè a lui mancava il bel segreto di farsi amar dai soldati, non già con lasciar loro la briglia sul collo, ma con far conoscere ad ognuno quanto gli amasse. Li visitava sovente; nulla voleva che loro mancasse, nè che lor fosse fatta ingiustizia alcuna; anzi colla sua saviezza spesso placava il crudel Aureliano, se il trovava adirato contra di loro. Qualor si faceva qualche bottino, a riserva dell'armi, tutto voleva che si dividesse fra i medesimi soldati. Per altro li teneva egli continuamente in esercizio e in
Nelle medaglie2600 il novello imperadore porta il nome di Marco Aurelio Probo. Egli era2601 nativo di Sirmio nella Pannonia, di famiglia mediocre e mal provveduta di beni. Diedesi in sua gioventù alla milizia, e sotto Valeriano Augusto per li suoi buoni portamenti arrivò ad essere tribuno. Lodavasi forte in lui la bella presenza, il coraggio e la probità de' costumi corrispondente al suo cognome. Non poche segnalate imprese fece egli in guerra contra varie nazioni barbare e contro i ribelli dello imperio, di modo che fu carissimo a Gallieno imperadore, il quale, scrivendo a lui, il chiamava suo padre. Tanto lo stimò Aureliano Augusto, che parve inclinato a volerlo per suo successore; e Claudio e Tacito il riguardavano sempre come il miglior nobile2602 della repubblica romana. Vopisco rapporta varie prodezze di lui ed alcune lettere dei suddetti Augusti in pruova del gran concetto che aveano di questo personaggio quando era in privata fortuna. Nel mestier poi della guerra niun forse il pareggiava, nè a lui mancava il bel segreto di farsi amar dai soldati, non già con lasciar loro la briglia sul collo, ma con far conoscere ad ognuno quanto gli amasse. Li visitava sovente; nulla voleva che loro mancasse, nè che lor fosse fatta ingiustizia alcuna; anzi colla sua saviezza spesso placava il crudel Aureliano, se il trovava adirato contra di loro. Qualor si faceva qualche bottino, a riserva dell'armi, tutto voleva che si dividesse fra i medesimi soldati. Per altro li teneva egli continuamente in esercizio e in<section end=s2/>