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nè pur tale era egli in addietro; e gli conferirono la podestà tribunizia e l'autorità proconsolare con tutti gli altri onori. Trovavasi imbrogliato Macrino, perchè dall'un canto, per non dispiacere ai soldati, dovea mostrare di amar la memoria di Caracalla: e, ciò facendo, disgustava il senato ed innumerabili altri. Tuttavia cassò alcune leggi ingiuste di Caracalla, levò via le esorbitanti pensioni da lui accordate1864, relegò ancora in un'isola Lucio Priscilliano, famoso per gli combattimenti da lui bravamente fatti con assaissime fiere, ma più per le sue calunnie, che aveano cagionata la morte di moltissimi cavalieri e senatori, allorchè era favorito di Caracalla1865. Anche tre senatori, spie d'esso Caracalla, ebbero il medesimo gastigo, con altri non pochi di minore sfera. Intanto il re dei Parti Artabano, messo insieme un formidabile esercito di fanti e cavalli, entrò nella Mesopotamia, e veniva a bandiere spiegate per vendicarsi de' torti a lui fatti dal perfido Caracalla. Macrino, uomo di poco cuore, spedì ambasciatori per placarlo e per trattar di pace. Ma Artabano mise ad alto prezzo questa pace, con pretendere il rifacimento delle terre e città rovinate da' Romani, ed eccessive somme di danaro in compenso de' sepolcri guasti e di tanti altri danni recati al suo paese. Appena ebbe data questa risposta, che comparve con tutte le sue forze in faccia ai Romani nelle vicinanze di Nisibi1866. Due sanguinosissime battaglie si fecero, dove perì innumerabil gente, e sempre con isvantaggio de' Romani. Allora il tremante Macrino più che mai rinforzò le preghiere per la pace, ed Artabano ebbe anch'egli i suoi motivi di concorrere in essa, ma con venderla ben cara. Scrive Dione, aver Macrino spesi cinque milioni di ducatoni per far cessare questa guerra, con aver anche restituiti i prigionieri e quel bottino che si potè. Se merita in ciò fede Capitolino1867, Macrino ebbe da combattere ancora coi popoli dell'Armenia e dell'Arabia Felice, ed in ciò mostrò valore, e fu fortunato. Abbiamo solamente da Dione ch'egli stabilì la pace con quel re Tiridate. Sembra poco verisimile l'altro punto dell'Arabia Felice. Andarono queste nuove a Roma, e tuttochè sia da credere che il senato avesse delle informazioni fedeli de' sinistri successi, pure serrò gli occhi, e alle lettere di Macrino, che parlavano di vittoria, e promettevano ottimo governo, rispose con pienezza di civiltà e di congratulazioni, accordandogli il titolo di Partico e il trionfo, ch'egli nondimeno ricusò, per non sentire i rimproveri della sua coscienza. Avvicinandosi poi il verno, egli sen venne ad Antiochia, e compartì l'armata per la Soria.
nè pur tale era egli in addietro; e gli conferirono la podestà tribunizia e l’autorità proconsolare con tutti gli altri onori. Trovavasi imbrogliato Macrino, perchè dall’un canto, per non dispiacere ai soldati, dovea mostrare di amar la memoria di Caracalla: e, ciò facendo, disgustava il senato ed innumerabili altri. Tuttavia cassò alcune leggi ingiuste di Caracalla, levò via le esorbitanti pensioni da lui accordate1864, relegò ancora in un’isola Lucio Priscilliano, famoso per gli combattimenti da lui bravamente fatti con assaissime fiere, ma più per le sue calunnie, che aveano cagionata la morte di moltissimi cavalieri e senatori, allorchè era favorito di Caracalla1865. Anche tre senatori, spie d’esso Caracalla, ebbero il medesimo gastigo, con altri non pochi di minore sfera. Intanto il re dei Parti Artabano, messo insieme un formidabile esercito di fanti e cavalli, entrò nella Mesopotamia, e veniva a bandiere spiegate per vendicarsi de’ torti a lui fatti dal perfido Caracalla. Macrino, uomo di poco cuore, spedì ambasciatori per placarlo e per trattar di pace. Ma Artabano mise ad alto prezzo questa pace, con pretendere il rifacimento delle terre e città rovinate da’ Romani, ed eccessive somme di danaro in compenso de’ sepolcri guasti e di tanti altri danni recati al suo paese. Appena ebbe data questa risposta, che comparve con tutte le sue forze in faccia ai Romani nelle vicinanze di Nisibi1866. Due sanguinosissime battaglie si fecero, dove perì innumerabil gente, e sempre con isvantaggio de’ Romani. Allora il tremante Macrino più che mai rinforzò le preghiere per la pace, ed Artabano ebbe anch’egli i suoi motivi di concorrere in essa, ma con venderla ben cara. Scrive Dione, aver Macrino spesi cinque milioni di ducatoni per far cessare questa guerra, con aver anche restituiti i prigionieri e quel bottino che si potè. Se merita in ciò fede Capitolino1867, Macrino ebbe da combattere ancora coi popoli dell’Armenia e dell’Arabia Felice, ed in ciò mostrò valore, e fu fortunato. Abbiamo solamente da Dione ch’egli stabilì la pace con quel re Tiridate. Sembra poco verisimile l’altro punto dell’Arabia Felice. Andarono queste nuove a Roma, e tuttochè sia da credere che il senato avesse delle informazioni fedeli de’ sinistri successi, pure serrò gli occhi, e alle lettere di Macrino, che parlavano di vittoria, e promettevano ottimo governo, rispose con pienezza di civiltà e di congratulazioni, accordandogli il titolo di Partico e il trionfo, ch’egli nondimeno ricusò, per non sentire i rimproveri della sua coscienza. Avvicinandosi poi il verno, egli sen venne ad Antiochia, e compartì l’armata per la Soria.